domenica 25 dicembre 2016
LA SORDITA' E LA CECITA' DELL'EMPIO...
Autore: Cesare Baronio
Il
dolore, la sofferenze, la morte. Non è facile, credetemi, parlare di
argomenti tanto alti senza esser percorsi da un timore reverenziale. E
compulsare la Sacra Scrittura, gli scritti dei Santi Padri, i documenti
del Magistero, le fonti liturgiche dimostra che è proprio nel mistero
della sofferenza umana che la nostra Religione si mostra in tutta la sua
ineffabile perfezione, e si pone come unica risposta credibile alle
nostre domande. Poiché Cristo ha compiuto l'opera della Redenzione
proprio attraverso la Passione e la Morte, rendendo il dolore strumento
di salvezza e di riscatto, ma anche motivo di speranza.
Il
senso della sofferenza umana è compendio del nostro Credo, perché nella
sofferenza si è compiuta la nascita, la vita e la morte di Colui che,
incarnandosi nel seno della Vergine Maria, ha sconfitto la morte del
corpo, ma ancor più la morte dell'anima.
Ma
proprio perché la sofferenza è legata intimamente ai Misteri della
nostra Fede - la Ss.ma Trinità, l'Incarnazione, la Passione, la
Resurrezione - non è possibile dare una risposta alla spontanea domanda
dell'uomo senza coinvolgere tutte le Verità della Fede, sì che
ogni dogma - anche quello che può sembrare più marginale - manifesta la
propria ragione e necessità. Negare uno solo dei dogmi della nostra
Fede, significa scardinare l'intero edificio cattolico, ma ancor prima
significa profanare quel corpus organico perfettissimo che la
Sapienza infinita di Dio ha posto come unico strumento di salvezza
eterna per l'uomo corrotto dal peccato. Significa, in ultima analisi,
negare quanto Nostro Signore ci ha insegnato non per istruirci
intellettualmente, ma per consentirci - ancorché immeritevoli - di
restaurare l'ordine mirabile che per nostra colpa abbiamo infranto in
Adamo. Significa attentare a Cristo medesimo, che è Verità Egli stesso,
Verbo eterno del Padre.
25 DICEMBRE SANTO NATALE IN NATIVITATE DÓMINI NOSTRI IESU CHRISTI SANTE MESSA "Non Una Cum" GLI APOSTATI VATICANOSECONDISTI...
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EPISTOLA
Léctio Epístolæ ad Hebræos, 1, 1-12
Multifáriam, multísque
modis olim Deus lóquens pátribus in prophétis: novíssime diébus istis
locútus est nobis in Fílio, quem constítuit herédem universórum, per
quem fecit et sæcula: qui cum sit splendor glóriæ, et figúra substántiæ
eius, portánsque ómnia verbo virtútis suæ, purgatiónem peccatórum
fáciens, sedet ad déxteram maiestátis in excélsis: tanto mélior Ángelis
efféctus quanto defferéntius præ illis nomen hereditávit. Cui enim dixit
aliquándo Angelórum: Fílius meus es tu, ego hódie génui te? Et rursum:
Ego ero illi in patrem, et ipse erit mihi in fílium? Et cum íterum
introdúcit primogénitum in orbem terræ, dicit: Et adórent eum ómnes
Ángeli Dei.
Et ad ángelos quidem dicit: Qui facit Ángelos suos spíritus, et
minístros suos flammam ignis. Ad Fílium áutem: Thronus tuus, Deus, in
sæculum sæculi: virga æquitátis, virga regni tui. Dilexísti iustítiam,
et odísti iniquitátem: proptérea unxit te Deus, Deus tuus, óleo
exsultatiónis præ particípibus tuis. Et: Tu in princípio, Dómine, terram
fundásti: et ópera manuum tuárum sunt coeli. Ipsi períbunt, tu áutem
permanébis: et omnes ut vestiméntum veteráscent: et velut amíctum
mutábis eos, et mutabúntur: tu áutem idem ipse es, et anni tui non
defícient.
M. - Deo grátias.
M. - Deo grátias.
Dio, che aveva già
parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per
mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per
mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo
del quale ha fatto anche il mondo. Questo Figlio, che è irradiazione
della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la
potenza della sua parola, dopo aver compiuto la purificazione dei
peccati si è assiso alla destra della mæstà nell'alto dei cieli, ed è
diventato tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è
il nome che ha ereditato. Infatti a quale degli angeli Dio ha mai detto:
Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato? E ancora: Io sarò per lui padre
ed egli sarà per me figlio? E di nuovo, quando introduce il primogenito
nel mondo, dice: Lo adorino tutti gli angeli di Dio. Mentre degli angeli
dice: Egli fa i suoi angeli pari ai venti, e i suoi ministri come fiamma
di fuoco, del Figlio invece afferma: Il tuo trono, Dio, sta in eterno e:
Scettro giusto è lo scettro del tuo regno; hai amato la giustizia e
odiato l'iniquità, perciò ti unse Dio, il tuo Dio, con olio di esultanza
più dei tuoi compagni. E ancora: Tu, Signore, da principio hai fondato
la terra e opera delle tue mani sono i cieli. Essi periranno, ma tu
rimani; invecchieranno tutti come un vestito. Come un mantello li
avvolgerai, come un abito e saranno cambiati; ma tu rimani lo stesso, e
gli anni tuoi non avranno fine.
M. - Deo grátias.
venerdì 9 dicembre 2016
Articolo per le “vedove ratzingeriane”...
Le troppe “vedove ratzingeriane” leggano e traggano profitto…
L’EDITORIALE DEL VENERDI
di Arai Daniele
Questo 2016 si chiude ancora all’ombra sinistra di due guerre senza
fine. Le abbiamo descritte nell’articolo precedente, ma per i cattolici è
sempre bene approfondire le sue radici religiose, da dove spunta ogni
male nella società umana. Se non lo fa direttamente, lo fa minando le
difese della Verità, come sia la fortezza del Sacrificio perpetuo
menzionato dal profeta Daniele e ricordato da Gesù stesso come segno
della fine.
Qui un breve approfondimento sarà fatto con riferimento alla «lezione
di Ratzinger», allineato in pieno alla giustificazione di Lutero, tesi
con cui Bergoglio imperversa sempre più.
Lo faremmo seguendo quanto pubblicato dal vaticanista Sandro
Magister: « Joseph Ratzinger torna in cattedra; Non la cattedra di
vescovo di Roma, ma quella di professore di teologia. Una inattesa
lezione del papa emerito sulle questioni capitali del pensiero cristiano
d’oggi. Sì, ma a controsenso del pensiero cristiano di sempre.
- «ROMA, 18 marzo 2016 – Il testo di Joseph Ratzinger di cui sotto sono riprodotti i brani salienti non è inedito. Era già stato letto dal suo segretario Georg Gänswein durante un convegno organizzato a Roma dai gesuiti della Rettoria del Gesù, tra l’8 e il 10 ottobre 2015, mentre in Vaticano era in corso il sinodo sulla famiglia. Ma fino a due giorni fa questo testo, che ha la forma dell’intervista, era noto soltanto a pochissimi. Mentre ora sta per uscire in un libro che raccoglie gli atti di quel convegno. Mercoledì 16 marzo il quotidiano “Avvenire” ne ha anticipato ampi stralci, rivelando anche il nome dell’intervistatore. E poche ore dopo “L’Osservatore Romano” l’ha pubblicato integralmente: «La fede non è un’idea ma la vita. Intervista al papa emerito Benedetto XVI Il tema del convegno era tipico della Compagnia di Gesù: “Per mezzo della fede. Dottrina della giustificazione ed esperienza di Dio nella predicazione della Chiesa e negli Esercizi Spirituali”. E gesuita era anche l’intervistatore, Jacques Servais, belga, discepolo del grande teologo Hans Urs von Balthasar. Ma da questo Ratzinger ha preso spunto per mettere a fuoco le questioni capitali del pensiero cristiano d’oggi, a partire da ciò che egli definisce “drastici capovolgimenti della nostra fede” e “profonde evoluzioni del dogma”, con le drammatiche “crisi” che ne conseguono. Senza esitare a liquidare come “del tutto errata” alla luce della teologia trinitaria una tesi che ha modellato per secoli la predicazione della Chiesa, quella secondo cui “il Cristo doveva morire in croce per riparare l’offesa infinita che era stata fatta a Dio e così restaurare l’ordine infranto”.
- «Anche sul binomio giustizia / misericordia Ratzinger ha parole illuminanti (!), con un brevissimo rimando a papa Francesco sul quale hanno fatto leva gli adulatori dell’attuale pontefice, prontamente zittiti da “L’Osservatore Romano”… Se è Dio a doversi giustificare – Ecco dunque tre brani salienti di questo testo, che è il più ampio fin qui scritto da Ratzinger dopo la sua rinuncia al papato. Il testo era originariamente in lingua tedesca, ma è stato reso pubblico in italiano, tradotto dall’intervistatore con la revisione ultima dello stesso papa emerito.
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