giovedì 22 ottobre 2015
"Quando tu vuoi peccare, dimmi, chi ti promette la misericordia di Dio? non certamente te la promette Iddio, ma te la promette il demonio, affinchè tu perda Dio, e ti danni".
Nel vangelo odierno si dice, che un certo uomo cadde in mano de'
ladroni, i quali dopo averlo spogliato, gli diedero molte ferite, e lo
lasciarono mezzo
vivo. Passando colà un Samaritano, lo vide, e n'ebbe
compassione; onde prima gli fasciò le ferite, e poi
lo condusse in uno alloggiamento, e lo raccomandò caldamente
all'ostiere che ne avesse la cura: Curam
illius
habe. Queste parole oggi io dico ad alcuno, se mai si trovasse
fra voi,
uditori miei, che tiene impiagata l'anima di peccati, e che in vece di
attendere a curarla, sempre più l'aggrava di ferite co' nuovi
peccati, abusandosi della misericordia di Dio, che per sua
bontà ancora lo mantiene in vita, affinchè si emendi,
e finalmente non perda l'anima. E così ti dico, fratello mio,
curam illius habe, abbi cura,
abbi compassione dell'anima tua che sta troppo inferma: Miserere animae tuae. Eccl. 30. 24.
Sta
inferma, e quel ch'è peggio, sta vicina a morire colla morte
eterna dell'inferno; mentre chi troppo si abusa della divina
misericordia, è prossimo a restare abbandonato
dalla misericordia di Dio; e questo sarà l'unico punto del
presente discorso.
1. Dice s. Agostino, che in due modi il demonio inganna i cristiani,
desperando et sperando [«col
disperare e collo sperare» N.d.R.].
Dopo che l'uomo ha commessi molti peccati, il
nemico lo tenta a diffidare della misericordia di Dio, mettendogli
davanti il rigore della divina giustizia. Prima non però di
peccare
gli dà animo a non temere del castigo dovuto a chi pecca,
mettendogli davanti la divina misericordia. Onde il Santo consiglia:
Post peccatum spera misericordiam;
ante peccatum pertimesce
justitiam. [«Dopo il peccato spera nella misericordia (di Dio); prima del peccato temi la
(Sua) giustizia.» N.d.R.]. Dopo il peccato, se tu disperi del perdono di Dio,
tu l'offendi con un nuovo e maggior peccato; ricorri alla sua
misericordia, ch'egli ti perdonerà. Ma prima del peccato, temi
della giustizia, e non ti fidare della sua misericordia; mentre
chi si abusa della misericordia di Dio per offenderlo, non merita che
Dio gli usi
misericordia. Scrive l'Abulense: chi offende la giustizia, può
ricorrere alla misericordia; ma chi offende ed irrita contro di
sè la misericordia, a chi ricorrerà?
2. Quando tu vuoi peccare, dimmi, chi ti promette la
misericordia di Dio? non certamente te la promette Iddio, ma te la
promette il demonio, affinchè tu perda Dio, e ti danni. Cave
(dice s. Gio. Grisostomo ) ne unquam canem illum suscipias, qui
misericordiam Dei pollicetur. Hom.
50. ad pop. [«Bada di non accogliere quel cane (il demonio) che promette la misericordia di Dio.» N.d.R.] Se per lo passato hai offeso
Dio, peccatore mio, spera e trema; se vuoi lasciare il peccato, e lo
detesti, spera, giacch'egli promette il perdono a chi si pente del male
fatto; ma se tu vuoi seguitare la mala vita, trema, che il Signore non
ti aspetti più, e ti mandi all'inferno. A che fine aspetta Dio
il
peccatore? acciocchè siegua ad ingiuriarlo? no, l'aspetta
affinchè lasci il peccato, e così possa egli usargli
pietà, e perdonarlo. Propterea
expectat Dominus, ut
misereatur vestri. Isa. 30. 18. [«Per questo aspetta il Signore, affin di usarvi pietà.» N.d.R.] Ma quando il Signore vede, che
quegli
del tempo che gli dà per piangere le colpe commesse, se ne
avvale per moltiplicarle; allora dà di mano al castigo, gli
taglia i passi, facendolo morire come si trova in peccato,
acciocchè morendo finisca di offenderlo. Ed allora chiama a
giudicarlo lo stesso tempo che gli avea dato a far penitenza. Vocavit
adversum me tempus. Thren. 1. 15. Ipsum tempus (scrive s.
Gregorio) ad judicandum venit. [Thren. (Lam.) I, 15: «Ha chiamato contro di me il tempo.» — «Lo stesso tempo viene in giudizio» N.d.R.]
3. Oh inganno comune di tanti poveri cristiani, che si dannano!
perchè difficilmente si trova un peccatore così
disperato che dica; io mi voglio
dannare: peccano i cristiani, e si
vogliono salvare, dicendo; Dio
è di misericordia,
farò questo peccato, e poi me lo confesserò. Ecco
l'inganno; o
per meglio dire ecco la rete, colla quale il demonio strascina tante
anime all'inferno: Pecca,
perchè poi te lo confessi. Ma sentite quel che dice Dio: Et ne dicas: miseratio Domini magna est,
multitudinis peccatorum meorum miserebitur. Eccli. 5. 6. [«E non dire: La bontà del Signore è grande: Egli avrà misericordia de' molti peccati miei.» N.d.R.] Non
dire, dice Dio, la pietà del Signore è grande; e
perchè? udite le parole che soggiunge la Scrittura: Misericordia
enim, et ira ab illo cito proximant, et in peccatores respicit ira
illius. Ibid. v. 7. [«Imperocchè
la misericordia e l'ira da lui si partono speditamente: e l'ira di lui
tien l'occhio fisso sul peccatore.» N.d.R.] La misericordia di Dio differisce dalle
miserazioni
di Dio: la misericordia di Dio è infinita, ma gli atti di
questa misericordia, che sono le miserazioni, sono finiti. Iddio
è misericordioso, ma ben anche è giusto. Scrive s.
Basilio, che i peccatori vogliono considerare Dio per metà,
stimandolo solamente misericordioso, che perdona, e non giusto che
castiga; del che il Signore se ne lagnò un giorno con s.
Brigida: Ego sum justus et
misericors; peccatores tantum misericordem
me existimant. [«Io sono giusto e misericordioso; ma i peccatori mi ritengono solamente misericordioso.» N.d.R.] E questo è quel che dice s. Basilio: Bonus est Dominus, sed etiam justus;
nolimus Deum ex dimidia parte cogitare. [«Il Signore è buono ma anche giusto; non dobbiamo considerarlo solo per metà.» N.d.R.] Dio anch'è
giusto, e l'esser giusto importa ch'egli castighi gl'ingrati. Diceva il
p. Giovanni Avila, che il sopportare chi si serve della
misericordia di Dio per più offenderlo, non sarebbe
misericordia, ma mancamento di
giustizia. La misericordia sta promessa a chi teme Dio, non a chi lo
disprezza, come cantò la divina Madre: Et misericordia ejus timentibus eum.
Luc. 1. 50. [«E
la misericordia di lui di generazione in generazione sopra coloro, che
lo temono.» Cfr. Sal. CII, 17: «Misericordia autem Domini
ab aeterno: et usque in aeternum super timentes eum. — Ma la
misericordia del Signore ab eterno (dall'eternità), e fino in eterno sopra color, che lo temono.» N.d.R.]
4. Ma Dio (dice quel temerario) già mi ha usate tante
misericordie, perchè non ho da sperare, che me le usi anche
per l'avvenire? Rispondo: te le userà, se vuoi mutar vita; ma
se vuoi seguire ad offenderlo, Dio dice, che vorrà vendicarsi di
te con farti cadere all'inferno: Mea
est ultio, et ego retribuam in tempore, ut labatur pes
eorum. Deut. 32. 35. [«A
me si spetta il farne vendetta, e io renderò a suo
tempo quel, che lor è dovuto, e i piedi mancheran sotto ad
essi.» N.d.R.] E Davide ci avvisa: Nisi conversi fueritis... arcum
suum vibrabit. Psalm. 7. 13. [«Se non vi convertirete... Egli tenderà il suo arco.» N.d.R.] Il Signore tiene l'arco teso,
ed aspetta che tu ti converta; ma se non vuoi convertirti,
scoccherà finalmente contra di te la saetta, e tu resterai
dannato. Oh Dio! alcuni non vogliono credere all'inferno, se
proprio non vi arrivano! Ma quando i miseri vi saranno arrivati,
non vi sarà per essi più misericordia. Potrai forse tu,
cristiano mio, lamentarti della misericordia di Dio, dopo che Dio ti
ha usate tante misericordie, con aspettarti tanto, tempo? Tu dovresti
star sempre colla faccia a terra per ringraziarnelo, dicendo: Misericordiae Domini, quia non sumus
consumpti. Thren. 3. 22. [È per misericordia del Signore che noi non siamo consunti. N.d.R.] Se le
offese che tu hai fatte a Dio, le avessi fatte ad un tuo fratello
carnale, nè pure ti avrebbe sofferto; Iddio ti ha sofferto con
tanta pazienza, ed ora ti torna a chiamare; se poi ti manda
all'inferno, ti farà torto? Quid
ultra (dice Dio) debui
facere, vineae meae, et non feci? Isa. 5. 4. [«Che altro avrei dovuto fare per la mia vigna, che non ho fatto?» N.d.R.] Empio,
dirà, che più dovea io fare per te, e non l'ho fatto?
5. O falsa speranza de' cristiani, che ne manda tanti all'inferno!
Sperant, ut peccent! Vae a perversa
spe! [«Sperano per poter peccare! Guai a chi spera in tal maniera perversa!» N.d.R.] dice s. Agostino, in
Psalm.
144. Non già sperano, che Dio perdoni loro i peccati, di cui si
pentono; ma sperano, che seguitando a peccare, Dio usi lor
misericordia; sicchè fanno che la misericordia di Dio serva loro
di motivo per seguire a peccare! Oh speranza maledetta, speranza
ch'è l'abbominazione di Dio! Et
spes illorum
abominatio. Job. 11. 20. [«E la loro speranza sarà abominio» N.d.R.] Questa speranza farà che Dio
li castighi più presto; siccome un padrone non differirebbe
il castigo ad un servo, che l'offendesse, perchè il padrone
è buono: così appunto, dice s. Agostino
(tract. 33. in Joan.), fa e dice il peccatore, fidando sulla
bontà di Dio: Bonus est Deus,
faciam quod mihi placet. [«Dio è buono, perciò farò ciò che mi piace.» N.d.R.] Ma oh
quanti ne ha ingannati questa vana speranza, dice lo stesso s.
Agostino! Dinumerari non possunt,
quantos haec inanis spei
umbra deceperit. [«Sono innumerevoli coloro che sono stati ingannati da questo spettro di vana speranza» N.d.R.] Scrive s. Bernardo, che Lucifero per ciò
fu
così presto castigato da Dio, perchè ribellandosi
sperò di non esserne castigato. Ammone, figlio del re
Manasse, vedendo che il padre era stato da Dio perdonato de' suoi
peccati, anch'egli colla speranza del perdono si rilasciò a
peccare; ma per Ammone non vi fu misericordia. Dice s. Gio.
Grisostomo, che anche per ciò Giuda si perdè,
perchè
fidato alla benignità di Gesù Cristo lo tradì:
Fidit in lenitate Magistri. [«Confidò nella mansuetudine del Maestro» N.d.R]
6. Chi pecca colla speranza del perdono, dicendo, appresso mi
pentirò, e Dio mi perdonerà; costui, dice, s.
Agostino,
irrisor est, non poenitens. [«non è penitente, ma si vuol far beffe di Dio.» N.d.R.]
All'incontro dice l'Apostolo, che Iddio non
si fa burlare: Deus non irridetur.
Gal. 6. 7. Sarebbe un
burlare Dio, offenderlo sempre che piace, e sempre volerne il perdono. Quae enim seminaverit homo, haec et metet,
siegue a
dire s. Paolo, ibid. v. 6. [«Quello che l'uomo avrà seminato, quello ancor mieterà». N.d.R.] Chi semina peccati, non può sperare
altro che l'odio di Dio, e l'inferno. An
divitias bonitatis
ejus (esclama lo stesso Apostolo), et patientiae, et
longanimitatis contemnis? Rom. 2. 4. Così (dice) tu
disprezzi, o peccatore, le ricchezze della bontà, della pazienza
e della tolleranza che Dio ha per te? dice, divitias, perchè le
misericordie che Dio ci usa in non castigarci dopo il peccato, son
ricchezze per noi più preziose di ogni tesoro. Ignoras (seguita a dire) quoniam benignitas Dei ad poenitentiam te
adducit? Ibid. Non lo
conosci, che il Signore non già ti aspetta, ed è con te
così benigno, acciocchè tu seguiti a peccare; ma
acciocchè tu pianga le offese che gli hai fatte?
Altrimenti, dice s. Paolo, tu colla tua ostinazione ed impenitenza ti
accumuli un tesoro d'ira nel giorno dell'ira, quale sarà il
giorno del giudizio di Dio sovra di te: Secundum autem duritiam tuam, et
impoenitens cor, thesaurizas tibi iram in die irae, et revelationis
justi judicii Dei. Ibid. v. 5. [Rom.
II, 4-5: «Disprezzi tu forse le ricchezze della bontà e
pazienza e tolleranza di lui? Non sai tu, che la bontà di Dio ti
guida a penitenza? Ma tu colla tua durezza e col cuore impenitente ti
accumuli un tesoro d'ira pel giorno dell'ira e della manifestazione del
giusto giudizio di Dio.» N.d.R.]
7. Alla durezza poi del peccatore seguirà l'abbandono di Dio,
che
dirà per quell'anima imperversata nel peccato, come disse per
Babilonia: Curavimus Babylonem, et
non est sanata; derelinquamus eam.
Jer. 51. 9. [«Abbiam medicata Babilonia, e non è guarita; abbandoniamola.» N.d.R.] E come Iddio abbandona il peccatore? o gli manda una
morte improvisa, e lo fa morire in peccato; o pure lo priva di quelle
grazie che gli bisognerebbero per convertirsi da vero; lo lascia colla
sola grazia sufficiente, con cui potrebbe colui
salvarsi, ma non si salverà: la mente ottenebrata, il cuore
indurito, il mal abito fatto, renderanno la sua conversione
moralmente impossibile; e così resterà, non
assolutamente, ma moralmente abbandonato. Auferam sepem ejus, et erit in
direptionem. Isa. 5. 5. [«Toglierò via la sua siepe, ed ella sarà devastata.» N.d.R.] Quando il padrone della vigna scassa la
siepe,
e permette di entrarvi chi vuole, che segno è? è segno,
che l'abbandona. Così fa Dio, quando abbandona un'anima; le
toglie la siepe del santo timore, il rimorso della coscienza, e la
lascia nelle sue tenebre; ed allora vi entreranno tutti i vizi.
Posuisti tenebras, et facta est nox;
in ipsa pertransibunt omnes
bestiae sylvae. Psalm. 103. 20. [«Tu ordinasti le tenebre, e si fe' notte: nel tempo di essa vanno attorno le bestie selvagge.» N.d.R.] E 'l peccatore abbandonato in
quel
profondo di peccati disprezzerà tutto, ammonizioni, scomuniche,
grazia di Dio, castighi, inferno, si burlerà della stessa sua
dannazione. Impius, cum in profundum
peccatorum venerit, contemnit.
Prov. 18. 3. [«L'empio, quando è caduto nel profondo de' peccati, non ne fa caso.» N.d.R.]
8. Dimanda Geremia: Quare via
impiorum prosperatur. Jer. 12. 1. E poi
risponde: Congrega eos quasi gregem
ad victimam. Ib. v. 3. [«Per qual motivo tutto va a seconda (= tutto va bene) per gli empj? ... Radunali qual gregge al macello.» N.d.R.] Povero quel
peccatore, che in questa vita è prosperato! è segno che
Dio vuol pagargli temporalmente qualche sua opera moralmente buona, ma
poi lo tiene riserbato come vittima della sua giustizia per l'inferno,
dove come zizzania maledetta sarà gittato ad ardere per tutta
l'eternità, secondo quel che disse Gesù Cristo: In
tempore messis dicam messoribus: colligite primum zizania, et alligate
ea in fasciculos ad
comburendum. Matth. 13. 30. [«Sterpate in primo luogo la zizzania, e legatela in fastelli per bruciarla.» N.d.R.]
9. Sicchè il non esser castigato un peccatore in questa
vita, è il suo maggior castigo, minacciato da Dio agli ostinati
per Isaia (26. 10.): Misereamur
impio, et non discet
justitiam. [«Abbiasi
compassione dell'empio, ed ei non imparerà la giustizia.»
Mons. Antonio Martini commenta: «Se si avrà compassione
dell'empio, se non si darà di mano a' gastighi , egli non
farà un passo verso la via della giustizia: egli vive da empio
nella terra dei santi, nella tua Chiesa, dove tanti trova e mezzi ed
ajuti per vivere da giusto: per questo egli sarà escluso dalla
salute, e non vedrà la gloria di Dio, nè il celeste suo
regno.» N.d.R.]
Dice s. Bernardo su questo testo: Misericordiam hanc ego
nolo; super omnem iram miseratio ista. Serm. 42. in Cant. [«Non voglio una tale misericordia; una simile miserazione surclassa (= è peggio di) qualsiasi ira» N.d.R.] E
qual maggior castigo, che l'esser abbandonato in mano del peccato,
sì
che permettendo Dio, ch'egli cada di peccato in peccato, dovrà
finalmente andare a patir tanti inferni, quanti peccati ha commessi,
giusta quel che disse Davide: Appone
iniquitatem super iniquitatem... deleantur de libro viventium.
Psalm. 68. 28. [«Aggiungi iniquità alle loro iniquità... sieno cancellati dal libro de' viventi.» N.d.R.] Sulle quali parole
scrive il Bellarmino: Nulla poena
major, quam cum peccatum est poena
peccati. [«Non v'è castigo maggiore di quando il peccato è castigo del peccato» N.d.R.] Meglio sarebbe stato per un tal peccatore, che fosse
morto nel
primo peccato, perchè morendo poi col cumulo di tante
iniquità aggiunte, avrà tanti inferni, quanti sono i
peccati fatti. Così avvenne ad un certo commediante in Palermo,
chiamato Cesare, il quale,
passeggiando un giorno con un suo amico, gli disse che il p. Lanusa
Missionario gli avea predetto, che Dio davagli 12. anni di vita, tra'
quali se non avesse mutato vita,
avrebbe fatta una mala morte. Ora io (soggiunse) ho camminato per
tante parti del mondo, ho avute più infermità, una
specialmente mi ridusse all'ultimo; ma in questo mese in cui compiscono
i 12. anni [= in cui hanno compimento, terminano i dodici anni N.d.R.], mi sento meglio che in tutti gli anni passati. Indi
l'invitò di venir a sentire una nuova
commedia da lui composta. Ma che avvenne? nel giorno della commedia
(che fu a' 24. di novembre nel 1668.) mentre stava egli per uscire in
iscena, gli venne un moto apopletico, e
morì di subito, spirando tra le braccia di una donna
commediante, e così infelicemente finì per lui la scena
di
questo mondo.
10. Veniamo a noi, e concludiamo il discorso. Fratello mio, ti
prego di dare un'occhiata a tutti gli anni scorsi della tua vita; vedi
quante offese gravi hai fatte a Dio, e vedi quante misericordie egli ti
ha usate, quanti lumi ti ha dati, quante volte ti ha chiamato a mutar
vita! Oggi con questa predica ti ha tornato a chiamare, e parmi che ti
dica: Quid ultra debui facere vineae
meae, et non feci? Isa. 6. 4. [«Che altro avrei dovuto fare per la mia vigna, che non ho fatto?» N.d.R.] Che
più dovea fare per te, e non ho fatto? Che dici, che rispondi?
vuoi darti a Dio, o vuoi seguitare ad offenderlo? Pensa, dice s.
Agostino, che il castigo ti è stato differito, ma non
già perdonato: O arbor
infructuosa, dilata est securis, noli
esse secura, amputaberis. [«O albero sterile, il colpo d'ascia è solo differito, non esser tanto sicuro di te: sarai abbattuto.» N.d.R.] Se più ti abusi della divina
misericordia, amputaberis,
presto ti verrà il castigo. Che
aspetti? aspetti che proprio Dio ti mandi all'inferno? Il Signore
sinora ha taciuto, ma egli non tace sempre; quando giungerà il
tempo della vendetta, ti dirà: Haec
fecisti, et tacui.
Existimasti, inique, quod ero tui similis? Arguam te, et statuam contra
faciem tuam. Psalm. 49.
21. [«Queste
cose hai fatte, ed io ho taciuto. Hai creduto, o iniquo, ch'io sia per
essere simile a te: ti riprenderò, e te porrò di contro
alla tua faccia. Ecco la parafrasi di questo versetto di Mons. A.
Martini: «La mia pazienza, che aspettava il tuo ravvedimento, tu
l'hai interpretata empiamente, come se nulla a me dispiacessero le tue
scelleraggini: ma il tempo è venuto, ch'io ti faccia vedere
quanto tu t'ingannasti: ti rinfaccio la tua malvagità, e te
stesso con tutti i tuoi vizj porrò sotto de' tuoi propri occhi,
ti farò conoscere la orribile tua deformità, la quale ti
empierà di confusione e di disperazione. Una tal vista de'
propri peccati dinanzi al tribunale del Signore sarà talmente
insopportabile pei peccatori, che allora diranno ai monti: cadete sopra di noi, e alle colline: seppelliteci, Luc. XXIII. 30.
Vedi Isai. II. 19.» N.d.R.] Ti porrò innanzi agli occhi le grazie fatte, che tu hai
disprezzate, ed elle stesse ti giudicheranno e condanneranno. Via su
non resistere più a Dio, che ti chiama; e trema, che questa
chiamata d'oggi sia l'ultima per te. Presto confessati, ed ora fa una
ferma risoluzione di mutar vita; perchè non serve confessarsi, e
poi tornare da capo. Ma io (tu dici) non ho forza di resistere alle
tentazioni. Ma senti quel che dice l'Apostolo: Fidelis autem Deus est,
qui non patietur vos tentari supra id quod non potestis. 1. Cor.
10.
13. Dio è fedele; non mai permetterà, che tu sii tentato
sovra le tue forze. E se tu da per te non hai forze da
resistere al demonio, cercale a Dio, e Dio te le darà. Petite,
et accipietis. Jo. 16. 24. Laudans
invocabo Dominum, et ab inimicis
meis salvus ero, dicea Davide. Psalm. 17. 4. E s. Paolo diceva: Omnia
possum in eo qui me confortat. Phil. 4. 13. [«Chiedete,
ed otterrete» — «Lodero, e invocherò il
Signore; e sarò liberato dai miei nemici.» —
«Tutte le cose mi sono possibili in colui, che è mio
conforto.» N.d.R.] Io non posso nulla,
ma col
divino aiuto posso tutto. E così ancora tu raccomandati a
Dio nelle tentazioni, e Dio ti darà forza di resistere, e non
caderai.
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