giovedì 10 dicembre 2015
"Questo rappresenta per la Sinagoga un gregge da domare, da spogliare, da trarne schiavi; quello è l’insieme dei seguaci di Gesù ai quali va l’eredità dell’odio specialissimo del Sinedrio contro il Crocifisso".
Segnalazione del Centro Studi Federici
Mons. Umberto Benigni, Storia
Sociale della Chiesa, Vol. III, La crisi della società antica. Dalla
caduta alla rinascita dell’Impero Romano, Casa Editrice Vallardi Milano,
1922.
Israele
La guerra implacabile mossa dalla
Sinagoga contro la Chiesa fin dal tempo degli Apostoli, a base di
denunzie al governo pagano e di assassinii tumultuarii, deve cambiare di
tattica dopo il trionfo politico e sociale degli aborriti Nazareni.
I popoli non ebbero ad attendere di
farsi cristiani per apprezzare la Sinagoga come pericolo etico ed
economico per la società delle «genti». Gli attacchi antisemiti che si
trovano negli autori pagani bastano a provarlo. Ma quando la romanità
divenne la cristianità, l’odio della Sinagoga raddoppiò contro di essa
per il motivo religioso, giacché quello spirito, che oggi si chiama
talmudico, odia più il cristianesimo che non il paganesimo. Questo
rappresenta per la Sinagoga un gregge da domare, da spogliare, da trarne
schiavi; quello è l’insieme dei seguaci di Gesù ai quali va l’eredità
dell’odio specialissimo del Sinedrio contro il Crocifisso.
Onde vedemmo la nascente società
cristiana, sorta al potere, costretta a preservarsi dallo speciale
pericolo ebraico che incrudeliva specialmente sugli schiavi cristiani,
oltre il costante pericolo morale e materiale che proveniva naturalmente
dall’ebraismo contro tutta la società civile.
Degli infelicissimi giorni del diluvio
barbarico e della dominazione barbarica in Occidente e quelli anche più
tristi dell’invasione saracena, noi troveremo spesso le tracce della
nuova tattica della Sinagoga. La Chiesa aveva dovuto crescere nelle
catacombe; all’uscirne di questa, la Sinagoga si fece delle catacombe
morali, nascondendo, mentre le rinforzava, le sue fila attraverso il
mondo occidentale ed orientale (1), facendo sempre del meritato abominio
dei goim verso di essa, un nuovo titolo di maggior odio contro di loro.
Dominò fin d’allora il tipo dell’ebreo ossequioso, adulatore di tutti i
potenti, specialmente di quelli ai quali stava per giuocare qualche
brutto tiro, spia politica di tutti contro tutti purché ci fosse da
guadagnare e ne nascessero pericoli e danni pei cristiani, pronto a
farsi battezzare anche parecchie volte per scampare dalla pena meritata e
per fare dello stesso battesimo una trincea entro cui prepararsi a
maggiori colpi contro la Chiesa. Vi è insomma in questo periodo
intermedio il tipo iniziale di quell’ebreo del medioevo cristiano e
islamitico, lebbra dolorosa e vergognosa da cui invano le due società
cercano di liberarsi con rimedi empirici e spesso contraddittori. Noi
troveremo già in questo periodo i nuovi re che debbono occuparsi della
«questione ebraica» per la salute dei loro Stati, mentre già le plebi
esacerbate si danno a violenza intermittenti che fanno torto alla
civiltà cristiana e nulla rimediano al danno e allo scorno subito dalla
religione e dalla società civile.
La grande forza ebraica, la banca, già
potentissima nella Roma classica fin dai tempi di Giulio Cesare, è
mirabilmente salvata dalla Sinagoga in mezza all’immane catastrofe
dell’impero occidentale e, presto, di tanta parte dell’impero bizantino.
Basta questo tratto per mostrare l’ammirabile organizzazione e tattica
della Sinagoga in quei tempi, in cui una grande civiltà non riusciva a
salvarsi. Con la forza del denaro, Israele è padrone dei padroni. Ci
sono degli aneddoti che ci mostrano negli oscuri tempi dei merovingi e
dei visigoti, tratti di vita pubblica e privata da fare stupire. Fra i
tanti vediamo a Clermont d’Alvernia il prete Eufrasio che, morto il
vescovo Cautino, vuol succedergli; il modo è semplice: «si fece dare
dagli ebrei somme ingenti e per mezzo del proprio cognato Beregesilo le
mandò al re».(2) Ed il morto Cautino non era stato da meno: l’indegno
pastore era amato molto più dagli ebrei che dai cristiani; a quelli egli
era molto ligio perché assaporava le smaccate adulazioni dei mercanti
del ghetto e ne li ricompensava pagando ad essi il doppio per le merci
che gli vendevano (3).
Così la forza e la debolezza dell’odio
ebraico è nel denaro. I manigoldi che martirizzarono sant’Atanasio
persiano (nel periodo che ci riguarda) erano ebrei, ed il loro odio
anticristiano si sfogò anche sul presule morto, non volendo che il suo
cadavere fosse distinto da quelli degli altri. Ma vennero dei ricchi
cristiani con delle monete in mano, e i manigoldi vendettero loro la
salma venerata. (4)
Un tipico esempio degli ebrei che
aiutano gli uni contro gli altri, pur di avere il denaro e vedere il
sangue di ambedue le parti, ce lo dà anche la storia delle guerre
persiane del periodo barbarico-bizantino. Un cronista bizantino ci narra
che gli ebrei di Persia avevano spinto Bahram a proclamarsi sovrano,
onde Mebod, generale del re Crosroe II, presa Antiochia (di Persia),
mandò a morte vari colpevoli della Sinagoga. (5) Ed ecco gli ebrei di
Palestina aiutare i persiani invasori a massacrare migliaia di
cristiani, persino comprandoli per il gusto di scannarli (6). Ma purché
ci siano cristiani da maltrattare, gli ebrei sono pronti di mettersi
anche al servizio cristiano: in tal modo i samaritani aiutarono i
soldati bizantini mandati dall’imperatore Marciano a domare i monaci
monofisiti (Zachar. Mityl., H. E., v).
Il sopracitato storico osserva a
proposito del primo caso: «facilmente gli ebrei si mettono ad incitare i
persiani a sedizioni ed a novità; sono infatti una razza perversa,
senza fede, tumultuosa e tirannica, senza amistà, gelosa ed invidiosa, e
per l’odio aliena da ogni remissione o conciliazione» (7).
Vedremo poi di che sono capaci gli ebrei
quando si mettono a fare essi stessi una sedizione, come ad Antiochia,
quando, preso il patriarca Anastasio, «virilia eius in os eius
inseruerunt et per medias urbis vias raptatum interfecerunt» (vedi
appresso).
Le cronache bizantine del tempo ci hanno
lasciato bei tipi di ebrei. Ecco Arsenio samaritano che si finge
cristiano, e riesce ad essere il favorito dell’onnipotente consorte di
Giustiniano I. Fidandosi della sua influenza a corte, il padre ed il
fratello di lui si danno a tormentare i cristiani di Palestina, al punto
che, scoppiata una insurrezione popolare, furono uccisi (Procop.,
Anecd., XXXVII, iii, 150). Ecco un altro samaritano, Faustino, finto
cristiano, che riesce ad entrare nel senato costantinopolitano ed avere
la prefettura della Palestina od almeno della sua Samaria ove si
condusse senza ritegno, tanto che fu smascherato dai vescovi locali. Il
senato dovè condannarlo all’esilio; Faustino pagò la sua grazia a
Giustiniano che annullò la sentenza e lo fece procuratore del demanio
imperiale in Palestina e Fenicia dove imperversò peggio di prima
(Procop., Anecd., XXXVII, iii, 157). Ecco il questore Anastasio,
samaritano, finto cristiano, samaritano, finto cristiano che aiutava le
dissensioni cristiane perseguitando i monofisiti. Già contro il medesimo
era stata intentata causa per criptosamaritanismo, al tempo della
sommossa samaritana del 574; ma l’uomo aveva pagato, e tutto era stato
posto a tacere. Alla fine fu smascherato; la cronaca bizantina racconta
che recandosi ipocritamente a baciare la reliquia della Croce, insieme a
tutto il senato, il giorno dell’Esaltazione di questa, fu
all’improvviso invasato dal demonio il quale evidentemente non fu potuto
tacitare dal giudeo col denaro! (Joh. Ephes).
Ciò spiega sempre meglio la misura del
concilio d’Agde sul ricevere i giudei nel seno della Chiesa: «I giudei
la cui perfidia torna sovente al vomito, se vogliono venire alla legge
cattolica, siano catecumeni per otto mesi ecc.» (8). (E. H., II, xxix;
Sch. 72).
Infine va rammentato il tentativo
ebraico di legarsi con Maometto e con l’islam, almeno per parte di
qualche setta giudaica. Racconta Cedreno che molti ebrei, appena ebbero
notizia di Maometto, lo credettero il Messia; e dieci principali ebrei
andarono da lui e si fecero islamiti, credendolo il Messo di Dio; se ne
dissuasero solo quando lo videro mangiar carne di cammello: il… resto
non li aveva scandalizzati.(9)
Senza arrivare all’apostasia dei dieci,
anzi odiando i maomettani quanto i cristiani, gli ebrei si dettero
subito a sobillare quelli contro questi. Ne abbiamo un esempio
caratteristico, quando il califfo Omar non riuscì, dapprima a costruire,
come voleva, l’omonima moschea a Gerusalemme. I rabbini si affrettarono
a mormorargli all’orecchio, che se non abbatteva la croce, la quale si
elevava ancor sull’Oliveto, la costruzione della moschea non avrebbe
preso consistenza! (Theophanes, Cron. Ad an. 635 corr 643; P. G., CVIII,
699).
Note
1 Dopo il trionfo politico e sociale del
cristianesimo e le sue misure di preservazione antisemitica, la
Sinagoga perfezionò la sua ammirabile rete di riconoscimento esoterico
fra i suoi, d’inviati segreti attraverso le comunità israelitiche ecc.
(cfr. Gerderblom: Nannan, ecc.), in modo che tutte le fila dell’alta
direzione d’Israele sfuggissero alla cristianità dominante. Furono le
«catacombe» morali della Sinagoga, ben più sicure di quelle materiali in
cui si nascondeva la Chiesa nel periodo romano-pagano.
2 Greg. Turon. , Hist Franc., IV, XXXV.
3 Greg. Turon. , Hist Franc., IV, XII.
4 Giorgio di Pisida, Vita S. Anast., in P.G., XCII, 1726.
5 Teofilatto Simocatta, Hist., V, vii (Bonn, 218).
6 Chron. Pasch.., P.G., XCII, 979.
7 Teofilatto Simocatta, loc. cit.
8 Conc. Agathen. (506) can. 35 (Mansi VIII, 323 ss.)
9 Cedren, Chron. (Bonn, 738)
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