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martedì 19 maggio 2015

RISPOSTA A SUA ECC. REV. MONS. RICHARD WILLIAMSON SULLA TESI DEL PAPA ERETICO

Papa Leone XIII nel suo Motu Proprio del 25 settembre 1888, quando scrisse l’invocazione a S. Michele
“Questi astutissimi nemici hanno riempito e inebriato di fiele e amarezza la Chiesa, la sposa dell’Agnello immacolato, e hanno messo empie mani sulle sue più sacre proprietà. Nello stesso Luogo Santo, dove fu posta la Sede del beatissimo Pietro e la Cattedra di Verità per la luce del mondo, hanno elevato il trono della loro abominevole empietà, con l’iniquo disegno che quando il Pastore sia stato colpito, il gregge venga disperso.”
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Come si potrà vedere subito sotto nelle immagini del Codex del 1917 la famosa Bolla del Pontefice Paolo IV è presente e non tolta come vorrebbero far intendere quei furbacchioni che per far quadrare le loro personali tesi dell'eretico comunque Pontefice vanno sparando che la bolla di Paolo IV non sia presente nell'unico vero Codice ad oggi esistente nella chiesa Cattolica...

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Bolla di Papa Paolo IV del 1559, Cum ex apostolatus 

“Se mai, in qualunque epoca, avvenga che… il Romano Pontefice abbia deviato dalla Fede Cattolica o sia caduto in qualche eresia prima di assumere il papato, tale assunzione, anche compiuta coll’unanime consenso di tutti i Cardinali, è nulla, invalida e senza effetto; né può dirsi divenire valida, o esser tenuta per legittima in qualsivoglia modo, o esser ritenuta dare a costoro alcun potere di amministrare delle materie sia spirituali che temporali; ma qualsiasi cosa sia detta, fatta o stabilita da costoro è priva di ogni forza e non conferisce assolutamente alcuna autorità o diritto a chicchessia; e costoro per il fatto stesso (eo ipso) e senza che sia richiesta alcuna dichiarazione siano privati di ogni dignità, posto, onore, titolo, autorità, ufficio, e potere.”
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Fonte: Unavox...

 https://cristianesimocattolico.files.wordpress.com/2014/12/pope_paul_iv.png?w=350&h=200&crop=1
Nel marzo 1559, pochi mesi prima di morire, Paolo IV pubblicò la bolla Cum ex apostolatus officio.

di Fra Leone da Bagnoregio 
 
Vogliamo premettere che non si vuol insegnare ad un vescovo la sua funzione, in quanto come vescovo è parte integrante della “chiesa docente”, ma quando si constatano certe incongruenze e certe palesi omissioni è dovere anche dell’inferiore precisare e riprendere anche un superiore per il bene delle anime e per amore della verità ed è ciò che ci accingiamo a fare.

Sono apparsi recentemente due “commenti” (n. 405 e 407) di Mons. Richard Williamson, intitolati “Buon senso sulla sede vacante” nei quali il vescovo espone le argomentazioni formulate da Giovanni di San Tommaso relativamente all’eresia del papa, questa teoria è stata seguita principalmente dai domenicani, ma anche da altri teologi, ma le opinioni sul papa eretico si possono ridurre a cinque e non solo a quella riportata da Mons. Richard Williamson e sono le seguenti:
) Il Papa non può cadere nell'eresia. Difesa da molti teologi, che però quasi tutti precisano, con S. Roberto Bellarmino, che nel caso dovesse cadere in eresia cesserebbe d’essere papa “ipso facto" poiché "chi è fuori della Chiesa non può esserne il Capo".

) Per la sua eresia, il Papa non perde mai il pontificato. Difesa da un solo Teologo (Bouix) e confutata da molti teologi.

) Il Papa perde il pontificato nel momento stesso in cui diventa eretico anche solo internamente. Difesa dal cardinale. Giovanni de Torquemada, oggi abbandonata da tutti.

) Perde il pontificato soltanto dopo la dichiarazione d’eresia da parte di un Concilio, dei cardinali o di un gruppo di vescovi:

a) questa dichiarazione sarebbe realmente una deposizione sostenuta dal cardinale de Vio detto il Gaetano; b) questa dichiarazione non sarebbe una deposizione ma soltanto una semplice constatazione della perdita del pontificato; difesa da Suarez, Billuart, Giovanni di San Tommaso ed altri e confutata dai teologi che seguono la prima e la quinta ipotesi;

5°) Il Papa eretico perde il pontificato nel momento stesso in cui la sua eresia diventa manifesta “ipso facto”. Difesa dal cardinale San Roberto Bellarmino, Silvius, dal cardinale Ballerini, Wernz – Vidal dai cardinali Billot e Journet e da tanti altri.


http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/20/Saint_Robert_Bellarmine.png 
Mons. Richard Williamson ha portato in evidenza soltanto la quarta posizione di cui al punto (b, sembra però ignorare quanto scritto dal cardinale Bellarmino che confuta la quarta opinione con argomenti assai di rilievo.
San Roberto Bellarmino che non approvava la quarta ipotesi in nessun modo, la confutava così (1): 

«La quarta opinione è quella di Gaetano (2) secondo la quale il papa manifestamente eretico non è deposto ipso facto (3) , ma può e deve essere deposto dalla Chiesa. A mio avviso, quest’opinione non è difendibile. Perché, in primo luogo, è provato dagli argomenti d’autorità e di ragione che l’eretico manifesto è deposto ipso facto. L’argomento di autorità si basa su San Paolo (Tit. III) che ordina di evitare l’eretico dopo due avvertimenti, cioè dopo che abbia dimostrato un’ostinazione manifesta (ciò che significa prima di ogni scomunica o sentenza giudiziale). È ciò che scrive San Girolamo, aggiungendo che gli altri peccatori sono esclusi della Chiesa da una sentenza di scomunica, gli eretici invece si esiliano, separandosi da loro stessi dal Corpo di Cristo. Ora un papa che resterebbe papa non può essere evitato, perché come ci si può chiedere d’evitare il nostro capo? Come potremmo separarci da un membro che c’è unito?

Il seguente principio è dei più certi: il non cristiano non può, in nessun modo, essere papa come Gaetano stesso ammette (ibid., cap. 26). La ragione sta nel fatto che non può essere la testa se non è un membro; ora il non cristiano non è membro della Chiesa, ed un eretico manifesto non è cristiano, come insegnano chiaramente San Cipriano (libro IV, Epist. 2), Sant’Atanasio (serm. 2 cont. Arian.), Sant’Agostino (lib. de grat. Cristo, cap. 20), San Girolamo (Contr. Lucifero.) e di altri;  ed è per questo che un eretico manifesto non può fare il papa.

Gaetano risponde a ciò (in Apol. pro tract. praedicto, cap. 25, et in ipso tract., cap. 22) affermando che l’eretico non è un cristiano simpliciter ma, secundum quid. Perché, dato che il cristiano è composto di due elementi, la fede ed il carattere, l’eretico che ha perso la fede, è ancora, in un certo modo, unito alla Chiesa e capace di giurisdizione; così è ancora papa, ma dovrebbe essere deposto, poiché è pronto, per un’ultima disposizione, a cessare d’essere papa. Come l’uomo che non è ancora morto, ma è in extremis. Contro quanto affermato si può argomentare: da una parte, se l’eretico, in virtù del carattere restasse in “actu” unito alla Chiesa, non potrebbe essere mai reciso o separato in “actu”, perché il carattere è indelebile. Ma nessuno nega che qualcuno possa essere separato in “actu” dalla Chiesa. É proprio perché il carattere non mette in actu l’eretico nella Chiesa, ma è un segno che indica che vi apparteneva e che è lì che deve tornare. In modo analogo, quando una pecora persa erra nella montagna, il marchio impresso su lei non dimostra che si trova nel gregge, ma indica da che gregge è fuggita e dove si deve riportarla. Questa verità è confermata da San Tommaso che dice (S.T. III, 8 3) che quelli che non hanno la fede non sono uniti in “actu” a Cristo, ma lo sono solamente in potenza (San Tommaso parla qui di unione interna e non di unione esterna prodotta dalla confessione della fede e dei segni visibili). Questo è perché, il carattere che è un elemento interno, e non esterno, non basta, secondo San Tommaso, ad unire in “actu” un uomo a Cristo.

Si può, inoltre, aggiungere, contro l’argomento di Gaetano: o la fede è una disposizione necessaria simpliciter per essere papa, o essa è solamente necessaria per esserlo più perfettamente (ad bene esse). Nella prima ipotesi, questa disposizione essendo eliminata dal suo contrario che è l’eresia, il papa smette immediatamente d’essere papa: perché la forma non può mantenersi senza le disposizioni necessarie. Nella seconda ipotesi, il papa non può essere deposto a causa di eresia, se no occorrerebbe che lo sia anche a causa di ignoranza, di malvagità od ogni altra causa simile che impediscono la scienza, la probità e le altre disposizioni necessarie per essere un papa più perfetto (ad bene esse papae). Di più, Gaetano riconosce (Tract. praed., cap. 26) che il papa non può essere deposto per mancanza di disposizioni necessarie, non simpliciter, ma solamente per una più grande perfezione (ad bene esse). A ciò, Gaetano risponde che la fede è una disposizione necessaria simpliciter, ma parziale, non totale; e che, dunque, pur scomparendo la fede, il papa può continuare ad essere papa a causa dell’altra parte della disposizione, il carattere che rimane.

Contro questo argomento: o la disposizione totale costituita dal carattere e la fede sono necessari simpliciter, o essa non è la disposizione parziale sufficiente. Nella prima ipotesi, quando la fede scompare, non resta più la disposizione necessaria simpliciter, poiché era il totale ed il totale non esiste più. Nella seconda ipotesi, la fede è necessaria solamente ad una perfezione del modo di essere (ad bene esse), e la sua assenza non giustifica, dunque, la deposizione del papa. Inoltre, ciò che si trova nella disposizione prossima alla morte, cessa evidentemente di esistere subito dopo, senza che intervenga qualche forza esterna. Un papa eretico, parimenti, smette di conseguenza d’essere papa senza nessuna deposizione. I Santi padri, infine, insegnano unanimemente, non solo che gli eretici sono fuori della Chiesa, ma in aggiunta sono ipso facto privati d’ogni giurisdizione e dignità ecclesiastica. San Cipriano (libro II, epist. 6) sostiene: “Affermiamo assolutamente che nessuno eretico o scismatico non ha potere né diritto”; ed egli in aggiunta insegna (libro II, epist. 1) che gli eretici che ritornano alla Chiesa devono essere accolti come semplici laici anche se prima erano preti o vescovi nella Chiesa. Sant’Optato (libro I, Contr. Parmen.) insegna che gli eretici e gli scismatici non possono avere le chiavi del regno dei cieli, né legare né sciogliere. Sant’Ambrogio (libro I, Di Pœnit., cap. 2), Sant’Agostino (In Enchir., cap. 65), San Girolamo (libro Contr. Lucifero.) insegnano la stessa cosa (...). Papa San Celestino I (Epist. ad loc. Antioch., inclusa nel Conc. Ephes., tomo I, cap. 19) scriveva: “È evidente che restava e resta in comunione con Noi e che non consideriamo come destituito colui che è stato scomunicato o privato del suo ufficio, tanto episcopale che clericale, dal vescovo Nestorio o per quelli che l’hanno seguito dopo che abbiano cominciato a predicare l’eresia. Perché la sentenza di colui che si è rivelato già come deponendo non può deporre chicchessia”.

In una lettera al clero di Costantinopoli, papa San Celestino I ribadiva ancora: “L’autorità della nostra Sede apostolica ha determinato che il vescovo, il chierico o il semplice cristiano, deposti o scomunicati da Nestorio o dai suoi sostenitori, dopo che questi abbiano cominciato a predicare l’eresia, non saranno considerati come deposti o scomunicati. Perché quello che si è staccato dalla fede per tali insegnamenti non può deporre o cacciare chicchessia.” San Nicolò I (Epist. ad Michael) riafferma e conferma la stessa cosa. San Tommaso, infine, insegna altresì (S.T., II-II, 39 3) che gli scismatici perdono immediatamente ogni giurisdizione e che, ciò che tentano di fare basandosi su qualche giurisdizione che sia, sarà nullo. Certi rispondono a ciò, affermando che questi argomenti non si poggiano su nessuno fondamento: perché questi Padri si appoggiavano sulla vecchia legge, mentre oggi, per decreto del Concilio di Costanza, perdono solo la loro giurisdizione coloro che sono scomunicati nominalmente o che assalgono i chierici. Affermo che quest’argomento non ha nessuno valore, perché questi Padri, sostenendo che gli eretici perderebbero la loro giurisdizione, non citarono nessuna legge umana che, inoltre, non esisteva forse per questa questione, ma argomentavano sul fondamento stesso dell’eresia. Il concilio di Costanza tratta solamente degli scomunicati, cioè di quelli che hanno perso la loro giurisdizione per una sentenza della Chiesa, mentre gli eretici, prima ancora di essere scomunicati, sono fuori della Chiesa e privati d’ogni giurisdizione. Perché si sono condannati già con la loro sentenza, come insegna l’apostolo (Tit. III, 10-11), vale a dire che si sono separati dal Corpo della Chiesa senza scomunica, come lo spiega San Girolamo (4).  

Per di più, la seconda affermazione di Gaetano secondo la quale un papa eretico può veramente e per un atto d’autorità essere deposto dalla Chiesa, non è meno falsa della prima. Perché se la Chiesa depone il papa contro la sua volontà, è certamente al di sotto lui; tuttavia lo stesso Gaetano, nel medesimo trattato difende il contrario. Risponde che la Chiesa, deponendo il papa non esercita un’autorità su lui, ma unicamente sul legame che unisce la sua persona al pontificato. Parimenti la Chiesa, legando il pontificato ad una certa persona, non è, tuttavia, superiore al pontefice, quindi, allo stesso modo si può anche separare il pontificato da una persona in caso di eresia senza dire che è superiore al papa. Ma contrariamente a ciò, si deve notare, in primo luogo, che per il fatto che il papa depone un vescovo, si deduce che il papa è superiore a tutti i vescovi, sebbene deponendo un vescovo, il papa non distrugga la giurisdizione episcopale, ma la toglie solamente a una determinata persona. In secondo luogo, deporre qualcuno dal pontificato contro la sua volontà è sicuramente una punizione; dunque la Chiesa, deponendo il papa contro la sua volontà lo punisce senza contesto; tuttavia punire è proprio di un superiore o di un giudice. In terzo luogo, dato che secondo Gaetano ed altri tomisti, il tutto o le parti prese come un tutto sono in realtà la stessa cosa, quello che ha autorità sulle parti prese come un tutto, essendo capace di separarle l’una dall’altra ha anche autorità sullo stesso tutto che costituisce queste parti. L’esempio che dà Gaetano degli elettori che hanno potere di designare una certa persona per il pontificato, senza avere tuttavia potere sul papa è privo di valore. Perché quando si fa una cosa, l’azione si esercita sulla materia della cosa futura e non sull’insieme, che non esiste ancora; ma quando una cosa è distrutta, l’azione si esercita sull’insieme, come lo rende indiscutibile la considerazione delle cose della natura. Questo è perché, creando il pontefice, i cardinali non esercitano la loro autorità su lui, perché non esiste ancora, ma sulla materia, cioè la persona che tramite l’elezione, sarà disposta a ricevere da Dio il pontificato. Ma se deponessero il pontefice, eserciterebbero necessariamente la loro autorità sull’insieme, ovverosia sulla persona dotata del potere pontificale, ossia il pontefice» (5). 


La permanenza dell’autorità nei “papi conciliari” o in qualsiasi individuo eletto al sommo pontificato latore dell’eresia modernista, comporterebbe non “la tranquillità della Chiesa e il bene comune” bensì uno sgretolamento dei fondamenti della stessa istituzione ecclesiastica ovvero della Chiesa stessa. Un papa eretico che conservasse la sua autorità nella Chiesa userebbe di tale autorità per abusarne e per portare alla perdizione molteplici fedeli, in quanto imporrebbe come dottrina cattolica, tramite la sua autorità, ciò che in realtà è errore ed eresia, per di più creerebbe dei cardinali  nuovi “elettori abituali” anch’essi fautori dell’eresia o perlomeno non nemici dell’errore, perpetuando in questo modo l’eresia.
Questo è quanto è successo dal pontificato di “Paolo VI” in poi: essendo stato cambiato il numero degli elettori sono stati creati cardinali, persone palesemente eretiche, non ci si può, quindi, stupire o meravigliare che da “elettori abituali” deviati nella fede non sia stato eletto un papa cattolico per ben cinque conclavi, sebbene i cardinali non conferiscano la giurisdizione al papa, ma scelgano solo l’individuo, si può applicare per questo contesto il principio filosofico: “nemo dat quod non habet”, degli eretici non possono eleggere o scegliere sia all’interno del sacro collegio,sia al di fuori di esso un papa cattolico.
Gli atti posti in essere dai “papi” conciliari” non possono essere annoverati come “eresia proposta da un dottore privato ancorché pubblica e manifesta” bensì come eresia posta in essere con atti e documenti ufficiali della Chiesa, fatto che nessun teologo del passato ha mai potuto contemplare o prendere in esame. Per questo motivo molti che un tempo contestavano questi atti pontifici, tirando le giuste conclusioni hanno dovuto accettarli.
Ma vi è di più: sono gli atti che hanno promulgato i “pontefici conciliari” a mettere in dunque, la loro legittimità; il papa, infatti, è infallibile per infallibilità riflessa o per oggetto secondario del suo Magistero se promulga determinati atti: canonizzazioni dei santi, promulgazione di leggi universali sia in campo disciplinare che liturgico, approvazione degli ordini religiosi e la determinazioni di fatti storici o dogmatici (6).
Ora è evidente che i “papi conciliari” hanno promulgato leggi sia in campo liturgico che disciplinare in cui sono riscontrabili degli errori o perlomeno delle gravi omissioni, addirittura si è arrivato alla canonizzazione di individui, le virtù eroiche, dei quali, erano e sono tutte da dimostrare.

La questione del “papa eretico” poteva valere al tempo di “Paolo VI” i suoi successori non ricadono in questa questione, infatti, essendo già eretici pubblici e manifesti avendo avallato tutte le eresie scaturite dal Vaticano II in poi non erano eleggibili.
La tesi sedevacantista è una tesi che si fonda su presupposti di fede e di diritto della Chiesa, non su semplice congettura di ordine personale.
In primo luogo la Costituzione Apostolica “Cum ex Apostolatus officio” di Papa Paolo IV non è una semplice norma disciplinare e quindi, non è mai stata abrogata da San Pio X con la “Costituzione Vacante Sede Apostolica” del 25 dicembre 1904, e neppure da Pio XII con la Costituzione “Vacantis Sedis Apostolicae” dell’8 dicembre 1945. In quanto questi atti Pontifici escludevano solo i cardinali che fossero incorsi in sanzioni canoniche e che rimanessero tali nel loro ufficio.
L’eresia non è solo una questione canonica, è un impedimento inamovibile, è una questione di fede che determina se un individuo possa o non possa essere considerato “materia apta” al pontificato.
Tra le condizioni necessarie per assumere il pontificato è necessario: essere, battezzati, essere di sesso maschile, essere sani di mente ed essere cattolici. Tutti i canonisti e teologi l’hanno affermato da Suarez a San Roberto Bellarmino, non ultimo lo stesso Card. Juornet, I canonisti degli anni 40 sebbene avessero scritto dopo la promulgazione delle predette costituzioni apostoliche hanno univocamente insistito su questo punto che gli eretici e gli scismatici sono esclusi dal supremo pontificato. «Eligi potest masculum, usu rationis pollens, membrum Ecclesiae. Invalide ergo eligerentur feminae, infantes, habituali amentia laborantes, non baptizati, haeretici, schismatici»  (7)

Se si legge attentamente la Costituzione Apostolica succitata, papa Paolo IV come farà poi San Pio V con la Bolla “Quo primum tempore”, dichiara apertamente che nessuno osi mutare quanto affermato e stabilito nell’atto: “Pertanto a nessun uomo sia lecito (liceat) infrangere questo foglio di nostra approvazione, innovazione, sanzione statuto derogazione, volontà e decreto, ne contraddirlo con temeraria audacia. Se qualcuno avesse la presunzione di attentarvisi, sappia che lo farà incorrere nello sdegno di Dio Onnipotente e dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo”.
Questo un papa lo può solo fare se all’interno dell’atto promulgato si stabiliscano regole inerenti la fede, infatti, non può vincolare per un atto disciplinare i suoi successori, salvo che non conosca i suoi limiti previsti dalla legge canonica. Tutto il tenore della Costituzione “Cum ex Apostolatus officio” ha il carattere dell’infallibilità e non può essere una semplice norma disciplinare. “Con questa nostra Costituzione valida in perpetuo (perpetuum valitura), in odio a così grave crimine, in rapporto al quale nessun altro può essere più grave e pernicioso nella Chiesa di Dio, nella pienezza dell’Apostolica potestà (de Apostolica potestatis plenitudine), sanzioniamo, stabiliamo, decretiamo e definiamo (et definimus)”.

Ciò che è evidente è che la sanzione per eresia è “ipso facto” non perché è stata comminata dal papa, il cardinale o il vescovo eretico non hanno diritto di essere eletti al sommo pontificato non perché sono incorsi in sanzioni disciplinari, ma perché non sono cattolici! Sarebbe come fosse stato eletto papa un individuo di sesso femminile che per varie ragioni avesse raggiunto il cardinalato.
Sicuramente il presente studio non ha carattere esaustivo ad ogni buon conto è un contributo a rendere testimonianza alla verità.

Nella Festa dell’Ascensione 2015


NOTE
1 - Nel testo a seguito citato, San Roberto Bellarmino presenta e confuta le ragioni principali portate da Gaetano, per difendere la quarta opinione. Il lettore che desidera conoscere più dettagliatamente la posizione di Gaetano concernente un papa eretico, ricordiamo le opere: “Apologia de comparata auctoritate papae et concilii”, Roma 1936; “De comparatione auctoritatis papae et concilii”, Roma, 1936.
2 - Card. GAETANO, “Apologia de comparata auctor. papae e conc.”,, cap. XX e XXI.
3 - Ricordiamo che il termine “deposizione” è utilizzato da San Roberto Bellarmino, nel senso generico della perdita del pontificato, e non nel senso abituale di un atto mediante il quale un potere umano, priva qualcuno del suo incarico.
4 - Per comprendere meglio ciò che è stato detto da San Roberto Bellarmino, particolarmente in rapporto alle deposizioni attuali del Codice di Diritto Canonico.
5 - San Roberto BELLARMINO, De Romano. Pontifice - Opera omnia, Vol. I, Ed. Battezzati Milano 1858, libro II, cap. XXX, pp. 418 - 420.
6 - Questa non è una semplice opinione di un teologo, ma è definita da tutti i teologi perlomeno come “sententia certa”, di questo né abbiamo parlato in svariati articoli pubblicati: L’infallibilità della Chiesa e del papa, La nouvelle theologie del sedeplenismo, Fallibilismo: L’inconsistenza teologica.
7 - Stefano SIPOS,  Enchiridion Iuris Canonici,  Pecs 1940, p. 191.

1 commento:


  1. Un po’ più di chiarezza finalmente ! Mi risulta indubbia la grave situazione ecclesiale e dubbi rimangono su come agire al proposito. ritengo che soltanto una costante fervida preghiera dei cattolici possa rimediare allo scempio.
    Ma dal momento che la gran massa dei cattolici è contenta della situazione perchè non la capisce, non prega per modificare la situazione ed il Signore accontenta la gran massa per punizione.
    Speriamo che invece le nostre preghiere di poveri ultimi del gregge possano essere accolte ed il Signore modifichi tutto restaurando la Sua Chiesa con nuovo papa degno del nome !

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