Pio XII riguardo ai tempi
futuri, in riferimento al Messaggio di Fatima profetizzò;
“Sono preoccupato per il
messaggio che ha dato la Beata Vergine a Lucia di Fatima. Questo insistere da
parte di Maria, sui pericoli che minacciano la Chiesa, è un avvertimento divino
contro il suicidio di alterare la fede, nella Sua Liturgia, la sua Teologia e
la Sua anima… Sento tutt’intorno a me questi innovatori che desiderano
smantellare la Sacra Cappella, distruggere la fiamma universale della Chiesa,
rigettare i suoi ornamenti e farla sentire in colpa per il Suo passato. Verrà
un giorno in cui il mondo civilizzato negherà il proprio Dio, quando la Chiesa
dubiterà come dubitò Pietro. Sarà allora tentata di credere che l’uomo è
diventato Dio. Nelle nostre chiese, i Cristiani cercheranno invano la lampada
rossa dove Dio li aspetta. Come Maria Maddalena, in lacrime dinanzi alla tomba
vuota, si chiederanno: Dove lo anno portato? ”
Se ne parla da giorni, durante l'anno della falsa fede conciliare si ha l'intenzione di beatificare i Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo I, cosi' se faranno questo porteranno all'onore degli altari tutti i Pontefici Conciliari e Post Conciliari. Delle malefatte di Paolo VI in questo Blog ne abbiamo ampiamente parlato in diversi articoli, ed in particolar modo è sempre utile leggere il libro di Don Luigi Villa che a suo tempo fermò la sua beatificazione: "IL LIBRO CHE HA FERMATO LA BEATIFICAZIONE DI PAOLO VI - "PAOLO VI BEATO?". Ora per completezza di informazione proponiamo una lettera di Albino Luciani scritta per i sacerdoti della Sua Diocesi, Venezia, che fa comprendere appieno a che punto possa arrivare la corruzione dottrinale al modernismo, infatti in questa lettera si parla in maniera terrificante della vera Messa Cattolica, Vetus Ordo, per lodare ed esortare i sacerdoti ad adottare, soppiantando la vera Messa, il terrificante anti cattolico Novus Ordo Missae: "Cambiate coraggiosamente! Fate una Liturgia che il popolo di
adesso capisce e sente! Cascherà qualche abitudine cara, si rinuncerà a
qualche tradizione veneranda, ma ne risulterà la possibilità di
adattarsi meglio alle varie situazioni e circostanze! Si seguiranno le
leggi della vita e la Liturgia sarà la quercia antica, che affonda sempre più le radici nel terreno del passato e, nel medesimo tempo, rinnova ogni anno il suo fogliame.
Questa
seconda soluzione è piaciuta alla stragrande maggioranza dei Padri, è
stata sanzionata dal Papa, dev'essere aiutata con il massimo impegno dai
sacerdoti, tra i quali sono sicuro di vedere volenterosi, aperti,
docili, i miei".
Ora l'intento di questi assassini della fede, (che vogliono beatificate tutti i Pontefici che hanno avuto a che fare con il Concilio), è chiaramente quello di dare una valenza sopranaturale al Concilio, come se Dio stesso avesse suggerito a questi insensati eretici modernisti di cambiare la bimillenaria Chiesa da lui creata per la salvezza delle anime, per trasformarla in una confederazione di cosidetti "credenti in lui" che comprende ogni sorta di eresie mettendo a capo di essa - la nuova chiesa conciliare - un Pontefice che li rappresenti. Quindi nel giro di pochi hanni ci vorrebbero far intendere che la bellezza di 4 papi consecutivi erano Santi, facendoci intendere che erano miracolati e che miracolavano tutti quelli che li avrebbero invocati. Ora, beatificare Pontefici (anche se in verità Giovanni Paolo I, che aderiva pienamente al Vaticano II, non ha fatto a tempo ad applicare tutte le novità Conciliari), che hanno quasi del tutto disintegrato ciò che rimane della Chiesa Cattolica di Nostro Signore Gesù Cristo, diventa veramente ridicolo.
Il giudizio sulle persone di questi Pontefici lo lasciamo a Dio, ma per quanto riguarda un giudizio sulle loro azioni (anche per le azioni di Luciani, nonostante sia morto presto, forse ammazzato dalla massoneria, perchè aveva intenzione di ripulire il Vaticano dai "consacrati" corrotti con la satanica setta, che agivano nello IOR, la banca vaticana) si può assolutamente dare, poichè che questi atti sono fatti della storia e hanno portato delle conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.
In fondo all'articolo inserirò alcuni dei discorsi dello scellerato modernista Montini, sulla Liturgia che lui, diabolicamente, ha tentato di sopprimere. Ma grazie a Dio fu suscitato Mons. Marcel Lefebvre (e non Ratzinger!), grazie al Quale la Vera Messa Cattolica, il Vetus Ordo, è stata salvata...
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L’insensato Mons. Duschak (Filippine) durante una delle
sessioni del Concilio, 6 novembre 1962, ha affermato: “ È
necessario istituire, al di fuori e al di là del rito latino, una messa
ecumenica, ispirata alla Santa Cena, interamente celebrata in volgare, a voce
alta e rivolti ai fedeli, in maniera che essa sia accessibile senza spiegazioni
né commenti e sia accettabile da parte di tutti i cristiani al di là della loro
specifica confessione. Perché il più grande concilio ecumenico della storia non
dovrebbe dare l’ordine di studiare una nuova forma della messa, adatta gli
uomini dei nostri tempi”.
Ebbene, ciò che si dice in questo dicorso, è stato ampiamente attuato col Novus Orror Missae creando di fatto una
"MESSA NUOVA - MENTALITÀ NUOVA!"
Lettera al Clero del vescovo Albino Luciani, Vittorio Veneto, 14 febbraio 1965.
Miei
cari confratelli, scritta la lettera sulla necessità di ben leggere,
nuove difficoltà e obiezioni da dissipare ho intravisto circa il
rinnovato rito della Messa.
Alcune
vengono da noi stessi. Per formazione di seminario e per influenza
d'ambiente, sinora noi siamo stati - in liturgia - troppo
individualisti. La Messa? Era la mia Messa; cercavo di prepararmici devotamente, di celebrarla con raccoglimento; era la regina delle mie pratiche di pietà; era celebrata da me per i miei fedeli, meno dai miei fedeli con me; i miei fedeli
erano laggiù, in chiesa, destinatari, non protagonisti; mi bastava che
seguissero, che capissero la Messa, che però non sentivano come nostra
Messa. Non dicevo loro: prepariamoci insieme, ringraziamo insieme!
Dicevo invece al mio confessore: ho celebrato, ma non abbastanza
raccolto, e temo che i miei fedeli non siano rimasti del tutto edificati nel guardarmi all'altare! Mai detto al confessore: per colpa mia, i miei fedeli
ed io non siamo abbastanza famiglia alla Messa! Per pigrizia mia, nella
mia parrocchia, l'assemblea dei partecipanti alla Messa non riesce
splendente testimonianza di carità e neppure manifestazione della speranza, aspettazione fervida della
futura assemblea celeste! Ci avevano detto: celebrate da santi! E chi
erano i santi? Erano Filippo Neri, che, avvenuta la consacrazione,
andava in estasi ed in estasi restava due ore, ragione per cui
l'inserviente, non potendo seguire l'estatico, lo piantava, andando pei
fatti suoi e ritornando quando l’estasi era finita! Erano altri, che,
celebrando, trovavano rituali, conforto, forza e lumi per la santità
personale e per l'apostolato. Così il curato d'Ars, così Antonio
Chévrier, così cento altri.
Questa personale devozione è appena uno degli aspetti della Messa. D'ora innanzi, bisogna vivere anche altri aspetti. Bisogna dire con più convinzione: meum ac vestrum sacrificium; dopo la consacrazione, laddove da parte del sacerdote vien detto che offriamo nos servi lui, sottolineeremo: sed et plebs tua sancta. Sì, sono sacerdoti anche i semplici fedeli;
il loro sacerdozio non serve per transustanziare, ma serve per offrire.
Avevamo forse timore di dirlo una volta, per non assomigliare a Lutero,
che diceva: in Ecclesia, nullus rasus, omnis rasus (nessuno è sacerdote, tutti sono sacerdoti); dopo la Costituzione conciliare sulla Chiesa nessun timore: i fedeli,
in un certo senso, sono sacerdoti e, come tali, hanno diritto e dovere
di svolgere nella Messa una loro parte, che noi non dobbiamo usurpare.
Dicano, dunque, il loro Amen, a ratifica, a consenso, a firma della
nostra preghiera. Vengano pure, cantando e in piedi, a ricevere la
Comunione dalle nostre mani. Legga pure uno di essi la lezione santa,
che il celebrante ascolterà seduto e in silenzio come gli altri.
Oltre che troppo individualisti, siamo stati troppo tecnici e troppo rubricisti. «Darei la vita anche per la più piccola delle cerimonie!». L'ha detto santa Teresa di Gesù, l'hanno inculcato a noi. Ed ecco le cerimonie. Voce: quattro volte sia chiara, quattro volte media, segreta non so quante volte. Baci: quattro all'altare, uno al libro, uno alla patena. Mani: quindici volte iunctae ante pectus, sette volte iunctae super altare, otto volte extensae ante pectus; tre volte extensae super altare. Inchini: cinque profondi, otto medi, quindici leggeri. Non parlo degli occhi nove volte alzati, tre volte tenuti bassi, cinque volte fissati sul Santissimo Sacramento. Non parlo dei segni di croce, delle
genuflessioni. Tutte cose buone e da eseguire appuntino, intendiamoci,
ma esse ci hanno preoccupato troppo, distogliendo la nostra attenzione
da altre cose importanti e fissandola sul dettaglio e sull'esatta
esecuzione del medesimo. Perfino il popolo s'è accorto della cosa e qualcuno, meno rispettoso, ha un po' sorriso. In Tre Messe basse, il Daudet scherzosamente descrive le colpe dell'abate
Balanguère, che, per celebrare in fretta, freneticamente si abbassa, si
solleva, abbozza i segni di croce, le genuflessioni, accorcia tutti i
gesti... sguazza nel latino... non finisce l'epistola, sfiora il
Vangelo, passa davanti al Credo senza entrare, saluta di lontano il Prefazio... precipitando così, a salti e a slanci, nel più profondo dell'inferno.
Anche il buon popolo novellava di un don Giuseppe, uso, benché giovane,
a celebrare anche lui a scappa e fuggi. Un suo benefattore di seminario
l'andava ogni tanto a trovare nel paese in cui era cappellano, ma una
volta s'era rattristato forte nel vederlo strapazzare le cerimonie della
Messa e s'era confidato mestamente con un amico: «Povero Cristo in mano
a Beppe!». Ma ecco il figlioccio portato improvvisamente via da una
meningite. La mesta confidenza del benefattore allo stesso amico non si fece aspettare, questa volta capovolta: «Povero Beppe in mano a Cristo!».
Ci
guarderemo bene dall'essere frettolosi e trascurati come l'abate
Balanguère e don Beppe, ma neppure faremo consistere tutto o quasi tutto
nel semplice eseguire con esattezza e precisione. I riti nuovi (o,
meglio, rinnovati) non sono soltanto qualcosa da eseguire appuntino;
sono segni, che portano noi a capire meglio certe verità misteriose e
che portano a noi certi aiuti di Dio. Il grandissimo aiuto è soprattutto
Gesù realmente presente ma non dimenticheremo che anche il ritrovarsi
insieme i fedeli,
in veste e funzione di chiamati da Dio e di rispondenti al suo appello,
è grande cosa. Tanto più grande, quanto più numerosi essi si accostano
alla stessa mensa a mangiare lo stesso Corpo e Sangue di Cristo, che
entrando, unico, in ciascuno di essi, li unisce sempre più tra loro col
glutine della
carità. E cosa da non trascurare, che io, celebrante, rappresenti
visibilmente Cristo; in nome suo, al «seggio presidenziale» o
all'altare, presiedo l'Assemblea, ne sono responsabile, ne suscito e
guido la preghiera comunitaria. Sacerdotem oportet praeesse!
Presiedere e quindi trascinare con me, dietro a me, presidente, colla
voce adatta, col gesto grave e, soprattutto, colla santità della
vita. La grande cura non sarà solo nel prepararmi ad eseguire le
cerimonie mie, ma anche nel penetrarmi di convinzione ed entusiasmo e
nel preparare i fedeli a capire, a fare, a cantare, organizzando ed insegnando.
E insegnerò, soprattutto, a sentire e vivere i due grandi momenti della
Messa, oggi ben distinti per il luogo. Mostrerò il seggio, il leggìo o
l'ambone con il Lezionario e dirò: qui si svolge il primo tempo, il
tempo del Libro! Dice il profeta: «II leone rugge, chi non tremerà? Il Signore parla, chi non profeterà?» (Amos).
Ricordatelo: quando Dio parla, bisogna ascoltare con rispetto e
rispondere. Dio ci parla nella prima lettura, nel Vangelo, nell'omelia;
noi risponderemo subito con il canto, con il Credo, coi propositi santi; nel resto del giorno risponderemo con la vita buona, con generosi sforzi per migliorare. Si compirà così la Liturgia della Parola!
All'altare,
invece, si svolge la Liturgia eucaristica, il cui centro è quando il
Corpo e il Sangue di Cristo sono presenti sull'altare. In quel momento
sale davvero a Dio Padre l'adorazione perfetta e viene fatta un'offerta
straordinaria: vittima pura, santa, immacolata è il Cristo! Ma, perché
supplichiamo Dio che guardi al dono offerto «con volto propizio e
sereno»? Perché, colla Vittima pura, osiamo offrire anche le povere cose
nostre: fatiche, pene, dolori. A questo punto la Liturgia nostra si
inserisce nella Liturgia del Ciclo.
Lassù Giovanni (Ap 7) ha visto un angelo, che, turibolo d'oro in mano e
carico di aromi, metteva tutto su un altare. «Metti anche i nostri
doni, o Signore, su quell'altare altissimo!».
Se l'adorazione e l'offerta sono il centro, la cornice della
Liturgia eucaristica è costituita dalla «grande preghiera», il Canone.
Ma ciò che più risalta, nel Canone, è il ringraziamento: «Rendiamo
grazie al Signore», dice l'Assemblea. «È cosa buona e giusta, è per noi
dovere e salvezza rendere grazie a te sempre e dovunque», dice il
celebrante. E aggiunge: non solo la terra, ma anche il Cielo; non solo
noi, ma tutti, anche i Cherubini, i Serafini, tutti ringraziamo, ad una
voce sola! Succede qui come quando una città fa una gran festa per
regalare una medaglia d'oro a un insigne benefattore. Il cuore della festa è l'offerta della
medaglia. Chi fa il discorso ufficiale, però non ama insistere sulla
medaglia: sarebbe inopportuno dire: la medaglia che le regaliamo, è
magnifica, è finissima! Conviene, invece, enumerare i meriti che hanno
provocato il dono, e cioè ringraziare! Si cerchi di far sentire
all'Assemblea la grandezza della «grande preghiera» nel suo inizio (prefazio) e nella sua conclusione (dossologia). Prima il Sanctus poi l'Amen finale detto o cantato da tutti con tutta l'anima siano davvero l'approvazione cordiale e corale di tutto un popolo.
Altre difficoltà vengono dall'esterno. Nella recente udienza del 14
gennaio il Papa ha insistito sul dovere di accettare e mettere in
pratica senza riserve la riforma liturgica e ha chiesto che si
modifichi, se del caso, la propria mentalità abituale a favore della
nuova pedagogia spirituale nata dal Concilio. Vedo dalla stampa che,
per contro, qualcuno manifesta dei timori: «Tolto il latino - si dice -
casca la maestà della Messa, cascano il senso del sacro e del mistero, è messo in pericolo tutto un tesoro di musiche, che fanno da secoli la gloria della
Chiesa!». È sorta perfino l'associazione internazionale «Una voce», con
lo scopo di assicurare che si conservi il latino almeno per certe parti
e per certi casi. Un noto scrittore cattolico inglese s'è sentito
pervaso a favore del latino
liturgico dallo stesso ardente zelo, che Neemia (13,8 ss.) sentiva per
l'ebraico contro l'uso dei dialetti aramaici. Non è arrivato, come
Neemia a rimproverare, maledire, percuotere e strappare i capelli,
limitandosi a scrivere ed a organizzare la partecipazione di gruppi alle
sole «Messe vecchie»! Più di lui si avvicinano a Neemia i nuovi
profeti, che in gruppo - comprese venerande signore - nelle chiese di
Francia e nella stessa Notre-Dame di Parigi, a sfida e protesta, rispondono in latino al francese del celebrante!
Cosa dire? Che s'abbia fiducia nella Liturgia nuova e si seguano senza esitazione le direttive del Papa e del Concilio.
Al Concilio, nella appassionata discussione sulla Liturgia, i casi si sono rivelati due.
Primo:
«Lasciate tutto o quasi come sta e giace; con il latino, coi riti
comprensibili solo in parte, a prezzo di non facili spiegazioni e
impregnati di Medioevo latino-germanico! Piacerete ad un certo numero di
iniziati dal gusto raffinato, nutriti di classicità o sentimentalmente
legati a quel dato rito, a quel certo modo di cantare! Ma la massima
parte dei fedeli resterà senza capire, non ricaverà dai riti tutto l'aiuto che potrebbe e continuerà ad estraniarsi dalla Chiesa!».
Secondo
caso: «Cambiate coraggiosamente! Fate una Liturgia che il popolo di
adesso capisce e sente! Cascherà qualche abitudine cara, si rinuncerà a
qualche tradizione veneranda, ma ne risulterà la possibilità di
adattarsi meglio alle varie situazioni e circostanze! Si seguiranno le
leggi della vita e la Liturgia sarà la quercia antica, che affonda sempre più le radici nel terreno del passato e, nel medesimo tempo, rinnova ogni anno il suo fogliame».
Questa
seconda soluzione è piaciuta alla stragrande maggioranza dei Padri, è
stata sanzionata dal Papa, dev'essere aiutata con il massimo impegno dai
sacerdoti, tra i quali sono sicuro di vedere volenterosi, aperti,
docili, i miei.
Albino Luciani, Un vescovo al Concilio. Lettere dal Vaticano II, Città Nuova Editrice, Roma 1983, pp. 90-95
* Bollelt. Eccl., 1965, pp. 74-78.
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Questa fotografia riproduce una cerimonia di enorme importanza simbolica: Paolo VI depone, definitivamente, la tiara sull’altare. È il grande obiettivo della Rivoluzione francese, attuato per mano di colui che sedeva sulla cattedra di Pietro; un risultato più importante della decapitazione di Luigi XVI, e anche della “breccia di Porta Pia”. Richiamiamo le parole del Pontefice della Massoneria Universale, Albert Pike: (Gli ispiratori, i filosofi e i capi storici della Rivoluzione francese avevano giurato di rovesciare la Corona e la Tiara sulla tomba di Jacques de Molay... Quando Luigi XVI fu giustiziato, la metà del lavoro era fatta; e quindi da allora l’Armata del Tempio doveva indirizzare tutti i suoi sforzi contro il Papato) (Albert Pike, Morals and Dogma, vol. VI, p. 156).
Undici mesi più tardi, Paolo VI completo' il suo atto di abdicazione rimettendo al Segretario Generale dell'ONU, M. U Thant, un birmano di alto grado massonico, i due altri simboli del suo Papato: l'ANELLO e la CROCE PETTORALE. In cambio, il 4 Ottobre 1965 ricevera' il simbolo di "Grande Sacerdote Ebreo" del Sanhèdrin (- Sinedrio): l'EPHOD, OSSIA IL PETTORALE CHE CAIFA PORTAVA AL MOMENTO DELLA CONDANNA DI NOSTRO SIGNORE.
Inoltre lo scellerato modernista Paolo VI si è potuto permettere
di invalidare le disposizioni liturgiche riguardanti la Celebrazione
Eucaristica che solennemente emise il suo Santo Predecessore Pio V, Lui stesso
l’ha detto: "Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse
all’antico, dopo matura deliberazione, in seguito alle istanze del Concilio
Vaticano II. Non diversamente il nostro santo Predecessore Pio V aveva reso
obbligatorio il Messale riformato sotto la sua autorità, in seguito al Concilio
Tridentino. La stessa disponibilità noi esigiamo, con la stessa autorità
suprema che ci viene da Cristo Gesù, a tutte le altre riforme liturgiche,
disciplinari, pastorali, maturate in questi anni in applicazione ai decreti
conciliari. Ogni iniziativa che miri a ostacolarli non può arrogarsi la
prerogativa di rendere un servizio alla Chiesa: in effetti reca ad essa grave
danno."(Conclave segreto)
Disse questo ignorando
allegramente le sante minacce con cui il Pontefice diffidava chi in futuro
volesse attentare all’ortodossia della Liturgica Cattolica, «E se
nondimeno qualcuno osasse attentare con un'azione contraria al Nostro presente
ordine, dato per sempre, sappia che incorrerà nell’ira di Dio Onnipotente e dei
Santi Apostoli Pietro e Paolo» (Papa Pio V, Costituzione
Apostolica "Quo Primum Tempore"), e lo fece emettendo un nuovo Messale
che praticamente quasi vietava l’uso del precedente: dimostrando che il
contenuto conclusivo di un Concilio non è affatto un Dogma inoppugnabile, come
non è stato considerato tale da Paolo VI quello di Trento! (Ma il Santo Concilio di Trento
era di natura dogmatica, eppure – colmo del controsenso! – fu annullato da un
Concilio di tipo pastorale!)
La cosiddetta “Messa Tridentina” fu promulgata e sigillata
nei secoli, sino alla fine del mondo, da San Pio V con la Costituzione
Apostolica Quo primum del 19 luglio 1570. Il Santo Papa dichiarava: «Con
il nostro presente decreto, valido in perpetuo, Noi determiniamo e ordiniamo
che mai niente dovrà essere aggiunto, omesso o cambiato in questo Messale». Al fine di vincolare i posteri, affermò che «mai,
in avvenire, un sacerdote, sia regolare che religioso, potrà essere costretto
ad usare un altro modo di dire la Messa». E, onde prevenire una volta
per tutte ogni scrupolo di coscienza o paura di sanzioni e censure
ecclesiastiche, aggiunse: «Noi qui dichiariamo che, in virtù della Nostra
Autorità Apostolica, decretiamo e decidiamo che il nostro presente ordine e
decreto durerà in perpetuo e non potrà mai essere legalmente revocato o
emendato in avvenire». Si può giudicare l’importanza che San Pio V
stesso attribuì al suo atto, leggendo queste sue parole: «E se nondimeno
qualcuno osasse attentare con un'azione contraria al Nostro presente ordine,
dato per sempre, sappia che incorrerà nell’ira di Dio Onnipotente e dei Santi
Apostoli Pietro e Paolo».
Di questo tenore sono le interdizioni e le censure di San
Pio V, oltre le quali è andato Paolo VI (1897-1978) con la sua Costituzione
Apostolica Missale Romanum del 3
aprile 1969, decretando forme nuove per la Messa e sostenendole con la seguente
dichiarazione: “Noi desideriamo che i Nostri presenti decreti e prescrizioni
siano fermi e validi per il presente e per l’avvenire, nonostante, nella
misura necessaria, le ordinanze promulgate dai nostri predecessori.”
Già nel 1969, gli autori del "Breve esame critico del Novus
Ordo Missæ", presentato a Paolo VI dai Cardinali Alfredo Ottaviani e Antonio
Bacci, affermavano: “E’evidente che il Novus Ordo non vuole più
rappresentare la fede (del Concilio) di Trento. A questa fede, nondimeno, la
coscienza cattolica è vincolata in eterno. Il vero cattolico è dunque posto, dalla
promulgazione del Novus Ordo in una tragica necessità di opzione”.
“Addirittura imbarazzante la risposta che Paolo VI darà
all’amico Jean Guitton nel novembre 1976. Durante un incontro privato Guitton,
di fronte al disastro prodotto dalla riforma liturgica, con i tanti abusi
permessi, segnala a Paolo VI anche l’irrazionalità e l’autoritarismo con cui si
è proceduto: “L’opinione generale non può ammettere che tutte le Messe
siano consentite salvo quella di San Pio V, Messa che tutti i Vescovi dicevano
durante il Concilio”. Poi dice al Papa che: “Sarebbe auspicabile
[…] l’annullamento dell’interdizione fatta in Francia di dire questa Messa di
San Pio V che il Concilio non ha mai preteso abolire.”
La risposta di Montini è perentoria e agghiacciante:
“Questo mai!” Ma ancora più incredibile la motivazione: “Questa
Messa, come lo si vede ad Econe, diviene il simbolo della condanna del
Concilio. Non accetterò mai che si condanni il Concilio per mezzo di un
simbolo.”
(Jean Guitton, Paolo VI segreto, cit., pp. 144-145).
“Inutile sottolineare, come fa Guitton, che il Concilio
non aveva affatto abolito quella Messa, che la nuova liturgia ha disastrato la
Chiesa e che è stata un’ imposizione autoritaria dello stesso Paolo VI che
doveva prendersi le sue responsabilità senza farsi scudo del Concilio. Papa
Montini fu ostinato a non volerla dar vinta ad Econe e agli altri Suoi critici.
Pur vedendo “auto- demolirsi”, non volle ammettere di aver sbagliato. Così sino
alla fine.”
(Antonio Socci “Il quarto segreto di Fatima”, nota
n°357 pag. 211)
“In quelle pagine il futuro papa rievoca la
pubblicazione del messale di Paolo VI, con il divieto quasi completo del
messale precedente. Commenta Ratzinger: “Rimasi sbigottito per il divieto
quasi completo del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era
mai verificata in tutta la storia della liturgia. Si diede l’impressione che
questo fosse del tutto normale. Il messale precedente realizzato da San Pio V
nel 1570, faceva seguito al Concilio di Trento; era quindi normale che, dopo
400 anni e un nuovo Concilio, un nuovo Papa pubblicasse un nuovo messale. Ma la
verità storica è un'altra. Pio V si era limitato a far rielaborare il messale
romano allora in uso, come nel corso vivo della storia era sempre avvenuto lungo
tutti i secoli […] senza mai contrapporre un messale ad un altro. Si è sempre
trattato di un processo continuativo di crescita e di purificazione, in cui
però la continuità non veniva mai distrutta […].” “Ora invece - scriveva
Ratzinger - la promulgazione del divieto del messale che si era sviluppato nel
corso dei secoli, fin dal tempo dei sacramentali dell’antica Chiesa, ha
comportato una rottura nella storia della liturgia, le cui conseguenze potevano
essere solo tragiche […] si fece a pezzi l’edificio antico e se ne costruì uno
nuovo […]. Per la vita della Chiesa è drammaticamente urgente un rinnovamento
della coscienza liturgica, una riconciliazione liturgica, che torni a
riconoscere l’unità della storia della liturgia e comprenda il Vaticano II non
come rottura, ma come momento evolutivo.”
(Joseph Ratzinger, “La mia vita”, cit., pp.
113-115/Antonio Socci, dal suo libro: “Il quarto segreto di Fatima”, nota n°361
a p. 212)
L’incredibile
discorso fatto da Paolo VI all’amico Jean Guitton, fa comprendere in
pieno ciò che in realtà aveva in mente di fare e ha fatto codesto Pontefice:
“E’ qui che la grande novità verrà notata, la grande
novità del linguaggio. Non sarà più in latino, ma la lingua parlata sarà la
lingua principale per la Messa. L’introduzione del vernacolo costituirà
certamente un grande sacrificio per coloro che conoscono la bellezza, il potere
e la sacralità espressiva del latino. Stiamo dipartendoci dalla lingua
parlata nei secoli Cristiani; siamo quasi come dei profani intrusi all’interno
della riserva letteraria dell’espressione sacra. Perderemo una gran parte di
quella cosa artistica e spirituale, dalla bellezza incomparabile, quale è il
canto Gregoriano. Avremo motivi per rimpiangere questa decisione o almeno
per essere perplessi. Cosa potremo mai sostituire alla lingua degli Angeli?
Stiamo dando via qualcosa dal valore incalcolabile, perché? Cosa ci può mai
essere di più prezioso di questi valori, tra i più elevati della nostra Chiesa?
La risposta sembrerà banale, quasi prosaica. Ma è una buona risposta in quanto
umana, apostolica. La compressione della preghiera è più importante dei
sontuosi vestiti in cui è regalmente vestita. La partecipazione della gente è
più preziosa - in particolare la partecipazione
della gente moderna - che apprezza il
linguaggio semplice, che
possa essere facilmente compreso e convertito nel
linguaggio di tutti i giorni”.
Chiunque ha preso
parte a codesto scempio della Liturgia di sempre, non ha fatto altro che
portare avanti ciò che lo scellerato Martin Lutero disse 500 anni fa’:
«Affermo che tutti gli omicidi, i furti, gli
adulterii sono meno cattivi che questa abominevole Messa …» (Lutero. Sermone della 1° domenica d’Avvento)
“Quando la
Messa sarà rovesciata, io penso che avremo rovesciato l’intero papato.” (Lutero. Trattato contro Henricum).
E ancora sempre molto “gentilmente" e con
più colori: «Quando la messa sarà stata rovesciata, io sono
convinto che avremo rovesciato con essa tutto il papismo. Il papismo,
infatti, poggia sulla messa come su di una roccia, tutto intero, con i suoi monasteri,
vescovadi, collegi, altari, ministeri e dottrine, in una parola, con tutta la
sua pancia. Tutto ciò crollerà necessariamente
quando sarà crollata la loro messa sacrilega e abominevole. Io dichiaro che tutti i bordelli, gli omicidi, i
furti, gli assassinii e gli adulterii sono meno malvagi di quella abominazione
che è la messa papista.»
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Ecco che cosa hanno rigettato questi Pontefici modernisti promulgatori delle terrificanti "novità" teologiche partorite nel Conciliabolo Modernista Vaticano II.
"...La prima Eccellenza dei Sacerdoti è la Potenza. Grande è la Potenza della Creazione di Dio Padre; per la quale il Padre e il Creatore di tutte quante le cose, ascolta, disse, e (le cose) furono create. In sei giorni operò: nel primo, la luce; nel secondo, il firmamento; nel terzo, i mari, le terre, e le piante; nel quarto, i luminari del cielo; nel quinto, i pesci e gli uccelli; nel sesto, l’uomo, signore di tutte le cose; nel settimo, si riposò. Questa, (è) la Potenza del Padre nel creare, con la quale realizza le cose create, terrene, corporee, corruttibili.
Il Sacerdote in verità con la sua Potenza del Sacro Ufficio che cosa crea? Colui che non è stato creato; la Causa delle cause; Gesù Cristo, Dio e Uomo, che non muore, né vedrà la corruzione. Con questo solo risultato tre volte massimo della funzione sacerdotale, ebbene, in paragone supera (la creazione) per mille volte mille miriadi di mondi; evidentemente apprenderai, che nessuna comparazione può esserci tra tutte le cose finite, con una sola cosa Infinita. Anche se dunque la potenza di Dio Padre ha creato il mondo e le cose che sono in esso; la potenza del Sacerdote, in verità, crea il Figlio di Dio nel Sacramento e il Sacrificio..."
Rivelazioni al B. Alano della Rupe riportate nell'Opera:
ALANUS DE RUPE B. Alanus Redivivus, De Psalterio seu Rosario Christi et Mariae tractatus.
ALANO DELLA RUPE Il Salterio di Gesù e di Maria genesi, storia e rivelazioni del Santissimo Rosario
"... Vedo talvolta nella mia mente una
moltitudine di operai evangelici che vanno gradatamente per tutta la
terra col calice santo di Redenzione, offrendo al Divin Padre il Divin
Sangue... ed insieme applicandolo alle anime... e mentre tanti abusano
del prezzo di Redenzione vi sia uno stuolo di anime che cerchino di
compensare i torti che riceve Gesù..."
S.Gaspare del Bufalo
...Convien dunque riprodurre le glorie della
Croce e del Crocifisso... ora necessita ridire ai popoli a qual prezzo
sian ricomprate le anime. Convien far conoscere per quali vie il Sangue
di Gesù monda le anime... convien rammentare che questo Sangue si offre
ogni mattina sull'Altare...
S.Gaspare del Bufalo
...Questo
è il prezzo della Redenzione, questo il motivo della mia fiducia onde
salvarmi; a questa divozione io voglio consacrare la mia vita e per
applicare il Divin Sangue sono io Sacerdote..."
S.Gaspare del Bufalo
"...Questo Divin Sangue si offre di continuo
nella Messa, questo si applica nei Sacramenti; questo è il prezzo della
salute; è, per ultimo (infine), l'attestato dell'amor di Dio fatto
Uomo..."
S.Gaspare del Bufalo
La Messa è l’opera più santa e divina.
Non può un uomo fare un’azione più sublime e più santa che celebrare una Messa. Nella Messa, il Verbo incarnato si sacrifica all’Eterno Padre e si dona a noi nel Sacramento dell’Eucaristia. Il medesimo Salvatore, che si offrì per noi sulla croce, si sacrifica sull’altare per mezzo dei Sacerdoti. Tutti i sacrifici antichi, con cui fu tanto onorato Iddio, non furono che un’ombra e figura del nostro Sacrificio dell’altare. Tutti gli onori che hanno mai dato e daranno a Dio gli Angeli coi loro ossequi e gli uomini colle loro opere e penitenze non hanno potuto, né potranno giungere a dar tanta gloria al Signore, quanta gliene dà UNA SOLA Messa.
Mentre tutti gli onori delle creature sono onori FINITI, l’onore che riceve Iddio nel Sacrificio dell’altare – venendogli ivi offerta una Vittima d’infinito valore – è un onore INFINITO. La Messa è l’opera che più abbatte le forze dell’inferno; che apporta maggior suffragio alle anime del Purgatorio; che maggiormente placa l’ira divina contro i peccatori e che apporta maggior bene agli uomini in questa terra... Poveri noi peccatori, se non vi fosse questo Sacrificio che placa il Signore!... O Maestà e Bontà infinita, Tu ami tanto gli uomini, Tu hai fatto tanto per essere amato dagli uomini... e come mai, poi, fra gli uomini, sono tanto pochi quelli che ti amano?...
S.Alfonso Maria De' Liguori
Quando si apre il vaso di Pandora non è più finita! I cosiddetti eccessi del postconcilio nascono esattamente perché si ha relativizzato e - in realtà - aborrito il passato. E tale opposizione al passato era l'anima dei riformatori conciliari.
RispondiEliminaNel corso del tempo, così, si ha avuto modo di assistere a seminaristi che usavano i paramenti e le mitrie canonicali quali maschere per il carnevale, a suore che sventravano chiroteche per strapparvi i ricami da applicare a stoloni (luterani), a seminaristi che cantavano mantra indiani nella cappella del seminario, mentre contemporaneamente, ad altri veniva loro proibito di cantare un "Adoro te devote", ecc.
Questi fatti da me elencati - realmente successi nei seminari del nord Italia e riferiti da testimoni oculari - sono indice che lo spirito del Concilione è tutt'altro che spirito di venerazione per le tradizioni. La rovina è stata ampia e diffusa e continua ad esserlo!
Paradosi
AHHAHAHHAHAH!!! Il concilio, dovete accettare il concilio, il concilio, dovette accettare il concilio.... altrimenti siete FUORI!!
RispondiEliminaSì, per fortuna: fuori da Babilonia...
RispondiEliminaAHAHAHAHAHAHAHAH!
Non vedete che fanno santo anche Paolo VI? Quale ulteriore prova vi ci vuole per convincervi della bontà del Concilio?? Convertitevi!!!!!!!
EliminaPaolo VI ed il Concilio erano degni l'uno dell'altro! E quelli che beatificano entrambi sono degni figli di tutti e due. Modernisti, già condannati e scomunicati dai Papi sicuri di Santa Romana Chiesa.
EliminaAdesso capisco perchè i papi conciliari si sono tutti (compreso quello di oggi) rifiutati di celebrare l'unica Messa Cattolica: è l'assistenza negativa dello Spirito Santo che ha loro impedito di farlo. E' lo Spirito Santo che li ha scomunicati di fatto, e non permette loro di celebrare il Santo Sacrificio di Cristo, l'unico vero.
Ma Bravo anche l'Albino Luciani....
RispondiEliminaNon conoscevo proprio le sue esortazioni ad una messa + democratica!
Ed anche lui, forse, ha pagato il pegno a quelli che l'hanno eletto ma che non ha onorato abbastanza...
Mah ! Avevo letto che fosse sofferente di cuore e che non avesse avuto il coraggio di rivelarlo (non è quindi proprio corretto- non rivelare ciò-) e che fu stroncato da un attacco di cuore, ma un attacco di cuore può anche essere indotto...
Comunque, tutti insieme nel calderone beatifico: è il nuovo sistema mediatico per far grancassa sui fedeli ignari.
Sbatti fuori un beato all'anno e le fantasie sulla messa antica fuggono a colpi di modernità e di papi santificati.
Ma come? Così tanti papi beati in poco tempo? "Sai, l'ha detto il papa, che vuole così!" "Ahhh, beh, se lo dice il papa Ratzinger !" Ogni sua parola è legge, anche quando reinterpreta i Vangeli alla luce della mentalità di oggi...
Se beatificano Paolo VI possono beatificare anche Pierpaolo Pasolini, che ha filmato il Vangelo secondo Matteo e Padre Marcel, che ha inventato i Legionari di Cristo. Come già disse il cattolicissimo imperatore Carlo V: "Todos caballeros"!
RispondiEliminaE perché no? Non dimentichi che il compianto e venerabile padre Turoldo baciò la bara di Pierpaolo Pasolini ai suoi funerali dicendo: "E' stato un profeta incompreso!!!".
EliminaProfeta dell'omosessualità vissuta pubblicamente. Padre Turoldo avrebbe fatto bene a baciare la memoria dei veri Santi della Chiesa, senza compiere certi gesti "moderni" che sono l'esempio più lampante della CELEBRAZIONE DELLA MEDIOCRITA'. A questo porta la protestantizzazione conciliare.
EliminaAh, Pablito sesto, il famigerato bomber della Squadra (e compasso) di Sodoma? Non c'è da stupirsi che molti, anche qui, inneggino a lui. saranno anche loro di quella variopinta, gaia parrocchia...
RispondiEliminaRiccardo
Certo che a leggere i vostri commenti e tutta l'impostazione del vostro blog mi viene da chiedere...ma dov'è Cristo?
RispondiEliminaSiete intrisi di idolatria verso la tradizione dalla testa ai piedi. Insomma l'altra faccia della medaglia. Da una parte gli idolatri della modernità, dall'altra voialtri con la venerazione quasi morbosa per le forme e l'esteriorità della tradizione.
I fondamentalisti han fatto sempre e solo danni nella storia.
Franco