Le discutibili tesi di un "ex" della Fraternità San Pio X, oggi membro dell'Istituto del Buon Pastore...
Caro monsignore,
Don de Tanoüarn
È lei che mi ha ordinato sacerdote. Sono tra i primi ai quali,
attraverso la grazia della sua ordinazione del 1988, ha conferito il
sacerdozio ministeriale, uno dei primi che ha mandato nella Vigna del
Signore per preparare la Messe. So ciò che le devo nel Signore.
Sono fiero della sua paternità, perché so che, da parte sua, lei si è
impegnato valorosamente con grande generosità di cuore e con grande
dirittura di spirito per far conoscere le posizioni della Fraternità San
Pio X di fronte all'attuale crisi. La sua biografia di Mons. Lefebvre
reca l'impronta di questo lavoro e di quanto lo precede. Ricordo di
averla invitata, al momento della pubblicazione, per un intervento sulla
libertà religiosa, a Parigi ; successivamente, nella Nuova rivista Certitudes, ho recentemente avuto l'onore di pubblicare suoi lavori.
So bene che lei non è favorevole all'accordo ormai imminente. Ma il suo
dissenso è nobile. Esso si esprime senza aggressività. Nell'intervista
rilasciata il 13 giugno scorso al giornale Rivarol, lei ci ha
tenuto a riconoscere le innegabili qualità del nostro Papa Benedetto
XVI. Lei non è tra coloro la cui aggressività prende il posto della
ragione.
Lei
non è neanche di quelli che si sentono persi, smarriti, perché si
chiede loro brutalmente una svolta a 180 gradi e non hanno l'abitudine
di virare di bordo: mancanza di agilità, mancanza di esercizio. Penso al
sermone di don Pfeiffer, che ho conosciuto ad Ecône. Esprime bene
questo smarrimento, ma senza essere purtroppo capace di articolare la
minima ragione di fondo al suo rifiuto degli accordi. Cito :
« Stiamo per concludere un accordo. Tuttavia, dopo le discussioni
dottrinali, ci si era detto: Roma non ha cambiato posizione, Roma crede
ancora al modernismo, Roma rigetta sempre la Fede, mentre la Fraternità
difende sempre la Fede. Dunque, niente è cambiato. È ciò che aveva detto
Mons. Fellay. Ed ecco che dopo le cose sono cambiate: dobbiamo
concludere un accordo adesso, dobbiamo essere riconosciuti e
regolarizzati adesso, dobbiamo ricevere una prelatura personale adesso.
Ma tutti i documenti sono segreti, tutte le comunicazioni sono segrete,
tutto accade nel segreto. Non si osserva il segreto sulla verità. Non si
tiene segreta una cosa buona, si custodisce segreta una menzogna, si
mantiene il segreto su qualcosa di male, si custodisce segreto un
inganno. Ciò che spiega il segreto di questi ultimi anni, è che se Mons.
Fellay, don Pfluger e Nély e gli altri superiori del Fraternità San Pio
X ci avessero detto la verità con audacia da uno o due anni, tutti si
sarebbero rivoltati. In luogo di ciò, ci si c'è detto: Abbiate fiducia,
non conoscete tutti i dettagli. Non siete che delle pecore idiote,
stupide, imbecilli».
Bisogna intendersi esattamente su questo smarrimento « ci s'è detto...
Ed adesso ci si dice mentre niente è cambiato
». Ma non costituisce, in sé, una ragione per rifiutare l'accordo con
Roma. Non è affatto la sua prospettiva, Monsignore. Il suo rifiuto non è
all'insegna di nessuna paura, di nessuna ferita... Porta al fondo, alla
verità che unica ci attira, unica ci motiva, unica ci rende fecondi per
il Regno... ed unica può assolverci, se per disgrazia deviamo della via
stretta.
Caro Monsignore, non è in questi termini eccessivamente personali che
lei pone solennemente la questione dell'accordo con Roma. Per lei, c'è
un'opposizione teologica tra Roma ed i Fraternità San Pio X e bisogna
formularla. La cito :
« Vorrei che producessimo un testo che, rinunciando alle finezze
diplomatiche, affermi chiaramente la nostra fede e di conseguenza il
nostro rifiuto degli errori conciliari. Questa proclamazione avrebbe
primariamente il vantaggio di dire apertamente la verità al papa
Benedetto XVI che è il primo ad avere diritto alla verità e
secondariamente di restaurare l'unità dei cattolici di tradizione
intorno ad una professione di fede combattiva ed inequivoca ».
Le confesso che vedo male la portata della sua prima motivazione, perché
non ne afferro il fondamento Sono invece molto sensibile al suo secondo
argomento : un testo chiaro sul Concilio, in occasione dei 50 anni
dalla sua apertura, permetterebbe ai tradizionalisti di sapere perché
essi esprimono il loro disaccordo, al di là del Sensus fidei di
cui danno prova. Un testo chiaro, è l'unione di tutti i cristiani di
buona volontà. L'assenza di testo chiaro, è la disunione, col rischio di
rincarare la dose della critica che le circostanze attuali ci mostrano
non bisogna prendere alla leggera. Personalmente, milito per la
chiarezza dal 2002, il Symposio di Parigi, durante il quale 60 sacerdoti
sono convenuti dai quattro angoli del mondo (lei c'era caro
Monsignore), per celebrare apertamente, chiaramente, e con rispettosa
critica, i 40 anni del Concilio. Già in questa occasione abbiamo
prodotto un testo in otto punti, che successivamente ha costituito
l'Appendice 3 del mio libro Vaticano II e Vangelo. Almeno a
questo titolo lo trovo ancora su Internet. Ritengo che la moderazione di
toni e la precisione dei riferimenti di questo lavoro collettivo
possono permetterne una ulteriore utilizzazione... e che sicuramente
questo documento possa essere rivisto ed ampliato.
Son tornato a questo testo molte volte, in occasione di conferenze al
Centro Saint Paul (l'ultima in gennaio per celebrare l'entrata nel
mezzo-secolo, ce ne sono stati degli echi su Metablog). La vera
Tradizione è critica ! Niente a che vedere con l'accordo o l'assenza di
accordo con Roma. Si tratta di suonare il nostro spartito, di assumere
la nostra responsabilità nella Chiesa. "Agere ut pars", agire
come une parte nella grande Chiesa, come disse Cajetano definendo il
costitutivo formale della nostra appartenenza al Corpo mistico. Agitando
il drappo rosso dell'ermeneutica, Benedetto XVI ha indicato fin dal
primo anno del suo Pontificato, che il Concilio deve essere interpretato
con una nuova ricezione, contro un certo "spirito del Concilio" di cui
il Papa ha mostrato il carattere deleterio. Bisogna che noi partecipiamo
tutti a questa ricezione nuova e correttiva di un testo intorno al
quale si sono cristallizzati - a favore e contro - cinquant'anni di vita
della Chiesa.
Caro Monsignore, lei contesta, ho visto, il principio stesso
dell'ermeneutica. Ma contestandolo, lei stesso alimenta questa
interpretazione multiforme del concilio. In quanto vescovo, lei non può
contestare un tale argomento, non può lei stesso scrivere a questo
argomento degli Anatemi. Bisogna che si rassegni ad essere ciò che è:
un interprete critico. Ed anch'io, anche se sono solamente un semplice
prete. Perché non lavorare insieme - e con molti altri, Istituti ED ogni
cappella unita - non solo per la FSSPX, ma per tutta la chiesa?
Temo il suo rifiuto e vorrei, invece, produrre qui una ragione possibile. Essa è tratta dalla sua intervista a Rivarol.
« Con questa religione [conciliare] non vogliamo alcun compromesso,
alcun rischio di corruzione, neppure alcuna parvenza di riconciliazione,
ed è questa parvenza che ci darebbe la nostra se-dicente
"regolarizzazione" ».
Ciò che mi turba qui non è che lei parli di "religione" conciliare. Credo
che il termine sia giusto. Il Concilio non ha toccato la fede cattolica,
ma ambisce ad accompagnare la creazione di una vera e propria nuova
religione, ottimista e umanista come erano le 30 Glorieuses [detto del forte periodo di crescita dei paesi sviluppati -ndT].
Questa nuova religione, gli ultimi 20 anni lo dimostrano con i fatti,
non funziona. Essa ha contribuito ad accelerare il movimento di
secolarizzazione che vuota le chiese, invece di presentarsi come una
risposta a questo movimento.
Ciò che mi lascia a disagio è che lei - sì: lei - tenga talmente
all'atteggiamento, è ciò che scriveva, che bisognerebbe fuggire non solo
una conciliazione forzosamente imbecille, (nel senso etimologico del
termine), ma dapprima, ma soprattutto "l'apparenza di questa
conciliazione." Parlando di "apparenza", sa molto bene che l'accordo con
Roma non la farebbe deviare di uno iota sui giusti rimproveri che
rivolge al Concilio e che oggi, volens nolens, tutta la chiesa è pronta a sentire della sua bocca di vescovo cattolico. Chi teme di scandalizzare? Gli isterici di Virgo Maria? Il loro scandalo è farisaico e non reale.
Caro Monsignore, sottoscrivendo l'accordo con Roma, forse darà
un'apparenza di scandalo a certi spiriti male orientati. Ma non
sottoscrivendo, mentre glielo chiede il Vescovo di Roma, non è
l'apparenza che lei rischia, ma la realtà dello scandalo. Prego per lei e
la ringrazio per la nobiltà con cui al momento mostra a tutti che "la
vera tradizione è critica".
Permetta che prenda in prestito dal recente libro di Philippe Le Guillou, Il Ponte degli angeli
(Gallimard) una piccola parola che giustifica questa lettera : «
Bisogna far di tutto per evitare i conservatori ad oltranza. Lei è un
uomo di Dio, tutti lo sanno, qui... e lassù. Non ci deluda ! »
UN SOLO COMMENTO ALLE TESI DI QUESTO SACERDOTE TIEPIDO
Dopo aver letto le tesi squinternate del tiepido Don de Tanoüarn rifacciamoci gli occhi con ciò che insegna un vero Vescovo della Chiesa Cattolica, che niente ha a che fare con i compromessi terribili che alcuni hanno intrapreso con gli assassini conciliari della fede cattolica ...
OMELIA DI MONS. TISSIER DE MALLERAIS, pronunciata il 27 giugno 2002, a Ecône, in occasione delle ordinazioni sacerdotali
Testo diffuso da “De Rome et d'ailleurs” - ripreso con
l’autorizzazione dell’abbé Puga, del Seminario di Ecône.
In ottobre l'omelia è stata pubblicata dalla rivista Le
Sel de la Terre, n° 42, autunno 2002 (Couvent de la Haye-aux-Bonshommes,
49240 AVRILLÉ, Francia). In questa occasione Mons. de Mallerais,
per meglio precisare il suo pensiero, ha voluto che fosse preceduta da
una sua presentazione.Riportiamo il testo dell'omelia rivisto dallo stesso Mons. de Mallerais,
preceduto dalla sua presentazione, come pubblicate da Le Sel de la Terre.
PRESENTAZIONE
Il 27 giugno 2002, ho voluto mostrare che dalla molteplicità
e dalla diversità degli errori professati e creduti attualmente
nella Chiesa, e dai feroci tagli o dalle novità praticate dalla
liturgia postconciliare, scaturiscono delle idee guida, si coglie una profonda
unità: quelle di una religione nuova col suo nuovo culto.
Oggi, per essere eterodossi non è piú necessario, come
un tempo, negare delle verità di fede, basta cambiare il significato
delle parole. È cosí che i termini di «redenzione»,
«soddisfazione», ecc., pur non mancando nel linguaggio del
nuovo catechismo (Catechismo della Chiesa cattolica), sono
svuotati del loro significato cattolico per finire col significare un’altra
cosa, per lo piú indefinita e stemperata nel contesto di prolisse
esposizioni ingannevoli.
Del pari, per essere eretici, non è piú necessario
contraddire le verità insegnate dal magistero tradizionale, basta
spostare gli accenti dall’essenziale al secondario o all’accessorio.
In tal modo l’opera della redenzione non sarà piú attribuita
per eccellenza alla Passione di Cristo, ma alla sua Resurrezione, alla
sua Ascensione e, finalmente, sarà diluita nell’insieme delle «azioni
notevoli» di Cristo.
Allo stesso modo, il suo sacerdozio consisterà nel suo sacrificio
celeste, richiamato da San Paolo nella sua lettera agli Ebrei e anche nella
Messa detta di San Pio V, piuttosto che nel suo sacrificio della croce.
Per questi due motivi, una discussione dottrinale tra i cattolici
e i sostenitori della nuova religione diventa una partita a nascondino,
a meno che si abbia la lealtà di ritornare al significato cattolico
dei termini e di ricondurre l’accento sugli aspetti che lo esigono. In
questo senso, nella mia omelia, senza dirlo, invitavo i sostenitori delle
nuove tendenze ad uno sforzo di onestà intellettuale.
Mi si rimprovera di aver affermato che la nuova religione professa
che «il peccato non offende Dio», quando invece il nuovo catechismo
dice a chiare lettere che «il peccato offende Dio». Ma, quando si leggono con attenzione le spiegazioni sparse qua e là
nel nuovo catechismo sulla natura del peccato, si arriva alla seguente
conclusione: il peccato non offende realmente Dio, poiché i termini
di giustizia e ingiustizia non sono affatto pronunciati.
È allora preliminarmente necessario che si compia uno sforzo
per definire il senso delle cose. Che si chiami cane un cane e gatto un
gatto, dissipando gli equivoci e le false prospettive.
Presentando questa sintesi senza pretese della nuova religione, non
ho inteso affermare che essa esista in qualche modo allo stato puro, o
che sia presente uno spirito alquanto perverso in seno alla gerarchia o
nei sacerdoti della Chiesa, tale da costituire la base di tutte le proposizioni.
I modernisti del tempo di San Pio X non professavano indubbiamente tutte
le proposizioni condannate dalla Pascendi e dalla Lamentabili,
e tuttavia il santo papa coglie nel segno esponendo a tutta la Chiesa un
compendium,
una sintesi completa e ordinata degli errori modernisti.
Io non ho fatto altro che tratteggiare ciò che si potrebbe
chiamare la sintesi necessaria condotta un secolo dopo. La Chiesa lo farà.
Infine, è del tutto estraneo al mio discorso
la conclusione che, a causa di questi errori cosí gravi e cosí
diffusi, da un capo all’altro della gerarchia, la Chiesa romana abbia cessato
di esistere: che i depositarii dell’autorità episcopale abbiano
perduto il loro potere, o che in definitiva il sovrano pontefice abbia
perduto le chiavi di San Pietro. Una cosa è l’autorità, altra
cosa è il suo esercizio. Una cosa è il grave cedimento constatato
presso l’autorità, altra cosa è il giudizio che si vorrebbe
esprimere sull’esistenza stessa di questa autorità: questo giudizio
appartiene solo alla Chiesa, e cioè ad un papa futuro. Non spetta
a noi prevedere un tale giudizio.
Di conseguenza, o piuttosto in linea di principio, la Chiesa resta la
Chiesa, ve ne è solo una, la santa Chiesa cattolica, apostolica,
romana.
Occupata da un sistema eterodosso, penetrata dal sottile veleno
dell’errore, stretta dai piú diversi tentacoli della seduzione:
la Chiesa resta garanzia della promessa dell’indefettibilità.
È su queste basi che noi lottiamo per il ritorno di Roma a
Roma, per la conversione di Pietro a Pietro: «Et tu aliquando conversus,
confirma fratres tuos» “E tu, una volta convertito, conferma i tuoi
fratelli” (Lc 22, 32).
Mons. Bernard Tissier de Mallerais
TESTO DELL'OMELIA
In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Cosí sia.
Signor Superiore Generale, carissimi Signori, signor Direttore, cari
confratelli nel sacerdozio, cari ordinandi, carissimi fedeli:
Tra pochi istanti il vescovo, nel corso di questa cerimonia di ordinazione
dei diaconi e dei sacerdoti, pronuncerà queste parole; ai diaconi
dirà: «Siete ormai i cooperatori del Sangue e del Corpo
del Signore», e dopo l’ordinazione dirà ai sacerdoti:
«Ricevete il potere di offrire il sacrificio a Dio e di celebrare
delle messe sia per i vivi sia per i morti».
Queste parole, che ci sembrano quasi banali, che esprimono la nostra
fede cattolica con tanta semplicità, che esprimono dunque l’oggetto
stesso del sacerdozio che consiste nella consacrazione del Corpo e del
Sangue di Nostro Signore per rinnovare in maniera incruenta la Sua Divina
Passione, queste parole sono state ormai soppresse nel nuovo pontificale
dell’ordinazione, sia dei diaconi sia dei sacerdoti.
Questa sparizione è molto significativa, e indica che la nuova
religione non vuole piú esprimere la trasmissione del potere di
consacrazione
del Corpo e del Sangue di Cristo e del potere di rinnovare la Passione
del Calvario.
Dunque, miei carissimi ordinandi, io sono sicuro che nel corso dei vostri
sei anni di seminario voi avete ben compreso quella dottrina cattolica
oggi ignorata dalla maggior parte dei preti della nuova religione. Poiché
questo cambiamento del rito dell’ordinazione comporta una nuova religione;
in
questa soppressione del potere di offrire e di consacrare il Corpo e il
Sangue di Cristo si esprime precisamente una nuova religione, nella quale
si trova la grande maggioranza dei Cattolici, che in cuor loro rifiutano,
ma che vivono in questa nuova religione che consiste non solo in un culto
nuovo, ma in una nuova dottrina.
E dunque, cari fedeli, se permettete, in poche parole vi dirò
prima della nuova dottrina di questa nuova religione, e poi del
suo nuovo culto.
Innanzi tutto dei nuovi dogmi e quindi della nuova dottrina
che
ne deriva.
Per primo il peccato, che praticamente non esiste piú,
poiché esso non offende Dio. Ci si dice che il peccato non offende
Dio, ma nuoce solamente al peccatore. Infatti, il peccato non può
intaccare la natura di Dio che è incorruttibile. Il peccato non
fa niente a Dio. Il peccato non fa che nuocere al peccatore facendogli
perdere la vita divina - questo lo si concede - e, al tempo stesso, offendendo
la solidarietà umana. In queste condizioni il peccato non ha piú
la caratteristica dell’offesa, della distruzione dell’onore di Dio, della
Sua gloria, della Sua lode; non ha piú la caratteristica della disobbedienza
alla legge di Dio.
Di conseguenza, si nega che Dio abbia il diritto di esigere dalle Sue
creature, non solo la lode, ma anche la sottomissione alla Sua legge, come
dice sant’Ignazio nei suoi esercizi: «L’uomo è creato per
lodare, onorare e servire Dio e con questo salvare la sua ànima».
Ebbene! Lodare, onorare e servire Iddio sono cose che non esistono
piú nella nuova religione, poiché il peccato non distrugge
la gloria esterna di Dio, il peccato nuoce solo all’uomo!
Vedete dunque quanto questa nuova religione distrugga la nozione stessa
di peccato, distrugga la gloria di Dio, distrugga anche la nozione di peccato
come ingiustizia suprema, limitandosi a considerare solo le ingiustizie
umane; ma l’ingiustizia verso Dio, il peccato contro la giustizia di Dio,
non lo si vuole piú.
Poi, ci si dice che la dignità umana non si perde a causa
del peccato, l’uomo conserva la sua dignità anche dopo aver
peccato. L’uomo resta degno; l’uomo rimane gentile, gradito. Ed ecco che
ne consegue la giustificazione dell’ecumenismo e della libertà religiosa.
Qualunque cosa faccia nell’ordine religioso, che onori un falso dio o onori
il vero Dio con un falso culto, poco importa: l’uomo conserva la sua dignità;
egli è dunque degno di stima e di rispetto. E quindi si deve rispettare
la sua religione e, di conseguenza, si deve collaborare anche con le altre
religioni, poiché la dignità umana non viene intaccata dal
peccato. E questo secondo errore molto grave legittima quindi l’ecumenismo
e la libertà religiosa. Ed allora ci si dice: poiché l’uomo rimane molto gradito, ebbene,
Dio continua ad amare il peccatore, a mantenerlo nel suo amore e nel suo
favore; nulla è cambiato fra Dio e il peccatore. Ed ecco che
Dio ci viene proposto sottoforma di un Dio impassibile, bonario, che accetta
tutto dai suoi figli capricciosi. La Sua carità è dunque
ridicolizzata. Dio continua ad amare anche il peccatore, senza distinzione,
senza precisazione.
In seguito, ci si dice, come conseguenza, che Dio non punisce il
peccato con una qualche pena temporale o eterna. Poiché il peccato
non offende Dio, Dio non lo punisce. Del resto Dio è la bontà
stessa: come potrebbe infliggere delle pene all’uomo peccatore? No, è
l’uomo stesso che si punisce, subendo le conseguenze dei suoi errori, e
l’inferno - se mai qualcuno vi si trova - l’inferno non è altro
che l’esclusione, l’autoesclusione dall’amore divino. Dunque l’inferno
non è piú una pena inflitta da Dio. Dio non ha piú
il diritto di punire. Ne consegue che l’uomo è esentato da ogni
dovere di riparazione verso Dio. Ciò che noi chiamiamo, nel nostro catechismo, la soddisfazione
dopo il peccato, il fatto che il peccatore debba soddisfare la giustizia
divina a causa dei suoi peccati, la soddisfazione, il bisogno di espiare
i proprii peccati per riparare l’onore di Dio, non esiste piú. L’uomo
deve solo riparare la sua salute spirituale (1).
Ma riparare la gloria di Dio, cooperare al recupero della creatura
caduta nel peccato, non lo si vuole piú! Mentre voi conoscete
la bella dottrina cattolica della soddisfazione che è tutta a gloria
di Dio, perché l’uomo peccatore possa rialzarsi e ridare a Dio la
gloria e la lode, risollevando la sua caduta natura per mezzo della soddisfazione,
per mezzo della pena che egli subisce volontariamente.
Ma questa dottrina, che non vuole piú saperne del peccato,
dell’espiazione e della soddisfazione, va molto piú lontano, poiché
essa arriva anche a falsare il senso delle sofferenze e della Passione
Redentrice del Salvatore. E dunque va a falsare il dogma della Redenzione. È questo dogma centrale che hanno attaccato i modernisti.
Ci si dice: le sofferenze di Nostro Signore sulla Croce sono destinate
solo a rivelare l’amore di Dio perseverante, ma non a soddisfare la giustizia
divina a posto degli uomini peccatori. Nostro Signore, sulla Croce,
non ha offerto al Padre suo alcuna soddisfazione a nome nostro. Non ha
fatto che rivelare agli uomini l’amore di Dio Padre. Dunque si va decisamente
contro il dogma del Prezioso Sangue, quella legge che Dio ha posto anche
nell’Antico Testamento: e cioè che senza effusione di sangue
non v’è remissione.
Si rifiuta il Sangue versato da Nostro Signore, con tutto il suo
valore di espiazione, di remissione dei peccati, per limitarsi a considerarlo
solo un atto gratuito con il quale il Padre abbandona senza alcuna ragione
il Figlio Suo alla morte, semplicemente per rivelare l’amore del Padre. È la piú abominevole crudeltà: il Padre che abbandona
il Figlio Suo alla morte piú abominevole, semplicemente per rivelare
il Suo Amore.
Si è falsato, svuotato, il dogma della Redenzione e si è
anche bestemmiata la Santa Passione del Salvatore. Mentre, al contrario, il nostro catechismo ci insegna che Nostro Signore,
con la Sua Passione, ha offerto al Padre Suo una soddisfazione per i nostri
sovrabbondanti peccati, e questo, da una parte, a causa della dignità
della persona divina che soffre sulla Croce, e dall’altra a causa dell’estrema
carità e obbedienza con cui soffre Nostro Signore, e infine a causa
degli estremi dolori che Egli ha sofferto sulla Croce.
Egli ha dunque potuto offrire al Padre Suo, per noi, al nostro posto,
una soddisfazione sovrabbondante, quasi infinita.
Sta in questo tutta la bellezza della contemplazione della Croce:
nel vedervi la nostra Salvezza, la nostra Redenzione, il nostro riscatto,
il nostro recupero, e non solamente l’amore del Padre, ma innanzi tutto
l’amore di nostro Signore Gesú Cristo.
E comunque, in questa nuova religione ci si dice: A che il Sangue di
nostro Signore Gesú Cristo? tutt’al piú per rivelarci l’amore
del Padre, non per salvarci, poiché tutti gli uomini sono salvati,
in ogni caso!
E questo è certo, poiché con la Sua Incarnazione, come
dice il concilio Vaticano II nella Gaudium et Spes, con la
Sua Incarnazione il Figlio di Dio «si è unito in qualche modo
a tutti gli uomini».
Ogni uomo è cristificato con l’Incarnazione e allora tutti sono
salvati.
E da qui si giunge all’asserzione del Papa Giovanni Paolo II che, in
uno dei suoi libri, dice che praticamente l’inferno probabilmente è
vuoto. Tutti sono salvati.
Vedete dunque annientato il dogma della Redenzione, radicalmente
falsato. Tolto il peccato, tolta anche la giustizia di Dio, si toglie anche
la Redenzione, si sopprime la soddisfazione della Croce di nostro Signore
Gesú Cristo.
Ecco la nuova religione, i nuovi dogmi.
Passiamo adesso, se permettete, al nuovo culto, che corrisponde
al nuovo dogma.
Ed ecco che innanzi tutto nel nuovo culto ci si dice che l’atto principale
della Redenzione di Nostro Signore, la Sua prima Messa che ha celebrato
sulla Croce dopo la messa della Cena, dunque l’atto principale della Redenzione,
non consiste nella Croce del Salvatore, ma piuttosto nella Resurrezione
gloriosa e nell’Ascensione di Nostro Signore. È con la Sua Resurrezione e con la Sua Ascensione che Nostro
Signore ci avrebbe salvati.
Infatti Dio corona l’opera della Redenzione e manifesta pienamente
il suo amore, l’amore del Padre verso di noi, resuscitando il Figlio Suo,
poiché Dio non è il Dio dei morti, ma il Dio dei vivi. Punto
e basta.
Questo è quanto dichiara il Papa Giovanni Paolo II. Dunque la Croce di Cristo è un avvenimento piuttosto secondario
nella Redenzione, l’opera essenziale essendo costituita dalla Resurrezione
e dall’Ascensione del Salvatore.
In seguito, ci si dice che l’atto principale del sacerdozio di nostro
Signore Gesú Cristo - nostro Signore Gesú Cristo in quanto
sacerdote - non consiste nell’offerta sanguinosa del Suo Sacrificio
sulla Croce, ma essenzialmente nel Suo sacerdozio celeste, col quale
dunque, attraversando la tenda del santuario celeste, Egli si presenta
al Padre Suo col Suo Sangue.
Dunque si finisce col negare che l’atto principale del sacerdozio
è costituito dall’offerta del Sacrificio di Nostro Signore sulla
Croce. Si parla, si mette l’accento sul sacerdozio celeste: e questa non è
una novità; era già professata dal Padre Joseph Lécuyer,
futuro successore di Mons. Lefebvre a capo della Congregazione dei Padri
dello Spirito Santo.
Queste eresie datano da prima del Concilio. Esse sono state diffuse
dal Concilio e dopo il Concilio.
Dopo, ci si dice che la Messa non è il rinnovamento incruento
della Passione, questo non si può piú dire: la Messa
è il memoriale di tutte le “azioni notevoli” che Cristo ha compiuto
nella Sua vita; dunque non solo la Sua Passione, ma anche la Sua Resurrezione,
la Sua Ascensione e, perché no, la Sua Incarnazione, la Sua Presentazione
al Tempio, insomma tutte le azioni notevoli compiute da Cristo. Si tratta
di farne memoria, ed è questo che costituisce la Messa!
Ora, il nostro catechismo ci insegna - nondimeno! - che è la
Consacrazione che realizza la Messa, e la migliore teologia ci dice che
ciò che è significato dalla Consacrazione separata del Pane
e del Vino, dunque del Corpo e del Sangue di Cristo, ciò che è
significato è misteriosamente prodotto: viene realizzata l’immolazione
sacramentale, e cioè la separazione del Corpo e del Sangue, per
mezzo della potenza stessa delle parole del sacerdote; sotto l’apparenza
del Pane vi è direttamente il Corpo, e sotto l’apparenza del Vino
vi è direttamente il Prezioso Sangue di Cristo. Certo, non separati
realmente, poiché per reale concomitanza essi sono entrambi sotto
ciascuna delle due specie, ma ciò non toglie che tramite la forza
delle parole, ciò che è realizzata è proprio la separazione
del Corpo e del Sangue di Cristo, separazione sacramentale.
Ne consegue che il ruolo della Consacrazione nella Messa è
assolutamente negato. Si tratta semplicemente di un memoriale.
Ci si dice, poi - ed è il cardinale Ratzinger che lo ha
scoperto qualche mese fa (2) - : la Messa è valida anche senza
le parole della consacrazione. Lo avete letto tutti, vi è stato
spiegato; si tratta di una recente dichiarazione del cardinale Ratzinger
tramite la sua Commissione Teologica Internazionale: la Messa è
valida anche senza le parole della Consacrazione!
Ma allora a che serve il sacerdote? In effetti, il popolo cristiano
può celebrare la Messa, il prete non serve piú a niente dal
momento che non v’è bisogno di pronunciare le parole della Consacrazione
perché la Messa sia valida.
Anche priva delle parole di Cristo, la messa vale ugualmente, è
valida!
Ci si dice anche che il Cristo, nel corso della Messa, è reso
presente, sí, ma reso presente con tutti i Suoi misteri salvifici
e non per l’«opera magica» della Consacrazione - che è
un’azione «magica» -, bensí per il vissuto dell’azione
liturgica comunitaria che oggettiva i misteri di Cristo.
In questo modo, quindi, il mistero di Cristo, e in particolare il
mistero pasquale, diviene il mistero del culto. Ecco che cosa ci si dice: e cosa dice in particolare Mons. Annibale
Bugnini, ànima della riforma liturgica.
Dunque non si tratta di consacrare il Corpo e il Sangue di Cristo,
ma di evocare insieme, attivamente, comunitariamente, liturgicamente tutto
il mistero di Cristo, e in particolare il Suo mistero Pasquale, mettendo
in evidenza la Resurrezione e l’Ascensione di Cristo.
Infine, carissimi fedeli, l’ultima eresia - e sono veramente
desolato per questo fiotto di eresie che evidentemente è appena
degno di un sermone - il sacerdozio comune dei fedeli si esercita nel
corso del memoriale eucaristico. Occorre dunque concedere un piú
ampio spazio alla partecipazione attiva dei fedeli, perché possano
esercitare il loro sacerdozio comune, mentre il prete dovrà semplicemente
presiedere a queste parole del memoriale.
E concludo: tanto nei suoi dogmi che nel suo culto, la nuova religione
ha svuotato la nostra religione cattolica della sua sostanza. La Passione di Nostro Signore serve solo a rivelare in maniera molto
intellettuale e astratta l’amore di Dio Padre per noi. Quanto all’amore
di Cristo per il Padre Suo o per noi, non se ne sa piú niente. E
d’altronde, il culto cristiano è solo una memoria: si tratta insomma
di prendere coscienza del gran lavoro delle gesta di Cristo, e prenderne
talmente coscienza che quest’opera divenga presente in seno all’assemblea
in preghiera, come un autocoscientizzazione comunitaria.
Questa nuova religione, carissimi fedeli, non è altro che
una gnosi. Penso che sia il termine che meglio descriva la sua caratteristica,
poiché si tratta di una religione senza peccato, senza giustizia,
senza misericordia, senza penitenza, senza conversione, senza virtú,
senza sacrificio, senza sforzo, ma semplicemente un’autocoscientizzazione.
Una
religione puramente intellettualistica: una pura gnosi.
E allora, carissimi futuri diaconi e sacerdoti, abbiate la certezza
che io non vi ordino diaconi e sacerdoti per essere dei diaconi e dei sacerdoti
di questa religione gnostica. E sono convinto che questa era anche la vostra intenzione: ricevere
oggi il sacerdozio cattolico, dalle mani della Chiesa Cattolica, e non
ricevere un sacerdozio gnostico dalle mani di non so quale sistema gnostico.
Rigettiamo con orrore, carissimi fedeli, carissimi ordinandi, questa
religione naturalista, intellettualista, che non ha niente a che vedere
con la religione cattolica, e restiamo invece fermamente, sempre piú
fermamente convinti della ragione della nostra battaglia, della ragione
del nostro sacerdozio.
Cari ordinandi, siate fieri di ricevere il vostro sacerdozio nella Chiesa
Cattolica dalle mani di un vescovo cattolico, di tutti quei vescovi che
si sono succeduti nella trasmissione del sacerdozio cattolico nella sua
purezza dottrinale, da cui discende la loro vera carità pastorale.
Siate felici di ricevere oggi, in questo modo, nella Chiesa Cattolica,
il sacerdozio cattolico di nostro Signore Gesú Cristo, il sacerdozio
di Padre Pio, il sacerdozio di tutti i santi sacerdoti, del santo Curato
d’Ars, il sacerdozio degli Apostoli, il sacerdozio che ha vissuto vicino
agli Apostoli la santissima Vergine Maria di cui oggi festeggiamo la festa
gioiosa.
E supplichiamo la santissima Vergine Maria, Madre del sacerdozio, Madre
dei sacerdoti - Madre del Gran Sacerdote e Madre dei sacerdoti - di conservarci
fedeli al sacerdozio cattolico, al fine di comunicare la religione cattolica.
Cosí sia.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Cosí sia.
--------------------------------
Note
1) Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1459: «La soddisfazione.
- […] Risollevato dal peccato, il peccatore deve ancora recuperare la piena salute spirituale.
Deve dunque fare qualcosa di piú per riparare le proprie colpe:
deve «soddisfare» in
maniera adeguata o «espiare»
i suoi peccati. Questa soddisfazione si chiama anche «penitenza».
..."Ci si dice,
poi - ed è il
cardinale Ratzinger che lo ha scoperto qualche mese fa (2) - : la Messa è
valida anche senza le parole della consacrazione. Lo avete letto tutti, vi
è stato spiegato; si tratta di una recente dichiarazione del cardinale
Ratzinger tramite la sua Commissione Teologica Internazionale: la Messa è
valida anche senza le parole della Consacrazione! Ma allora a che serve il sacerdote? In effetti, il popolo cristiano può
celebrare la Messa, il prete non serve piú a niente dal momento che non v’è
bisogno di pronunciare le parole della Consacrazione perché la Messa sia
valida".... Anche priva delle parole di Cristo, la messa vale ugualmente, è valida!
...Rigettiamo
con orrore, carissimi fedeli, carissimi ordinandi, questa religione
naturalista, intellettualista, che non ha niente a che vedere con la religione
cattolica, e restiamo invece fermamente, sempre piú fermamente convinti della
ragione della nostra battaglia, della ragione del nostro sacerdozio....
(2) Si veda la Documentation
catholique N° 2265 del 3 marzo 2002, p. 213-214: Una nota del PontificioConsiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani riconosce «la
validità dell’Eucarestia celebrata con l’anafora di Addai e Mari, una delle tre
anafore tradizionalmente usate nella Chiesa Assira d’Oriente». Questa nota
precisa che «l’anafora di Addai e Mari è singolare per il fatto che, da
tempo immemorabile, essa è utilizzata senza il racconto dell’Istituzione [cioè
senza la Consacrazione]». Questo ha condotto, continua la nota, ad un
«lungo e approfondito studio a proposito dell’anafora di Addai e Mari,
condotto da un punto di vista storico, liturgico e teologico, al termine del
quale, il 17 gennaio 2001, la Congregazione per la Dottrina della Fede
[diretta dal cardinale Ratzinger] è giunta alla conclusione che questa
anafora poteva essere considerata valida. Sua Santità il Papa Giovanni
Paolo II ha approvato questa decisione.» (NdR - Le Sel de la Terre)
Evitiamo i giudizi in foro interiore se possibile. L'accordo non e' ancora stato firmato e la prudenza cattolica dovrebbe portarci ad attendere e vedere come si evolveranno le cose.
Ecco un esempio di affermazione "infinitamente stupida".
Osservo quanto segue.
Costui non si pone su un livello di logica, non pone un ragionamento. Presenta un'affermazione nata come i funghi dopo la pioggia e pretende che tutti la seguono. "Se non credi che i marziani esistano e abbiano i cornetti sulla testa sei un cattivo e fai giudizi in foro interiore". Ecco un'altra affermazione simile a questa superiore.
Ma che c'entra il foro interiore? Uno che dice :"Bisogna che noi partecipiamo tutti a questa ricezione nuova e correttiva di un testo intorno al quale si sono cristallizzati - a favore e contro - cinquant'anni di vita della Chiesa." Tutti sanno che l'ermeneutica della continuità è la più pericolosa delle strade perchè sia i tradizionalisti che i progressisti dicono la stessa cosa:il concilio ha rotto con la tradizione! Solo i continuisti che vogliono conciliari gli opposti sostengono queste cose non fondandosi sul principio di non contraddizione, quella frase rimane una scelta ben precisa: ha ragione il Papa e lei sbaglia perchè il concilio va visto in quella luce (sic!). Ma nessuno l'ha dimostrato! Quali sarebbero i correttivi apportati dal papa con la sua ermeneutica della continuità? Nessuno perchè così non c'è niente da correggere. La Chiesa è e sussiste. Le due messe sono uguali. La collettività è uguale alla monarchia. Le religioni sono tutte uguali.... CVCRCI
non so a cosa esattamente ti riferisci; si è vero che probabilmente l'accordo non si farà, ma resta il fatto compiuto di certi atteggiamneti del Superiore e di chi lo ha affiancato sia nella gestione del preambolo ( tutto di nascosta e non alla luce del sole come si confà ad un cattolico che non deve nascondere nulla ) ma ancora di più verso i 3 Vescovi, il Vaticano li ha trattati come peggio non poteva e il Superiore ha fatto si che questo avvenisse e si ripetesse... CZC
"Rigettiamo con orrore, carissimi fedeli, carissimi ordinandi, questa religione naturalista, intellettualista, che non ha niente a che vedere con la religione cattolica,..."mons. De Mallerais SONO PIENAMENTE D'ACCORDO SU QUANTO DICE DA SEMPRE MONSIGNORE E SULLE ANALISI SPIETATE, MA VERITIERE, SU RATZINGER.
LA TEOLOGIA HEGELIANA E GNOSTICA DA CUI QUESTO ATTINGE IL SUO PENSIERO, NON E' FORIERO DI ALCUN BENE PER LA CHIESA CATTOLICA. MA E' OTTIMO PRELUDIO PER IL DISFACIMENTO ED IL SORGERE DELLA RELIGIONE UNIVERSALE DI CUI è UN PRECURSORE INDEFESSO.
Ho letto per curiosità questo articolo: sono rimasto sorpreso nel leggere una profonda analisi della "dottrina" cristiana (peccato, onore, dignità umana, ...): mi trovo molto d'accordo su quanto nel sermone il prete invece critica, e credo anche che il prete si sia espresso con una grande chiarezza su tali tesi. Quello che viene criticato secondo me è invece molto evangelico... (magari è perchè sono nato dopo il concilio). Non vedo molti agganci al Vangelo invece nelle tesi contrarie espresse nel sermone. Sulla conclusione che la "nuova religione" è una gnosi invece non sono per niente d'accordo: questa interpretazione del Vangelo è molto concreta ed applicabile (l'adesione al Padre è fonte di conversione, ovvero incide sulle proprie azioni quotidiane).
Per Anonimo 16,40. Scusa se mi permetto: non è un prete, è un monsignore, ovvero vescovo. Per quanto riguarda la tua frase sull'-adesione al Padre- fonte di conversione... Forse non capisco bene, ma credo che sia l'adesione a Cristo sia fonte di conversione! L'adesione al Padre è sempre tramite Gesù il Cristo, cioè il Messia. Non c'è altra via diretta. C'era un tempo, per gli ebrei che non avevano conosciuto ancora Gesù, il Figlio. Una volta conosciuto Gesù e rifiutandoLo , hanno rifiutato in un sol colpo sia Dio (il Padre) sia il Figlio. "Razza di vipere, se foste figli di Abramo mi riconoscereste. Voi siete invece progenie del demonio... Saranno addebitate a voi tutte le morti dei profeti...."
Evitiamo i giudizi in foro interiore se possibile. L'accordo non e' ancora stato firmato e la prudenza cattolica dovrebbe portarci ad attendere e vedere come si evolveranno le cose.
RispondiEliminaEcco un esempio di affermazione "infinitamente stupida".
EliminaOsservo quanto segue.
Costui non si pone su un livello di logica, non pone un ragionamento. Presenta un'affermazione nata come i funghi dopo la pioggia e pretende che tutti la seguono. "Se non credi che i marziani esistano e abbiano i cornetti sulla testa sei un cattivo e fai giudizi in foro interiore". Ecco un'altra affermazione simile a questa superiore.
Che pena....
Paradosi
Ma che c'entra il foro interiore?
RispondiEliminaUno che dice :"Bisogna che noi partecipiamo tutti a questa ricezione nuova e correttiva di un testo intorno al quale si sono cristallizzati - a favore e contro - cinquant'anni di vita della Chiesa."
Tutti sanno che l'ermeneutica della continuità è la più pericolosa delle strade perchè sia i tradizionalisti che i progressisti dicono la stessa cosa:il concilio ha rotto con la tradizione!
Solo i continuisti che vogliono conciliari gli opposti sostengono queste cose non fondandosi sul principio di non contraddizione, quella frase rimane una scelta ben precisa: ha ragione il Papa e lei sbaglia perchè il concilio va visto in quella luce (sic!).
Ma nessuno l'ha dimostrato!
Quali sarebbero i correttivi apportati dal papa con la sua ermeneutica della continuità?
Nessuno perchè così non c'è niente da correggere.
La Chiesa è e sussiste.
Le due messe sono uguali.
La collettività è uguale alla monarchia.
Le religioni sono tutte uguali....
CVCRCI
non so a cosa esattamente ti riferisci; si è vero che probabilmente l'accordo non si farà, ma resta il fatto compiuto di certi atteggiamneti del Superiore e di chi lo ha affiancato sia nella gestione del preambolo ( tutto di nascosta e non alla luce del sole come si confà ad un cattolico che non deve nascondere nulla ) ma ancora di più verso i 3 Vescovi, il Vaticano li ha trattati come peggio non poteva e il Superiore ha fatto si che questo avvenisse e si ripetesse...
RispondiEliminaCZC
"Rigettiamo con orrore, carissimi fedeli, carissimi ordinandi, questa religione naturalista, intellettualista, che non ha niente a che vedere con la religione cattolica,..."mons. De Mallerais
RispondiEliminaSONO PIENAMENTE D'ACCORDO SU QUANTO DICE DA SEMPRE MONSIGNORE E SULLE ANALISI SPIETATE, MA VERITIERE, SU RATZINGER.
LA TEOLOGIA HEGELIANA E GNOSTICA DA CUI QUESTO ATTINGE IL SUO PENSIERO, NON E' FORIERO DI ALCUN BENE PER LA CHIESA CATTOLICA.
MA E' OTTIMO PRELUDIO PER IL DISFACIMENTO ED IL SORGERE DELLA RELIGIONE UNIVERSALE DI CUI è UN PRECURSORE INDEFESSO.
Ho letto per curiosità questo articolo: sono rimasto sorpreso nel leggere una profonda analisi della "dottrina" cristiana (peccato, onore, dignità umana, ...): mi trovo molto d'accordo su quanto nel sermone il prete invece critica, e credo anche che il prete si sia espresso con una grande chiarezza su tali tesi. Quello che viene criticato secondo me è invece molto evangelico... (magari è perchè sono nato dopo il concilio). Non vedo molti agganci al Vangelo invece nelle tesi contrarie espresse nel sermone.
RispondiEliminaSulla conclusione che la "nuova religione" è una gnosi invece non sono per niente d'accordo: questa interpretazione del Vangelo è molto concreta ed applicabile (l'adesione al Padre è fonte di conversione, ovvero incide sulle proprie azioni quotidiane).
Per Anonimo 16,40.
RispondiEliminaScusa se mi permetto: non è un prete, è un monsignore, ovvero vescovo.
Per quanto riguarda la tua frase sull'-adesione al Padre- fonte di conversione...
Forse non capisco bene, ma credo che sia l'adesione a Cristo sia fonte di conversione!
L'adesione al Padre è sempre tramite Gesù il Cristo, cioè il Messia.
Non c'è altra via diretta. C'era un tempo, per gli ebrei che non avevano conosciuto ancora Gesù, il Figlio.
Una volta conosciuto Gesù e rifiutandoLo , hanno rifiutato in un sol colpo sia Dio (il Padre) sia il Figlio.
"Razza di vipere, se foste figli di Abramo mi riconoscereste. Voi siete invece progenie del demonio...
Saranno addebitate a voi tutte le morti dei profeti...."
La gnosi c'entra eccome in questa nuova religione!
RispondiEliminaCVCRCI