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sabato 12 settembre 2015

"«Sono vostro, salvatemi.» Accettatemi, o Maria, per vostro, e come vostro pensate voi a salvarmi. Io non voglio esser più mio, a voi mi dono".


 https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/f9/Raphael_Madonna_dell_Granduca.jpg
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Sant'Alfonso Maria De Liguori

Da: Opere, classe I, Opere ascetiche Vol. I: Le glorie di Maria, Vol. I Torino 1824 pag. 17-31.

SOPRA LA SALVE REGINA

si ragiona delle molte e copiose grazie, che la madre di dio dispensa a' suoi divoti, dichiarate in diversi punti sopra la salve regina

Nativitas_Beatae_Mariae_Virginis
Nativitas B. Mariae Virginis
CAPITOLO PRIMO

Salve, Regina, Mater Misericordiae.

§. I. Quanta dev'essere la nostra confidenza in Maria, per esser ella la Regina della Misericordia.
§. I. Quanta dev'essere la nostra confidenza in Maria, per esser ella la Regina della Misericordia.
Poichè la gran Vergine Maria fu esaltata ad esser Madre del Re de' Regi, con giusta ragione la s. Chiesa l'onora, e vuole che da tutti sia onorata col titolo glorioso di Regina. Se il Figlio è Re, dice s. Attanagio (Ser. de Deip.) giustamente la Madre de[v]e stimarsi e nominarsi Regina: Si ipse Rex est qui natus est de Virgine, Mater quae eum genuit, Regina et Domina proprie ac vere censetur. Sin da che Maria, soggiunge s. Bernardino da Siena, diede il suo consenso in accettare d'esser Madre del Verbo eterno, sin d'allora meritò di esser fatta la Regina del mondo e di tutte le creature: Haec autem Virgo in illo consensu meruit primatum orbis, dominium mundi, sceptrum regni super omnes creaturas (tom. 2 §. 51.) Se la carne di Maria, discorre s. Arnoldo Abbate, non fu divisa da quella di Gesù, come poi dalla monarchia del figlio può esser separata la Madre? Neque a dominatione filii Mater potest esse sejuncta. Una est Mariae et Christi caro. Ond'è, che dee giudicarsi la gloria del regno non solo esser comune tra la Madre e 'l Figlio, ma ben anche la stessa: Filii gloriam cum Matre non tam communem judico, quam eamdem (s. Arn. de Laud. Virg.).

E se Gesù è Re dell'universo, dell'universo ancora è Regina Maria: Regina constituta totum jure possidet filii regnum. Ruberto Abbate. Sicchè, dice s. Bernardino da Siena, quante sono le creature che servono a Dio, tante debbono ancora servire a Maria; giacchè gli Angeli e gli uomini e tutte le cose che sono nel cielo e nella terra, essendo soggette all'imperio di Dio, son anche soggette al dominio della Vergine; tot creaturae serviunt gloriosae Virgini, quot serviunt Trinitati; omnes namque creaturae, sive Angeli, sive homines, et omnia quae sunt in coelo et in terra, quia omnia sunt divino imperio subjecta, gloriosae Virgini sunt subjectae (To. 2. c. 61.) Quindi rivolto alla divina Madre Guerrico Abbate, così le parla: Perge, Maria, perge secura, in bonis filii tui, fiducialiter age tamquam Regina, Mater regis et sponsa; tibi debetur regnum et potestas: Siegui dunque, o Maria, siegui sicura a dominare, disponi pure a tuo arbitrio de' beni del tuo figlio, mentre essendo madre e sposa del Re del mondo, si deve a te, come Regina, il regno e il dominio sopra tutte le creature.

Regina dunque è Maria: ma sappia ognuno per comune consolazione, che ella è una regina tutta dolce, clemente ed inclinata al bene di noi miserabili. Perciò la s. Chiesa vuole, che noi la salutiamo in questa orazione, e la chiamiamo Regina della misericordia. Il nome stesso di Regina, come considera il b. Alberto Magno, significa pietà e provvidenza verso de' poveri; a differenza del nome d'Imperatrice, che significa severità e rigore. La magnificenza dei re e delle regine consiste nel sollevare i miserabili, dice Seneca: Hoc reges habent magnificum, prodesse miseris. Sicchè dove i Tiranni nel regnare han per fine il proprio bene, i regi debbono aver per fine il bene de' vassalli. Onde è, che nella consagrazione de' re si ungono le loro teste con olio, simbolo di misericordia, per dinotare che essi in regnando debbono sopra tutto nudrire pensieri di pietà e beneficenza verso de' sudditi.
Debbono dunque i regi principalmente impiegarsi nelle opere di misericordia, ma non talmente che si dimentichino di usar la giustizia verso de' rei, quando si deve. Non così Maria, la quale benchè Regina, nulladimeno non è Regina della giustizia intenta al castigo de' malfattori, ma Regina della misericordia, intenta solo alla pietà ed al perdono de' peccatori. E perciò la Chiesa vuole, che espressamente la chiamiamo Regina della misericordia. Considerando il gran Cancelliere di Parigi Giovan Gersone le parole di Davidde: Duo haec audivi, quia potestas Dei est, et tibi, Domine, misericordia (Ps. 61. 12.) [«Queste due cose io udii: che la potenza è di Dio: e e che in te, o Signore, è misericordia» N.d.R.] Dice, che, consistendo il Regno di Dio nella giustizia e nella misericordia, il Signor l'ha diviso; il Regno della Giustizia se l'ha riserbato per sè, e il Regno della misericordia l'ha ceduto a Maria, ordinando, che tutte le misericordie che si dispensano agli uomini, passino per mano di Maria, ed a suo arbitrio si dispensino. Ecco le parole di Gersone: Regnum Dei consistit in potestate et misericordia: potestate Deo remanente, cessit quodammodo misericordiae pars Matri regnanti (P. 3. Tr. 4. s. Magn.) E lo conferma s. Tommaso nella prefazione all'Epistole canoniche, dicendo, che la s. Vergine, allorchè concepì nel seno il divin Verbo, e lo partorì, ottenne la metà del regno di Dio, con divenir ella la Regina della misericordia, e restando Gesù Cristo Re della Giustizia: Quando filium Dei in utero concepit, et postmodum peperit, dimidiam partem regni Dei impetravit, ut ipsa sit Regina misericordiae, ut Christus est Rex justitiae.

L'eterno Padre costituì Gesù Cristo Re di giustizia, e perciò lo fè Giudice universale del mondo; onde cantò il Profeta: Deus judicium tuum Regi da et justitiam tuam filio Regis (Ps. 71. 2.) [«Dà, o Dio, la potestà di giudicare al Re, e l'amministrazione di tua giustizia al figliuolo del Re» N.d.R.] Qui ripiglia un dotto interprete, e dice: Signore, voi avete data al vostro figlio la giustizia, quia misericordiam tuam dedisti Matri Regis. [«poichè la vostra misericordia l'avete data alla Madre del Re» N.d.R.] Onde s. Bonaventura ben volta il suddetto passo di Davidde, con dire: Deus judicium tuum Regi da, et misericordiam tuam Matri ejus. [«Dà, o Dio, la potestà di giudicare al Re, e l'amministrazione di tua misericordia alla Madre del Re» N.d.R.] Così parimente l'Arcivescovo di Praga Ernesto dice, che l'eterno Padre ha dato al Figlio l'officio di giudicare e punire, ed alla Madre l'officio di compatire e sollevare i miserabili: Pater omne judicium dedit Filio, et omne officium misericordiae dedit Matri. Che perciò predisse lo stesso Profeta Davidde, che Dio stesso (per così dire) consacrò Maria per Regina di misericordia, ungendola con olio di allegrezza: Unxit te Deus oleo laetitiae (Ps. 44.) Acciocchè tutti noi miseri figli di Adamo ci rallegrassimo in pensando di aver in cielo questa gran regina tutta piena d'unzione di misericordia e di pietà verso di noi, come dice s. Bonaventura: Maria plena unctione misericordiae et oleo pietatis, propterea unxit te Deus oleo laetitiae (s. Bon. in Spec. cap. 7.).

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E a tale proposito quanto bene si applica dal b. Alberto Magno l'istoria della regina Ester, la quale fu già figura della nostra regina Maria. Si legge nel libro d'Ester al cap. 4, che, regnando Assuero, uscì ne' suoi regni un decreto, con cui si ordinava la morte di tutti i Giudei. Allora Mardocheo, che era uno de' condannati, raccomandò la lor salute ad Ester, acciocchè si fosse interposta col re, affin di ottenere la rivocazione della sentenza. Sul principio Ester ricusò di far quest'officio, temendo di sdegnare maggiormente Assuero. Ma la riprese Mardocheo e le mandò a dire, ch'ella non pensasse a salvare solo se stessa, mentre il Signore l'avea posta sul trono per ottenere a tutti i Giudei la salute: Ne putes, quod animam tuam tantum liberes, quia in domo regis es prae cunctis Judaeis (Est. 4. 13). Così disse Mardocheo alla regina Ester, e così ancora possiamo dir noi poveri peccatori alla nostra regina Maria, se mai ella ripugnasse d'impetrarci da Dio la liberazione del castigo giustamente da noi meritato. Ne putes, quod animam tuam tantum liberes, quia in domo Regis es prae cunctis hominibus. Non pensate, signora, che Dio vi abbia esaltata ad essere Regina del mondo, solo per provvedere al vostro bene, ma acciocchè ancora voi fatta sì grande possiate più compatire e meglio soccorrere noi miserabili.

Assuero, allorchè vide Ester alla sua presenza, le domandò con amore, che cosa fosse ella venuta a cercargli? Quae est petitio tua? Rispose allor la regina: Si inveni gratiam in oculis tuis, o rex, dona mihi populum meum pro quo obsecro: Mio re, gli disse, se mai ho trovata grazia negli occhi tuoi, donami il popolo mio, per cui ti prego. Ed Assuero l'esaudì, subito ordinando, che si rivocasse la sentenza. Or se Assuero accordò ad Ester, perchè l'amava, la salute de' Giudei, come Dio potrà non esaudire Maria, amandola egli immensamente, allorchè ella lo prega per i miseri peccatori, che a lei si raccomandano, e gli dice: Si inveni gratiam in oculis tuis, o Rex: mio Re e Dio, se mai ho trovata grazia appresso di voi (ma ben sa la divina Madre, essere stata ella la benedetta, la beata, la sola fra tutti gli uomini, a trovare la grazia dagli uomini perduta; ben sa, esser ella la diletta del suo Signore, amata più che tutti i santi ed angeli insieme): Dona mihi populum meum, pro quo obsecro: Se mai mi ami, (gli dice), donami, signore, questi peccatori, per cui ti supplico. È possibile, che Dio non l'esaudisca? E chi non sa la forza che hanno appresso Dio le preghiere di Maria? Lex clementiae in lingua ejus (Prov. 31. 26) Ogni sua preghiera è come una legge stabilita dal Signore, che s'usi misericordia a tutti coloro, per cui intercede Maria. Domanda s. Bernardo, perchè la Chiesa nomina Maria Regina di misericordia? E risponde, perchè noi crediamo, ch'ella apre l'abisso della misericordia di Dio a chi vuole, quando vuole, e come vuole; sì che non vi è peccatore, per enorme che sia, il quale si perda, se Maria lo protegge: Quod divinae pietatis abissum cui vult, quando vult, et quomodo vult, creditur aperire; ut nemo tam enormis peccator pereat, cui Sancta sanctorum patrocinii suffragia prestat (s. Bern. in Salve Reg.)

Ma forse poi possiamo noi temere, che Maria sdegni d'interporsi per alcun peccatore, perchè lo vegga troppo carico di peccati? O forse ci dee atterrire la maestà e la santità di questa gran Regina? No, dice s. Gregorio, quanto ella è più alta e più santa, tanto è più dolce e pietosa co' peccatori che vogliono emendarsi, e a lei ricorrono: Maria quanto altior et sanctior, tanto clementior et dulcior circa conversos peccatores (lib. 1. ep. 47). I re e le regine colla maestà che ostentano danno terrore, e fan che i sudditi temano di andare alla loro presenza: ma che timore, dice s. Bernardo, possono avere i miserabili di andare a questa Regina della misericordia, poich'ella niente dà a conoscere di terribile o d'austero a chi va a ritrovarla, ma si dimostra tutta dolcezza e cortesia? Quid ad Mariam accedere trepidat humana fragilitas? Nihil austerum in ea, nihil terribile; tota suavis est, omnibus offerens lac et lanam. (Super Sign. Magn.) Maria non solo dona, ma ella stessa offerisce a tutti noi latte e lana: latte di misericordia per animarci alla confidenza, e lana di rifugio per ripararci da' fulmini della divina giustizia.
Narra Svetonio dì Tito Imperadore, che egli non sapea negare alcuna grazia a chiunque gliela domandava, anzi che alle volte esso prometteva più di quello che poteva attendere, e rispondeva a chi di ciò l'ammoniva, che il principe non dovea mandare scontento niuno di coloro che avesse già ammesso a parlargli. Tito così diceva, ma in fatti poi spesso forse o mentiva, o mancava alle promesse. Ma la nostra Regina non può mentire, e può ottener quanto vuole a' suoi divoti. Ella poi ha un cuore così benigno e pietoso, che non può soffrire di mandare scontento chiunque la prega. Ita benigna est (dice Lud. Blosio l. 4. c. 12), ut neminem tristem redire sinat. Ma come (le parla s. Bernardo) voi potreste, o Maria, ricusare di soccorrere i miserabili, quando voi siete la Regina della misericordia? E chi mai sono i sudditi della misericordia, se non i miseri? Tu es Regina misericordiae, et qui subditi misericordiae, nisi miseri? Tu Regina misericordiae, et ego miserrimus peccator, subditorum maximus. Rege nos ergo, o Regina misericordiae (in Salv. Reg.) Voi siete la Regina della misericordia, ed io il peccatore più misero di tutti: dunque s'io sono il più grande de' vostri sudditi, voi dovete aver più cura di me, che di tutti gli altri.
Abbiate dunque pietà di noi, o Regina della misericordia, e pensate a salvarci. 

Nè ci state a dire, o Vergine sacrosanta, par che le soggiunga s. Gregorio Nicomediense, che non potete ajutarci per la moltitudine de' nostri peccati, perchè voi avete una tal potenza e pietà, che niun numero di colpe può mai superarle: Habes vires insuperabiles, ne clementiam tuam superet multitudo peccatorum. Nihil tuae resistet potentiae; tuam enim gloriam Creator existimat esse propriam. (Or. de exitu B. V.) Niente resiste alla vostra potenza, poichè il vostro e comun Creatore, onorando voi che gli siete madre, stima come sua la gloria vostra. Et filius in ea exultans, quasi exolvens debitum, implet petitiones tuas. E vuol dire, che sebbene Maria ha un infinito obbligo al figlio per averla destinata sua madre, nulladimanco non può negarsi, che anche il figlio è molto obbligato a questa madre, per avergli dato l'essere umano; onde Gesù quasi per ricompensare quanto deve a Maria, godendo della sua gloria, l'onora specialmente con esaudire sempre e tutte le sue preghiere.
Quanta dunque dev'esser la nostra confidenza in questa regina, sapendo quanto ella è potente con Dio, ed all'incontro è ricca e piena di misericordia, in modo che non vi è persona che viva sulla terra, e non sia partecipe della pietà e de' favori di Maria. Così rivelò la stessa beata Vergine a s. Brigida (Riv. lib. 1. cap. 6). Io sono, le disse, la regina del cielo e la madre della misericordia; io sono l'allegrezza de' giusti, e la porta per introdurre i peccatori a Dio. Nè vi è nella terra peccatore che viva e sia così maledetto, che sia privato della misericordia mia; poichè ciascuno, se altro non ricevesse per la mia intercessione, riceve la grazia di esser meno tentato da' demonii di quel che altrimenti sarebbe. Ego regina coeli, ego mater misericordiae: ego justorum gaudium, et aditus peccatorum ad Deum. Nullus est adeo maledictus, qui quandiu vivit careat misericordia mea; quia propter me levius tentatur a daemonibus, quam alias tentaretur. Niuno poi, soggiunse, purchè non sia stato affatto maledetto (cioè s'intende colla finale ed irrevocabil maledizione che si dà a' dannati), niuno, disse, è così discacciato da Dio, che, se m'abbia invocato in suo ajuto, non ritorni a Dio e goda della sua misericordia: Nullus est ita abjectus a Deo, nisi fuerit omnino maledictus, qui, si me invocaverit, non revertatur ad Deum et habiturus sit misericordiam. Io sono chiamata da tutti la madre della misericordia, e veramente la misericordia di Dio verso degli uomini mi ha fatta così misericordiosa verso di loro: Ego vocor ab omnibus mater misericordiae, et vere misericordia illius misericordem me fecit. E poi conchiuse dicendo: ideo miser erit, qui ad misericordem, cum possit, non accedit. Perciò sarà misero, e misero per sempre nell'altra vita chi in questa potendo ricorrere a me, che sono così pietosa con tutti, e tanto desidero di ajutare i peccatori, misero non ricorre, e si danna.

Ricorriamo dunque, ma ricorriamo sempre a' piedi di questa dolcissima Regina, se vogliamo sicuramente salvarci; e se ci spaventa e ci disanima la vista de' nostri peccati, intendiamo, che Maria a tal fine è stata fatta Regina della misericordia, per salvare colla sua protezione i peccatori più grandi e più perduti che a lei si raccomandano. Questi hanno da essere la sua corona in cielo, secondo le disse il suo divino sposo: Veni de Libano, sponsa mea, veni de Libano, veni, coronaberis..... de cubilibus leonum, de montibus pardorum (Cant. 4. 8). [«Vieni dal Libano, o mia sposa, vieni dal Libano, vieni: sarai coronata..... dalle tane de' lioni e da' monti dei leopardi.» N.d.R.] E chi mai sono questi covili di fiere e mostri, se non i miseri peccatori, l'anime de' quali diventano covili di peccati, mostri i più deformi che possano trovarsi? Or di questi miserabili peccatori appunto, come commenta Ruperto Abate, salvati per vostro mezzo, o gran regina Maria, sarete poi coronata in paradiso: giacchè la loro salute sarà la corona vostra, corona ben degna e propria ad una Regina della misericordia: De talium leonum cubiculis tu coronaberis. Eorum salus corona tua erit (Rup. Vid. l. 3. in Cant.) E a tal proposito leggasi il seguente esempio.

Esempio.

Narrasi nella vita di suor Cattarina di s. Agostino, che, nel luogo dove stava questa serva del Signore, vi stava una donna chiamata Maria, la quale in gioventù fu peccatrice, e ridotta poi alla vecchiezza seguiva ostinatamente ad essere perversa; tantochè discacciata da' cittadini, e confinata a vivere in una grotta fuor del suo paese, ivi morì mezza fracida, abbandonata da tutti, e senza sacramenti. E perciò fu sepolta in campagna come bestia. E suor Cattarina, la quale solea con grande affetto raccomandare a Dio tutte le anime di coloro che trapassavano all'altra vita, dopo aver saputa la morte disgraziata di questa povera vecchia, affatto non pensò a pregare per essa, tenendola, come già la tenevano tutti, per dannata. Passati quattro anni, ecco un giorno se le presentò innanzi un'anima purgante, che le disse: suor Cattarina, che mala sorte è la mia! tu raccomandi a Dio le anime di tutti coloro che muojono, e dell'anima mia solamente non hai avuto pietà! E chi sei tu? disse la serva di Dio. Io sono, rispose, quella povera Maria che morì nella grotta. E come, tu sei salva? ripigliò suor Cattarina. Sì, sono salva, disse, per misericordia di Maria Vergine. E come? Quand'io mi vidi vicina al punto della morte, mirandomi così piena di peccati, e abbandonata da tutti, mi voltai alla madre di Dio, e le dissi: signora, voi siete il rifugio degli abbandonati; ecco in questo punto io sono abbandonata da tutti; voi siete l'unica speranza mia, voi sola mi potete ajutare, abbiate pietà di me. La santa Vergine mi ottenne un atto di contrizione, morii, e mi salvai; ed ella ancora la mia regina mi ha oltenuta la grazia, che la pena mia si abbreviasse, facendomi patire intensivamente quello ch'io avrei dovuto purgare per molti più anni; solo vi bisognano alcune Messe per liberarmi dal purgatorio; ti prego a farmele dire, ch'io ti prometto di pregare poi sempre Dio e Maria per te. Suor Cattarina subito le fè celebrar le Messe; ed ecco di nuovo le comparve quell'anima, fra pochi giorni, più luminosa del sole, che le disse: Ti ringrazio Cattarina, ecco già me ne vado al paradiso a cantare le misericordie del mio Dio, ed a pregare per te.

Preghiera.

O madre del mio Dio e mia signora Maria, qual si presenta ad una gran regina un povero impiagato e schifoso, io mi presento a voi, che siete la Regina del cielo e della terra. Dall'alto trono in cui sedete, non isdegnate, vi prego, di girare i vostri occhi verso di me povero peccatore. Già Dio vi ha fatta sì ricca per sovvenire i poveri, e vi ha costituita Regina della misericordia, acciocchè possiate sollevare i miserabili. Guardatemi dunque, e compatitemi. Guardatemi, e non mi lasciate, se non mi cambiate da peccatore in santo. Vedo bene, che io non merito niente, anzi che meriterei per la mia ingratitudine d'essere spogliato di tutte le grazie, che per vostro mezzo ho ricevute dal Signore. Ma voi, che siete la Regina della misericordia, non andate cercando meriti, ma miserie per soccorrere i bisognosi. Ma chi più povero e bisognoso di me?
O Vergine eccelsa, già so che voi, essendo la Regina dell'universo, siete ancora la Regina mia; ma io con modo più particolare voglio tutto dedicarmi alla vostra servitù, acciocchè voi disponiate di me, come vi piace. Onde vi dico con san Bonaventura: Domina, me tuae dominationi volo committere, ut mea plenarie regas et gubernes. Non mihi me relinquas. Reggetemi voi, Regina mia, e non mi lasciate a me stesso. Comandatemi, impiegatemi a vostro arbitrio, e castigatemi ancora, quando non vi ubbidisco: poichè troppo salutevoli per me saranno i castighi, che mi verranno dalle vostre mani. Io stimo più l'essere vostro servo, che l'essere signore di tutta la terra. Tuus sum ego, salvum me fac. [«Sono vostro, salvatemi.» N.d.R.] Accettatemi, o Maria, per vostro, e come vostro pensate voi a salvarmi. Io non voglio esser più mio, a voi mi dono. E se per lo passato vi ho servito sì male, avendo perduto tante belle occasioni di onorarvi, per l'avvenire voglio unirmi a' vostri servi più amanti e più fedeli. No, non voglio, che alcuno mi avanzi da oggi innanzi nell'onorare ed amar voi, mia amabilissima Regina. Così prometto, e così spero di eseguire coll'ajuto vostro. Amen.

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