sabato 2 gennaio 2016
Sant'Agostino d'Ippona - SERMONE XXVIII. Della Natività del Signore...
Questa santa, desiderabile, gloriosa, e singolare solennità,
fratelli carissimi, cioè la Natività di nostro Signore,
avendo noi a celebrare devotamente; con l'aiuto suo, e con tutte le
forze nostre ci dobbiamo disporre, e con diligenza cercare per tutti i
nascondigli dell'anima nostra, che non ci rimanga qualche peccato
occulto, il qual possa confondere la coscienza nostra, e dispiacere
agli occhi della Maestà divina. Conciossiachè, quantunque
Cristo Signor nostro dopo la divina sua passione sia risuscitato ed
asceso in cielo, nondimeno risguarda come è da credere, e
considera minutamente i suoi servi fedeli, come ciascun d'essi senza
superbia, senz'ira, ed odio, senza invidia, senza avarizia si studi
prepararsi a celebrare, ed onorare questa santa Natività. E
secondo troverà ciascun d'essi adornato di santi costumi,
così dispenserà a lui la grazia della misericordia sua.
Perchè se 'l vedrà vestito della preziosa veste di
carità, ed adornato delle gemme della giustizia, e della
misericordia, casto, umile, misericordioso, benigno, e sobrio; se tale
lo conoscerà, il corpo e sangue suo non a giudicio ma a rimedio
gli concederà di prendere per mano de' sacerdoti ministri di
quel sacramento.
Ma se ne vedrà alcuno adultero, ubbriaco,
avaro, superbo, dubito non gli dica quello che è scritto
nell'Evangelio: Amico, come sei tu entrato qua, non avendo la veste
delle nozze? E quel che leggesi appresso: legategli le mani, e i piedi,
e gittatelo nelle tenebre esteriori, dove è pianto e stridor di
denti. Ecco qual sentenza aspetta contra di sè colui che senza
il rimedio della penitenza, e macchiato di brutture di peccati, viene a
celebrare la santa festa della Natività. Nel nascimento del
Signore, fratelli carissimi, quasi nelle nozze spirituali alla Chiesa
sposa sua è aggiunto Cristo. Allora è nata la
verità alla terra, allora scese la giustizia dal cielo, allora
uscì lo sposo del talamo suo, cioè il Verbo d'Iddio dal
ventre virginale, camminò con la Chiesa sua sposa, cioè
prese umana carne. Ora a queste santissime nozze invitati, essendo per
entrare nel convito del Padre, del Figliuolo, e dello Spirito Santo,
considerate con che maniera di panni avete a vestirvi. Per tanto,
fratelli carissimi, con l'aiuto d'Iddio facciamo netti e mondi i cuori
insieme ed i corpi nostri, acciocchè quel celeste padrone del
convito, che ne ha chiamati, non trovi nella persona, e nella coscienza
nostra macchia alcuna sucida e brutta, niente che offenda gli occhi
della sua divina maestà. Questo ch'io dico, fratelli, non lo
dovete pigliare così come di passata, ma lo dovete considerare
con gran tremore. Noi siamo invitati a tal maniera di nozze, che faremo
l'ufficio nostro, e ognun di noi sarà la sposa. Consideriamo
bene a quanto preziose nozze, a quanto degnissimo sposo siamo chiamati.
Noi siamo invitati a una tal mensa, nella quale non si porta cibo
umano, ma pane d'Angioli.
Per tanto bisogna guardar molto bene che
dentro l'anima nostra, dove dovremmo stare adornati delle gemme
dell'opere buone, non siamo vestiti di sozzi e puzzolenti panni vecchi
di vizii, e di peccati, sicchè quando quei, che sono stati
diligenti a farsi netti, compariranno innanzi al Signore ornati e
lucenti di castità, quei che non se ne sono curati, sieno veduti
sozzi e imbrattati di lussurie. Pertanto, figliuoli, quando ci
sopravviene la festa della Natività del Signore, o altra
solenne, come più volte vi ho detto, molti giorni avanti vi
dovete guardare non solamente dall'infelice, e nefando commercio delle
concubine, ma dalle proprie mogli astenere, e non solamente dai vizii
della libidine, ma dagli altri peccati ancora, com'è dall'ira,
dalla gola, e simili, e le passate colpe ricompensare con le limosine,
e con la penitenza. Non alberghi nel cuor vostro pur un minimo odio
contra chi si sia; e quel che la vanità vostra soleva struggere
e dissipare con la pompa, o gola, cominci ora a ricompensare la
giustizia con l'aiuto de' poveri; e quel che la lussuria, e la gola ha
dissipato nel mondo, la religione e la carità lo rimetta in
cielo. E benchè d'ogni tempo sia bene e necessario il far delle
limosine, nondimeno in questa solennità e gran feste dobbiamo
sforzare più del solito la nostra possibilità a dare a'
poveri. Chiamiamo i poveri ai nostri conviti, perchè non
è onesto che nella celebrità, che appartiene al Signore
di tutti, alcuni s'imbriachino e sieno satolli, e gli altri non possano
saziar la fame.
E siam nondimeno, tanto nobili quanto popolani, servi
d'un medesimo Signore, d'un medesimo prezzo siamo riscossi tutti, d'una
medesima maniera siamo entrati in questo mondo, e in un medesimo modo
ne usciremo tutti, e se saremo buoni, ad una medesima beatitudine tutti
sarem ricevuti. Ora per che cagione ti sdegni che quel povero stia teco
a una mensa, il quale ha da regnar teco in un medesimo regno?
Perchè sei avaro tu d'una vecchia tua veste al povero, il quale
ha da prender teco la stola della immortalità? Perchè non
merita il povero di ricevere il pane tuo, il quale ha meritato con te
di ricevere il sacramento del battesimo? Perchè non merita di
ricevere quel che avanza alla mensa tua colui che ha meritato di essere
invitato al convito degli Angioli? Udite, fratelli, udite non il mio
precetto, ma del Signore nell'Evangelio, parlando comunemente a tutti:
quando fai il pranzo, o la cena, dice esso, non chiamar a cenare, o a
pranzar teco i ricchi, dai quali puoi essere similmente invitato, ma
chiama i poveri, e i zoppi, e sarai beato, perchè non hanno di
che rimunerarti, onde sarai rimunerato nella rimunerazione de' giusti.
Ma dirà alcuno: dunque non posso io chiamare a pranzo meco i
miei parenti ed amici, o vicini miei? Ti rispondo che tu de[v]i
invitare i parenti, e i vicini ma di rado, e non de[v]i
apparecchiar loro cene sontuose e splendide e di gran prezzo, ma tanto
modeste che ti rimanga di che dare ai poveri, acciocchè nel
dì del giudicio non ti sia detto quel che sarà detto ai
ricchi, che dispregiano i poveri: Partitevi da me, maledetti, nel fuoco
eterno; e meriti invece d'udire quel che sarà detto ai
misericordiosi, ed ai giusti, cioè: Venite, benedetti, dal Padre
mio, perchè quando ebbi fame, mi deste a mangiare, quando ebbi
sete, mi deste bere; e insieme sia indirizzata a te quella desiderabil
voce: Allegrati, buon servo e fedele; perchè sei stato fedele
sopra il poco, ti porrà amministratore di molto più,
entra nel gaudio del Signor tuo.
E perchè vorrei che quel che ho
detto alle carità vostre vi rimanesse nella memoria, vi
replicherò la somma. Io vi ho ammoniti, fratelli, che
approssimandosi la festa di Natale, ci vogliamo alienare da ogni
lussuria, e come se avessimo ad andare a qualche celebre convito ci
vogliamo adornare di bella veste, cioè di buone opere. Diamo
delle limosine ai poveri, scacciamo l'ira e l'odio, come veleni, da'
nostri cuori, serbiamo fedelmente la castità. Ai vostri desinari
e cene siate più pronti a chiamare i poveri che i ricchi. Andate
agli uffici divini più per tempo che 'l solito. Stando voi nelle
chiese, o pregate Iddio, o cantate i Salmi. Parole oziose o vane non
vogliate voi dire, e se altri le dice, quanto è il poter vostro,
non lo consentite. Abbiate pace con tutti; e quei che vedete in
discordia ingegnatevi di ridurli in amicizia, e concordia. Se queste
cose con l'aiuto d'Iddio porrete ad esecuzione, in questo mondo potrete
sicuramente andare all'altare, e nell'altro giugner felicemente
all'eterna gloria con l'aiuto del Signor nostro Gesù Cristo, il
qual vive e regna ne' secoli de'secoli. Così sia.
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