LA CONDANNA DEI PADRI E DEI DOTTORI DELLA CHIESA
Sant’Agostino: «I delitti compiuti dai sodomiti devono essere condannati ovunque e sempre»
Fin dalle origini, la Chiesa, facendo eco alla maledizione delle
Sacre Scritture, ha condannato la pratica omosessuale per bocca dei
santi Padri, scrittori ecclesiastici antichi riconosciuti come testimoni
della Tradizione Divina. Fra i primi a pronunciarsi, fu il sommo
Sant’Agostino (354 430), Vescovo d’Ippona e Dottore della Chiesa: «I
delitti che vanno contro natura, ad esempio quelli compiuti dai
sodomiti, devono essere condannati e puniti ovunque e sempre.
Quand’anche tutti gli uomini li commettessero, verrebbero tutti
coinvolti nella stessa condanna divina: Dio infatti non ha creato gli
uomini perché commettessero un tale abuso di loro stessi. Quando, mossi
da una perversa passione, si profana la natura stessa che Dio ha creato,
è la stessa unione che deve esistere fra Dio e noi a venire violata».
l San Gregorio Magno: «Era giusto che i sodomiti perissero per mezzo del fuoco e dello zolfo»
San Gregorio I Papa (540-604), detto «Magno», Dottore della Chiesa,
ravvisa nello zolfo, che si rovesciò su Sodoma il peccato della carne
degli omosessuali. «Che lo zolfo evochi i fetori della carne, lo
conferma la storia stessa della Sacra Scrittura, quando parla della
pioggia di fuoco e zolfo versata su Sodoma dal. Signore. Egli aveva
deciso di punire in essa i crimini della carne, e il tipo stesso del suo
castigo metteva in risalto l’onta di quel crimine. Perché lo zolfo
emana fetore, il fuoco arde. Era quindi giusto che i Sodomiti, ardendo
di desideri perversi originati dal fetore della carne, perissero ad un
tempo per mezzo del fuoco e dello zolfo, affinché dal giusto castigo si
rendessero conto del male compiuto sotto la spinta di un desiderio
perverso».
l San Giovanni Crisostomo: la passione omosessuale è diabolica
Il Padre della Chiesa che condannò con maggior frequenza l’abuso
contro natura fu San Giovanni Crisostomo (344-407), Patriarca di
Costantinopoli e Dottore della Chiesa, di cui riportiamo passi di
un’omelia di commento all’Epistola di San Paolo ai Romani: «Le passioni
sono tutte disonorevoli, perché l’anima viene più danneggiata e
degradata dai peccati di quanto il corpo lo venga dalle malattie; ma la
peggiore fra tutte le passioni è la bramosia fra maschi […]. I peccati
contro natura sono più difficili e meno remunerativi, tanto che non si
può nemmeno affermare che essi procurino piacere, perché il vero piacere
è solo quello che si accorda con la natura. Ma quando Dio ha
abbandonato qualcuno, tutto è invertito! Perciò non solo le loro (degli
omosessuali; N.d.R.) passioni sono sataniche, ma le loro vite sono
diaboliche […]. Perciò io ti dico che costoro sono anche peggiori degli
omicidi, e che sarebbe meglio morire che vivere disonorati in questo
modo. L’omicida separa solo l’anima dal corpo, mentre costoro
distruggono l’anima all’interno del corpo. Qualsiasi peccato tu nomini,
non ne nominerai nessuno che sia uguale a questo, e se quelli che lo
patiscono si accorgessero veramente di quello che sta loro accadendo,
preferirebbero morire mille volte piuttosto che sottostarvi. Non c’è
nulla, assolutamente nulla di più folle o dannoso di questa perversità».
San Pier Damiani: «Questo vizio supera per gravità tutti gli altri vizi»
Durante
tutto il Medioevo, ossia nel periodo di formazione della civiltà
cristiana occidentale, la Chiesa non ha mai smesso di promuovere la
virtù della temperanza e di rinnovare la condanna del vizio contro
natura; in tal modo riuscì a ridurlo ad un fenomeno rarissimo e
marginale. Fra i Santi che combatterono il vizio omosessuale nel
Medioevo, uno dei più grandi fu San Pier Damiani (1007-1072), Dottore della Chiesa, riformatore dell’Ordine benedettino e sommo scrittore e predicatore. Nel suoLiber Gomorrhanus, scritto verso il 1051 per Papa San Leone IX (1002-1054), egli denuncia con grande vigore la rovina spirituale alla quale si condanna chi pratica tale vizio. «Si
va diffondendo dalle nostre parti un vizio così gravemente nefasto e
ignominioso, che se non vi si opporrà al più presto uno zelante
intervento punitore, di certo la spada dell’ira divina infierirà
enormemente annientando molti […]. Questa turpitudine viene
giustamente considerato il peggiore fra i crimini, poiché sta scritto
che l’onnipotente Iddio l’ebbe in odio sempre e allo stesso modo, tanto
che mentre per gli altri vizi stabilì dei freni mediante il precetto
legale, questo vizio volle condannarlo con la punizione della più
rigorosa vendetta. Non si può nascondere infatti che Egli distrusse le
due famigerate città di Sodoma e Gomorra, e tutte le zone confinanti,
inviando dal cielo la pioggia di fuoco e zolfo […]. Ed è ben giusto che coloro che, contro la legge di natura e contro l’ordine dell’umana ragione, consegnano ai demoni la loro carne per godere di rapporti così schifosi,
condividano con i demoni la cella della loro preghiera. Poiché infatti
l’umana natura resiste profondamente a questi mali, aborrendo la
mancanza del sesso opposto, e più chiaro della luce del sole che essa
non gusterebbe mai di cose tanto perverse ed estranee se i sodomiti,
divenuti quasi vasi d’ira destinati alla rovina, non fossero totalmente posseduti dallo spirito d‘iniquità;
e difatti questo spirito, dal momento in cui s’impadronisce di loro, ne
riempie gli animi così gravemente di tutta la sua infernale malvagità,
che essi bramano a bocca spalancata non ciò che viene sollecitato dal
naturale appetito carnale, ma solo ciò che egli propone loro nella sua diabolica sollecitudine.
Quando dunque il meschino si slancia in questo peccato d’impurità con
un altro maschio, non lo fà per il naturale stimolo della carne, ma solo
per diabolico impulso […]. Questo vizio non va affatto
considerato come un vizio ordinario, perché supera per gravità tutti gli
altri vizi. Esso infatti uccide il corpo, rovina l’anima, contamina la
carne, estingue la luce dell’intelletto, scaccia lo Spirito Santo dal
tempio dell’anima, vi introduce il demonio istigatore della lussuria,
induce nell’errore, svelle in radice la verità dalla mente ingannata,
prepara insidie al viatore, lo getta in un abisso, ve lo chiude per non
farlo più uscire, gli apre l’inferno, gli serra la porta del Paradiso,
lo trasforma da cittadino della celeste Gerusalemme in erede
dell’infernale Babilonia, da stella del cielo in paglia destinata al
fuoco eterno, lo separa dalla comunione della Chiesa e lo getta nel
vorace e ribollente fuoco infernale. Questo vizio si sforza di
scardinare le mura della Patria celeste e di riparare quelle della
combusta e rediviva Sodoma. Esso infatti viola l’austerità, estingue il
pudore,
schiavizza
la castità, uccide l’irrecuperabile verginità col pugnale di un impuro
contagio, insozza tutto, macchia tutto, contamina tutto, e per quanto
può non permette che sopravviva nulla di puro, di casto, di estraneo al
sudiciume […]. Questa pestilenziale tirannia di Sodoma rende gli
uomini turpi e spinge all’odio verso Dio; trama nefaste guerre contro
Dio; schiaccia i suoi schiavi sotto il peso dello spirito d’iniquità,
recide il loro legame con gli angeli, sottrae l’infelice anima alla sua
nobiltà sottomettendola al giogo del proprio dominio. Essa priva i suoi
schiavi delle armi della virtù e li espone ad essere trapassati dalle
saette di tutti i vizi. Essa li fa umiliare nella Chiesa, li fa
condannare dalla giustizia, li contamina nel segreto, li rende ipocriti
in pubblico, ne rode la coscienza come un verme, ne brucia le carni come
un fuoco […]. Questa peste scuote il fondamento della fede,
snerva la forza della speranza, dissipa il vincolo della carità, elimina
la giustizia, scalza la fortezza, sottrae la temperanza, smorza l’acume
della prudenza; e una volta che ha espulso ogni cuneo delle virtù dalla
curia del cuore umano, vi intromette ogni barbarie di vizi […].
Non appena dunque uno cade in quest’abisso di estrema rovina, egli viene
esiliato dalla Patria celeste, separato dal Corpo di Cristo, confutato
dall’autorità della Chiesa universale, condannato dal giudizio dei santi
Padri, disprezzato dagli uomini e respinto dalla comunione dei santi […].
Imparino dunque questi sciagurati a reprimere una così detestabile
peste del vizio, a domare virilmente l’insidiosa lascivia della
libidine, a trattenere i fastidiosi incentivi della carne, a temere
visceralmente il terribile giudizio del divino rigore, tenendo sempre
presente alla memoria quella minacciosa sentenza dell’Apostolo (Paolo) che esclama: “É terribile cadere nelle mani del Dio vivente” (Eb 10) […].
Come dice Mosè, “se c’è qualcuno che sta dalla parte di Dio, si unisca a
me”! (Es 32). Se cioè qualcuno si riconosce come soldato di Dio, si
accinga con fervore a confondere questo vizio, non trascuri di
annientarlo con tutte le sue forze; e dovunque lo si sarà scoperto, si
scagli contro di esso per trapassarlo ed eliminarlo con la acutissime
frecce della parola»
San Tommaso d‘Aquino: l‘omosessualità «offende Dio stesso come ordinatore della natura»
San Tommaso d‘Aquino
(1224-1274), il grande teologo domenicano proclamato dalla Chiesa
«Dottore comune della cristianità, descrive nella sua eccelsa Summa Theologica l’omosessualità come il vizio contro natura più grave, equiparandolo al cannibalismo e alla bestialità. «L’intemperanza
è sommamente riprovevole, per due ragioni. Innanzitutto perché ripugna
sommamente all’umana eccellenza, trattandosi di piaceri che abbiamo in
comune coi bruti […].
Secondariamente, perché ripugna sommamente alla nobiltà e al decoro, in
quanto cioè nei piaceri riguardanti l’intemperanza viene offuscata la
luce della ragione, dalla quale deriva tutta la nobiltà e la bellezza
della virtù […].
I vizi della carne che riguardano l’intemperanza, benché siano meno
gravi quanto alla colpa, sono però più gravi quanto all’infamia.
Infatti, la gravità della colpa riguarda il traviamento dal fine, mentre
l’infamia riguarda la turpitudine, che viene valutata soprattutto
quanto all’indecenza del peccato […].
Ma i vizi che violano la regola dell’umana natura sono ancor più
riprovevoli. Essi vanno ricondotti a quel tipo di intemperanza che ne
costituisce in un certo modo l’eccesso: è questo il caso di coloro che
godono nel cibarsi di carne umana, o nell’accoppiamento con bestie, o in
quello sodomitico». Insomma, se
l’ordine della retta ragione viene dall’uomo, invece l’ordine della
natura proviene direttamente da Dio stesso. Pertanto, «nei
peccati contro natura in cui viene violato l’ordine naturale, viene
offeso Dio stesso in qualità di ordinatore della natura».
Santa Caterina da Siena: vizio maledetto schifato dagli stessi demoni
Anche la grande Santa Caterina da Siena (1347-1380), maestra di spiritualità, condannò in maniera veemente l’omosessualità. Nel suo Dialogo della divina Provvidenza, in cui riferisce gli insegnamenti ricevuti da Gesù stesso, ella così si esprime sul vizio contro natura: «Non
solo essi hanno quell’immondezza e fragilità, alla quale siete
inclinati per la vostra fragile natura (benché la ragione, quando lo
vuole il libero arbitrio, faccia star quieta questa ribellione), ma quei
miseri non raffrenano quella fragilità: anzi fanno peggio, commettendo
il maledetto peccato contro natura. Quali ciechi e stolti, essendo
offuscato il lume del loro intelletto, non conoscono il fetore e la
miseria in cui sono; poiché non solo essa fà schifo a Me, che sono somma
ed eterna purità (a cui è tanto abominevole, che per questo solo
peccato cinque città sprofondarono per mio divino giudizio, non volendo
più oltre sopportarle la mia giustizia), ma dispiace anche ai demoni,
che di quei miseri si sono fatti signori. Non è che ai demoni dispiaccia
il male, quasi che a loro piaccia un qualche bene, ma perché la loro
natura è angelica, e perciò schiva di vedere o di stare a veder
commettere quell’enorme peccato»
San Bonaventura: nella notte di Natale «tutti i sodomiti morirono su tutta la terra»
Il francescano San Bonaventura (12171274), Dottore della Chiesa con il titolo di Doctor Seraphicus, illustrando alcuni fatti miracolosi accaduti nel momento del Santo Natale afferma che: «Tutti
i sodomiti, uomini e donne, morirono su tutta la terra, secondo quanto
ricordò San Gerolamo commentando il salmo, “É nata una luce per il
giusto”, per evidenziare che Colui che stava nascendo veniva a riformare
la natura e a promuovere la castità».
San Bernardino da Siena: «La sodomia maledetta sconvolge l‘intelletto»
Fra
coloro che in quell’epoca parlarono e scrissero contro il risorgere di
questo vizio, il più importante è forse il francescano San Bernardino da Siena (13801444), celebre predicatore insigne per dottrina e per santità. Egli proclamò nella sua Predica XXXIX:«Non
vi è peccato al mondo che più tenga l’anima, che quello della sodomia
maledetta; il quale peccato è stato detestato sempre da tutti quelli che
sono vissuti secondo Iddio […]. La passione per delle forme indebite è prossima alla pazzia;
questo vizio sconvolge l’intelletto, spezza l’animo elevato e generoso,
trascina dai grandi pensieri agli infimi, rende pusillanimi, iracondi,
ostinati e induriti, servilmente blandi e incapaci di tutto; inoltre,
essendo l’animo agitato da insaziabile bramosia di godere, non segue la
ragione ma il furore […]. La ragione si è perché essi sono
accecati, e dove arebbono i pensieri loro alle cose alte e grandi, come
quelle che hanno l’animo magno, gli rompe e gli fracassa e riduceli a
vili cose e a disutili e fracide e putride, e mai questi tali non si
possono contentare […]. Come della gloria di Dio ne partecipa più
uno che un altro, così in inferno vi sono luoghi dove v’è più pene, e
più ne sente uno che un altro. Più pena sente uno che sia vissuto con
questo vizio della sodomia che un altro, poiché questo è maggior peccato che sia».
San Pietro Canisio: i sodomiti violano la legge naturale e divina
Nel suo celebre Catechismo, il gesuita San Pietro Canisio (1521-1597), Dottore della Chiesa, così sintetizzava l’insegnamento della Chiesa: «Come
dice la Sacra Scrittura, i sodomiti erano pessima gente e fin troppo
peccatori. San Pietro e San Paolo condannano questo nefasto e turpe
peccato. Difatti, la Scrittura denuncia l’enormità di una tale sconcezza
con queste parole: “Lo scandalo dei sodomiti e dei gomorrani si è
moltiplicato e il loro peccato si è troppo aggravato”. Pertanto gli
angeli dissero al giusto Loth, che aborriva massimamente le turpitudini
dei sodomiti: “Abbandoniamo questa città…”[…]. La Sacra Scrittura
non tace le cause che spinsero i sodomiti a questo gravissimo peccato e
che possono spingere anche altri. Leggiamo infatti nel libro di
Ezechiele: “Questa fu l’iniquità di Sodoma: la superbia, la sazietà di
cibo ed abbondanza di beni, e l’ozio loro e delle loro figlie; non
aiutarono il povero e il bisognoso, ma insuperbirono e fecero ciò che è
abominevole al mio cospetto; per questo Io la distrussi” (Ez 16, 49-50).
Di questa turpitudine mai abbastanza esecrata sono schiavi coloro che
non si vergognano di violare la legge divina e naturale».
LE CONDANNE DEI PAPI, DEI CONCILÎ E DEL DIRITTO CANONICO
Alla
condanna dei Padri e dei Dottori della Chiesa, si aggiunse, fin dai
primi secoli, quella, costante, dei Concilî, dei Papi e del Diritto
Canonico. Fin dal 305, il Concilio di Elvira in Spagna dispose, al
Canone 71, che agli «stupratori di ragazzi» venisse negata la
santa Comunione anche se in punto di morte. Le pene canoniche di
penitenza vennero poi stabilite nel 314 dal Concilio di Ancyra, al
Canone 16. Il XVI Concilio di Toledo, tenutosi nel 693, al Canone § 3
condannò la pratica omosessuale come un vero e proprio crimine punibile
con sanzioni giuridiche: il chierico veniva ridotto allo stato laicale e
condannato all’esilio perpetuo, mentre il laico veniva scomunicato e,
dopo aver subito la pena delle verghe, veniva anch’esso esiliato .
Successivamente, nel Concilio di Naplusa, tenutosi in Terrasanta nel
1120, vennero stabilite minuziose pene per i colpevoli di crimini contro
natura, dalle più miti fino al rogo previsto per i recidivi . Più
autorevole ancora fu il pronunciamento del Concilio Ecumenico
Lateranense III, tenutosi nel 1179, il quale, al Canone § 11, stabilì
che «chiunque venga sorpreso a commettere quel peccato che è contro
natura e a causa del quale “la collera di Dio piombò sui figli della
disobbedienza” (Ef. 5, 6), se è chierico, venga decaduto dal suo stato e
venga rinchiuso in un monastero a far penitenza; se è laico, venga
scomunicato e rigorosamente tenuto lontano dalla comunità dei fedeli» .
San Pio V: «L‘esecrabile vizio libidinoso contro natura»
Se
lo spirito dell’Umanesimo e del Rinascimento aveva risuscitato le
pratiche omosessuali, la riforma della Chiesa promossa dal Papato nel
secolo XVI (più nota come Controriforma) provocò una tale riscossa delle
virtù di fede e di purezza da risanare quasi dovunque gli ambienti, sia
ecclesiastici che laici, che ne erano stati pervasi. Fra gli interventi
del Magistero ecclesiastico al riguardo, il più solenne è quello di San Pio V
(1504-1572), il grande Papa domenicano che in due Costituzioni condannò
solennemente e proibì severamente il peccato contro natura. «Avendo
noi rivolto il nostro animo a rimuovere tutto quanto può offendere in
qualche modo la divina maestà, abbiamo stabilito di punire innanzitutto e
senza indugi quelle cose che, sia con l’autorità delle Sacre Scritture
che con gravissimi esempi, risultano essere spiacenti a Dio più di ogni
altro e che lo spingono all’ira: ossia la trascuratezza del culto
divino, la rovinosa simonia, il crimine della bestemmia e l‘esecrabile vizio libidinoso contro natura; colpe per le quali i popoli e le nazioni vengono flagellati da Dio, a giusta condanna, con sciagure, guerre, fame e pestilenze […].
Sappiano i magistrati che, se anche dopo questa nostra Costituzione
saranno negligenti nel punire questi delitti, ne saranno colpevoli al
cospetto del giudizio divino, e incorreranno anche nella nostra
indignazione […]. Se qualcuno compirà quel nefando crimine contro natura,
per colpa del quale l’ira divina piombò su figli dell’iniquità, verrà
consegnato per punizione al braccio secolare, e se chierico, verrà
sottoposto ad analoga pena dopo essere stato privato di ogni grado» . «Quell’orrendo crimine, per colpa del quale le città corrotte e oscene
(di Sodoma e Gomorra, N.d.R.) vennero bruciate dalla divina condanna,
marchia di acerbissimo dolore e scuote fortemente il nostro animo,
spingendoci a reprimere tale crimine col massimo zelo possibile. A buon
diritto il Concilio Lateranense V (1512-1517) stabilisce per decreto che
qualunque membro del clero, che sia stato sorpreso in quel vizio contro
natura per via del quale l’ira divina cadde sui figli dell’empietà,
venga allontanato dall’ordine clericale, oppure venga costretto a far
penitenza in un monastero (c. 4, X, V, 31). Affinché il contagio di
un così grave flagello non progredisca con maggior audacia
approfittandosi di quell’impunità che è il massimo incitamento al
peccato, e per castigare più severamente i chierici colpevoli di questo
nefasto crimine che non sono atterriti dalla morte dell’anima, abbiamo
deciso che vengano atterriti dall’autorità secolare, vindice della legge
civile. Pertanto, volendo proseguire con maggior vigore quanto abbiamo
decretato fin dal principio del Nostro Pontificato (Costituzione Cum primum; N.d.R.),
stabiliamo che qualunque sacerdote o membro del clero sia secolare che
regolare, di qualunque grado e dignità, che pratichi un così orribile
crimine, in forza della presente legge venga privato di ogni privilegio
clericale, di ogni incarico, dignità e beneficio ecclesiastico, e poi,
una volta degradato dal Giudice ecclesiastico, venga subito consegnato
all’autorità secolare, affinché lo destini a quel supplizio, previsto
dalla legge come opportuna punizione, che colpisce i laici scivolati in
questo abisso».
San Pio X: il peccato contro natura grida vendetta al cospetto di Dio
Durante
l’Ottocento, la sensibilità esasperatamente sentimentale ed erotica,
diffusa prima dal Romanticismo e poi più gravemente dal decadentismo,
contribuì ad un certo risorgere dell’omosessualità, che però sembrava
tenuto a freno da una convenzionale «morale laica» e si diffondeva
nascondendosi ipocritamente sotto il velo dell’arte e della moda
sensuali. Con l’inizio del nostro secolo, gli argini di questa «morale»,
ben presto destinati a crollare, cominciarono a cedere sotto il
crescente impatto delle passioni sregolate, che influenzavano sempre più
le classi colte e ricche e cominciavano a pretendere una legittimazione
pubblica. La Chiesa pertanto ritenne necessario ribadire la condanna
dei peccati risorgenti, compreso quello omosessuale. Segnaliamo al
riguardo due fondamentali documenti promossi dal grande Pontefice San Pio X (1835-1914). Nel suo Catechismo del 1910, infatti, il «peccato impuro contro natura» è classificato per gravità come secondo, dopo l’omicidio volontario, fra i peccati che «gridano vendetta al cospetto di Dio». «Questi peccati – spiega il Catechismo – si
dicono gridare al cospetto di Dio, perché lo dice lo Spirito Santo e
perché la loro iniquità è così grave e manifesta che provoca Dio a
punirli con più severi castighi».
Il Diritto Canonico prevedeva la pena dell‘infamia
Nel Codice di Diritto Canonico, promosso da San Pio X, ma pubblicato da Benedetto XV (1854-1922) nel 1917, la sodomia è trattata tra i «delitti contro il sesto Comandamento»
accanto all’incesto e ad altri delitti tra i quali la bestialità. Il
reato di sodomia è punito quanto ai laici con la pena dell’infamiaipso facto
e con altre sanzioni da infliggersi a prudente giudizio del Vescovo in
relazione alla gravità dei singoli casi (Canone 2357); e quanto agli
ecclesiastici e ai religiosi, se si tratti di clerici minores
(cioè di grado inferiore al diacono) con pene diverse, commisurate alla
gravità della colpa, che possono arrivare fino alla dimissione dallo
stato clericale (Canone 2358), e se si tratti di clerici maiores (cioè di diaconi, sacerdoti o Vescovi) con lo stabilire che «vengano
sospesi, dichiarandoli infami, da ogni ufficio, beneficio, dignità,
vengano privati dell’eventuale stipendio e, nei casi più gravi, vengano
deposti».
Fonte: http://www.centrosangiorgio.com/
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