Cosi' parlano gli eretici formali che non hanno nessun ministero nella Chiesa di nostro Signore:
"Ratzinger: La validità della liturgia
[Eucaristia] dipende primariamente, non da specifiche parole, ma dalla
comunità della Chiesa (...) il Concilio di Trento conclude le sue
affermazioni sul Corpo di Cristo con qualcosa che offende le nostre
orecchie ecumeniche ed ha senza dubbio contribuito non poco verso lo
screditare questo banchetto nell’opinione dei nostri fratelli
protestanti. Ma, se noi purifichiamo la sua formulazione dal tono
appassionato del 16° secolo, saremmo sorpresi da qualcosa di grande e
positivo” (Joseph Ratzinger, Feast of Faith, 1981, p. 130)".
Cosi' parlano i veri Pontefici Cattolici a cui noi aderiamo:
--------------
Concilio Vaticano Primo
4 sessioni dall’8 dicembre
1869 al 18 luglio 1870.
Pio IX (1846-1878).
Definizione della dottrina della fede cattolica e del primato e
dell’infallibilità papale.
SESSIONE I (8 dicembre 1869)
Decreto di apertura del concilio.
Pio vescovo, servo dei servi di Dio, con
l’approvazione del sacro concilio, a perpetua memoria.
Reverendissimi padri, vi sembra opportuno che, a lode e gloria della santa ed indivisa Trinità, Padre, Figlio e Spirito santo, ad
incremento ed esaltazione della fede e della religione cattolica, per la
estirpazione degli errori che vanno serpeggiando, per la riforma del clero e
del popolo cristiano, per la comune pace e concordia di tutti, abbia inizio il
sacrosanto concilio ecumenico vaticano? [Risposero:
sì].
Indizione della futura sessione.
Pio vescovo, servo dei servi di Dio, con
l’approvazione del sacro concilio, a perpetua memoria.
Reverendissimi padri, credete opportuno che la prossima sessione del
sacrosanto concilio ecumenico vaticano abbia luogo nella festa dell’epifania
del Signore, che sarà il 6 del mese di gennaio,
nell’anno del Signore 1870? [Risposero: sì].
SESSIONE II (6 gennaio 1870)
Professione di fede.
Io Pio, vescovo della chiesa cattolica, credo
fermamente e professo ogni singola verità contenuta nel simbolo di fede, in uso
presso la chiesa romana.
E cioè: credo in un solo Dio, padre onnipotente, creatore del cielo e della
terra, di ciò che si vede e di ciò che non si vede. E in un
solo signore, Gesù Cristo, figlio unigenito di Dio, nato dal padre prima di
tutti i secoli. Dio da Dio, luce da luce, Dio
vero da Dio vero. Generato non fatto; consostanziale al Padre; per mezzo del
quale sono state fatte tutte le cose. Per noi uomini e per la nostra salvezza
egli discese dal cielo; si incarnò per opera dello
Spirito santo dalla vergine Maria, e si fece uomo, crocifisso per noi, soffrì
sotto Ponzio Pilato e fu sepolto. Risuscitò il terzo giorno, secondo le
scritture; salì al cielo, siede alla destra del Padre. Verrà di nuovo, con gloria, a giudicare i vivi e i morti.
Credo anche nello Spirito santo, signore e datore di vita. Egli procede dal
Padre e dal Figlio. Col Padre e col Figlio, Egli e adorato e glorificato ed ha
parlato per mezzo dei profeti.
Credo nella chiesa, una, santa, cattolica ed
apostolica.
Confesso un solo battesimo per la remissione dei peccati; aspetto la
resurrezione dei morti e la vita del mondo futuro. Amen.
Con fermezza di fede ammetto ed abbraccio le
tradizioni
apostoliche ed ecclesiastiche e le altre pratiche e costituzioni della stessa chiesa.
Così pure accetto la sacra scrittura nel senso che ha ritenuto e ritiene la
santa madre chiesa, cui è riservato giudicare del senso vero e
dell’interpretazione delle sacre scritture; e non l’accetterò
ed interpreterò mai se non secondo l’unanime consenso dei padri. Confesso pure
che sette sono i sacramenti veri e propri della nuova legge, istituiti da
nostro signore Gesù Cristo, e necessari alla salvezza
del genere umano, anche se non tutti sono necessari a ciascuno. Essi sono: il
battesimo, la confermazione, l’eucarestia, la penitenza, l’estrema unzione,
l’ordine e il matrimonio; e conferiscono la grazia. Di essi, il battesimo, la
confermazione e l’ordine non possono essere ripetuti senza sacrilegio; ammetto
anche ed accetto i riti tradizionali, approvati dalla
chiesa cattolica nell’amministrazione solenne di questi sacramenti. Tutto ciò
che, sia in genere che in particolare, è stato
definito e dichiarato sul peccato originale e sulla giustificazione nel
sacrosanto concilio Tridentino, lo accetto e lo ritengo vero. Confesso anche che nella messa si offre a Dio un vero e proprio
sacrificio propiziatorio per i vivi e per i defunti; e che nel santissimo
sacramento dell’eucarestia vi è veramente, realmente e sostanzialmente il corpo
e il sangue insieme con l’anima e la divinità del signore nostro Gesù Cristo, e
che si opera la trasformazione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di
tutta la sostanza del vino nel sangue; trasformazione che la chiesa cattolica
chiama "transustanziazione".
Confesso anche che sotto una sola specie si riceve Cristo completo ed intero e il vero sacramento. Credo fermamente all’esistenza
del purgatorio, e che le anime che sono in esso siano aiutate dalle preghiere
dei fedeli.
E così pure, che i santi, i quali regnano con Cristo, devono venerarsi ed invocarsi; che offrono a Dio per noi le loro preghiere e
le cui reliquie si devono venerare.
Affermo energicamente che le immagini di Cristo e della Vergine madre di
Dio, e così pure quelle dei santi devono conservarsi e tenersi; e che ad esse si deve onore e venerazione.
Affermo anche che la potestà delle indulgenze è stata lasciata da Cristo
nella sua chiesa, e che il loro uso è utilissimo al popolo cristiano.
Riconosco nella santa, cattolica, apostolica chiesa romana, la madre e la
maestra di tutte le chiese.
Allo stesso modo, accetto e professo, senza esitazione, tutte le altre
dottrine trasmesse, definite, dichiarate dai sacri
canoni e dai concili ecumenici, specie dal sacrosanto concilio di Trento. E
condanno anch’io, nello stesso tempo, rigetto ed anatematizzo tutto ciò che è contrario ad esse, e qualsiasi eresia che la
chiesa abbia condannato, rigettato, anatematizzato.
Io, Pio, prometto solennemente e giuro di ritenere fermissimamente, con
l’aiuto di Dio, questa vera fede cattolica, - fuori della quale nessuno potrà
esser salvo, e che ora spontaneamente professo e ritengo veramente - integra e
senza macchia fino all’ultimo respiro della mia vita, e di cercare (che essa
sia ritenuta) da tutti, per quanto è in me. Così mi aiuti Dio, e questi santi
evangeli di Dio.
------------
Bellellissima conferenza sul Papato. Relatore Piergorgio Seveso...
------------
PASTOR AETERNUS.
Del Sommo Pontefice Pio IX...
Il Pastore eterno e Vescovo delle nostre anime, per rendere perenne
la salutare opera della Redenzione, decise di istituire la santa Chiesa,
nella quale, come nella casa del Dio vivente, tutti i fedeli si
ritrovassero uniti nel vincolo di una sola fede e della carità. Per
questo, prima di essere glorificato, pregò il Padre non solo per gli
Apostoli, ma anche per tutti coloro che avrebbero creduto in Lui
attraverso la loro parola, affinché fossero tutti una cosa sola, come lo
stesso Figlio e il Padre sono una cosa sola. Così dunque inviò gli
Apostoli, che aveva scelto dal mondo, nello stesso modo in cui Egli
stesso era stato inviato dal Padre: volle quindi che nella sua Chiesa i
Pastori e i Dottori fossero presenti fino alla fine dei secoli.
Perché poi lo stesso Episcopato fosse uno ed indiviso e l’intera
moltitudine dei credenti, per mezzo dei sacerdoti strettamente uniti fra
di loro, si conservasse nell’unità della fede e della comunione,
anteponendo agli altri Apostoli il Beato Pietro, in lui volle fondato
l’intramontabile principio e il visibile fondamento della duplice unità:
sulla sua forza doveva essere innalzato il tempio eterno, e la
grandezza della Chiesa, nell’immutabilità della fede, avrebbe potuto
ergersi fino al cielo [S. LEO M., Serm. IV al. III, cap. 2 in
diem Natalis sui]. E poiché le porte dell’inferno si accaniscono sempre
più contro il suo fondamento, voluto da Dio, quasi volessero, se fosse
possibile, distruggere la Chiesa, Noi riteniamo necessario, per la
custodia, l’incolumità e la crescita del gregge cattolico, con
l’approvazione del Sacro Concilio, proporre la dottrina relativa
all’istituzione, alla perennità e alla natura del sacro Primato
Apostolico, sul quale si fondano la forza e la solidità di tutta la
Chiesa, come verità di fede da abbracciare e da difendere da parte di
tutti i fedeli, secondo l’antica e costante credenza della Chiesa
universale, e respingere e condannare gli errori contrari, tanto
pericolosi per il gregge del Signore.
Capitolo I - Istituzione del Primato Apostolico nel Beato Pietro
Proclamiamo dunque ed affermiamo, sulla scorta delle testimonianze
del Vangelo, che il primato di giurisdizione sull’intera Chiesa di Dio è
stato promesso e conferito al beato Apostolo Pietro da Cristo Signore
in modo immediato e diretto. Solamente a Simone, infatti, al quale già
si era rivolto: "Tu sarai chiamato Cefa" (Gv 1,42), dopo che ebbe pronunciata quella sua confessione: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo", il Signore indirizzò queste solenni parole: "Beato
sei tu, Simone Bariona; perché non la carne e il sangue te l’hanno
rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli: e io ti dico che tu sei
Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa, e le porte
dell’inferno non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del
regno dei cieli: qualunque cosa avrai legato sulla terra, sarà legata
anche nei cieli, e qualunque cosa avrai sciolto sulla terra, sarà
sciolta anche nei cieli" (Mt 16,16-19). E al solo Simon Pietro, dopo
la sua risurrezione, Gesù conferì la giurisdizione di sommo pastore e
di guida su tutto il suo ovile con le parole: "Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore"
(Gv 21,15-17). A questa chiara dottrina delle sacre Scritture, come è
sempre stata interpretata dalla Chiesa cattolica, si oppongono senza
mezzi termini le malvagie opinioni di coloro che, stravolgendo la forma
di governo decisa da Cristo Signore nella sua Chiesa, negano che Cristo
abbia investito il solo Pietro del vero e proprio primato di
giurisdizione che lo antepone agli altri Apostoli, sia presi
individualmente, sia nel loro insieme, o di coloro che sostengono un
primato non affidato in modo diretto e immediato al beato Pietro, ma
alla Chiesa e, tramite questa, all’Apostolo come ministro della stessa
Chiesa.
Se qualcuno dunque affermerà che il beato Pietro Apostolo non è stato
costituito da Cristo Signore Principe di tutti gli Apostoli e capo
visibile di tutta la Chiesa militante, o che non abbia ricevuto dallo
stesso Signore Nostro Gesù Cristo un vero e proprio primato di
giurisdizione, ma soltanto di onore: sia anatema.
Capitolo II - Perpetuità del Primato del Beato Pietro nei Romani Pontefici
Ciò che dunque il Principe dei pastori, e grande pastore di tutte le
pecore, il Signore Gesù Cristo, ha istituito nel beato Apostolo Pietro
per rendere continua la salvezza e perenne il bene della Chiesa, è
necessario, per volere di chi l’ha istituita, che duri per sempre nella
Chiesa la quale, fondata sulla pietra, si manterrà salda fino alla fine
dei secoli. Nessuno può nutrire dubbi, anzi è cosa risaputa in tutte le
epoche, che il santo e beatissimo Pietro, Principe e capo degli
Apostoli, colonna della fede e fondamento della Chiesa cattolica,
ricevette le chiavi del regno da Nostro Signore Gesù Cristo, Salvatore e
Redentore del genere umano: Egli, fino al presente e sempre, vive,
presiede e giudica nei suoi successori, i vescovi della santa Sede
Romana, da lui fondata e consacrata con il suo sangue [Cf. EPHESINI
CONCILII, Act. III]. Ne consegue che chiunque succede a Pietro in
questa Cattedra, in forza dell’istituzione dello stesso Cristo, ottiene
il Primato di Pietro su tutta la Chiesa. Non tramonta dunque ciò che la
verità ha disposto, e il beato Pietro, perseverando nella forza che ha
ricevuto, di pietra inoppugnabile, non ha mai distolto la sua mano dal
timone della Chiesa [S. LEO M., Serm. III al. II, cap. 3]. È
questo dunque il motivo per cui le altre Chiese, cioè tutti i fedeli di
ogni parte del mondo, dovevano far capo alla Chiesa di Roma, per la sua
posizione di autorevole preminenza, affinché in tale Sede, dalla quale
si riversano su tutti i diritti della divina comunione, si
articolassero, come membra raccordate alla testa, in un unico corpo [S.
IREN., Adv. haer., I, III, c. 3 et CONC. AQUILEI. a. 381 inter epp. S. Ambros., ep. XI] .
Se qualcuno dunque affermerà che non è per disposizione dello stesso
Cristo Signore, cioè per diritto divino, che il beato Pietro abbia per
sempre successori nel Primato sulla Chiesa universale, o che il Romano
Pontefice non sia il successore del beato Pietro nello stesso Primato:
sia anatema.
Capitolo III - Della Forza e della Natura del Primato del Romano Pontefice
Sostenuti dunque dalle inequivocabili testimonianze delle sacre
lettere e in piena sintonia con i decreti, chiari ed esaurienti, sia dei
Romani Pontefici Nostri Predecessori, sia dei Concili generali,
ribadiamo la definizione del Concilio Ecumenico Fiorentino che impone a
tutti i credenti in Cristo, come verità di fede, che la Santa Sede
Apostolica e il Romano Pontefice detengono il Primato su tutta la terra,
e che lo stesso Romano Pontefice è il successore del beato Pietro,
Principe degli Apostoli, il vero Vicario di Cristo, il capo di tutta la
Chiesa, il padre e il maestro di tutti i cristiani; a lui, nella persona
del beato Pietro, è stato affidato, da nostro Signore Gesù Cristo, il
pieno potere di guidare, reggere e governare la Chiesa universale. Tutto
questo è contenuto anche negli atti dei Concili ecumenici e nei sacri
canoni.
Proclamiamo quindi e dichiariamo che la Chiesa Romana, per
disposizione del Signore, detiene il primato del potere ordinario su
tutte le altre, e che questo potere di giurisdizione del Romano
Pontefice, vero potere episcopale, è immediato: tutti, pastori e fedeli,
di qualsivoglia rito e dignità, sono vincolati, nei suoi confronti,
dall’obbligo della subordinazione gerarchica e della vera obbedienza,
non solo nelle cose che appartengono alla fede e ai costumi, ma anche in
quelle relative alla disciplina e al governo della Chiesa, in tutto il
mondo. In questo modo, avendo salvaguardato l’unità della comunione e
della professione della stessa fede con il Romano Pontefice, la Chiesa
di Cristo sarà un solo gregge sotto un solo sommo pastore. Questa è la
dottrina della verità cattolica, dalla quale nessuno può allontanarsi
senza perdita della fede e pericolo della salvezza.
Questo potere del Sommo Pontefice non pregiudica in alcun modo quello
episcopale di giurisdizione, ordinario e immediato, con il quale i
Vescovi, insediati dallo Spirito Santo al posto degli Apostoli, come
loro successori, guidano e reggono, da veri pastori, il gregge assegnato
a ciascuno di loro, anzi viene confermato, rafforzato e difeso dal
Pastore supremo ed universale, come afferma solennemente San Gregorio
Magno: "Il mio onore è quello della Chiesa universale. Il mio onore è
la solida forza dei miei fratelli. Io mi sento veramente onorato,
quando a ciascuno di loro non viene negato il dovuto onore" [Ep. ad Eulog. Alexandrin., I, VIII, ep. XXX].
Dal supremo potere del Romano Pontefice di governare tutta la Chiesa,
deriva allo stesso anche il diritto di comunicare liberamente,
nell’esercizio di questo suo ufficio, con i pastori e con i greggi della
Chiesa intera, per poterli ammaestrare e indirizzare nella via della
salvezza. Condanniamo quindi e respingiamo le affermazioni di coloro che
ritengono lecito impedire questo rapporto di comunicazione del capo
supremo con i pastori e con i greggi, o lo vogliono asservire al potere
civile, poiché sostengono che le decisioni prese dalla Sede Apostolica, o
per suo volere, per il governo della Chiesa, non possono avere forza e
valore se non vengono confermate dal potere civile.
E poiché per il diritto divino del Primato Apostolico il Romano
Pontefice è posto a capo di tutta la Chiesa, proclamiamo anche ed
affermiamo che egli è il supremo giudice dei fedeli [PII VI, Breve Super
soliditate, d. 28 Nov. 1786] e che in ogni controversia spettante
all’esame della Chiesa, si può ricorrere al suo giudizio [CONC. OECUM.
LUGDUN. II]. È evidente che il giudizio della Sede Apostolica, che
detiene la più alta autorità, non può essere rimesso in questione da
alcuno né sottoposto ad esame da parte di chicchessia [Ep. Nicolai I ad
Michaelem Imperatorem]. Si discosta quindi dal retto sentiero della
verità chi afferma che è possibile fare ricorso al Concilio Ecumenico,
come se fosse investito di un potere superiore, contro le sentenze dei
Romani Pontefici.
Dunque se qualcuno affermerà che il Romano Pontefice ha semplicemente
un compito ispettivo o direttivo, e non il pieno e supremo potere di
giurisdizione su tutta la Chiesa, non solo per quanto riguarda la fede e
i costumi, ma anche per ciò che concerne la disciplina e il governo
della Chiesa diffusa su tutta la terra; o che è investito soltanto del
ruolo principale e non di tutta la pienezza di questo supremo potere; o
che questo suo potere non è ordinario e diretto sia su tutte e singole
le Chiese, sia su tutti e su ciascun fedele e pastore: sia anatema.
Capitolo IV - Del Magistero Infallibile del Romano Pontefice
Questa Santa Sede ha sempre ritenuto che nello stesso Primato
Apostolico, posseduto dal Romano Pontefice come successore del beato
Pietro Principe degli Apostoli, è contenuto anche il supremo potere di
magistero. Lo conferma la costante tradizione della Chiesa; lo
dichiararono gli stessi Concili Ecumenici e, in modo particolare, quelli
nei quali l’Oriente si accordava con l’Occidente nel vincolo della fede
e della carità. Proprio i Padri del quarto Concilio di Costantinopoli,
ricalcando le orme dei loro antenati, emanarono questa solenne
professione: "La salvezza consiste anzitutto nel custodire le norme
della retta fede. E poiché non è possibile ignorare la volontà di nostro
Signore Gesù Cristo che proclama: "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa", queste
parole trovano conferma nella realtà delle cose, perché nella Sede
Apostolica è sempre stata conservata pura la religione cattolica, e
professata la santa dottrina. Non volendo quindi, in alcun modo, essere
separati da questa fede e da questa dottrina, nutriamo la speranza di
poterci mantenere nell’unica comunione predicata dalla Sede Apostolica,
perché in lei si trova tutta la vera solidità della religione cristiana"
[Ex formula S. Hormisdae Papae, prout ab Hadriano II Patribus Concilii
Oecumenici VIII, Constantinopolitani IV, proposita et ab iisdem
subscripta est]. Nel momento in cui si approvava il secondo Concilio di
Lione, i Greci dichiararono: "La Santa Chiesa Romana è insignita del
pieno e sommo Primato e Principato sull’intera Chiesa Cattolica e, con
tutta sincerità ed umiltà, si riconosce che lo ha ricevuto, con la
pienezza del potere, dallo stesso Signore nella persona del beato
Pietro, Principe e capo degli Apostoli, di cui il Romano Pontefice è
successore, e poiché spetta a lei, prima di ogni altra, il compito di
difendere la verità della fede, qualora sorgessero questioni in materia
di fede, tocca a lei definirle con una sua sentenza". Da ultimo il Concilio Fiorentino emanò questa definizione: "Il
Pontefice Romano, vero Vicario di Cristo, è il capo di tutta la Chiesa,
il padre e il maestro di tutti i Cristiani: a lui, nella persona del
beato Pietro, è stato affidato, da nostro Signore Gesù Cristo, il
supremo potere di reggere e di governare tutta la Chiesa".
Allo scopo di adempiere questo compito pastorale, i Nostri
Predecessori rivolsero sempre ogni loro preoccupazione a diffondere la
salutare dottrina di Cristo fra tutti i popoli della terra, e con pari
dedizione vigilarono perché si mantenesse genuina e pura come era stata
loro affidata. È per questo che i Vescovi di tutto il mondo, ora
singolarmente ora riuniti in Sinodo, tenendo fede alla lunga
consuetudine delle Chiese e salvaguardando l’iter dell’antica regola,
specie quando si affacciavano pericoli in ordine alla fede, ricorrevano a
questa Sede Apostolica, dove la fede non può venir meno, perché
procedesse in prima persona a riparare i danni [Cf. S. BERN. Epist.
CXC]. Gli stessi Romani Pontefici, come richiedeva la situazione del
momento, ora con la convocazione di Concili Ecumenici o con un sondaggio
per accertarsi del pensiero della Chiesa sparsa nel mondo, ora con
Sinodi particolari o con altri mezzi messi a disposizione dalla divina
Provvidenza, definirono che doveva essere mantenuto ciò che, con l’aiuto
di Dio, avevano riconosciuto conforme alle sacre Scritture e alle
tradizioni Apostoliche. Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso
ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova
dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà,
con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il
deposito della fede. Fu proprio questa dottrina apostolica che tutti i
venerabili Padri abbracciarono e i santi Dottori ortodossi venerarono e
seguirono, ben sapendo che questa Sede di San Pietro si mantiene sempre
immune da ogni errore in forza della divina promessa fatta dal Signore,
nostro Salvatore, al Principe dei suoi discepoli: "Io ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede, e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli".
Questo indefettibile carisma di verità e di fede fu dunque
divinamente conferito a Pietro e ai suoi successori in questa Cattedra,
perché esercitassero il loro eccelso ufficio per la salvezza di tutti,
perché l’intero gregge di Cristo, distolto dai velenosi pascoli
dell’errore, si alimentasse con il cibo della celeste dottrina e perché,
dopo aver eliminato ciò che porta allo scisma, tutta la Chiesa si
mantenesse una e, appoggiata sul suo fondamento, resistesse incrollabile
contro le porte dell’inferno.
Ma poiché proprio in questo tempo, nel quale si sente particolarmente
il bisogno della salutare presenza del ministero Apostolico, si trovano
parecchie persone che si oppongono al suo potere, riteniamo veramente
necessario proclamare, in modo solenne, la prerogativa che l’unigenito
Figlio di Dio si è degnato di legare al supremo ufficio pastorale.
Perciò Noi, mantenendoci fedeli alla tradizione ricevuta dai primordi
della fede cristiana, per la gloria di Dio nostro Salvatore, per
l’esaltazione della religione Cattolica e per la salvezza dei popoli
cristiani, con l’approvazione del sacro Concilio proclamiamo e definiamo
dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra,
cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di
tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico
definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la
Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato
Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle
fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede
e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono
immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa.
Se qualcuno quindi avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra definizione, Dio non voglia!: sia anatema.
Dato a Roma, nella pubblica sessione celebrata solennemente nella
Basilica Vaticana, nell’anno 1870 dell’Incarnazione del Signore, il 18
luglio, venticinquesimo anno del Nostro Pontificato.
Povero Ratzinger ! Anche lui arrivato in un posto che non gli si confaceva ...Perchè ha accettato, dopo essere stato eletto da cardinali che forse non avevano nemmeno la prerogativa ?
RispondiEliminaPerchè non rinnega le eresie e /o alterazioni dottrinali che ha sostenuto anche in gioventù ?
E' vecchio e stanco, tra poco si presenterà davanti al Giudice Supremo.
Non si rende conto di aver scritto e proposto assurdità da teologo del tubinga ?
Dispiace per lui che si avvicina al rendiconto senza pentimento del ruolo così importante, ma così sbagliato per lui (rinuncia e ritiro l'anno scorso )