«... Dio vi ha eletti per colonne della Chiesa, acciocché siate strumento ad estirpare l’eresia, confondere le bugie, esaltare la Verità, dissolvere le tenebre e manifestare la luce». (Santa Caterina da Siena)
Questo che affermava la grande Santa Caterina oggi non si fà più anzi si può ben dire che si opera esattamente l'incontrario...
Interessante analisi, presa dal benemerito sito Unavox, sulle recenti nomine fatte da Benedetto XVI, che molti dicono sono state fatte per accellerare l'accordo della San Pio X con gli assassini della fede. Non ci stupiamo di queste nomine difatti Ratzinger è un modernista quindi scelglie quelli della sua combriccola. Molti obietteranno: "state insultando il Papa e anche le persone da Lui nominate, siete dei sedevacantisti". Noi risponderemo tranquillamente loro che i fatti pubblici confermano le nostre affermazioni, per esempio: "cari benpensanti papolatri, che nè pensate di queste rivelazioni dell'eretico Kongar sul modernista Ratzinger?:
"Al primo raduno della commissione a Nemi, dall’11 al 25 gennaio del ‘65, Ratzinger non fu presente di persona, ma nel dossier istruttorio a disposizione dei membri della commissione spiccava un suo testo – appena sfornato - sul fondamento teologico della missione della Chiesa («Considerationes quoad fundamentum theologicum missionis Ecclesiae»). Il documento, redatto in latino – e recentemente riproposto in uno studio dell’archivista Piero Doria, pubblicato sulla rivista del Centro studi sul Vaticano II della Pontificia Università Lateranense – ispirò alcuni passaggi del primo capitolo del decreto conciliare Ad Gentes, dedicato
ai principi dottrinali della missione della Chiesa. Anche oggi, in
vista del Sinodo sulla nuova evangelizzazione e dell’Anno della fede,
quel contributo ratzingeriano di teologia missionaria offre spunti quantomai attuali. Già nel 1965 il 38enne Ratzinger scriveva con autorevolezza che la missione «non è una
battaglia per catturare gli altri e prenderli nel proprio gruppo». Per
lui, la Chiesa non si muove alla missione per forza propria. È Cristo
stesso che, operando attraverso la Chiesa, attira a sé e al Padre i
cuori degli uomini. Ma proprio questo rende necessaria la missione
della Chiesa per la salvezza di tutti gli uomini: infatti «nessuno sforzo umano e nessuna religione in sé può salvarli, perché ogni salvezza viene da Cristo".
" I due, Ratzinger e Kongar, condividevano la stessa insofferenza per un’idea angusta di missione, che considerava vera attività missionaria solo quella intesa in senso classico, come annuncio del vangelo tra i pagani. Un’impostazione che a loro giudizio finiva per ridurre tutto a questioni tecniche e giurisdizionali legate alla fondazione di nuove diocesi nei territori considerati “di missione”. Per Ratzinger, come per Congar, occorreva invece partire da una percezione unitaria della missione e della sua sorgente teologica, per poi prendere in considerazione i diversi contesti e le diverse circostanze nelle quali essa si realizza".
Disse quell'eretico patentato di Congar su Lutero, leggibile nel file di don Luigi Villa su di lui:
«Lutero è uno dei più grandi geni religiosi di tutta la storia. A questo riguardo io lo metto sul medesimo piano di S. Agostino, S. Tommaso d’Aquino o Pascal… In un certo senso, egli è anche più grande. Egli ha ripensato tutto il Cristianesimo. Lutero fu un uomo di Chiesa»!
Ci arrivate? Avete capito? Oppure fate finta di non capire e difendete l'indiffendibile? Le vostre risposte poco ci interessano rimane il fatto che Ratzinger è un modernista e le Sue nomine confermano questa affermazione da noi sempre affermata pubblicamente...
Infine, per confermare che Congar era un eretico blasfemo riportiamo ciò che ha scritto Colafemmina nel suo Blog: " Caro Ratzinger, le confesso che orinare sul muro del Sant'Uffizio è stato un atto, per così dire, liberatorio!" Ebbene si Kongar pisciava sul muro del Sant'Uffizio e se ne rallegrava col suo amicone Ratzinger...
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Finalmente
un po’ di chiarezza!
Ovvero
La buona volontà
e la benevola disposizione
di Benedetto XVI nei
confronti della Tradizione
Le dichiarazioni di Mons. Di Noia e di Mons.
Müller
di Giacomo Fedele
È sentire comune dei cattolici affidarsi alla
Provvidenza nei momenti difficili. La cosa appare ingenua, se vista
dall’esterno, ma il cattolico che ha sperimentato l’intervento della
mano di Dio, sa per certo che il Signore non abbandona chi lo invoca,
specialmente quelli dei suoi fedeli che si rivolgono a Lui per
intercessione della Sua Santissima Vergine Madre.
Così “accade” che nei giorni in cui si svolge il Capitolo
generale della Fraternità San Pio X, nel corso del quale si
dovrà decidere dell’epilogo di 40 anni di lotte contro il
modernismo della Chiesa conciliare, ecco spuntare segni significativi
che potranno aiutare i capitolanti a maturare una decisione conforme
alla reale situazione della Chiesa in questi tempi, che si annunciano
sempre più tristi e bui, Dio permettendo.
Il 26 giugno il Papa ha nominato il newyorkese Mons. Joseph Augustine
Di Noia, sessantanovenne teologo domenicano di origine italiana,
Vicepresidente della Commissione Ecclesia
Dei.
Certuni hanno pensato che con questa nomina venisse di fatto esautorato
il Segretario della Commissione, Mons. Guido Pozzo. In realtà il
Papa ha voluto riequilibrare, pensiamo, l’organigramma della
Commissione, il cui Presidente finora era lo stesso Prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede, alla quale la Commissione
è stata aggregata nel 2009. In tal modo la Commissione,
nonostante lo si chiami vice, ha adesso un suo proprio
presidente, come peraltro era stato fin dalla sua nascita nel 1988. Per
di più, nella prospettiva della sostituzione, per limiti
d’età, del Prefetto Card. Levada, era logico che si alleggerisse
il carico di lavoro del nuovo Prefetto, rendendo più snello il
lavoro della Commissione.
La nomina del nuovo Vicepresidente, che è stato elevato alla
dignità di Arcivescovo, ha fatto pensare ad una più
oculata gestione della pendente situazione della Fraternità San
Pio X. Situazione che, si dice, starebbe molto a cuore a Benedetto XVI,
anche in considerazione del fatto che fu proprio il Card. Ratzinger che
non riuscì a portare a buon fine nel 1988 la ricomposizione fra
la Santa Sede e Mons. Lefebvre.
L’arrivo di Mons. Di Noia dovrebbe costituire, quindi, un’accelerazione
nel processo di regolarizzazione della Fraternità San Pio X.
Accelerazione che qualcuno associa ad una migliore disposizione della
Commissione nei confronti della Fraternità: che verrebbe
agevolata da questa nomina, si dice, nell’ottica delle decantate buona
volontà e benevola disposizione di Benedetto XVI nei confronti
della Tradizione.
Per cercare di trovare una qualche conferma a questo ottimismo, siamo
andati a leggere l’intervista che il neo designato Mons. Di Noia ha
rilasciato a Edward Pentin del National
Catholic Register, il 1 luglio
scorso.
Siamo rimasti esterefatti!
Monsignor "Ma che noia sempre le stesse cose dette dai modernisti"
Si tratta di un’intervista dove saltano all’occhio due cose che
delineano, in modo chiaro e inequivocabile, lo stato miserando in cui
si trova oggi la gerarchia cattolica generata dal Concilio Vaticano II:
la triste povertà delle argomentazioni e l’accumulo dei noti
luoghi comuni sul Concilio e sulla Fraternità, nonostante il
vantato studio sulle due materie.
Abbiamo
riportato a parte l’intervista, per intero, sia a titolo di
documentazione, sia perché i lettori si possano rendere conto se
noi esageriamo o se, addirittura, non minimizziamo.
Quando commentammo l’intervista di Mons. Pozzo del 2 luglio del 2010,
ci impegnammo ad esaminarla con circospezione, perché si
prestava ad essere presa seriamente in considerazione, data
l’articolata argomentazione dell'allora nuovo Segretario dell’Ecclesia Dei. Nel
leggere questa intervista di Mons. Di Noia ci è venuto da
pensare che in questa Pontificia Commissione, più si sale e
più si trova di peggio: che succederà quando andremo a
tastare il polso all’anch’egli nuovo nominato Presidente dell’Ecclesia
Dei e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede,
Mons.
Gehrad Ludwig Müller?
Lo vedremo di seguito. Per intanto guardiamo alcune
perle di Mons. Di Noia.
…la Fraternità pensa, certo, che
tutto l’insegnamento sulla libertà religiosa si sia allontanato
dalla Tradizione. Ma certe persone molto intelligenti hanno provato a
sottolineare che si tratta di uno sviluppo consistente. Quello che
cerco di sostenere è che loro devono dire che nel Concilio non
v’è niente che sia contrario alla Tradizione e che ogni
testo, o
ogni parte di esso che viene contestata, dovrebbe essere letto nel
contesto del Concilio, e letto alla luce della Tradizione. Mi sembra
che nonostante le loro difficoltà dovrebbero essere in grado di
farlo.
Che dire? A parte la
gratuita battuta sulla poca intelligenza della Fraternità, Mons.
Di Noia sfonda una porta aperta… peccato che si tratti di una porta che
non porta da nessuna parte, tranne che al Concilio Vaticano II… che
sarebbe semplicemente intoccabile. Mons.
Di Noia arriva tardi, i
modernisti è da cinquant’anni che lo ripetono, e con le stesse
argomentazioni.
…Voglio dire che si enfatizza
eccessivamente l’infallibilità. È per questo che Giovanni
Paolo II e Benedetto XVI hanno deciso di non definire infallibilmente
alcunché, perché si vede quello che succede. La gente
dice: “Devo credere solo a ciò che è stato definito
infallibilmente”. … Quindi, no, il Concilio contiene insegnamenti
vincolanti. I Padri hanno scritto come vescovi della Chiesa in unione
col Papa e per questo il Concilio è così importante. …Io
dico spesso che quello che conta non è ciò che hanno
inteso i Padri del Concilio, ma come lo si applica oggi. Si tratta
infatti di un documento vivente.
Come si possano conciliare
queste due affermazioni è davvero uno dei misteri della
neo-Chiesa conciliare. Mistero che dura da cinquant’anni e che secondo
il Papa attuale si spiegherebbe con l’ermeneutica della riforma nella
continuità. Ora, se
ciò che conta è l’applicazione odierna del Concilio,
è evidente che è tale applicazione ad essere vincolante…
ecco spiegato perché gli ultimi papi non vogliono definire
alcunché in modo infallibile… perché non v’è nulla
di infallibile in questa neo-Chiesa conciliare, tutto è mutevole
e legato all’interpretazione e all’applicazione che via via si ritiene
di dover praticare. È la logica implicita dei documenti viventi
o, se si vuole, della tradizione vivente, che inevitabilmente solo gli
uomini possono “vivere”, soprattutto gli uomini di Chiesa che hanno
trasformato il cattolicesimo in protestantesimo.
Se saranno accettati dalla Chiesa e
riammessi alla piena comunione, saranno una sorta di testimonianza
vivente della continuità… una testimonianza vivente che la
continuità tra il prima e il dopo Concilio è reale.
Preghiamo i lettori di
essere indulgenti con noi, ma non possiamo frenarci dall’esclamare:
ecco serviti i tradizionalisti che credono che la regolarizzazione
canonica della Fraternità serva a “tradizionalizzare” la Chiesa
conciliare!
Il loro nuovo Vicepresidente assicura che saranno testimoni
viventi della bontà cattolica del disastro di questi ultimi
cinquant’anni!
Essi devono dire: “Sì, credo che lo
Spirito Santo preservi la Chiesa dall’errore”. E allora io potrò
dire: “Bene, allora sei un cattolico”. La Fraternità è
stata alimentata da persone che usano la parola “errore”. Errore
è un termine vago nella Tradizione cattolica. Vi sono diversi
livelli di errore. A volte significa che sei caduto nell’eresia, altre
che sei sconsiderato.
Insomma, Mons. Di Noia
sostiene, in teologichese, che chi non dice che il Vaticano II è
totalmente privo di errore, non è cattolico!
Sulla base della sua spiegazione dell’errore, ci chiediamo: il nuovo
Vicepresidente della Commissione Ecclesia
Dei è un eretico o uno sconsiderato?
Il Concilio ha detto che ci sono elementi
della grazia nelle altre religioni e io non penso che questo dovrebbe
essere ritrattato. Io li ho visti, li ho conosciuti, ho
incontrato
luterani ed anglicani che sono santi.
Forse Mons. Di Noia non sa
che il mondo è pieno di santi… santi buddisti, musulmani,
indù, woodoo, ecc. … Vuoi vedere che Nostro Signore si è
sbagliato quando ha comandato di convertirli perché non vadano
all’Inferno? … Mah!
Se credono che Nostra Aetate sia stata interpretata malamente, allora
devono entrare nell’agone per interpretarla meglio. Piuttosto che
passeggiare fuori dal campo, essi devono giuocare la partita.
Ah! Questi panchinari di
“lefebvriani”, che criticano tutto standosene fuori dal campo… vengano
loro a giuocare la partita! E poi vedremo cosa saranno capaci di fare!
Speriamo davvero che la Fraternità non decida di scendere in
campo per giuocare con avversari così fallosi la partita del
destino della Religione cattolica: ne uscirebbe sconfitta e con le ossa
rotte.
Per il bene delle anime,
speriamo accoratamente che si limiti a continuare a preservare la fede
dei nostri padri.
Ma veniamo al nuovo Prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede e nuovo Presidente dell’Ecclesia Dei, (e noi aggiungiamo un autentico eretico modernista).
Mons. Gehrad Ludwig Müller, finora vescovo di Ratisbona, è
stato nominato il 2 luglio, e, come dice lui, è un teologo sia
come scrittore (circa 400 pubblicazioni), sia come esperto di diversi
organismi ecclesiali tedeschi, tanto che per 16 anni è stato
professore ordinario di Dogmatica presso l’Università
Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera.
La prima cosa che salta all’occhio è che perfino i vaticanisti
che da anni sono portavoce interessati delle stanze vaticane, hanno
fatto notare che a Benedetto XVI era stata sconsigliata tale nomina, a
causa delle diverse affermazioni eterodosse che il Müller teologo
ha avuto modo di pronunciare e di mettere per iscritto. Pare evidente
quindi che se il Papa ha deciso di nominarlo “custode della fede”,
queste affermazioni non siano poi così eterodosse o, se possono
sembrare tali a qualcuno, appartengono a quella libertà di
speculazione propria dei teologi moderni. D’altronde, lo stesso
accade
per il Card. Ratzinger, i cui testi sono cosparsi di affermazioni che
entrano ed escono tranquillamente tra ortodossia ed eterodossia, come
ha dimostrato Mons.
Tissier de Mallerais nei suoi studi. Così che a questo punto
l’unica cosa che si possa fare è condividere il parere di Mons.
Nicola Bux, il quale sull’argomento sostiene: «Un vero cattolico deve fidarsi
dell’autorità del Papa, sempre. In particolare, credo che
Benedetto XVI sappia quel che fa». Anche perché,
dice sempre Mons. Bux: «le cose
scritte da monsignor Müller appartengono alla sua stagione di
teologo e un teologo non produce dottrina, almeno immediatamente. Da
vescovo deve invece difendere e diffondere la dottrina non sua, ma
della Chiesa e credo che l’abbia fatto. Da Prefetto continuerà a
farlo, sotto la guida del Papa» (Intervista
rilasciata al vaticanista Andrea Tornielli il 5 luglio 2012).
Insomma, per farla breve, il
fatto che il Card. Ratzinger abbia detto e scritto cose contrarie alla
dottrina cattolica e il fatto che lo stesso si possa dire di Mons.
Müller, non inficia minimamente la funzione del primo, di
confermare i cattolici nella fede, né quella del secondo, di
custodire e preservare la dottrina.
Vista l’importanza di questa questione dell’eterodossia, rimandiamo il
lettore alla pagina che abbiamo dedicato alle concezioni
eterodosse di Mons. Müller, mentre qui ci limitiamo a
riprendere alcune affermazioni da lui pronunciate, non appena nominato,
in un’intervista all’agenzia della Conferenza Episcopale tedesca KNA e
pubblicata su Kath.net,
intervista che, anch'essa, abbiamo
riportato a parte a titolo di documentazione.
…il Santo Padre conosce me e il mio lavoro
teologico, non solo come autore, ma anche come esperto del Sinodo dei
Vescovi a Roma e dei comitati per l’ecumenismo e la fede della
Conferenza Episcopale tedesca.
Quindi nessun dubbio sulla
consapevolezza della scelta da parte di Benedetto XVI. Nessuno
può impedirci di osservare che in questa scelta abbia influito
non poco il fatto che Mons. Müller è un tedesco, allievo di
Ratzinger e in sintonia con lui anche adesso che è Benedetto
XVI. Sintonia che fa pensare che il Papa si fidi ciecamente di lui,
come sostenitore e custode del suo pensiero teologico.
La Congregazione è responsabile
della promozione della dottrina della fede e non solo della sua
protezione. La riorganizzazione del 1965 ha posto quest’aspetto
positivo al centro. Si tratta di promuovere la teologia e il suo
fondamento nella Rivelazione, per garantirne la qualità,
nonché di considerare gli importanti sviluppi intellettuali su
scala mondiale. Non possiamo
semplicemente e meccanicamente ripetere la
dottrina della fede. Essa dev’essere associata agli sviluppi
intellettuali del tempo, ai cambiamenti sociologici, al pensiero della
gente.
C’è poco da
analizzare in questa affermazione. Qui si dice, papale papale, che il
compito del “custode” della dottrina della fede non è quello di
custodire, ma di innovare, associando l’insegnamento di Cristo e degli
Apostoli, e quindi l’insegnamento bimillerario della Chiesa, “agli sviluppi intellettuali del tempo, ai
cambiamenti sociologici, al pensiero della gente”.
Complimenti per la chiarezza.
Mai questa grande e illuminata verità del Concilio Vaticano II,
“assistito dallo Spirito Santo”, era stata detta in modo così
stringato e lapidario.
Lo si tenga a mente: non si
può ripetere la dottrina della fede, ma la si deve associare,
giorno per giorno, anno per anno, papa per papa, al pensiero della
gente. Così che se la gente, nella sua profonda saggezza, vox populi,
vox Dei, giunge a
capire che la Chiesa è in errore, la Congregazione per la
Dottrina della Fede, con in testa il suo Prefetto assistito dai
suggerimenti e dal placet del
Papa, si industrierà per
associare San Tommaso a Pinco Pallino… sempre e solo Ad
Maiorem Dei Gloriam.
E non esageriamo affatto, poiché Mons. Müller
incalza:
Si tratta della giusta comprensione della
natura e della missione della Chiesa, di trovare il giusto equilibrio
tra il separarsi dal mondo e l’adattarsi ad esso, così che
possiamo servire realmente il mondo in nome di Gesù Cristo.
Come dire che Nostro
Signore si sarebbe incarnato, avrebbe subito la Passione, sarebbe stato
Crocifisso, sarebbe Risorto, sarebbe asceso al Cielo e siederebbe alla
destra del Padre… per servire il mondo!
Così che la Sua Chiesa debba oggi, dopo il Vaticano II,
adattarsi al mondo!
C’è
ancora bisogno di andare a spulciare i testi di questo vescovo tedesco
allievo di Ratzinger, per cercare di capire se è ortodosso o
eterodosso?
…il Concilio Vaticano II è stato un
evento meraviglioso, sebbene di un tipo po’ diverso rispetto ai concili
precedenti. La sua legittima intenzione era, non solo di rispondere a
certi errori per correggerli, ma di fornire una visione globale
della
fede cattolica. Non mirava a singoli elementi, ma al quadro generale, alla grande
architettura della Chiesa attuale composta da ampie sale
dove ci si può sentire a casa e vivere gioiosamente.
Che Mons. Müller si
sia lasciato prendere dalla foga dell’intervista, è
comprensibile, ma, di grazia, dove ha visto che il Vaticano II ha
risposto a certi errori per correggerli?
Per un vescovo è
davvero grave che si abbandoni alla fantasia.
In una cosa ha ragione, Mons.
Müller, e la dice con una brillante metafora: il Concilio Vaticano
II ha ridotto la Chiesa in un grand’albergo, con camere di ogni specie,
dove chiunque arrivi viene accolto con tutti gli onori, perché
possa fare i comodi suoi, sentirsi a casa e vivere gioiosamente.
Venghino, signori, venghino!… Quanta più gente entra… tante
più bestie si vedono!
E voilà! Il giuoco
è fatto!
Chissà cosa ne
penserà di questa generosa profferta la Fraternità San
Pio X?!
Ma ecco che subito Mons. Müller precisa:
Occorre piuttosto essere aperti
all’insieme della fede cristiana, all’intera professione di fede, a
tutta la storia della Chiesa e allo sviluppo del suo insegnamento. Si
dev’essere aperti alla tradizione vivente, che non finisce da qualche
parte – diciamo nel 1950 -, ma va avanti.
Concetto che Mons.
Müller ha ribadito in una intervista a Radio Vaticana del 4
luglio: L'obiettivo
è sempre l'unità della Chiesa e dei fedeli con la Chiesa.
Si può essere cattolici, solo se si riconosce pienamente la fede
della Chiesa. Ciò
include il magistero e nel magistero ha un
ruolo particolarmente importante anche il Concilio Vaticano II.
Esattamente il contrario di
ciò che sostiene da quarant’anni la Fraternità, e con
essa tutti i fedeli cattolici che in questi anni hanno portato avanti
con essa l’impari lotta contro la deriva protestante innescata dal
Vaticano II.
***
Per quanto possano sembrare scandalose queste affermazioni, occorre
porre mente al fatto che qui ci troviamo al cospetto di una teologia
che si è sviluppata, e non a caso, nella stessa area di lingua
tedesca che ha visto nascere il protestantesimo di Lutero e compagni.
La stessa area che oggi annovera la nascita di “movimenti” ecclesiali
che vogliono una Chiesa diversa, democratica – Noi siamo chiesa
-, con le donne prete e con i preti sposati (magari con le donne
prete!) - Chiamata
alla disobbedienza. La stessa area che agendo ieri al Vaticano
II, faceva dire, con il titolo di un famoso libro-denuncia, che “Il Reno si getta nel Tevere”. La
stessa area in cui è radicata quella sorta di “complesso di
colpa” da cui scaturisce l’idea che siccome
Hitler ha massacrato gli Ebrei, tutta la Chiesa, buttando
alle ortiche i Padri della Chiesa, deve riconoscere che essi sono
sempre i prediletti da Dio, i fratelli maggiori, che non sono
responsabili della Crocifissione, che il Giudaismo è una via di
salvezza. Senso di colpa che, al pari del Reno che si getta nel
Tevere, ha introdotto nella Chiesa il vezzo che chiunque parli teologicamente della
dottrina della sostituzione venga bollato come “antisemita” (che
poi è un termine che non c’entra niente, perché gli Ebrei
non sono i soli figli di Sem, ma, tra tutti gli altri semiti, sono i
figli di Eber… ma anche questo termine è di fattura tedesca), e chiunque si permetta il lusso di fare
delle puntualizzazioni sul vergognoso sfruttamento della cosiddetta
Shoa, venga bollato come “anticattolico”, proprio da quegli
stessi cattolici che dovrebbero essere i primi a reagire di fronte alla
campagna anticattolica che da quasi settant’anni si porta avanti in
nome dei “poveri Ebrei”. Quegli
stessi “poveri Ebrei” a cui, sempre per lo stesso senso di colpa, si
perdona tutto, perfino la violazione della Terra Santa, perfino
l’uccisione dei cattolici palestinesi, perfino lo sradicamento della
religione di Cristo dalla terra che ha dato i natali al Cristianesimo. E tutto questo financo con l’avallo di
certi cattolici tradizionali, che influenzati da questo stesso senso di
colpa tedesco, non esitano a dare l’ostracismo a chi dei loro sodali si
permette di dissentire dal luogo comune dei “poveri Ebrei”.
Ci chiediamo: a quando la nomina di un tedesco modernista alla
Segreteria di Stato, perché si completi il Deutsch-Organigramm
della neo-Chiesa conciliare?
Ma, insomma, cosa c’entra tutto questo con l’eterodossia di
Mons. Müller?
C’entra, c’entra… nei termini in cui le cose non accadono
mai a caso.
Si è mai fatto il conto di quanti fossero i teologi modernisti
che hanno impresso la deriva al Vaticano II?
E si è mai andati a vedere da quale area culturale provenissero?
Si è mai fatto caso al fatto che gli schemi per il Vaticano II
approntati dal Card. Ottaviani vennero rigettati per iniziativa del
Card. Josef Frings, Arcivescovo di Colonia, assistito dal suo perito
Don Joseph Ratzinger, che svolse il compito di esaminare, prima della
presentazione, tutti i nuovi schemi del Concilio, dai quali sono
scaturiti i documenti finali?
C’entra, eccome! Basta leggere le dichiarazioni allucinanti dello
stesso Mons. Gerhard Ludwig Müller, effettuate nel corso di una
intervista rilasciata al noto settimanale liberale tedesco Die Zeit,
nella sua versione on-line.
Si tratta di un’intervista del 3 febbraio 2009, ma questo non toglie nulla alla sostanza delle
dichiarazioni rilasciate dall’allora vescovo di Ratisbona, oggi
Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, anzi, è
più logico e più serio pensare che Benedetto XVI lo abbia
chiamato a svolgere il compito di “custode della dottrina” proprio in
forza del suo pensiero, che lui conosce benissimo.
Con buona pace di tutti quegli amici cattolici tradizionali che
continuano a pensare che a Benedetto XVI stia a cuore la Tradizione.
L’unica tradizione che sta a cuore a Papa Ratzinger è la sua!
Anche qui, riportiamo solo alcune perle, senza commento, ché non
serve, e rimandiamo
alla lettura dell’intera intervista.
I
vescovi e i sacerdoti non sono riabilitati. Il Papa non ha fatto altro
che rispondere al loro desiderio di vedere revocata la scomunica. Adesso bisognerà valutare
se essi soddisfano ai requisiti che la Chiesa cattolica richiede per i
suoi sacerdoti.
In seguito alla scomunica, il
vescovo Williamson è sotto l’autorità del Papa e non di
quella dei suoi Superiori. Il
Santo Padre deciderà la sorte del vescovo. Io raccomando alla
Fraternità di abbandonare queste persone.
La Fraternità San Pio X
deve ritornare interamente sul terreno della Chiesa cattolica e riconoscere l’autorità del
Papa, le decisioni del Concilio Vaticano II e l’attuale legge della
Chiesa. Se lo fa, accetta anche che il seminario di Zaitzkofen ricada
sotto la supervisione della diocesi di Ratisbona. Il seminario dovrebbe
essere chiuso e gli studenti – se sono idonei - dovrebbero andare in un
seminario del loro paese d’origine.
Io ho scritto una lettera in
Vaticano e ho chiesto di verificare lo stato giuridico del seminario di
Zaitzkofen. Anche la costituzione della Fraternità dovrebbe
essere riesaminata dai canonisti.
La consacrazione illegale non
può portare ad un ricevimento ufficiale. L’episcopato è
un ministero di unità. I
quattro vescovi consacrati dall’Arcivescovo Lefebvre non hanno la
qualificazione per questo ufficio.
I
quattro vescovi della Fraternità San Pio X dovrebbero dimettersi
e non dovrebbero parlare in pubblico di questioni politiche ed
ecclesiastiche. È necessario che conducano una vita esemplare
come semplici sacerdoti o cappellani, per riparare ai danni che ha
causato lo scisma.
Ecco chi è il nuovo Prefetto della Congregazione per
la Dottrina della Fede, uomo di fiducia di Benedetto XVI.
Siamo arcistufi di questi pseudo prelati che si fanno chiamare teologi
e vengono riconosciuti come tali in alto loco, mentre invece dimostrano
di essere degli scadenti epigoni delle vecchie comuni sessantottine,
dove il concetto più profondo che si coltivava era: ammazzare un
fascista non è reato!
E queste reminiscenze “storico-politiche” ci inducono a pensare che non
può essere un caso che Benedetto XVI abbia scelto l'amico
Müller per questo posto così delicato nella Gerarchia della
Chiesa.
Se la Fraternità San Pio X accetterà
le proposte vaticane dovrà fare i conti col nuovo custode della
Dottrina, accettandolo come rappresentante ufficiale dell'insegnamento
cattolico.
Se la Fraternità San Pio X non
accetterà le proposte vaticane dovrà fare i conti
col nuovo custode della Dottrina, che probabilmente premerà per
una nuova scomunica.
Così, come dicevamo
all'inizio, si è fatta finalmente chiarezza e si è
dimostrato in che cosa consistano realmente la buona volontà e
la benevola disposizione di Benedetto XVI nei confronti della
Tradizione.
Meditate… gente! Meditate!
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Dopo aver letto questo interessante intervento, intendo rispondere a tutti coloro che ci accusano di sedevacantismo, che noi seguiamo la linea dottrinaria della vera Chiesa Cattolica sulla confutazione degli eretici oggi imperanti nella Chiesa:
San Francesco di Sales sul trattamento degli eretici distruttori della fede autenticamente cattolica: "Poichè un
cattolico gli aveva chiesto se poteva dir male di un eretico che
diffondeva le proprie dottrine velenose, gli rispose: «Sì, potete,
purchè non diciate di lui niente di contrario alla verità, e solo
parliate di ciò che sapete del suo cattivo modo di vita, presentando ciò
che è dubbio come dubbio e a seconda del grado maggiore o minore di
dubbio che avete su di ciò.» Lo affermò più chiaramente nella sua Filotea,
libro tanto prezioso quanto popolare, dicendo: "I nemici dichiarati di
Dio e della Chiesa debbono essere screditati più che si può. La carità
obbliga ciascuno a gridare "al lupo!" quando il lupo si è infilato nel
gregge, ed anche in qualunque luogo lo si incontri."
Da "El liberalismo es pecado" (Il liberalismo è peccato, 3a ed., Barcellona 1885) cap. XXI-XXIV, pag 93-112
[«La parte dottrinale di cotesto libro, la quale riguarda il liberalismo, è eccellente, conforme ai documenti di Pio IX e di Leone XIII, e giudicata dalla Sacra Congregazione dell'Indice dottrina sana.» La Civiltà Cattolica, anno XXXIX, vol. IX della serie XIII, Roma 1888, pag. 346.]
...Cominciò il Battista chiamando i farisei «razza di vipere;»
Gesù Cristo Nostro Signore non si astenne dall'apostrofarli con gli
epiteti di «ipocriti, sepolcri imbiancati, generazione perversa ed
adultera,»
senza per ciò ritenere di mancare alla santità della propria
mansuetissima predicazione. San Paolo diceva degli scismatici di Creta
che erano «menzogneri, male bestie, ventri pigri;» e lo stesso Apostolo chiamava Elimas il mago «uomo pieno di ogni frode e
menzogna, figlio del diavolo, nemico di ogni verità e giustizia» .
Se
apriamo la collezione delle opere dei Padri, incontriamo ovunque brani
dello stesso tipo, che essi non esitarono ad impiegare in ogni occasione
nella loro eterna polemica con gli eretici; ci limiteremo a citarne
solo qualcuno dei principali. San Gerolamo, nella sua disputa con
l'eretico Vigilanzio, gli rinfacciava la sua ex professione di oste
dicendo: «Hai imparato altre cose (e non la teologia) dalla tua più
tenera età, ti sei dedicato ad altri studi. Il verificare il valore
della moneta e quello dei testi della Scrittura, l'assaggiare il vino e
il comprendere i Profeti e gli Apostoli non sono certo cose che possano
essere tutte ben fatte dalla stessa persona.» E si noti che il santo
polemista prediligeva questa modalità di discreditare l'avversario,
poichè in altra occasione, attaccando il medesimo Vigilanzio che negava
l'eccellenza della verginità e del digiuno, gli chiese burlescamente «se
parlava così per non perdere i clienti della sua taverna.» Oh, quante
cose avrebbe detto un critico liberale, se mai uno dei nostri polemisti
avesse scritto ciò contro un eretico di oggi!
E che diremo di
san Giovanni Crisostomo nella sua famosa invettiva contro Eutropio la
quale, per il suo carattere personale ed aggressivo, non è comparabile
se non a quelle assai acerbe di Cicerone contro Catilina o contro Verre?
San Bernardo, famoso per la sua dolcezza, non era certamente melato
quando si trattava di nemici della fede; egli chiamava Arnaldo da
Brescia (grande agitatore liberale del suo secolo) a tutte lettere
«seduttore, vaso d'ingiurie, scorpione, lupo crudele.»
Il mite
san Tommaso d'Aquino dimenticava la calma dei suoi pacati sillogismi
per apostrofare con veemenza il suo avversario Guglielmo di Saint-Amour
ed i suoi discepoli chiamandoli senza ambagi: «nemici di Dio, ministri
del demonio, membra dell'anticristo, ignoranti, perversi, reprobi;» Luis
Veuillot non è mai giunto a tanto. Il dolcissimo san Bonaventura
riprendeva Gerardo [da Borgo San Donnino, N.d.T.] con gli epiteti di
«imprudente, calunniatore, spirito malefico, empio, impudico, ignorante,
bugiardo, malfattore, perfido ed insensato.» Nei tempi moderni ci si
presenta quell'affascinante modello che è san Francesco di Sales, il
quale per la sua squisita delicatezza e mansuetudine ha meritato di
esser definito viva immagine del Salvatore;
credete che avesse dei riguardi per gli eretici del suo tempo e del suo
paese? Suvvia! Perdonava loro le offese, li colmava di benefici, riuscì
persino a salvare la vita a chi aveva attentato contro la sua; giunse a
dire ad un suo rivale: «Se mi strappaste un occhio non cesserei di
guardarvi con l'altro come un fratello.» Ebbene: con i nemici della fede
non aveva nessun tipo di attenuante o considerazione. Poichè un
cattolico gli aveva chiesto se poteva dir male di un eretico che
diffondeva le proprie dottrine velenose, gli rispose: «Sì, potete,
purchè non diciate di lui niente di contrario alla verità, e solo
parliate di ciò che sapete del suo cattivo modo di vita, presentando ciò
che è dubbio come dubbio e a seconda del grado maggiore o minore di
dubbio che avete su di ciò.» Lo affermò più chiaramente nella sua Filotea,
libro tanto prezioso quanto popolare, dicendo: «I nemici dichiarati di
Dio e della Chiesa debbono essere screditati più che si può. La carità
obbliga ciascuno a gridare "al lupo!" quando il lupo si è infilato nel
gregge, ed anche in qualunque luogo lo si incontri.»
XXIII. Se è conveniente, combattendo l'errore,
combattere e discreditare la persona che lo sostiene e propaga.
Ma
qualcuno potrà dire: «Ciò passi per la dottrina in astratto; ma è
conveniente, combattendo l'errore per quanto evidente, attaccare la
persona che lo sostiene ed accanirsi su di essa?»
A questo
risponderemo che sì, moltissime volte è conveniente, e non solo
conveniente ma addirittura indispensabile e meritorio di fronte a Dio ed
alla società; e sebbene si possa dedurre quest'affermazione da quanto
già esposto, vogliamo tuttavia a questo punto trattarne ex professo a causa della grandissima importanza che riveste.
In
effetti non è poco frequente l'accusa che si fa all'apologista
cattolico di sconfinare sempre nell'ambito personale e, quando i
liberali e coloro che sono contagiati dal liberalismo rinfacciano ad uno
dei nostri di ricadere nel personale, sembra loro che egli manchi di
argomenti per condannarli.
Ma ciò nonostante non hanno
ragione; no, non ce l'hanno. Le idee cattive devono essere combattute,
si deve renderle odiose, spregevoli ed esecrande alla moltitudine che
costoro tentano di turlupinare e sedurre; e si dà il caso che le idee
non si sostengono da se stesse nell'aria, ne da sè si diffondono e si
propagano, nè da sè sole vanno a danneggiare la società, ma sono come
frecce e proiettili che non ferirebbero nessuno se non vi fosse chi li
lanciasse con l'arco e col fucile.
Dunque è all'arciere ed al
fuciliere che devono essere diretti in prima istanza i colpi di colui
che desidera distruggere il loro tiro mortale, ed un modo diverso di
fare la guerra sarebbe liberale quanto si voglia, ma mancherebbe di
senso comune. Quegli autori che propagandano dottrine eretiche sono come
soldati dotati di armi a proiettili avvelenati: le loro armi sono il
libro, il giornale, il pubblico discorso, l'influenza personale; non
basta allora scansarsi per evitare il tiro, no: la cosa principale e più
efficace è disabilitare il tiratore. Così conviene sottrarre ogni
autorità ed ogni credito al libro, al giornale o al discorso, e non solo
a questo, ma anche in alcuni casi alla persona; sì, la persona
dell'autore, poichè è lui l'elemento principale del combattimento, così
come l'artigliere è l'elemento principale dell'artiglieria, non la
bomba, nè la polvere da sparo, nè il cannone; in certi casi si possono
rendere pubbliche le sue infamie, ridicolizzare i suoi costumi, coprire
d'ignominia il suo nome e cognome. Sissignore; e ciò si può fare in
prosa, in versi, seriamente, scherzosamente ed in modo faceto, e con
tutta l'arte e con tutti i procedimenti che in futuro si potranno
inventare, solo bisogna tenere presente di non porre la menzogna a
servizio della giustizia, questo no; in ciò non si esca in nulla dalla
verità, ma nei limiti di questa si ricordi il detto di Crétineau-Joly: La verità è l'unica carità consentita alla storia, e si potrebbe aggiungere: Alla difesa della Religione e della società.
Gli
stessi santi Padri che abbiamo citato comprovano questa tesi; perfino i
titoli delle loro opere esprimono chiaramente che essi, combattendo le
eresie, si preoccupavano di dirigere il primo tiro contro gli
eresiarchi. Quasi tutti i titoli delle opere di sant'Agostino fanno
riferimento al nome dell'autore dell'eresia: Contra
Fortunatum manichaeum; Adversus Adamanctum; contra Felicem; Contra
Secundinum; Quis fuerit Petilianus; De gestis Pelagii; Quis fuerit
Julianus, ecc. Di modo che quasi tutta la polemica del grande
Agostino fu altrettanto personale, aggressiva, per così dire biografica,
quanto dottrinale; un corpo a corpo sia con l'eretico che con l'eresia.
E potremmo dire lo stesso di tutti i santi Padri.
Da dove ha
attinto poi il Liberalismo quella novità per la quale, combattendo
l'errore, bisogna prescindere dalle persone e perfino coccolarle e
carezzarle? Ci si attenga a ciò che la tradizione cristiana insegna su
questo argomento, e lasciamo che gli ultramontani difendano la fede come
la si è sempre difesa nella Chiesa di Dio; ferisca la spada del
polemista cattolico, ferisca e vada diretta al cuore, poichè questa è
l'unica maniera reale ed efficace di combattere!...
Magnifico, lucidissimo, magistrale, inoppugnabile. Formidabile.
RispondiEliminaMagari papi, vescovi e sacerdoti oggi parlassero con questa chiarezza e fermezza di idee e di Dottrina inalterabile !
ma si sa: hanno perso l'ancoraggio alla Roccia, al Logos, e la deriva continua...sempre più in alto mare. I docenti -staccati dal LOGOS- sempre più incoerenti, illogici, caotici e in contraddizione con la Dottrina perenne, causa terremoto conciliare, e le pecore sempre più allo sbando.
Grazie, Gianluca.
Ester
"Caro Ratzinger, le confesso che orinare sul muro del Sant'Uffizio è stato un atto, per così dire, liberatorio!"
RispondiEliminaQuesta frase del fu cardinal Congar dice più di un libro sui suoi riguardi ma manifesta pure l'insofferenza di molto clero per l'autorità e la dottrina tradizionale.
Questo spiega pure come, all'indomani della promulgazione del messale paolino, i rigattieri e gli antiquari si riempirono di carteglorie e supellettili per la messa "tridentina"....
Paradosi
Diciamolo francamente: leggendo che Di Noia è così pragmatista da non curarsi di ciò che i padri del concilio intendevano, che Mueller è così modernista e confuso ecc. ecc. viene da chiedersi: dov'è tutta questa intelligenza di questi sapientoni che hanno studiato tanto e pubblicato centinaia di libri? Tanta fatica per tanta banalità? Non mi sembrano per niente dei genii. Diciamolo forte che il re è nudo!
RispondiEliminaIl contrario di Congar direbbe:
RispondiElimina"Caro Ratzinger, le confesso che, se potessi......poi farei anche così a quelli come lei che si nutrono di simili personaggi........, poi, dal momento che è pure ostinato nel proseguire, allora......... Aggiungo che, per la salvaguardia dei fedeli cattolici che credono in lei come papa, mostrerei quanto ha scritto da sempre senza mai pentirsi, e quindi con una padella...........
Poi mi fermerei in rispetto alla sua veneranda età, non certo per la sua carica che avrebbe per coerenza umana, dovuto rifiutare; ma so anche che per "coerenza hegeliana" in cui tutto cambia e si adatta al mondo, lei ha accettato, ed allora ancora, con una padella.......
(N.B. per i "delicati" d'animo:una padella può essere usata anche per friggere pesciolini...)Spero di non aver esagerato,nel caso autorizzo a cancellare. "
RAGNOC (contrario di Congar)