domenica 15 maggio 2016
La condanna della «morale di situazione...
Benvenute, care figlie della Federazione
Mondiale della Gioventù Femminile Cattolica: vi
salutiamo con lo stesso piacere, la stessa gioia e lo stesso affetto
con cui cinque anni or sono vi abbiamo ricevute a Castel Gandolfo in
occasione della grande Assemblea
internazionale delle Donne Cattoliche.
Gli stimoli ed i saggi consigli che vi ha offerto tale Congresso,
come pure le parole che vi abbiamo allora indirizzato [1], non sono rimasti privi di frutto. Sappiamo
degli sforzi da voi compiuti nel frattempo, tesi a realizzare quei
determinati fini che avevate allora chiaramente intravisto; ce lo
prova il Memoriale a stampa
che ci avete trasmesso nel preparare l'attuale Congresso: «La
Fede dei giovani — Problema del nostro tempo», le cui
trentadue pagine hanno l'importanza di un grosso tomo; Noi l'abbiamo
esaminato con grande attenzione in quanto riassume e sintetizza
gl'insegnamenti frutto di numerose e varie ricerche sullo stato della
Fede tra la gioventù cattolica d'Europa e le sue risultanze sono
estremamente istruttive.
Tutta una serie di questioni in esso affrontate le abbiamo trattate
Noi stessi nella Nostra Allocuzione del 12 settembre 1947, alla quale
avete assistito, ed in molte altre allocuzioni precedenti e seguenti.
Oggi desideriamo cogliere l'occasione di essere qui riuniti con voi
per affermare ciò che riteniamo di un certo fenomeno che si va
manifestando un po' ovunque nella vita di fede dei cattolici, che
colpisce un po' tutti, ma particolarmente i giovani ed i loro
educatori, e di cui si trovano le vestigia in diversi luoghi del
vostro Memoriale, come ad
esempio quando affermate [2]:
«Confondendo il cristianesimo con un
codice di precetti e di divieti, i giovani hanno una sensazione di
soffocamento in questo clima di morale
imperativa, e non è solo un'infima minoranza a gettare
fuori bordo l'imbarazzante
fardello».
Potremmo denominare questo fenomeno «una nuova concezione della
vita morale» perché si tratta di una tendenza che si
manifesta nell'ambito della morale;
ma i principî della morale si basano sulle verità
della Fede, e voi sapete bene di quale importanza fondamentale per la
conservazione e lo sviluppo della Fede sia che la coscienza del
giovane e della giovane si formi quanto prima e si sviluppi secondo le
rette e sane norme morali; perciò la «nuova concezione della
morale cristiana» tocca assai direttamente il problema della Fede
dei giovani. Abbiamo già parlato della «nuova
morale» nel nostro messaggio radiofonico del 23 marzo scorso agli
educatori cristiani; ciò che diciamo oggi non è solo una
continuazione di ciò che abbiamo trattato allora: Noi vogliamo
disvelare le origini profonde di tale concezione. Si potrebbe
qualificarla come «esistenzialismo etico», «attualismo
etico», «individualismo etico» intesi nel senso stretto
che stiamo per esporre, e proprio così come si trovano in
ciò che vien detta «Situationsethik — morale di
situazione».
Il segno distintivo di tale
morale è costituito dal fatto che essa non si basa in alcun
modo sulle leggi morali universali come ad esempio i Dieci
Comandamenti, ma sulle condizioni o circostanze reali e concrete
nelle quali si deve agire, e secondo le quali la coscienza
individuale è tenuta a giudicare ed a scegliere; questo
stato di cose è unico ed è valido una sola volta per
ciascuna azione umana. Perciò la decisione della coscienza,
affermano coloro che sostengono tale etica, non può essere
imperata dalle idee, dai principî e dalle leggi universali.
La Fede cristiana fonda le sue esigenze morali sulla conoscenza delle
verità essenziali e
delle loro relazioni; così fa san Paolo nell'Epistola ai Romani [3] per ciò che attiene alla
religione in quanto tale, sia cristiana sia anteriore al
cristianesimo; a partire dalla creazione, afferma l'Apostolo, l'uomo
intravede ed afferra in qualche modo il Creatore, la sua potenza
eterna e la sua divinità, e ciò con una tale evidenza da
sapersi e sentirsi obbligato a riconoscere Dio e dargli un qualche
culto, così che trascurare tale culto o pervertirlo in idolatria
costituisce colpa grave per tutti ed in ogni tempo.
Ma non così l'etica di cui parliamo. Essa non nega i concetti ed
i principii morali generali (sebbene talora si avvicini assai ad una
simile negazione) ma li sposta dal centro all'estrema periferia;
può accadere che molte volte la decisione della coscienza sia in
accordo con essi; ma non sono, per così dire, un insieme di
premesse dalle quali la coscienza trae le conseguenze logiche nel caso
particolare, il caso «di una sola volta» [franc. le cas d'«une fois»,
il caso singolo, particolare, irripetibile N.d.R.]
Ma non è assolutamente così! Al centro si trova il bene, che
bisogna porre in atto o conservare nel suo valore reale ed
individuale; ad esempio, nell'ambito della Fede, il rapporto personale
che ci lega a Dio. Se la coscienza seriamente formata decidesse che
l'abbandono della Fede cattolica e l'adesione ad un altra confessione
portasse più vicino a Dio, un tale passo si troverebbe ad essere
«giustificato» anche se generalmente è qualificato come
«defezione dalla Fede». — O anche, nell'ambito della
morale, il dono di sé corporale e spirituale tra i giovani: qui
la coscienza seriamente formata deciderebbe che in ragione della
sincera inclinazione vicendevole siano convenienti le intimità
fisiche e sensuali le quali, benché ammissibili esclusivamente
tra gli sposi, si trasformerebbero in manifestazioni consentite.
— La coscienza aperta di oggi deciderebbe così perché
trae dalla gerarchia dei valori il principio che, essendo i valori
della persona i più elevati, potrebbero servirsi dei valori
inferiori del corpo e dei sensi oppure escluderli a seconda che lo
suggerisca ciascuna situazione. — Si
è preteso con insistenza che, precisamente secondo tale
principio, nell'ambito di diritto matrimoniale, bisognerebbe, in
caso di conflitto, lasciare alla coscienza seria e retta dei
coniugati, a seconda delle esigenze delle concrete situazioni, la
facoltà di rendere direttamente impossibile la realizzazione
dei valori biologici in favore dei valori della persona.
Giudizi di coscienza di tale natura, per quanto appaiano contrari di
primo acchito ai precetti divini, sarebbero validi di fronte a Dio,
perché, si afferma, la coscienza sincera seriamente formata
è più importante di fronte a Dio stesso del
«precetto» e della «legge».
Una tale decisione è dunque «attiva» e
«produttrice», non «passiva» e
«recettrice» della decisione e della legge che Dio ha
scritto nel cuore di ciascuno e ancor meno della legge del Decalogo
che il dito di Dio ha scritto su tavole di pietra affidandone la
promulgazione e la conservazione all'autorità umana.
L'etica nuova (adattata alle circostanze), affermano i suoi autori,
è eminentemente «individuale»; nella determinazione
della coscienza il singolo uomo si incontra immediatamente con Dio e
prende la sua decisione davanti a Lui senza l'intervento di alcuna
legge, d'alcuna autorità, d'alcuna comunità, d'alcun culto o
confessione, per nulla e in nessun modo; qui vi è solamente l'io dell'uomo e l'Io
del Dio personale; non del Dio della Legge, ma del Dio Padre con cui
l'uomo deve unirsi nell'amore filiale. Da
questo punto di vista la decisione della coscienza è dunque un
«rischio» personale, secondo la propria conoscenza e la
propria valutazione in tutta sincerità davanti a Dio. Questi
due elementi, la retta intenzione e la risposta sincera, sono
ciò che Dio considera, l'azione non Gli importa; di modo che il
responso può essere quello di scambiare la Fede cattolica con
altri principî, di divorziare, d'interrompere la gestazione, di
rifiutare l'obbedienza all'autorità competente all'interno
della famiglia, della Chiesa, dello Stato e via discorrendo.
Tutto ciò si
armonizzerebbe alla perfezione con lo stato di «maggiore
età» dell'uomo [l'uomo
adulto, da cui i neomodernisti hanno tratto il falso
concetto di cristiano adulto.
N.d.R.] e,
nell'ambito cristiano, con la relazione filiale che, secondo
l'insegnamento di Cristo, ci fa pregare «Padre nostro»;
questa visione personale risparmia all'uomo il dover ad ogni istante
misurare se la decisione da prendere corrisponda ai paragrafi
della legge o ai canoni di norme e regole astratte, lo preserva
dall'ipocrisia di una fedeltà farisaica alla legge, lo preserva
tanto dallo scrupolo patologico quanto dalla leggerezza o dalla
mancanza di coscienza, perché basa personalmente sul cristiano
l'intera responsabilità di fronte a Dio: così si esprimono
coloro che predicano la «nuova morale».
Espressa
sotto questa forma l'etica nuova è talmente al di fuori della
Fede e dei principii cattolici che persino un bambino, se conosce il
suo catechismo, se ne può render conto e lo può percepire.
Non è difficile riconoscere come il nuovo sistema morale derivi
dall'esistenzialismo, che o fa astrazione da Dio o semplicemente lo
nega e in ogni caso abbandona l'uomo a se stesso. Può essere
che siano state le condizioni presenti ad indurre il tentativo di
trapiantare una tale «morale nuova» sul terreno cattolico
per rendere più sopportabili ai fedeli le difficoltà della
vita cristiana; di fatto, a milioni di loro sono richieste oggi in
grado straordinario, fermezza, pazienza, costanza e spirito di
sacrificio se vogliono rimanere integri nella loro Fede, sia che si
trovino sotto i colpi di una sorte avversa, sia che si trovino in un
ambiente che mette a lor portata tutto ciò a cui un cuore
passionale aspira, tutto ciò che desidera: ma un tale tentativo
non potrà mai riuscire.
Ci si chiederà come la legge morale, che è universale,
possa esser sufficiente e persino essere obbligatoria in un
determinato caso singolare che nella situazione concreta sua propria
è sempre unico e «di una sola volta»; lo può e lo
fa perché, precisamente a causa della sua universalità, la
legge morale comprende necessariamente ed «intenzionalmente»
tutti i casi particolari in cui si verificano i suoi concetti; ed in
numerosissimi casi lo fa con una logica talmente concludente che
persino la coscienza del singolo fedele vede immediatamente e con
piena certezza la decisione da prendere.
Ciò vale specialmente per gli obblighi negativi della legge
morale, quelli cioè che esigono un non fare, un tralasciare; ma
non solamente per questi. Gli obblighi fondamentali della legge
cristiana, per il fatto stesso che sorpassano quelli della legge
naturale, si basano sull'essenza dell'ordine soprannaturale costituito
dal divin Redentore. Dalle
relazioni essenziali tra uomo e Dio, tra uomo e uomo, tra coniugi,
tra genitori e figli, dalle relazioni essenziali della comunità
nella famiglia, nella Chiesa, nello Stato, da tutto ciò
risulta, tra le altre cose, che l'odio di Dio, la blasfemia,
l'idolatria, la defezione dalla vera Fede, la negazione della Fede,
lo spergiuro, l'omicidio, la falsa testimonianza, la calunnia,
l'adulterio e la fornicazione, l'abuso del matrimonio, il peccato
solitario, il furto e la rapina, la sottrazione di ciò che
è necessario alla vita, la defraudazione del giusto salario [4], l'accaparramento dei viveri
di prima necessità e l'aumento ingiustificato dei prezzi, la
bancarotta fraudolenta, le manovre d'ingiusta speculazione —
tutto ciò è gravemente proibito dal Legislatore divino;
non c'è alcun dubbio; qualunque sia la situazione individuale,
non v'è altra scelta che obbedire.
D'altronde Noi opponiamo all'«etica di situazione» tre
considerazioni o massime. La prima: Noi
concediamo che Dio vuol principalmente e sempre la retta intenzione:
ma questa da sola non è sufficiente. Un'altra: non
è permesso fare il male perché ne risulti un bene [5]; tuttavia quest'etica agisce
— forse senza rendersene conto — secondo il principio che
il fine santifica i mezzi. La terza: vi possono essere situazioni in
cui l'uomo, e specialmente il cristiano, non può ignorare che
egli deve sacrificare tutto, persino la sua vita, per salvare la
propria anima, tutti i martiri ce lo rammentano, e sono numerosissimi
anche ai nostri tempi. Ma allora la madre dei Maccabei ed i suoi
figli, le sante Perpetua e Felicita nonostante i loro neonati, Maria
Goretti e migliaia d'altri, uomini e donne, che la Chiesa venera
avrebbero allora subito la loro morte sanguinosa, di fronte alla
«situazione», inutilmente o addirittura a torto? No certo;
ed essi sono, col loro sangue, testimoni più espressivi della
verità contro la «nuova morale»
Laddove non vi siano delle norme assolutamente obbligatorie,
indipendenti da ogni circostanza o eventualità, la situazione
«di una sola volta» e la sua unicità richiede, è
vero, un esame attento per decidere quali siano le norme da applicarsi
ed in qual modo. La morale cattolica ha sempre e con abbondanza
trattato tale problema della formazione della propria coscienza con
esame previo delle circostanze del caso da risolversi; tutto ciò
che essa insegna offre un prezioso aiuto per determinare la coscienza
tanto in teoria quanto in pratica. Basti citare le esposizioni,
insuperate, di san Tommaso riguardo alla virtù cardinale della
prudenza e le virtù ad essa connesse [6].
Il suo trattato mostra un sentimento dell'attività personale e
dell'attualità che contiene tutto ciò che vi è di
giusto e di positivo nell'«etica di situazione» evitandone
però le confusioni e deviazioni; sarà sufficiente
perciò che il moralista continui sulla stessa linea, se vuol
approfondire problemi nuovi.
L'educazione cristiana della coscienza è ben lungi dal
trascurare la personalità, anche quella della giovane e del
bambino e di soffocare la sua iniziativa, perché ogni sana
educazione mira, entro giusti limiti, a rendere l'educatore sempre
meno necessario e l'educato sempre più indipendente; e ciò
vale anche nei riguardi dell'educazione della coscienza impartita da
Dio e dalla Chiesa: il suo fine è, come afferma l'Apostolo, [7] l'«uomo perfetto a misura della pienezza
dell'età di Cristo», dunque l'uomo adulto che possiede pure
il coraggio della responsabilità. [Eph. IV 13-15:
«Donec occuramus omnes in unitatem, fidei et agnitionis Filii
Dei, in virum pefectum, in mensuram aetatis plenitudinis Christi: ut
iam non simus parvuli fluctuantes, et circumferamur omnia vento
doctrinae in nequitia hominum, in astutia ad circumventionem
erroris. Veritatem autem facientes in caritate, crescamus in illo
per omnia, qui est caput Christus. — Fino a tanto che ci
riuniamo tutti per l'unità della fede e della cognizione del
Figliuolo di Dio, in un uomo perfetto, alla misura della età
piena di Cristo: onde non più siamo fanciulli vacillanti e
portati qua e là da ogni vento di dottrina per raggiri degli
uomini, per le astuzie, onde seduce l'errore. Ma seguendo la
verità nella carità, andiam crescendo per ogni parte in
lui, che è il capo (cioè) Cristo». Mons. Antonio
Martini commenta: «Vers. 13. Fino
a tanto che ci riuniamo ec. Ecco l'ultimo termine, a cui
è diretto il ministero ecclesiastico. Questo adunque avrà
luogo nella Chiesa di Cristo insino a tanto, che tutti coloro, che
sono destinati alla vita, gli uni dopo gli altri forti divengano e
robusti nella fede e nella cognizione di Cristo, e siano tutti come
un solo uomo perfetto, un solo mistico Corpo di Cristo nella sua
piena virile età. Così interpretano questo luogo
comunemente i padri greci e s. Girolamo e s. Ambrogio. Molti
però de' padri latini lo spiegano della futura generale
risurrezione, nella quale i fedeli acquisteranno un corpo simile a
quello del loro capo, quanto alla età, alla robustezza e alle
doti gloriose, delle quali saranno ornati. E da questo pur
inferiscono, che i santi risusciteranno nella stessa età, in
cui Cristo morì, e risuscitò. Vedi Filip.
III. 21. La prima sposizione sembra più naturale e più
adattata a quello, che segue. Vers. 14. Onde
non più siamo fanciulli ec. Viene a spiegare più
chiaramente, quale sia la robustezza e la virile perfetta età
dell'uomo cristiano, portando la comparazione di coloro, i quali non
sono ancor giunti a quello stato. Tutto questo si fa, dice egli,
affinchè noi non siamo più come piccoli pargoletti, che
mal posano su' loro piedi, e ad ogni piccolo inciampo vacillano, e
stan per cadere; perchè non siamo più sommossi e
trasportati or in una, ora in altra parte dalle diverse dottrine
contrarie alla fede, or de' pagani filosofanti, or de' Giudei, or
degli Eretici, i quali co' raggiri e con le astuzie , delle quali si
serve l'errore per insinuarsi negli animi semplici, ci allontanino
dalla retta via della fede. Vers. 15. Ma
seguendo la verità ... andiamo crescendo ec. Ma
tenendo costantemente la vera dottrina e nelle parole e ne' fatti
insieme con la carità, procuriamo di ingrandirci ogni dì
in ogni maniera di virtù e di grazia fino a giungere a quella
corrispondenza, che dobbiamo avere noi membri col capo nostro, che
è Cristo. Questo è il vero senso di questo versetto nel
greco ed anche nella Volgata, sebbene in questa non è cosi
chiaramente espresso, come non ho potuto esprimerlo assai
chiaramente nella traduzione. Ma non si lasci di osservare
l'altissimo documento, che si dà a' Cristiani in questo luogo
riguardo all'obbligo, che hanno, di andarsi ogni dì
perfezionando nelle virtù. Questa obbligazione nasce secondo il
sentimento dell'Apostolo dalla necessaria relazione e
corrispondenza, che aver debbono le membra del mistico Corpo col
divino loro capo Cristo, alla immagine del quale fa d'uopo, che
siano conformi, come altrove dice lo stesso Apostolo,
conformità alla quale dee tendere l'uomo cristiano in tutto il
tempo di questa vita.» N.d.R.]
Occorre solo che tale maturità si situi al giusto livello!
Gesù Cristo resta il Signore, Capo e Maestro di ciascun uomo
individuo, di ogni età e in ogni stato, per mezzo della sua
Chiesa in cui Egli continua ad operare, ed il cristiano, per parte
sua, deve assumersi la grave e grande funzione di far valere, nella
sua vita personale, nella sua vita professionale e nella sua vita
sociale e pubblica, per quanto da lui dipende, la verità, lo
spirito e la legge di Cristo: questa è la morale cattolica, che
lascia vasto campo libero all'iniziativa ed alla responsabilità
personale del cristiano.
Ecco ciò che volevamo dirvi. I pericoli per la Fede della nostra
gioventù sono oggi straordinariamente numerosi; ciascuno lo
sapeva e lo sa, ma il vostro memoriale
è particolarmente istruttivo a questo riguardo. Tuttavia
Noi riteniamo che pochi di tali pericoli siano così grandi e
carichi di conseguenze quali sono quelli che la «nuova
morale» fa correre alla Fede; le aberrazioni a cui conducono
simili deformazioni e simili infiacchimenti di quei doveri morali
che derivano in modo direttamente naturale dalla Fede condurrebbero
col tempo alla corruzione della stessa sorgente: così la Fede
muore.
Da tutto quel che abbiamo detto Noi trarremo due conclusioni, due
norme che terminando vogliamo lasciarvi e con le quali orientare ed
animare ogni vostro agire e tutta la vostra vita di valenti cristiani:
La prima — la Fede dei giovani dev'essere una Fede orante;
la gioventù deve imparare a pregare. Che ciò sia a misura e
nelle forme che corrispondono a tale determinata età, ma sempre
con la coscienza che senza la preghiera non è possibile rimanere
fedeli alla Fede.
La seconda — i giovani devono essere fieri della propria Fede
ed accettare che costi loro
qualcosa; essi devono abituarsi a sacrificarsi per la propria Fede, a
camminare di fronte a Dio in rettitudine di coscienza, a riverire
ciò che Egli ordina: allora tale Fede crescerà come da
sé nell'amore di Dio.
Che la carità di Dio, la grazia di Gesù Cristo e la
partecipazione dello Spirito Santo [8]
siano con tutti voi, Noi ve lo auguriamo con il più paterno
affetto, e per testimoniarvelo, vi doniamo di tutto Nostro cuore, a
ciascuno di voi ed alle vostre famiglie, al vostro movimento, a tutte
le sue branche nel mondo intero, a tutte le vostre colleghe che vi
aderiscono, l'apostolica Benedizione.
[Traduzione: C.S.A.B.]
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