Questa mattina mi è capitato di leggere questo intervento di un assasino della fede, che ha agito nel Conciliabolo Vaticano II, il Cardinale Roberto Tucci. Ormai questi insensati parlano apertamente senza vergogna di quello che hanno combinato durante il conciliabolo, leggiamo ora ciò che dice dei suoi ricordi conciliari e subito dopo proponiamo una grande Enciclica, la Mirari Vos, di Papa Gregorio XVI che inchioda al muro questi assasini della fede, i quali agirono indisturbati senza che nessuno li abbia mai fermati: Papa Leone XIII nel suo Motu Proprio del 25 settembre 1888, quando scrisse l’invocazione a S. Michele Arcangelo:
“Questi astutissimi nemici hanno riempito e inebriato di fiele e amarezza la Chiesa, la sposa dell’Agnello immacolato, e hanno messo empie mani sulle sue più sacre proprietà. Nello stesso Luogo Santo, dove fu posta la Sede del beatissimo Pietro e la Cattedra di Verità per la luce del mondo, hanno elevato il trono della loro abominevole empietà, con l’iniquo disegno che quando il Pastore sia stato colpito, il gregge venga disperso.”
Ecco uno di questi astutissimi nemici della Chiesa:
E’ ancora una miniera di ricordi, di aneddoti su avvenimenti, retroscena
inaspettati avvenuti durante le quattro sessioni del Concilio Vaticano
II, il cardinale gesuita Roberto Tucci. Nel suo studio alla Radio
Vaticana con accanto il suo inseparabile bastone «compagno della mia
vecchiaia» ci dice sorridendo, fa affiorare dalla sua mente con attenti
flash, istantanee gli scorci di un tempo passato ma ancora vivo: la sua
direzione de «La Civiltà Cattolica» durante i turbolenti anni del
Concilio, le amicizie, gli incontri intrattenuti proprio nella sede di
Villa Malta, nel cuore di Roma, con Henri de Lubac, il suo fidato
gesuita Giovanni Caprile, lo scrittore di «Études» Robert Rouquette o
addirittura con Giuseppe Dossetti. Anni, quelli del Concilio, che
rappresentarono una ventata di aria fresca – a suo giudizio – anche tra
le austere mura della rivista fondata da Carlo Maria Curci e voluta da
Pio IX: toccò infatti al Padre Tucci nel 1959 prendere il difficile
testimone della rivista dopo Calogero Gliozzo.
«Giovanni XXIII
volle un aggiornamento della rivista e dovetti occuparmene io. Assieme
al compianto Padre Giuseppe De Rosa – rievoca il porporato con la voce
un po’ incrinata dall’emozione – portammo tra le mura della Civiltà
Cattolica e del collegio degli scrittori le novità promosse dalla Nouvelle théologie
di Congar, Daniélou e De Lubac. Novità che non erano spesso ben
digerite da molti miei confratelli… Non posso negare che mi aiutò molto
aver studiato a Lovanio e aver respirato quella impostazione teologica
così lontana, in quegli anni, da quella insegnata negli atenei pontifici
romani come la Gregoriana, la Lateranense o l’Angelicum. Questa mia
formazione francofona mi aiutò molto, nella mia veste di perito nominato
da Giovanni XXIII, ad essere accettato dai vescovi belgi e francesi che
mi sentivano uno di loro…Per scherzo venivamo chiamati quelli del Lovaniense secundum…con un chiaro riferimento al Vaticano II».
Furono anni turbolenti ma anche avvincenti al timone della Civiltà Cattolica, quelli durante e prima del Concilio…
«Certamente
sì. Mi trovai alla direzione di un così autorevole periodico con un
nuovo Papa, Giovanni XXIII. Ricordo, ad esempio, che chiesi la
collaborazione del Padre Agostino Bea, biblista ed ex rettore del
Biblico di Roma. Solo poco tempo dopo venne creato cardinale e mi
confermò la sua volontà di scrivere per la Civiltà Cattolica con queste
parole: “Io mantengo l’impegno”. L’articolo toccava le questioni nodali
del giudeo-cristianesimo e affermava la non diretta responsabilità degli
ebrei sull’uccisione di Gesù: il cosiddetto Deicidio. La segreteria di
Stato e il cardinale Amleto Cicognani bloccarono la pubblicazione di
questo articolo. E a me toccò andare dal cardinale Bea al Collegio
brasiliano e informarlo della questione. Ricordo come fosse ieri la
calma olimpica e il suo atteggiamento impassibile simili alle sue
parole: “Non si preoccupi. Pazienza troverò altre strade”. Un uomo
eccezionale che non si turbava mai. L’intervento di Bea sarà poi
pubblicato in una rivista svizzera di un suo confratello gesuita. Quello
che mi colpì allora che quell’articolo aveva già in nuce quello che poi si sarebbe sviluppato e realizzato, in parte grazie anche a Bea, nella dichiarazione Nostra aetate e nel decreto De Oecumenismo…al Concilio Vaticano II».
Il
discorso inaugurale di Papa Roncalli «Gaudet mater ecclesia»
dell’ottobre del 1962 è rimasto per Lei una delle pietre miliari del
Concilio. Perché?
«Rammento che a quelle parole rimasi
commosso, piansi. Ed ebbi una grande paura per la novità di un Concilio
ecumenico nel bel mezzo del Novecento. Nell’allocuzione il Papa
affermava a chiare lettere che non si aspettava un Concilio di condanna e
preferiva il discorso della misericordia. Quello che mi impressionò fu
il fatto che la prima sessione conciliare aiutò i vescovi a capire
meglio il senso di quell’assemblea e a conoscersi di più. Non credo che
tutti erano consapevoli del momento storico che stavano vivendo. Se uno
esamina come feci io con l’aiuto di Padre Caprile i vota, cioè i
desideri manifestati dai vescovi che erano stati interrogati per ordine
di Papa Giovanni perché dicessero quali erano le loro aspettative per
quanto riguardava il Concilio, non si aveva un quadro di rinnovamento
così spinto come poi è risultato il Concilio. C’è voluto un po’ di
tempo, tutta la prima sessione per formarsi pian piano una maggioranza
favorevole ad un forte rinnovamento nella fedeltà, ma nella continuità. E
a questo proposito mi viene in mente la mia ultima udienza con Papa
Giovanni quando mi disse che solo nell’ultima settimana della prima
sessione i padri del Concilio avevano capito nel profondo il suo
discorso inaugurale. Mi fece cenno in particolare agli interventi di
Montini, Lercaro e Suenens. E mi disse con la sua consueta amabilità:
“Finalmente avevano capito. Ma io volevo che ci arrivassero da soli…».
Un testo che Le è rimasto nel cuore è sicuramente la costituzione pastorale «Gaudium et spes». Ci può spiegare il perché?
«Ebbi
la fortuna di far parte del comitato ristretto di teologi che si riunì
ad Ariccia nel 1965 per elaborare un testo che, poi, dopo ulteriori
emendamenti è stato la base della costituzione Gaudium et Spes.
Di grande spessore furono gli interventi di Jean Daniélou, di Monsignor
Emilio Guano e del redentorista Bernard Häring. A giocare un ruolo
fondamentale per la stesura dello schema XIII furono i domenicani Yves
Marie Congar e Marie Dominique Chenu. A questo focoso e roccioso frate
francese si deve la frase dedicata ai “segni dei tempi”. Congar si spese
con tutte le forse fisiche e intellettuali per la stesura di questo
documento: era capace di grandissimi interventi, pur avendo già allora
problemi di deambulazione; forse anche negli anni del Post-Concilio per
la sua profondità teologica ed ecclesiologica meritava di essere
ascoltato di più».
Ma tra i relatori di quella
commissione ristretta ad Ariccia era presente anche il giovane vescovo
ausiliare di Cracovia, Karol Wojtyla. Che cosa ricorda di lui in quel
frangente ?
«Wojtyla riuscì con i suoi interventi ad Ariccia
a farsi apprezzare anche dai teologi tedeschi che, come sappiamo, si
rivelarono i più critici sull’impostazione di quel documento. Monsignor
Wojtyla sottolineò il problema dell’ateismo marxista, al quale la Chiesa
doveva far fronte con una proposta positiva e alternativa a tale
visione; mise poi in evidenza la situazione dei Paesi nei quali non
viene rispettata la libertà di coscienza né la libertà di professare la
propria fede; attirò l’attenzione sulla centralità della persona in una
visione cristocentrica. Non è un mistero che si deve in parte ad alcuni
suoi interventi la famosa frase nel testo definitivo della Gaudium et spes,
il pensiero numero 22: “solamente nel mistero del Verbo incarnato trova
vera luce il mistero dell’uomo”. Questo capitolo 22 della Costituzione
pastorale è stato forse il testo del Concilio più citato da Giovanni
Paolo II fino ad esserne il nucleo fondante della sua enciclica Redemptor hominis. Una documento pontificio che, ironia della sorte, fui incaricato di presentare nella sala stampa vaticana tanti anni fa..».
Ma
la «Gaudium et spes» fu soprattutto oggetto di critiche, tra queste
anche quella del giovane Joseph Ratzinger, per il suo eccesso di
ottimismo verso il mondo. Può spiegare il perché?
«Quando
lessi le critiche di molti teologi tedeschi per questo eccesso di
ottimismo penso in particolare a Karl Rahner e a Joseph Ratzinger ho
provato un grande rammarico perché sarebbe stato più giusto che il
futuro papa Benedetto XVI fosse lui al mio posto nel gruppo redazionale
della Gaudium et spes. Il suo contributo, io credo, avrebbe
reso questo testo, già buono in se stesso ancora migliore. Credo che
l’apporto del giovane teologo bavarese, perito del cardinale Frings,
avrebbe riconsiderato meglio la teologia della Croce all’interno della
Costituzione pastorale. Di qui credo nasca la critica dei teologi
tedeschi verso un eccesso di ottimismo senza passare dal mistero della
Croce».
Filippo Rizzi
Prima di leggere la Mirabile Enciclica "Mirai Vos" leggiamo cosa diceva un altro eretico impenitente, Yves Congar, sul grande Pontefice Pio IX: "In questa prospettiva la beatificazione di Pio IX, il Papa del Sillabo e della infallibilità pontificia appariva come un inaccettabile “ritorno” a quella tradizione che
si pretendeva definitivamente abbandonata. Significativo è quanto
annotava sul suo diario, il 14 ottobre 1962, il Padre Yves Congar. Dopo
aver appreso “che la beatificazione di Pio IX è veramente stata presa in seria considerazione: il Papa la vorrebbe
per stabilire un collegamento tra Vaticano II e Vaticano I”, Congar
aggiungeva: “Più ci penso, più trovo che Pio IX sia stato un uomo
meschino e rovinoso. È il primo responsabile dell’orientamento negativo
che ha pesato per 60 anni sul cattolicesimo francese. Quando gli eventi
lo invitavano ad abbandonare l’orribile menzogna della ‘Donazione di Costantino’ e ad assumere un atteggiamento evangelico non ha avvertito questa chiamata e ha sprofondato la Chiesa nella rivendicazione del potere temporale. Fu un atteggiamento che fa ancora sentire tutto il suo peso sulla Chiesa
di oggi: un apparato pesante e costoso, grandioso e infatuato di sé
stesso, prigioniero del proprio mito di grandezza temporale; tutto
questo, che rappresenta la parte non cristiana della Chiesa romana e che condiziona, anzi impedisce l’apertura a un compito pienamente evangelico e profetico, tutto questo viene dalla menzogna della Donazione di Costantino. In questi giorni lo posso vedere in modo evidente. Nulla avverrà di decisivo finché la Chiesa romana non avrà COMPLETAMENTE abbattuto le sue pretese feudali e temporali. È necessario che tutto questo sia DISTRUTTO E LO SARA’” .
Ad S. Michaelem Archangelum, affinchè ci protegga da questi diavoli incarnati corruttori della fede autenticamente Cattolica Apostolica Romana.
Princeps gloriosissime
coelestis militiae, sancte Michael Archangele, defende nos in proelio et
colluctatione, quae nobis est adversus principes et potestates,
adversus mundi rectores tenebrarum harum, contra spiritualia nequitiae,
in coelestibus (Ephes., VI). Veni in auxilium hominum; quos creavit Deus
inexterminabiles, et ad imaginem similitudinis suae fecit, et a
tyrannide diaboli emit pretio magno (Sap., II. — Cor., V). Proeliare
hodie cum beatorum Angelorum exercitu proelia Domini, sicut pugnasti
olim contra ducem superbiae Luciferum, et angelos ejus apostaticos; et
non valuerunt, neque locus inventus est eorum amplius in coelo. Sed
projectus est draco ille magnus, serpens antiquus qui vocatur diabolus
et Satanas, qui seducit universum orbem; et projectus est in terram, et
angeli ejus cum illo missi sunt (Apoc., XII). En antiquus inimicus et
homicida vehementer erectus est. Transfiguratus in angelum lucis, cum
tota malignorum spirituum caterva late circuit et invadit terram, ut in
ea deleat nomen Dei et Christi ejus, animasque ad aeternae gloriae
coronam destinatas furetur, mactet et perdat in sempiternum interitum.
Virus nequitiae suae, tanquam flumen immundissimum, draco maleficus
transfundit in homines depravatos mente et corruptos corde; spiritum
mendacii, impietatis et blasphemiae; halitumque mortiferum luxuriae,
vitiorum omnium et iniquitatum. Ecclesiam, Agni immaculati sponsam,
vaferrimi hostes repleverunt amaritudinibus, inebriarunt absinthio; ab
omnia desiderabilia ejus impias miserunt manus. Ubi sedes beatissimi
Petri et Cathedra veritatis ad lucem gentium constituta est, ibi thronum
posuerunt abominationis impietatis suae; ut percusso Pastore, et gregem
disperdere valeant. Adesto itaque, Dux invictissime, populo Dei contra
irrumpentes spiritales nequitias, et fac victoriam. Te custodem et
patronum sancta veneratur Ecclesia; te gloriatur defensorem adversus
terrestrium et infernorum nefarias potestates; tibi tradidit Dominus
animas redemptorum in superna felicitate locandas. Deprecare Deum pacis,
ut conterat Satanam sub pedibus nostris, ne ultra valeat captivos tenere
homines, et Ecclesia nocere. Offer nostras preces in conspectu
Altissimi, ut cito anticipent nos misericordiae Domini; et apprehendas
Draconem, serpentem antiquum, qui est diabolus et Satanas, ac ligatum
mittas in abyssum, ut non seducat amplius gentes. (Apoc., XX).
+ Papa Leone XIII
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Papa Gregorio XVI: Enciclica Mirari Vos (traduz. ital.)
Da: La Voce della Verità, Gazzetta dell'Italia Centrale anno II (supplemento al n° 179, 27 settembre 1832) Modena 1832-1833 .
SANCTISSIMI DOMINI NOSTRI
GREGORII
DIVINA PROVIDENTIA PAPAE XVI
EPISTOLA ENCYCLICA
ad omnes Patriarchas, Primates, Archiepiscopos, et Episcopos.
GREGORIUS PAPA XVI
VENERABILES FRATRES
SALUTEM, ET APOSTOLICAM BENEDICTIONEM.
Non riteniamo che voi vi meravigliate perché, da quando è stato
imposto alla Nostra pochezza l’incarico del governo di tutta la Chiesa,
non vi abbiamo ancora indirizzato Nostre lettere, secondo la
consuetudine introdotta fin dai primi tempi e come la benevolenza Nostra
verso di voi avrebbe richiesto. Era questo per la verità uno dei Nostri
più vivi desideri: dilatare senza indugio sopra di voi il Nostro cuore,
e parlarvi in comunione di spirito con quella voce con la quale nella
persona del Beato Pietro fu divinamente ingiunto a Noi di confermare i
fratelli (Lc 22,32).
Ma voi ben sapete per quale procella di mali e di calamità fin dai
primi momenti del Nostro Pontificato fummo d’improvviso balzati in un
mare così tempestoso, che se la destra del Signore non avesse
testimoniato la propria virtù, avreste dovuto per la più perversa
cospirazione degli empi compiangere il Nostro fatale sommergimento.
L’animo rifugge dal rinnovare con l’amara esposizione di tanti infortuni
il dolore vivissimo che ne provammo; e piuttosto Ci piace innalzare
riconoscenti benedizioni al Padre di ogni consolazione, il quale con la
dispersione dei ribelli Ci trasse dall’imminente pericolo e sedata la
furiosa tempesta Ci fece respirare. Noi Ci proponemmo immediatamente di
comunicarvi le Nostre idee relative al risanamento delle piaghe di
Israele: ma la grave mole di cure che sopraggiunse per conciliare il
ristabilimento dell’ordine pubblico pose un ostacolo alla realizzazione
del Nostro proposito.
Un nuovo motivo per tenerci silenziosi giunse dalla insolenza dei
faziosi, che tentarono di alzare nuovamente il vessillo della fellonia.
Vero è che, vedendo Noi che la lunga impunità e la costante Nostra
benigna indulgenza, anziché ammansire, alimentavano piuttosto lo
sfrenato furore dei ribelli, dovemmo infine, sebbene con acerbissimo
dispiacere, ricorrere alle armi spirituali (1Cor 4,21) per frenare tanta
loro pervicacia, valendoci dell’autorità conferitaci a tal fine da Dio:
ma da questo appunto potete agevolmente comprendere quanto più
laboriosa e pressante sia resa la Nostra quotidiana sollecitudine.
Ma giunti finalmente, secondo il costume dei Predecessori, a prendere
nella Nostra Basilica Lateranense quel possesso che per le citate
ragioni avevamo dovuto differire, troncato ogni indugio Ci rivolgiamo
sollecitamente a voi, Venerabili Fratelli, e quale testimonianza della
Nostra volontà vi indirizziamo questa Lettera fra l’esultanza di questo
giorno lietissimo, in cui festeggiamo il trionfo della Vergine Assunta
in Cielo, onde Ella, che fra le più dolorose calamità Noi sperimentammo
sempre Avvocata e Liberatrice, tale pure Ci assista propizia nello
scrivere a voi, e con la sua celeste ispirazione fecondi la Nostra mente
di quei consigli che siano sommamente salutari per il gregge cristiano.
Dolenti invero, e col cuore sopraffatto dall’amarezza, veniamo a voi,
Venerabili Fratelli, che, atteso il vostro zelo ed il vostro
attaccamento alla Religione, ben sappiamo essere sommamente angustiati
per l’acerbità dei tempi in cui essa versa miseramente, poiché davvero
potremmo dire che questa è l’ora delle tenebre per vagliare come grano i
figli di elezione (Lc 22,53). A ragione si può ripetere con Isaia: "Pianse, e la terra avvelenata dai suoi abitanti scomparve, perché avevano mutato il diritto, avevano rotto il patto sempiterno" (Is 24,5).
I PRIMI ASSASSINI DELLA LITURGIA, PAOLO VI E LA SUA COMBRICCOLA DI ERETICI...
"Il 10 maggio 1970, in occasione dell'udienza concessa ai sei pastori protestanti che hanno collaborato all'elaborazione del Novus Ordo Missæ, IL TERRIFICANTE Paolo VI, parlando del loro contributo ai lavori del Consilium liturgico, ebbe a dire: ...Vi siete particolarmente sforzati di dare più spazio alla Parola di Dio contenuta nella Sacra Scrittura; di apportare un più grande valore
teologico ai testi liturgici, affinché la “lex orandi” (“la legge
della preghiera”) concordi meglio con la “lex credendi” (“la legge
della fede”)... (cfr. R. Coomaraswamy, Les
problèmes de la nouvelle messe, Editions L'Age d'Homme, Losanna 1995,
pag. 36). Non si capisce proprio come dei protestanti che negano la
Presenza Reale di Nostro Signore Gesù Cristo nell'Eucarestia, l'essenza sacrificale della Messa, il sacerdozio ministeriale, la mediazione universale di Maria SS.ma e dei Santi, e altre verità di fede possano aver apportato «un più grande valore teologico ai testi liturgici"...
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Venerabili Fratelli, diciamo cose che voi pure avete di continuo
sotto i vostri occhi e che deploriamo perciò con pianto comune. Superba
tripudia la disonestà, insolente è la scienza, licenziosa la
sfrontatezza. Viene disprezzata la santità delle cose sacre: e l’augusta
maestà del culto divino, che pur tanto possiede di forza e di necessità
sul cuore umano, viene indegnamente contaminata da uomini ribaldi,
riprovata, messa a ludibrio. Quindi si stravolge e perverte la sana
dottrina, ed errori d’ogni genere si disseminano audacemente. Non leggi
sacre, non diritti, non istituzioni, non discipline, anche le più sante,
sono al sicuro di fronte all’ardire di costoro, che solo eruttano
malvagità dalla sozza loro bocca. Bersaglio di incessanti, durissime
vessazioni è fatta questa Nostra Romana Sede del Beatissimo Pietro,
nella quale Gesù Cristo stabilì la base della Chiesa; i vincoli
dell’unità di giorno in giorno maggiormente s’indeboliscono e si
sciolgono. La divina autorità della Chiesa viene contestata e,
calpestati i suoi diritti, si vuole assoggettarla a ragioni terrene; con
suprema ingiustizia si vuole renderla odiosa ai popoli e ridurla ad
ignominiosa servitù. Intanto s’infrange l’obbedienza dovuta ai Vescovi, e
viene conculcata la loro autorità. Le Accademie e le Scuole echeggiano
orribilmente di mostruose novità di opinioni, con le quali non più
segretamente e per vie sotterranee si attacca la Fede cattolica, ma
scopertamente e sotto gli occhi di tutti le si muove un’orribile e
nefanda guerra. Infatti, corrotti gli animi dei giovani allievi per
gl’insegnamenti viziosi e per i pravi esempi dei Precettori, si sono
dilatati ampiamente il guasto della Religione ed il funestissimo
pervertimento dei costumi. Scosso per tal maniera il freno della
santissima Religione, che è la sola sopra cui si reggono saldi i Regni e
si mantengono ferme la forza e l’autorità di ogni dominazione, si
vedono aumentare la sovversione dell’ordine pubblico, la decadenza dei
Principati e il disfacimento di ogni legittima potestà. Ma una congerie
così enorme di disavventure si deve in particolare attribuire alla
cospirazione di quelle Società nelle quali sembra essersi raccolto, come
in sozza sentina, quanto v’ha di sacrilego, di abominevole e di empio
nelle eresie e nelle sette più scellerate.
Queste cose, Venerabili Fratelli, ed altre forse più gravi che al
presente sarebbe troppo lungo annoverare e che voi ben conoscete Ci
addolorano, di un dolore tanto più acerbo e continuo in quanto, posti
sulla cattedra del Principe degli Apostoli, Ci sentiamo obbligati a
tormentarci più di ogni altro dallo zelo per tutta la Casa di Dio. Ma
scorgendoci collocati in una sede ove non basta piangere soltanto queste
innumerabili sciagure, ma occorre compiere ogni sforzo per procurarne
l’estirpamento, ricorriamo a tal fine al sussidio della vostra Fede, ed
eccitiamo la vostra sollecitudine per la salvezza del gregge cattolico,
Venerabili Fratelli, la cui specchiata virtù, religione, prudenza ed
assiduità Ci danno coraggio, ed in mezzo all’afflizione che Ci cagionano
circostanze così disastrose, dolcemente Ci confortano e consolano. È
Nostro obbligo, infatti, alzare la voce e tentare ogni prova, perché né
il cinghiale della selva devasti la vigna, né i lupi rapaci piombino a
fare strage del gregge. A Noi spetta guidare le pecore soltanto a quei
pascoli che siano per esse salubri, e scevri d’ogni anche lieve sospetto
d’essere dannosi. Dio non voglia, o carissimi, che mentre premono tanti
mali e tanti pericoli sovrastano, manchino al proprio ufficio i Pastori
che, colpiti da sbigottimento, trascurino le pecore o, deposta la cura
del gregge, si abbandonino all’ozio ed alla pigrizia. Trattiamo anzi,
perciò, nell’unità dello spirito la comune causa Nostra, o per meglio
dire la causa di Dio, e contro i comuni nemici si abbiano per la salute
di tutto il popolo la medesima vigilanza in tutti e il medesimo impegno.
Ciò poi adempirete felicemente se, come esige la ragione del vostro
incarico, attenderete indefessamente a voi stessi e alla dottrina,
richiamando spesso al pensiero che "la Chiesa Universale riceve l’urto di ogni novità" [S. CELESTINO papa, Ep. 21 ad Episc. Galliae] e che, secondo il parere del Pontefice Sant’Agatone, "delle
cose che furono regolarmente definite, nessuna dovessi diminuire,
nessuna mutare, nessuna aggiungere, ma tali esse debbono essere
custodite intatte nelle parole e nei significati" [S. AGATONE papa, Ep. ad Imp.].
Integra rimarrà così la fermezza di quella unità che ha il proprio
fondamento e si esprime in questa Cattedra di Pietro, donde appunto
derivano su tutte le Chiese i diritti della veneranda comunione e dove
tutte "possono rinvenire muro di difesa e sicurezza, porto protetto dai flutti e tesoro d’innumerevoli beni" [S. INNOCENZO papa, Ep.
II]. A rintuzzare pertanto la temerità di coloro i quali adoperano
tutti i mezzi o per abbattere i diritti di questa Santa Sede, o per
sciogliere il rapporto delle Chiese con la stessa (rapporto in forza del
quale esse hanno fermezza, solidità e vigore), inculcate il massimo
impegno di fedeltà e di venerazione sincera verso la stessa Sede,
facendo chiaramente intendere con San Cipriano che "falsamente confida di essere nella Chiesa chi abbandona la Cattedra di Pietro, sopra la quale è fondata la Chiesa" [San CIPRIANO, De unitate Ecclesiae].
"NOVUS ORROR MISSAE"
A tale obiettivo debbono perciò tendere i vostri travagli, le vostre
cure sollecite e l’assidua vostra vigilanza, affinché gelosamente sia
custodito il santo deposito della Fede in mezzo all’infernale
cospirazione degli empi, che con Nostro estremo cordoglio vediamo
intenta a derubarlo e a perderlo. Si ricordino tutti che il giudizio
intorno alla sana dottrina da insegnare ai popoli, non meno che il
governo ed il giurisdizionale reggimento della Chiesa sono presso il
Romano Pontefice, "a cui fu conferita da Gesù Cristo la piena potestà di pascere, reggere e governare la Chiesa universale"
[CONC. FLOR., sess. 25] come dichiararono solennemente i Padri del
Concilio di Firenze . È poi obbligo di ogni Vescovo tenersi
fedelissimamente attaccato alla cattedra di Pietro, custodire santamente
e scrupolosamente il deposito della Fede, e pascere il gregge di Dio
affidatogli. I Sacerdoti debbono stare soggetti ai Vescovi i quali,
avverte San Girolamo [S. GIROLAMO, Ep. 2 ad Nepot. a. I, 24], devono essere considerati dagli stessi come "padri della loro anima":
né si dimentichino mai che anche dagli antichi Canoni è loro vietato
d’intraprendere azione alcuna nel sacro Ministero, e di assumersi
l’ufficio d’insegnare e di predicare "senza il consenso del Vescovo a cui il popolo fu affidato ed al quale si domanderà conto delle anime"[Ex
can. ap. 38]. Infine si tenga presente quale regola certa e sicura che
tutti coloro che osassero macchinare qualche cosa contro questo ordine
così stabilito perturberebbero lo stato della Chiesa.
Sarebbe poi cosa troppo nefanda ed assolutamente aliena da
quell’affetto di venerazione con cui si debbono rispettare le leggi
della Chiesa, il lasciarsi trasportare da forsennata mania di opinare a
capriccio, permettendo a qualcuno di disapprovare, o di accusare come
contraria a certi principi di diritto di natura, o di dire manchevole e
imperfetta e dipendente dalla civile autorità quella sacra disciplina
che la Chiesa fissò per l’esercizio del culto divino, per la direzione
dei costumi, per la prescrizione dei suoi diritti, e per il gerarchico
regolamento dei suoi Ministri.
Essendo inoltre massima irrefragabile, per valerci delle parole dei Padri Tridentini, che "la
Chiesa fu erudita da Gesù Cristo e dai suoi Apostoli, e che viene
ammaestrata dallo Spirito Santo, il quale di giorno in giorno le
suggerisce ogni verità" , appare chiaramente assurdo ed oltremodo ingiurioso per la Chiesa proporsi una certa "restaurazione e rigenerazione",
come necessaria per provvedere alla sua salvezza ed al suo incremento,
quasi che la si potesse ritenere soggetta a difetto, o ad oscuramento o
ad altri inconvenienti di simil genere: tutte macchinazioni e trame
dirette dai novatori al malaugurato loro fine di gettare le "fondamenta di un recente umano stabilimento" onde avvenga quello che era tanto condannato da San Cipriano, "che la Chiesa divenisse cosa umana" [S. CIPRIANO, Ep.
52], quando, al contrario, è cosa tutta divina . Ma coloro che vanno
meditando siffatti disegni considerino che per testimonianza di San
Leone, al solo Romano Pontefice "è affidata la disciplina dei Canoni" e che a lui solo appartiene, e non a privato uomo chicchessia, i1 definire sulle regole "delle paterne sanzioni", e, come scrive San Gelasio [S. GELASIO, papa, Ep. ad Episcopum Lucaniae] "bilanciare
in tal maniera i decreti dei Canoni e commisurare in tal modo i
precetti dei Predecessori: dopo diligenti riflessioni si dia un
conveniente temperamento a quelle cose che la necessità dei tempi
richiede di dover moderare prudentemente per il bene delle Chiese".
E qui vogliamo eccitare sempre più la vostra costanza a favore della
Religione, affinché vi opponiate all’immonda congiura contro il celibato
clericale: congiura che, come sapete, si accende ogni dì più
estesamente, unendo ai tentativi dei più sciagurati filosofi dell’età
nostra anche alcuni dello stesso ceto ecclesiastico: di persone che,
dimentiche della loro dignità e del loro ministero, trascinate dal
lusinghiero torrente delle voluttà, proruppero in tale eccesso di
licenziosa impudenza che non ristettero dal presentare in più luoghi
pubbliche reiterate domande ai Governi, onde venisse abrogato ed
annientato questo santissimo punto di disciplina. Ma troppo C’incresce
di trattenervi lungamente sopra questi turpi attentati, e piuttosto con
fiducia incarichiamo la religione vostra affinché impieghiate ogni
vostro zelo per mantenere sempre, secondo quanto prescritto dai Sacri
Canoni, intatta, custodita, ferma e difesa una legge di tanto rilievo,
contro la quale da ogni parte si scagliano gli strali degli impudichi.
"VETUS ORDO", LA VERA ED UNICA MESSA CATTOLICA APPROVATA E BENEDETTA DA DIO...
Inoltre, l’onorando matrimonio dei Cristiani esige le Nostre comuni premure affinché in esso, chiamato da San Paolo "Sacramento grande in Cristo e nella Chiesa"
(Eb 13,4), nulla s’introduca o si tenti introdurre di meno onesto che
sia contrario alla sua santità o leda l’indissolubilità del suo vincolo.
Vi aveva già raccomandato insistentemente questo nelle sue lettere il
Nostro Predecessore Pio VIII di felice memoria: ma continuano a
moltiplicarsi tuttavia contro di esso gli attentati dell’empietà. È
perciò necessario istruire accuratamente i popoli che il matrimonio, una
volta legittimamente contratto, non può più sciogliersi, e che Dio ha
ingiunto ai coniugati una perpetua unione di vita ed un tal legame che
solo con la morte può rompersi. Rammentando che il matrimonio si
annovera fra le cose sacre, e che per questo è soggetto alla Chiesa,
essi abbiano di continuo presenti le leggi da questa stabilite in
materia, e quelle adempiano santamente ed esattamente come prescrizioni,
dalla cui osservanza fedele dipendono la forza, la validità e la
giustizia del medesimo. Si astenga ognuno dal commettere per
qualsivoglia motivo atti che siano contrari alle canoniche disposizioni e
ai decreti dei Concilii che lo riguardano, ben conoscendosi che esito
infelicissimo sogliono avere quei matrimoni che o contro la disciplina
della Chiesa o senza che sia stata implorata prima la benedizione del
Cielo, o per solo bollore di cieca passione vengono celebrati senza che
gli sposi si prendano alcun pensiero della santità del Sacramento e dei
misteri che vi si nascondono.
Veniamo ora ad un’altra sorgente trabocchevole dei mali, da cui piangiamo afflitta presentemente la Chiesa: vogliamo dire l’indifferentismo,
ossia quella perversa opinione che per fraudolenta opera degl’increduli
si dilatò in ogni parte, e secondo la quale si possa in qualunque
professione di Fede conseguire l’eterna salvezza dell’anima se i costumi
si conformano alla norma del retto e dell’onesto. Ma a voi non sarà
malagevole cosa allontanare dai popoli affidati alla vostra cura un
errore così pestilenziale intorno ad una cosa chiara ed evidentissima,
senza contrasto. Poiché è affermato dall’Apostolo che esiste "un solo Iddio, una sola Fede, un solo Battesimo"
(Ef 4,5), temano coloro i quali sognano che veleggiando sotto bandiera
di qualunque Religione possa egualmente approdarsi al porto dell’eterna
felicità, e considerino che per testimonianza dello stesso Salvatore "essi sono contro Cristo, perché non sono con Cristo" (Lc 11,23), e che sventuratamente disperdono solo perché con lui non raccolgono; quindi "senza dubbio periranno in eterno se non tengono la Fede cattolica, e questa non conservino intera ed inviolata" [Symbol.
S. Athanasii]. Ascoltino San Girolamo il quale – trovandosi la Chiesa
divisa in tre parti a causa dello scisma – racconta che, tenace come
egli era del santo proposito, quando qualcuno cercava di attirarlo al
suo partito, egli rispondeva costantemente ad alta voce: "Chi sta unito alla Cattedra di Pietro, quegli è mio" [S. GIROLAMO, Ep.
58]. A torto poi qualcuno, fra coloro che alla Chiesa non sono
congiunti, oserebbe trarre ragione di tranquillizzante lusinga per
essere anche lui rigenerato nell’acqua di salute; poiché gli
risponderebbe opportunamente Sant’Agostino: "Anche il ramoscello reciso dalla vite ha la stessa forma, ma che gli giova la forma se non vive della radice?"[S. AGOSTINO, Salmo contro part. Donat.].
BENEDETTO XVI, FAUTORE DELLA DOTTRINA NON CATTOLICA DELLA COSIDETTA "LIBERTA' RELIGIOSA"
"In tale prospettiva, ben si comprende come un’efficace opera
educativa postuli pure il rispetto della libertà religiosa. Questa è
caratterizzata da una dimensione individuale, come pure da una
dimensione collettiva e da una dimensione istituzionale. Si tratta del
primo dei diritti umani, perché essa esprime la realtà più fondamentale
della persona. Troppo spesso, per diversi motivi, tale diritto è ancora
limitato o schernito... (UDIENZA AL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE PER LA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI PER IL NUOVO ANNO, 09.01.2012").
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Da questa corrottissima sorgente dell’indifferentismo scaturisce quell’assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire a ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo, a cui apre il sentiero quella piena e smodata libertà di opinione
che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato, non
mancando chi osa vantare con impudenza sfrontata provenire da siffatta
licenza qualche vantaggio alla Religione. "Ma qual morte peggiore può darsi all’anima della libertà dell’errore?" esclamava Sant’Agostino [Ep.
166]. Tolto infatti ogni freno che tenga nelle vie della verità gli
uomini già diretti al precipizio per la natura inclinata al male,
potremmo dire con verità essersi aperto il "pozzo d’abisso" (Ap
9,3), dal quale San Giovanni vide salire tal fumo che il sole ne rimase
oscurato, uscendone locuste innumerabili a devastare la terra.
Conseguentemente si determina il cambiamento degli spiriti, la
depravazione della gioventù, il disprezzo nel popolo delle cose sacre e
delle leggi più sante: in una parola, la peste della società più di ogni
altra esiziale, mentre l’esperienza di tutti i secoli, fin dalla più
remota antichità, dimostra luminosamente che città fiorentissime per
opulenza, potere e gloria per questo solo disordine, cioè per una
eccessiva libertà di opinioni, per la licenza delle conventicole, per la
smania di novità andarono infelicemente in rovina.
A questo fine è diretta quella pessima, né mai abbastanza esecrata ed aborrita "libertà della stampa"
nel divulgare scritti di qualunque genere; libertà che taluni osano
invocare e promuovere con tanto clamore. Inorridiamo, Venerabili
Fratelli, nell’osservare quale stravaganza di dottrine ci opprime o,
piuttosto, quale portentosa mostruosità di errori si spargono e
disseminano per ogni dove con quella sterminata moltitudine di libri, di
opuscoli e di scritti, piccoli certamente di mole, ma grandissimi per
malizia, dai quali vediamo con le lacrime agli occhi uscire la
maledizione ad inondare tutta la faccia della terra. Eppure (ahi,
doloroso riflesso!)
IL CONCILIABOLO VATICANO II
L’anziano Arcivescovo Marcel Lefebvre ebbe a scrivere in modo pertinente il 29 giugno 1976, in occasione della sospensione a divinis comminatagli da Paolo VI, la riflessione:
“Che la Chiesa Conciliare è una Chiesa scismatica, perché rompe con la Chiesa Cattolica quale è sempre stata. Essa ha i suoi nuovi dogmi, il suo nuovo sacerdozio, le sue nuove istituzioni, il suo nuovo culto, tutti già condannati dalla Chiesa in molti documenti, ufficiali e definitivi.
“Questa Chiesa Conciliare è scismatica, perché ha preso per base per il suo aggiornamento, principi opposti a quelli della Chiesa Cattolica, come la nuova concezione della Messa espressa ai numeri 5 della Prefazione al [decreto] Missale Romanum e 7 del suo primo capitolo, che attribuisce all’assemblea un ruolo sacerdotale che non può esercitare; come similmente il naturale — vale qui a dire divino — diritto di ogni persona e di ogni gruppo di persone alla libertà religiosa.
“Questo diritto alla libertà religiosa è blasfemo, perché attribuisce a Dio scopi che distruggono la Sua Maestà, la Sua Gloria, la Sua Regalità. Questo diritto implica libertà di coscienza, libertà di pensiero, e tutte le libertà massoniche.
“La Chiesa che afferma tali errori è al tempo stesso scismatica ed eretica. Questa Chiesa Conciliare è, pertanto, non cattolica. Nella misura in cui Papa, vescovi, preti e fedeli aderiscono a questa nuova Chiesa, essi si separano dalla Chiesa Cattolica.”
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vi sono taluni che giungono alla sfrontatezza di
asserire con insultante protervia che questo inondamento di errori è più
che abbondantemente compensato da qualche opera che in mezzo a tanta
tempesta di pravità si mette in luce per difesa della Religione e della
verità. Nefanda cosa è certamente, e da ogni legge riprovata, compiere a
bella posta un male certo e più grave, perché vi è lusinga di poterne
trarre qualche bene. Ma potrà mai dirsi da chi sia sano di mente che si
debba liberamente ed in pubblico spargere, vendere, trasportare, anzi
tracannare ancora il veleno, perché esiste un certo rimedio, usando il
quale avviene che qualcuno scampa alla morte?
Ma assai ben diverso fu il sistema adoperato dalla Chiesa per
sterminare la peste dei libri cattivi fin dall’età degli Apostoli, i
quali, come leggiamo, hanno consegnato alle fiamme pubblicamente grande
quantità di tali libri (At 19,19). Basti leggere le disposizioni date a
tale proposito nel Concilio Lateranense V, e la Costituzione che
pubblicò Leone X di felice memoria, Nostro Predecessore, appunto perché "quella
stampa che fu salutarmente scoperta per l’aumento della Fede e per la
propagazione delle buone arti, non venisse rivolta a fini contrari e
recasse danno e pregiudizio alla salute dei fedeli di Cristo" [Act. Conc. Lateran. V,
sess. 10]. Ciò stette parimenti a cuore dei Padri Tridentini al punto
che per applicare opportuno rimedio ad un inconveniente così dannoso,
emisero quell’utilissimo decreto sulla formazione dell’Indice dei libri
nei quali fossero contenute malsane dottrine [CONC. TRID., sess. 18 e
25]. Clemente XIII, Nostro Predecessore di felice memoria, nella sua
enciclica sulla proscrizione dei libri nocivi afferma che "si deve
lottare accanitamente, come richiede la circostanza stessa, con tutte le
forze, al fine di estirpare la mortifera peste dei libri; non potrà
infatti essere eliminata la materia dell’errore fino a quando gli
elementi impuri di pravità non periscano bruciati" [Christianae
reipublicae, 25 novembre 1766]. Pertanto, per tale costante
sollecitudine con la quale in tutti i tempi questa Sede Apostolica si
adoperò sempre di condannare i libri pravi e sospetti, e di strapparli
di mano ai fedeli, si rende assai palese quanto falsa, temeraria ed
oltraggiosa alla stessa Sede Apostolica, nonché foriera di sommi mali
per il popolo cristiano sia la dottrina di coloro i quali non solo
rigettano come grave ed eccessivamente onerosa la censura dei libri, ma
giungono a tal punto di malignità che la dichiarano perfino aborrente
dai principi del retto diritto e osano negare alla Chiesa l’autorità di
ordinarla e di eseguirla.
Avendo poi rilevato da parecchi scritti che circolano fra le mani di
tutti propagarsi certe dottrine tendenti a far crollare la fedeltà e la
sommissione dovuta ai Principi, e ad accendere ovunque le torce della
guerra, vi esortiamo ad essere sommamente guardinghi, affinché i popoli,
a seguito di tale seduzione, non si lascino miseramente rimuovere dal
diritto sentiero. Riflettano tutti che, secondo l’ammonimento
dell’Apostolo, "non vi è potere se non da Dio, e le cose che sono
furono ordinate da Dio. Perciò chi resiste al potere, resiste
all’ordinamento di Dio, e coloro che resistono si procurano da se stessi
la condanna" (Rm 3,2). Il divino e l’umano diritto gridano contro
coloro i quali, con infamissime trame e con macchinazioni di ostilità e
di sedizioni impiegano i loro sforzi nel mancare di fede ai Principi, ed
a cacciarli dal trono.
Fu appunto per non contaminarsi di tanto obbrobrioso delitto che gli
antichi Cristiani, pur nel bollore delle persecuzioni, sempre bene
meritarono degl’Imperatori e della salvezza dell’Impero, adoperandosi
con fedeltà nell’adempiere esattamente e prontamente quanto veniva loro
comandato che non fosse contrario alla Religione: impegnandosi con
costanza ed anche con il sangue abbondantemente sparso in battaglie per
essi. "I soldati cristiani – afferma Sant’Agostino – servirono
l’Imperatore infedele; quando si toccava la causa di Cristo, non
conoscevano che Colui che è nei Cieli. Distinguevano il Signore eterno
dal Signore temporale, tuttavia proprio per il Signore eterno ubbidivano
quali sudditi anche al Signore terreno" [Salmo 124, n. 7]. Tali
argomenti aveva sotto gli occhi l’invitto martire San Maurizio, capo
della Legione Tebana, allorché – come riferisce Sant’Eucherio – così
rispose all’Imperatore: "Imperatore, noi siamo tuoi soldati, però
siamo al tempo stesso servi di Dio, e lo confessiamo liberamente...
Eppure, neanche questa stessa dura necessità di serbare la vita ci
spinge alla ribellione: ecco, abbiamo le armi, eppure non facciamo
resistenza, perché reputiamo sorte migliore il morire che l’uccidere" [S. EUCHERIO, apud Ruinart, Act. SS. MM. de SS. Maurit. et Soc.,
n. 4]. Tale fedeltà degli antichi Cristiani verso i loro Principi
risplende anche più luminosa se si riflette con Tertulliano che a quei
tempi "non mancava ai Cristiani gran numero di armi e di armati se
avessero voluto farla da nemici dichiarati. Siamo usciti da poco
all’esterno, egli dice agli Imperatori, e già abbiamo riempito
ogni vostro luogo, le città, le isole, i castelli, i municipi, le
adunanze, gli accampamenti stessi, le tribù, le curie, il palazzo, il
senato, il foro... A qual guerra non saremmo stati idonei e pronti,
quando pure fossimo inferiori di numero, noi che ci lasciamo trucidare
tanto volonterosamente, se dalla nostra disciplina non fosse permesso
più il lasciarsi uccidere che l’uccidere? Se tanta moltitudine di
persone, quale noi siamo, allontanandosi da voi, si fosse rifugiata in
qualche remotissimo angolo dell’orbe, avrebbe certamente recato vergogna
alla vostra potenza la perdita di tanti cittadini, quali che fossero;
anzi l’avrebbe punita con lo stesso abbandono. Senza dubbio vi sareste
sbigottiti di fronte a tale solitudine... e avreste cercato a chi poter
comandare: vi sarebbero rimasti più nemici che cittadini, mentre ora
avete minor numero di nemici, tenuto conto della moltitudine dei
Cristiani" [TERTULLIANO, Apologet., cap. 37].
Esempi così luminosi d’inalterabile sommissione ai Principi, che
necessariamente derivavano dai santissimi precetti della Religione
Cristiana, condannano altamente la detestabile insolenza e slealtà di
coloro che, accesi dall’insana e sfrenata brama di una libertà senza
ritegno, sono totalmente rivolti a manomettere, anzi a svellere
qualunque diritto del Principato, onde poscia recare ai popoli, sotto
colore di libertà, il più duro servaggio. A questo scopo per verità
cospirarono gli scellerati deliri e i disegni dei Valdesi, dei Beguardi,
dei Wiclefiti e di altri simili figli di Belial, che furono l’ignominia
e la feccia dell’uman genere, meritamente perciò tante volte colpiti
dagli anatemi di questa Sede Apostolica. Né certamente per altro motivo
codesti pensatori moderni sviluppano le loro forze, se non perché
possano menar festa e trionfo con Lutero, e compiacersi con lui di "essere liberi da tutti",
disposti perciò decisamente ad accingersi a qualunque più riprovevole
impresa per giungere con più facilità e speditezza a conseguire
l’intento.
Né più lieti successi potremmo presagire per la Religione ed il
Principato dai voti di coloro che vorrebbero vedere separata la Chiesa
dal Regno, e troncata la mutua concordia dell’Impero col Sacerdozio. È
troppo chiaro che dagli amatori d’una impudentissima libertà si teme
quella concordia che fu sempre fausta e salutare al governo sacro e
civile.
Ma a tante e così amare cause che Ci tengono solleciti e nel comune
pericolo Ci crucciano con dolore singolare, si unirono certe
associazioni e determinate aggregazioni nelle quali, fatta lega con
gente d’ogni religione, anche falsa e di estraneo culto, si predica
libertà d’ogni genere, si suscitano turbolenze contro il sacro e il
civile potere, e si conculca ogni più veneranda autorità, sotto lo
specioso pretesto di pietà e di attaccamento alla religione, ma con mira
in fatto di promuovere ovunque novità e sedizioni.
Queste cose, Venerabili Fratelli, con animo dolentissimo, ma pieni di
fiducia in Colui che comanda ai venti e porta la tranquillità, vi
abbiamo scritto affinché, impugnato lo scudo della Fede, seguitiate
animosi a combattere le battaglie del Signore. A voi sopra ogni altro
compete stare qual muro saldo di fronte ad ogni superba potenza che si
voglia alzare contro la scienza di Dio. Da voi si brandisca la spada
dello Spirito, che è la parola di Dio, e siano da voi provveduti di pane
coloro che hanno fame di giustizia. Chiamati ad essere coltivatori
industriosi nella vigna del Signore, occupatevi di questo solo, e a
questo solo volgete le comuni vostre fatiche: cioè che ogni radice di
amarezza sia divelta dal campo a voi assegnato e, spento ogni seme
vizioso, cresca in esso, abbondante e rigogliosa, la messe delle virtù.
Abbracciando con paterno affetto coloro che si applicano agli studi
filosofici, e più ancora alle sacre discipline, inculcate loro
premurosamente che si guardino dal fidarsi delle sole forze del proprio
ingegno per non lasciare il sentiero della verità e prendere
imprudentemente quello degli empi. Si ricordino che Dio "è il duce della sapienza e il perfezionatore dei sapienti"
(Sap 7,15), e che non può mai avvenire che senza Dio conosciamo Dio, il
quale per mezzo del Verbo insegna agli uomini a conoscere Dio [S.
IRENEO, lib. 14, cap. 10]. È proprio del superbo, o piuttosto dello
stolto, il volere pesare sulle umane bilance i misteri della Fede, che
superano ogni nostra possibilità, e fidare sulla ragione della nostra
mente, che per la condizione stessa della umana natura è troppo fiacca e
malata.
Per il resto, i Nostri carissimi figli in Cristo, i Principi,
assecondino questi comuni voti – per il bene della Chiesa e dello Stato –
con il loro aiuto e con quell’autorità che devono considerare conferita
loro non solo per il governo delle cose terrene, ma in modo speciale
per sostenere la Chiesa. Riflettano diligentemente su quanto deve essere
fatto per la tranquillità dei loro Imperi e per la salvezza della
Chiesa; si persuadano anzi che devono avere più a cuore la causa della
Fede che quella del Regno, come ripetiamo con il Pontefice San Leone: "Al loro diadema per mano del Signore si aggiunga anche la corona della Fede".
Posti quasi come padri e tutori dei popoli, procureranno a questi
quiete e tranquillità vera, costante e doviziosa, particolarmente se si
adopreranno a far fiorire tra essi la Religione e la pietà verso Dio, il
quale porta scritto nel femore: "Re dei Re, e Signore dei Signori".
Ma per impetrare successi così prosperi e felici, solleviamo
supplichevoli gli sguardi e le mani verso la Santissima Vergine Maria,
la quale sola vinse tutte le eresie, ed è la massima Nostra fiducia,
anzi la ragione tutta della Nostra speranza . Ella, la grande Avvocata,
col suo patrocinio, in mezzo a tanti bisogni del gregge cristiano,
implori benigna un esito fortunatissimo a favore dei Nostri propositi,
sforzi ed azioni. Tanto con umile preghiera domandiamo ancora al
Principe degli Apostoli San Pietro e al suo Co-Apostolo San Paolo,
affinché rimaniate tutti saldi come solido muro, e non si ponga altro
fondamento diverso da quello che fu già posto. Animati da questa serena
speranza, confidiamo che l’Autore e il Perfezionatore della Fede Gesù
Cristo consolerà finalmente noi tutti nelle tribolazioni che troppo ci
tengono bersagliati. Intanto, foriera ed àuspice del celeste soccorso, a
voi, Venerabili Fratelli, e a tutte le pecore affidate alla vostra cura
impartiamo affettuosamente l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso Santa Maria Maggiore, il 15 agosto, giorno
solenne dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, dell’anno 1832, anno
secondo del Nostro Pontificato.
Personalmente credo che del Concilio Vaticano II non importi, di fatto, niente a nessuno, se non ai 4 vecchi che cercano di tenerlo ancora in piedi.
RispondiEliminaA tutti gli altri non interessa ma neppure interessa la tradizione. Si tratta di una situazione abulica, lontana dallo stile ecclesiastico, eppure profondamente entrata nel mondo cattolico.
Certo i danni rimangono e quelli nessuno può toglierli se non a costo di pensanti sacrifici. Una buona parte del cattolicesimo, oggi, vive in stato comatoso.
Paradosi
Forse hai ragione. Mi ricorda la Resistenza! Grandi vecchi insistono a ricordare quella barbarie fratricida così denominata per dare un alone di eroismo che fu di pochissimi che lasciarono la pelle per un ideale vero. Tutti gli altri opportunisti si accodarono per dividere una gloria che andava al 98% alle truppe alleate.
EliminaOra probabilmente lo stesso per il Concilio, dove un capo al vertice insiste disperatamente per conciliare l'inconciliabile e proseguire a dare l'alone di gloria ad un disastro ecclesiale di cui non v'è uguale.
"È necessario che tutto questo sia DISTRUTTO E LO SARA". (Yves Congar)
RispondiEliminaChe violenza!!!!!!!!!!
Perfetto esempio di "ermeneutica della rottura"!..
EliminaPeccato che qui ci sia poco spazio per fare dell'ermeneutica (cioè dell'interpretazione), e molto spazio per la rottura...
Intanto, di "distrutto" c'è lui, che è bello sigillato dentro una bara.
EliminaCome è bello chiaro leggere di tutti questi apostoli della Nuova Chiesa, uniti dalla Nouvelle Theologie e determinati nel modificare l'aspetto e l'impostazione della Chiesa !
RispondiEliminaRicordiamo questi nomi:
Henri de Lubac,Giovanni Caprile, Giuseppe Dossetti, Yves Marie Congar,Jean Daniélou ,padre Agostino cardinale Bea, CARD.Montini, Lercaro e Suenens,Bernard Häring, Marie Dominique Chenu, Karol Woityla,Karl Rahner e Joseph Ratzinger.
Di alcuni si ricorda l'espulsione dal loro posto da papa precedente e ripresa ad opera del così venerato Roncalli.
Di altri si ricorda la solerte attività libraria eretica e fuori dai canoni dottrinali, ma poi reinseriti con più diritti nel Conciliabolo.
Di altri ancora si ricorda la nomina a papa con la prosecuzione delle loro opere e detti in contrasto netto con le encicliche dei precedenti papi.
TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE A DISTRUGGERE LE BASI DELLA CHIESA.
CHE DIO LI PERDONI!
Sarò cattivo, ma che Iddio li mandi pure all'inferno, altro che perdonarli. Essi sanno bene quello che fanno...
EliminaRiccardo
No carissimo,
EliminaDio non manda, di Sua iniziativa, nessuno all'inferno: Egli lascia che ci finisca solo chi vuole finirci...
Vuole finirci chi fino all'ultimo rifiuta di pentirsi delle sue opere, non volendo ammettere il male che è in esse.
Chi invece si pente con vero dolore ed invoca la Sua salvezza, anche se avesse messo a soqquadro il mondo intero, ottiene il perdono di Dio, il Quale ha dato il Suo Sangue per la salvezza di ogni anima.. per dire quanto ognuno di noi sia ardentemente amato da quel Cuore divino...
Se costoro, nell'ultimo alito di vita, quando si dice che tutta la propria vita passi davanti agli occhi come un film, e per grazia improvvisamente si vede, tutto insieme, il male che si è compiuto, se lì costoro hanno chiesto perdono a Dio, lo hanno certamente ottenuto (come Disma sulla croce), se non hanno avuto volontà di pentimento.....sono giunti dove la loro libera scelta li ha condotti.
Yves Congar rappresenta veramente lo spirito del Vaticano II. Mi chiedo come si fa a pensare un'impossibile CONTINUITA' tra questo personaggio e la tradizione cattolica che lui stesso aborriva.
RispondiEliminaPer questo le posizioni di Benedetto XVI sono ancora più pericolose, perché cercano di dare a certe idee (conciliari) figlie pure di Congar, un'aurea di tradizione che neppure Congar voleva, pur di illudere i cosiddetti "tradizionalisti": è l'ermeneutica della continuita!
Almeno Congar lo diceva chiaro.
L' "ermeneutica della continuità" oltre ad essere falsa, perché non corrisponde al dato reale, è profondamente disonesta e illusoria. Almeno Congar non illudeva nessuno e non era disonesto: "sono nemico", diceva, ed era coerente. Oggi la "dirigenza" conciliare non è affatto coerente e si trova in una situazione addirittura peggiore: non abbandona gli idoli conciliari ma pretende pure che essi rappresentino la tradizione cattolica (seppure espressa in "forma" diversa).
Paradosi
E' quel mi sforzo di dire anch'io, è proprio l'ermeneutica della continuità il vero pericolo lo scrissi anche sul mio blog diversi mesi orsono.
EliminaCVCRCI
"PERLE" di Yves Congar:
RispondiElimina«Lutero è uno dei più grandi geni religiosi di
tutta la storia. A questo riguardo io lo metto sul
medesimo piano di S. Agostino, S. Tommaso
d’Aquino o Pascal… In un certo senso, egli è
anche più grande. Egli ha ripensato tutto il
Cristianesimo. Lutero fu un uomo di Chiesa»!
«bisogna scegliere tra la devozione bibblica e
la devozione delle femminette»!
«il prete, oggi, va
piuttosto considerato nel rapporto orizzontale,
cioè in rapporto alla comunità cristiana. Lo ha
detto pure il Concilio, ma bisogna andare avanti
con più coraggio. Il Concilio si è fermato a metà
strada»
"Il concilio si è fermato a metà strada"????
EliminaE ringraziamo Dio che da questa mente folle e scalmanata il concilio abbia attinto solo " per metà"....se avesse sposato ed attuato tutto il suo pensiero, oggi ci ritroveremmo con una situazione DOPPIAMENTE devastata rispetto alla attuale (si stenta anche ad immaginarla, tanto è già grave quella in atto)!..
Costui sarebbe passato molto volentieri su diciotto secoli di Storia della Chiesa alla guida di uno schiacciasassi, per ridurre in polvere quello che prima aveva grossolanamente scaricato con bome e granate.
Oltre a chiedermi come mai un simile personaggio abbia potuto circolare liberamente per strada, senza aver mai ricevuto un Trattamento Sanitario Obbligatorio, mi chiedo ancor di più: ma a costui, chi gli avrà fatto "discernimento vocazionale", decidendo che poteva consacrarsi a Dio? Non era meglio, per la sua anima e per quelle altrui, se avesse passato tutta la vita ciondolando, mediocremente seduto fuori della porta di un bar?...
«bisogna scegliere tra la devozione bibblica e
Eliminala devozione delle femminette»!
Non sono sicura di voler capire cosa intendesse esattamente costui per " devozione BIBLICA" (o forse purtroppo l'ho capito..),ma considerata la natura di tale capoccia, deduco che secondo lui, un San Pio da Pietrelcina, avesse una devozione da "femminette"...come anche un San Giovanni della Croce, un San Luigi Gonzaga - di cui oggi ricorre la gloriosa memoria - come anche dei Santi Padri della Chiesa come Sant'Agostino, San Tommaso, tutti "MINORI RISPETTO A LUTERO"....
Ho deciso: scelgo la devozione delle femminette.
Oh, naturalmente riguardo alla prima "perla": -
Elimina«Lutero è uno dei più grandi geni religiosi di
tutta la storia. A questo riguardo io lo metto sul
medesimo piano di S. Agostino, S. Tommaso
d’Aquino o Pascal… In un certo senso, egli è
anche più grande. Egli ha ripensato tutto il
Cristianesimo. Lutero fu un uomo di Chiesa»!
- propongo di stendervi sopra un pietosissimo velo (funebre)...
(lo dicevo, appunto...un bel TSO ci voleva...)
il tso al tempo di Congar non esisteva ancora, ma il buon Roncalli si è appioppato tanti calli sulle dita ed invece di tagliarseli li ha distribuiti nella Chiesa con i suoi sorrisi.
EliminaCongar è uno di questi...
A Fatima parte della terribile visione sull'Inferno,(se non mi confondo con visione di altra beata...) rappresentava le anime ed i diavoli come forme incandescenti. Solo che i diavoli sono forme che entrano ed escono dalle anime bruciandole ancor più e sono in forme di bestie arcaiche con disegni CIRCONVOLUTI sulla pelle.
EliminaE mi pare logico che chi è identificato con la menzogna ed i sofismi nei discorsi, abbia proprio come caratteristica sottili e contorti disegni.
"Il vostro parlare sia SI',SI', NO,NO...ciò che è in più appartiene al demonio!"
Congar e gli altri, appartenenti al "rinnovamento" della Chiesa,tanto per adattarla meglio al mondo, non credo proprio siano alla visione beatifica eterna,ma
"orribil furon li peccata miei, ma la Misericordia di Dio ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolve a Lei...".
Mi risulta comunque ,riguardo al "beato" ultimo, che in occasione di una festa in Polonia, sarebbe apparsa una figura di fuoco digrignante i denti di cui era indubbia l'immagine.Fotografata in vario modo, sembra che fu proibito divulgare le immagini. ma una sola ancora circola in internet e ricorda una stola svolazzante, tipica...
Mardunolbo, la prego di non spingersi oltre con questa illazione.
EliminaPur riconoscendo le gravi negligenze e gli sbandamenti del gregge di cui si è reso responsabile il Papa precedente, in un pontificato controverso, con molte luci e ombre, (la più grave mi pare Assisi 1986) si ricordi sempre che la devozione alla Madonna può salvare e "risollevare" davanti a Dio molte persone dalla vita carica di colpe o non molto luminosa (questo mi pare lo disse a suo tempo sui blog anche A.rita, quando si discuteva sulla beatificazione frettolosa e non ponderata, e sulla purificazione spirituale del pontefice derivante dalla lunga malattia finale). E il papa che ci ha dato la devozione a Gesù Misericordioso divulgata da S. Faustina non può essere stato abbandonato dal Signore, in vista appunto di quella promessa da Lui fatta (stando alle parole della Santa) di essere vicino ai suoi devoti : papa GPII è morto la sera precedente alla Domenica della Divina Misericordia, non mi sembra un caso; a meno che non dobbiamo sfatare anche il valore di questa devozione, e forse qualcuno lo ha già fatto, trovando nei messaggi di Gesà alla Santa delle "stonature" con la retta Dottrina (non so se il critico sia don Villa o altri, cercate un po' voi....)
Certamente dovevano lasciar passare parecchi anni per studiarne con attenzione la vita e il pontificato, prima di decidere la beatificazione che, si sa, così rapida serviva come preparazione delle masse dei fedeli a giustificare (con un'aura di cosa buona e santa) la riunione di Assisi3, che venisse recepita dalle coscienze cattoliche (sempre più confuse) come gesto ecumenico iniziato e promosso da un papa beato.
Ma poi i dubbi non finirebbero mai: la canonizzazione di S. Faustina è valida o no ? è in essa impegnata l'infallibilità papale?
Io sto navigando con fatica in un mare di incertezze da quando è iniziata sul web anni orsono la grande discussione sulla Tradizione da riscoprire.
Ester
Vorrei spezzare una lancia a favore delle illazioni di Mardunolbo, anche se io, in questi giorni, non ho né tempo né voglia di documentarne la fondatezza.
Elimina1. Che la sagoma di papa Wojtyla sia stata da più persone fotografata nel fuoco nell'anniversario della morte è cosa certa. Che queste foto abbiano causato sconcerto e imbarazzo nelle autorità religiose al punto di cercare di vietarne la circolazione è altrettanto vero. Che questa faccenda non torni a gloria del papa defunto risulta di tutta evidenza, e anche se non se ne possono trarre conclusioni stringenti di nessun genere, l'impressione e il sospetto che se ne ricavano sono senza ombra di dubbio dei peggiori.
2). Non voglio mettere in dubbio che suor Faustina sia stata soggettivamente un'anima candida, ma certamente la sua canonizzazione e l'approvazione del culto della divina misericordia così come risulta dal suo diario, sono il risultato di un'operazione di forzature ad opera di Wojtyla. Prima che egli diventasse papa le dottrine sottese erano state valutate dal Sant'Uffizio negativamente, o per lo meno come ambigue o incerte in alcuni aspetti: di persona e per avere ascoltato i pareri di altri, posso dire che talvolta la Misericordia divina sembra presentata come qualcosa di dovuta a tutti i costi, ad oltranza, come il messaggio della redenzione universale in Lumen Gentium e documenti successivi. Vero è che si parla anche di giustizia divina, ma in modo poco esatto. Infastidisce poi l'uso strumentale a favore di Wojtyla, che si è fatto del passagggio del diario in cui si accenna ad una fiamma che avrebbe preparato il mondo al ritorno del Signore. Questa fiamma, in realtà, si potrebbe interpretare in altri modi, anche negativi. Si sa per certo che Wojtyla, divenuto papa, impose d'autorità al Cardinal Seper, nuovo responsabile della Cogregazione della dottrina della fede, di annullare senza motivazioni i giudizi negativi sugli scritti e, la vita e la dottrina di suor Faustina. Tutta la vicenda è stata dunque condotta in modo ideologico, poco chiaro e fuori dalle norme consuete. Anche se ho rispetto per suor Faustina, esito ad accettarne la dottrina. La Redazione potrebbe facilmente pubblicare un bell'articolo su questo caso e dibatterne i ragionevoli dubbi.
X Ester:
Eliminatratto da poco sopra, h. 17,36:
Congar e gli altri, appartenenti al "rinnovamento" della Chiesa,tanto per adattarla meglio al mondo, non credo proprio siano alla visione beatifica eterna,ma
"orribil furon li peccata miei, ma la Misericordia di Dio ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolve a Lei...".
Manfredi fu un assassino e mistificatore, ma in ultimo si pentì e Dante lo "mise" in Purgatorio.
So questo di certo, il resto è ipotesi,ma le foto e quanto sia avvenuto mi è stato riferito e può essere vero poichè la responsabilità di chi accetta la cattedra di Pietro non è uno scherzo, nè fare il viaggiatore accettando sterco di vacca in fronte o partecipando a riti sciamanici...
Alla Madonna, Lucia ed i cuginetti chiesero dov'era una loro amichetta morta.La risposta fu che era in Purgatorio per certi suoi difetti caratteriali.Rimasero allibiti e spaventati: se una bambina buona era in Purgatorio, per quel poco fatto, dove sono i peccatori o quelli di grandi responsabilità?
D'accordo Mardu,
Eliminama se c'è una cosa nella quale Dio ha voluto mantenerci volutamente nell'ignoranza è la sorte eterna delle anime che ci precedono nell'Al di là...( a parte qualche eclatante eccezione, come la visione che ebbe quella suora beata che vide Lutero all'inferno, cosa UTILE, COME MONITO PER MOLTI PROTESTANTI E PER TUTTI IN GENERALE)...
e di questo sappiamo anche il motivo: perchè soltanto Dio conosce i moti segreti che ha un'anima nel momento del trapasso, perciò solo Lui conosce la sorte eterna che ogni anima ha ottenuto, invocando il perdono di Dio o rifiutandosi di chiederlo fino all'ultimo.
Di Papa Wojtyla si sa che disse di accettare le molte sofferenze fisiche in riparazione "di tanti errori commessi"....Chi vive accettando la croce, difficilmente finisce la sua vita senza implorare il perdono di Dio, poichè l'accettazione della Croce, come purificazione di se stessi, è già una Grazia che opera e che, se accolta, ne porta con se di ulteriori.
Riflettere sui "Novissimi": morte, giudizio, inferno e paradiso, è qualcosa che ci giova sempre, perchè sprona NOI STESSI a rimanere vigilanti, per non indurire il cuore nei nostri peccati, affinchè non si giunga al momento del trapasso incapaci di provare il pentimento che salva, cioè non arrivare mai a quel "punto di non ritorno" di cui parla San Giovanni della Croce, quando descrive le quattro fasi di allontanamento da Dio.
Quanto alla sorte eterna dei precedenti pontefici, io credo che sia lecito criticare le loro opere, quando sono state in contraddizione con gli insegnamenti di Cristo, anzi in un periodo come questo direi che è quasi doveroso, senza però spingerci a voler sollevare il velo di mistero che Dio ha steso sul giudizio particolare che LUI dà ad ogni creatura.
Stavo per rispondere con un grazie di cuore ad A.rita, e ribadire che, anche se GPII avrà ottenuto sicuramente il perdono di Dio per i mille errori commessi e la purificazione dell'anima (iniziata qui e da proseguire ancora in purgatorio, può darsi, perchè no? nessuno può saperlo) resta intatto il dovere dei cattolici di rilevare ad occhi aperti tutte le gravi distorsioni dottrinali, le derive lliturgiche e morali e gli sbandamenti della Chiesa accaduti sotto quel pontefice, tali che, lo ripeto, dovevano attendere almeno cento anni per decidere se beatificare o no papa GPII, quando mi son trovata a leggere una brutta notizia riguardo al malcostume attuale di beatificazioni assolutamente INOPPORTUNE....
EliminaPensate un po': il papa regnante vuole beatificare i papi Montini e Luciani, non si sa bene ancora per quali virtù cristiane eroiche !
Ester
Anch'io auguro a Giov. Paolo II di essersi salvato almeno in purgatorio, tuttavia faccio notare: che razza di chiesa è mai questa che beatifica chi non sarebbe beato? Anche la Emmerich dice che ci sono persone che in terra sono beatificate, ma che in realtà non lo sono in cielo perché devono ancora purificarsi... Allora quale autorità avrebbe una chiesa del genere? Sarebbe quella vera, oppure la controchiesa? Queste osservazioni su Wojtyla, suor Faustina e simili sono importanti perché ci avvertono del grave pericolo di prendere granchi. E' tutto molto inquietante e questi segni ne sono la spia: non sottovalutiamoli.
EliminaPersonalmente e credo tutti noi, saremmo gioiosi potessimo sapere di papi conosciuti in salvo!
EliminaQuante volte mi sono chiesto speranzoso, se il papa che ho apprezzato tanto all'inizio ed oltre la sua morte, sia salvo...
Mi era anche epidermicamente simpatico, ma gli tirerei le orecchie per quante ne ha combinate.
Credo fosse anche ben più "spontaneo" di quello odierno,ma la simpatia non basta...
Certo , non sta a noi, non sappiamo, ma dare giudizi su un operato chiaramente non ortodosso salvaguarda noi stessi ed altri da esempi da non seguire assolutamente!
La salvezza per uno con modalità di comportamento analogo, NON INDICA AFFATTO la certezza della salvezza per ciascuno di noi poichè il Giudizio è individuale e relativo alla nostra disposizione d'animo personale.
Oh e Kunghe dove lo mettete numme toccate Kunghe sa!
RispondiEliminaCVCRCI
Oh, che , e Razzingo onde lo mettete ? num me toccate el mi Razzingo che va di pari passo tedesco col Kunghe...
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