mercoledì 9 marzo 2016
MEDITAZIONE DELLA PASSATA IV DOMENICA DI QUARESIMA...
Fonte: Agere Contra...
di Fra Leone da Bagnoregio
Si è giunti alla a metà del percorso
quaresimale e quindi, il cristiano si sente affaticato dalla penitenza,
per questo motivo, questa domenica si tinge di rosa ed i fiori
ricompaiono sugli altari e l’organo accompagna i canti, anticamente il
papa in questa solennità benediceva la rosa d’oro, che veniva poi
regalata a qualche principe cristiano, di qui secondo i liturgisti
scaturisce il colore rosa.
Sant’Ambrogio ci insegna: «Tutto abbiamo
in Cristo, Nostro Signore è tutto per noi; se desideri curare una
ferita, Egli è il medico; se sei bruciato dal caldo, Egli è la sorgente;
se sei appesantito dalle iniquità, Egli è la giustizia; se hai bisogno
di aiuto Egli è la forza; se temi la morte, Egli è la vita; se desideri
il cielo Egli è la via; se fuggi le tenebre, Egli è la luce; se cerchi
cibo, Egli è alimento». Queste parole del Padre della Chiesa danno
l’idea chiara della ricchezza contenuta nella vita cristiana. Tutto
l’ufficio liturgico è pervaso di allegrezza affinché non ci rattristiamo
per la prossima passione di Nostro signore Gesù Cristo, perché dalla
sua morte è sorta la vita, la vita della redenzione.
L’Introito, È il gioioso invito del
Profeta Isaia (LXVI, 10 – 11) a correre con letizia e con il cuore
gioioso, alla sorgente divina, di ogni spirituale consolazione.
Gerusalemme deve rallegrarsi, ed ad abbnadonare il lutto, con la sua
morte Nostro Signore la inonderà di consolazioni. Il salmo 121 (versetto
1°) che segue è stato inserito per memoria della Stazione di Santa
Croce in Gerusalemme a Roma, ma rappresenta l’esultanza della nuova
Gerusalemme, ovvero la Chiesa per la salvezza che sta per avverarsi con
il sacrificio del Calvario e si esulta perché da quel momento andremo
alla casa del Signore.
«Rallegrati, Gerusalemme; accorrete
tutti voi che l’amate, trasalite di gioia, voi che foste nella
tristezza, tripudiate e saziatevi alla fonte della vostra consolazione.
Mi sono rallegrato quando mi hanno detto: Andremo nella casa del Signore
…».
L’Oremus con questa preghiera la Chiesa,
vuole che confessiamo che le afflizioni che ci opprimono, sono poste a
cagione dei nostri peccati. Questo è il supplizio che grava su di noi,
non dimentichiamo, però che Dio è grazia e misericordia e volge sempre
il suo sguardo pietoso su di noi, perciò imploriamo con animo penitente
la letizia della sua salvezza:
«Concedi, te me preghiamo onnipotente
Dio, che noi, i quali siamo afflitti per le colpe della nostra condotta,
siamo sollevati dalla consolazione della tua grazia. . .».
La lezione dell’Epistola è tolta dalla
lettera di San Paolo Apostolo ai Galati (IV, 22 – 31). In un giorno di
festa viene innalzato il vessillo trionfale della Redenzione, la
liberazione dal peccato. Infatti, il peccato è rappresentato dalla
Sinagoga, la grazia è rappresentata dalla croce di Cristo. San Paolo
riprende due figure dell’Antico Testamento i due figli di Abramo e le
sue due mogli. Ismaele generato nella schiavitù della legge ed Isacco
generato per la potenza divina della grazia. Agar serva e posta al
servizio della generazione carnale e Sara moglie legittima che genera
per virtù divina, queste due figure, indicano i due Testamenti, l’Antico
Testamento posto in servitù della legge e servo del Nuovo Testamento
che invece è posto per la liberazione dell’uomo dal peccato. Va
considerato altresì che l’uomo vecchio servo della legge carnale, milita
costantemente contro l’uomo nuovo che rinato e liberato dalla grazia.
Soltanto abbandonando l’antica servitù del peccato si può essere liberi
nella verità divina.
Il Graduale è preso come per il
versetto dell’Introito dal Salmo 121 (versetti 1° e 7°) Il salmo
descrive il ritorno degli Ebrei dall’esilio in Babilonia e l’ingresso in
Gerusalemme, è l’inno che riempie di gioia ogni fedele, quando si sente
sciolta la sua anima dai legami del mondo e materiali, libera di
intraprendere il volo spirituale verso il cielo.
«Mi sono rallegrato quando mi hanno
detto: Andremo nella casa del Signore. Sia la pace tra le tue mura;
sicurezza nei tuoi edifici».
Il Tratto deriva del Salmo 124 (versetti
1° e 2°) La disposizione di Gerusalemme diventa il simbolo dell’anima
che confida nel Signore, posta sul colle di Sion, e non impedisce per la
sua saldezza che l’anima dei giusti vacilli. La grazia del Signore
costruisce un muro di bronzo attorno al suo popolo perché i nemici non
possano sconfiggerlo ed assalirlo. I nemici che sono il peccato e la
desolazione interiore.
«Quelli che confidano nel Signore,
rassomigliano al monte Sion che non vacilla, ma sempre sta fermo. A
Gerusalemme stanno attorno i monti e il Signore sta attorno al suo
popolo, ora e sempre.».
Il Vangelo è estratto
dall’Evangelista San Giovanni (VI, 1° – 15°) Ci viene prospettata dalla
liturgia domenicale, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, questa
volta sono pani d’orzo, più robusti che quelli confezionati con il pane
di frumento, perché necessari per un lungo cammino. Quel cibo raffigura
la parola di Dio che è cibo per l’anima. Rimembriamo quanto Nostro
Signore disse al demonio nella prima domenica di Quaresima: “Non di solo
pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”,
simboleggia altresì i beni materiali che la divina Provvidenza non manca
di darci per sollievo della nostra flebile natura umana. Non bisogna
eccedere nello spiritualismo e disgiungere ciò che Dio ha unito. La
carità degli Apostoli e di Filippo in particolare, non giunge più in là
che nel capire la difficoltà della situazione contingente. Nostro
Signore non nega mai il suo aiuto, quando la natura ha esaurito le sue
risorse.
La natura è la base dell’ordine
soprannaturale e della grazia divina. San Tommaso d’Aquino insegna che:
“Gratia non tollitur natura, sed perfecit” (La grazia non toglie la
natura, ma la perfeziona. La natura, purtroppo, insiste su di noi,
finché saremo su questa terra. Pur mortificando i nostri desideri
disordinati, bisogna sempre soddisfare le nostre esigenze corporali, che
sono causa della nostra debolezza umana. La discrezione, è il giusto
metro tra i due eccessi umani contrari tra di loro l’eccesivo zelo e la
lassa decadenza dei sensi. Alcuni, infatti, per avere voluto
temerariamente, farne a meno hanno dato ragione al proverbio popolare:
“Chi vuol fare l’angelo, finisce poi con il fare la bestia”.
Una religiosa insegnava ai ragazzini a
lei affidati, che il troppo zelo è nocivo come il poco zelo e finisce
sempre con diventare zelo amaro!
L’Offertorio è ripreso dal Salmo 134
(versetti 3°e 6°) Iddio è terribilmente potente, ma questa potenza si
concretizza in Lui con un amore soave, non bisogna mai trasalire. La
giustizia divina, è mitigata dalla sua misericordia, il rispetto filiale
deve essere una mescolanza tra timore di Dio e armonioso amore per Lui,
perché lui è l’artefice di ogni cosa:
«Lodate il Signore, perché è buon,
inneggiate al suo nome perché Egli e soave; tutto ciò che ha voluto,
Egli ha fatto in cielo ed in terra».
La Secreta E’ una prece al Signore,
affinché sia placato dalle offerte che sono poste sull’altare, perché
siano di espiazione per i nostri peccati, che quotidianamente, con le
nostre imperfezioni, compiamo tutti i giorni, anch’esse sacrifichiamo
sull’incruento sacrificio eucaristico.
«O Signore, volgiti placato a queste offerte; affinché giovino alla nostra devozione e alla nostra salvezza …».
Il Communio è tratto dal Samo 121
(versetti 3° e 4) Torna a presentarsi davanti a noi le glorie della
mistica città di Gerusalemme, non più terrena, ma celeste, essa è posta
sul monte della fede, le torri che la circondano sono le promesse
divine, che devono essere seguite con carità non finta. Tutte le tribù
di Israele, entreranno dalle sue porte, cioè tutti i popoli potranno
accedere alla salvezza se avranno fede in Nostro Signore Gesù Cristo.
«Gerusalemme costruita come città
perfettamente organizzata; là salgono le tribù, le tribù del Signore,
per lodare il tuo nome, o Signore.».
Nel Post Communio si vuole insistere
sulla frequentazione al Sacramento dell’altare, e questo ci dia la
grazia per ricevere Gesù Cristo Nostro Signore con cuore mondo, libero
dalle nostre passioni, ed unito misticamente alla sua volontà di
sacrificio.
«O, misericordioso Dio, concedi che il
tuo santo sacramento, del quale continuamente ci nutriamo, noi lo
trattiamo con rispetto sincero e lo riceviamo con mente sempre fedele . .
.».
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