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giovedì 7 novembre 2013

"IL LIBERALISMO E' UN PECCATO" di Don Félix Sardà y Salvany, (Capitolo 25°)...

Continuiamo la publicazione del  LIBRO "IL LIBERALISMO E' UN PECCATO" DI Don Félix Sardà y Salvany. 

Capitolo 23°.
Capitolo 24°.

«La parte dottrinale di cotesto libro, la quale riguarda il liberalismo, è eccellente, conforme ai documenti di Pio IX e di Leone XIII, e giudicata dalla Sacra Congregazione dell'Indice dottrina sana.» La Civiltà Cattolica, anno XXXIX, vol. IX della serie XIII, Roma 1888, pag. 346. 
 
 http://www.seldelaterre.fr/I-Grande-12040-le-liberalisme-est-un-peche-nouvelle-edition.net.jpg
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Liberalismo Cap. 25
Conferma di ciò che è stato appena scritto in un articolo molto coscienzioso di "Civiltà Cattolica"
non dubitiamo fortemente che sia possibile sfuggire all'argomento che segue, poiché, in verità, esso non lascia alcuna via d'uscita.
Tuttavia, siccome la questione e della più alta importanza e dato che, in questi ultimi tempi, è stata oggetto di un'ardente controversia, la nostra autorità personale è troppo piccola per risolvere questa questione con un giudizio definitivo. Domandiamo, dunque, ai nostri lettori il permesso di riprodurre, in favore della nostra dottrina, un sostegno di maggior peso, per non dire di una competenza tanto incontestabile che incontestata: quello della Civiltà Cattolica, il maggior giornale religioso del mondo, non essendo esso ufficiale nella sua redazione ma essendolo nella sua origine.
Questa rivista fu, in effetti, fondato con un breve speciale di Pio IX e affidata da lui ai padri della Compagnia di Gesù; i suoi articoli, sotto una forma tanto seria quanto satirica, non hanno mai lasciato un momento di tregua al liberalismo italiano e molte volte hanno ricevuto il rimprovero, dai liberali, di essere scritti con mancanza di carità.
In risposta a queste farisaiche omelie sulla misura e sulla carità, la Civiltà Cattolica pubblicò un articolo magnifico, così pieno di humour quanto di profonda filosofia.
Noi lo riproduciamo qui per la consolazione dei nostri liberali e la disillusione di tanti poveri cattolici intaccati di liberalismo, i quali, facendo coro con essi, si scandalizzano moltissimo della nostra cosiddetta mancanza di moderazione e l'anatemizzano di continuo.
Questo articolo si intitola: "Un po' di Carità ! ".
Eccolo:
"De Maistre disse che la Chiesa e i Papi non hanno mai chiesto per la loro causa niente di più che la Verità e la Giustizia. Tutto il contrario, i liberali, senza dubbio per il fatto di non credere in una oggettiva Verità e Giustizia anzi di averne orrore, sempre ci domandano: la carità.
Sono ormai più di 12 anni che, da parte nostra, noi assistiamo a questo curioso spettacolo dato dei liberali italiani. Essi non cessano un momento di mendicare con le lacrime la nostra carità. Sono diventati insopportabili, e senza pudore, le braccia conserte, in prosa, in versi, nelle loro pubblicità, nei loro giornali, nelle loro lettere pubbliche e private, anonime e pseudonime, direttamente o indirettamente, ci supplicano di esercitare verso di loro la carità, per l'amore di Dio.
Ci scongiurano di non far più ridere il prossimo a loro spese, e di non fare un esame così dettagliato, così minuzioso dei loro scritti "sublimi", di non ostinarsi a mettere in luce le loro "gloriose imprese", di chiudere i nostri occhi le nostre orecchie ai loro abbagli, ai loro solecismi, alle loro menzogne, alle loro calunnie, alle loro mistificazioni, in una parola di lasciarli vivere in pace.
In definitiva, la carità è la carità ! Che i liberali non ne abbiano affatto, è così naturale che si può spiegare benissimo, ma che scrittori come quelli della Civiltà Cattolica non facciano affatto uso, ebbene questo è tutt'altro affare.
Sempre i liberali hanno aborrito la mendicità pubblica fino al punto di vietarla in molti paesi sotto pena di prigione; e così per un giusto castigo di Dio loro stessi sono ridotti a diventare mendicanti pubblici, domandando nel nome del cielo, questi mascalzoni dei reazionari… Un poco di carità !...
I liberali hanno imitato, con questa edificante conversione all'amore per la mendicità, un'altra conversione non meno celebre non meno edificante, quella di un ricco avaro alla virtù dell’elemosina.

Il detto avaro assistendo una volta al sermone intese una esortazione molto calorosa sulla pratica dell'elemosina e ne fu talmente colpito che si ritenne veramente convertito. In verità egli era stato così straordinariamente toccato dal sermone che si diceva uscendo dalla chiesa: "è impossibile che questi buoni cristiani che l'hanno ascoltato non mi diano ormai spesso qualche cosa in carità !".
Così è per i nostri stupefacenti liberali. Dopo aver dimostrato (ciascuno nella misura dei suoi mezzi) con i loro atti e i loro scritti, che hanno per la Carità un amore uguale a quello del diavolo professa per l'acqua benedetta, quando essi intendono parlare di carità, essi si ricordano tutto a un tratto che esiste nel mondo una cosa che si chiama "La virtù di carità" che potrebbe in certe occasioni esser loro davvero utile. Subitanea mente si mostrano perdutamente presi d'amore per essa che vanno richiedendola, con grandi clamori, al Papa, i vescovi, al clero, ai religiosi, ai giornalisti, a tutti… Anche i redattori della Civiltà Cattolica !
"Quale necessità vi spinge a entrare in queste polemiche ?" Ci dicono con un tono confidenziale. " Non avete abbastanza ostilità da sopportare ? Siate tolleranti e vostri avversari lo saranno con voi. Che ci guadagnate a fare questo triste mestiere di cani che passano la loro vita ad abbaiare al ladro ? Se alla fine voi sarete colpiti, riempiti di botte, con chi ve la prenderete se non con voi stessi e con questo indomabile accanimento che voi avete a cercare lo scontro ?".
Maniera di ragionare saggia e disinteressata, il cui il solo difetto è di rassomigliare singolarmente a quella che il commissario di polizia raccomanda a Renzo Tramaglino nel romanzo " I promessi sposi", allorquando prova a condurlo in prigione con la persuasione, temendo che, se avesse usato la forza, il giovane avrebbe fatto resistenza.
"Credetemi, diceva a Renzo, io ho dimestichezza con queste questioni; camminate tranquillamente sempre dritto, senza girarvi da una parte o l'altra, senza che vi si noti. Così, nessuno farà attenzione a noi, nessuno sospetterà niente e voi conserverete il vostro onore intatto."
Ma qui Manzoni fa osservare che Renzo non dava fede a nessuna di queste belle ragioni. Egli non poteva credere né al grande interesse che il commissario manifestava per il suo onore e la sua reputazione, né alla sincerità delle intenzioni che aveva di servirlo e di cui faceva mostra.
Il solo risultato di queste esportazioni fu dunque di confermarlo nell'intenzione di tenere una condotta del tutto opposta a quella che il commissario gli consigliava.
Questo disegno, per venire a noi, siamo fortemente tentati di formularlo così; poiché in verità, non arriviamo a persuaderci che il male, piccolo o grande, che noi possiamo causare alla religione, importi poco o tanto ai liberali, né che essi si diano tanta pena nel nostro interesse.
Noi siamo persuasi, al contrario, che se i liberali credessero veramente che la nostra maniera di agire fosse pregiudizievole alla religione o a noi stessi, essi si guarderebbero bene non solamente di avvertirci, ma ci incoraggerebbero su quella via con i loro applausi.
Noi ci figuriamo anche che lo zelo di cui essi fanno mostra nei nostri riguardi, e le preghiere reiterate di modificare il nostro stile che essi ci rivolgono, siano il segno più chiaro che la religione, in questo, non ha nulla a soffrire dal nostro modo di procedere, e in più che i nostri scritti hanno qualche lettore, ciò che per uno scrittore è pur sempre una piccola consolazione.
Quanto al nostro interesse e al principio utilitario, benché i liberali siano sempre passati con giusta ragione per maestri in questo e benché essi abbiano la meritata reputazione di averlo applicato in ogni occasione molto più a loro profitto che al nostro, bisogna che essi ci consentano di credere, così come l'abbiamo creduto fino a questo giorno, che in ogni controversia sulla nostra maniera di scrivere contro di loro, non siamo noi quelli più da compatire, né tantomeno la Religione.
Di conseguenza, essendo dato, da una parte, che noi abbiamo manifestato la nostra umile opinione, dall'altra, che le ragioni che noi potremmo definire intrinseche e indipendenti del principio utilitario, allegate dai liberali in loro favore e contro li nostro modo di scrivere, sono state molte volte confutate nelle serie anteriori della Civiltà Cattolica, che cosa ci resta da fare infine ? Niente altro, che congedare gentilmente questi mendicanti di nuova specie, consigliando loro di fare in avvenire il loro mestiere di avvocati della loro causa più abilmente di quanto lo facessero gli sbirri del 17º secolo con Renzo.
Ma poiché molti tra loro continuano a mendicare, e hanno recentemente pubblicato a Pérouse un opuscolo intitolato: che cos'è il partito cattolico? Che essi hanno interamente consacrato a domandare alla Civiltà Cattolica un poco di carità, non sarà inutile, cominciando questa quinta serie, di opporre una volta di più alle antiche obiezioni le antiche risposte.
Questa sarà una grande carità, non certamente quella dei liberali implorano da noi, ma un'altra fortemente meritoria: la carità di ascoltarli con pazienza per la 100ª volta.
Del resto, il tono umile e lamentoso col quale, da un certo tempo, ci pregano di far loro l'elemosina d'un poco di carità, non merita di meno."

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