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mercoledì 25 luglio 2012

San Pio X :"Ma che gioveranno, o Venerabili Fratelli, i Nostri comandi e le Nostre prescrizioni, se non si osserveranno a dovere e con fermezza?"

Nell'articolo del 21 Luglio abbiamo riportato le cosidette"condizioni" che la Fraternità Sacerdotale San Pio X sottoporrà alla gerarchia modernista, in primis al Pontefice oggi regnante, vediamo di nuovo quali sono:


Sono state anche definite meglio le Condizioni previe per un’eventuale normalizzazione delle nostre relazioni con la Chiesa ufficiale:
"Condizioni sine qua non", (quindi non trattabili, che la Fraternità si impone e che richiede alle autorità romane prima di considerare un riconoscimento canonico):

1.Libertà di conservare, trasmettere e insegnare la sana dottrina del Magistero costante della Chiesa e della verità immutabile della divina Tradizione; libertà di difendere, correggere, riprendere, anche pubblicamente, i fautori di errori o di novità del modernismo, del liberalismo, del Concilio Vaticano II e delle loro conseguenze;
(Qui mi viene da sorridere, allora ti siedi a contrattare con degli autentici delinquenti della fede, (e in questa richiesta sembra che codesti non lo siano), e dici loro che devi avere la libertà di riprendere pubblicamente i loro errori, chiaramente codesti personaggi non acetteranno mai anche in considerazione del fatto che la San Pio X, (nei sui rappresentanti accordisti "Tiepidi"), dovrebbero riprendere il Pontefice, (e quelli che trattano con loro l'ignobile "accordo pratico" che sono assieme proprio quelli che praticano il modernismo più sfrenato), dalla mattina alla sera in quanto loro, abitualmente, insegnano proprio quello che la Fraternità vorrebbe "riprendere pubblicamente", (Ecumenismo conciliare, la libertà religiosa, la nuova inacettabile Messa ecumenica, la Collegialità massonica conciliare, l'accettazione e approvazione di sette eretiche, quindi diaboliche, all''interno della Chiesa (Neocatecumenali in primis), i continui rapporti con il mondo comunista e massonico (precedentemente scomunicati dai Pontefici pre conciliari, ecc ecc..). In definitiva ti vuoi mettere sotto le braghe di questa gente e chiedi loro di poterli rimproverare, pubblicamente, ASSURDO E RIDICOLO, inoltre se dichiari che vuoi la: "Libertà di conservare, trasmettere e insegnare la sana dottrina del Magistero costante della Chiesa e della verità immutabile della divina Tradizione" devi immediatamente rompere ogni rapporto con questi fautori dell'errore che da 50 anni hanno occupato il Vaticano in maniera abusiva in quanto sono modernisti pubblici. Per esempio, per far comprendere che questa gente và confutata pubblicamente per quello che proclamano pubblicamente, leggiamo cosa ha detto Muller  nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, notorio eretico, in un intervista alla "Sueddeutsche Zeitung"): « ...il Concilio Vaticano II è obbligatorio per un eventuale accordo con l'ultra-conservatrice Fraternità San Pio X. Le dichiarazioni del Concilio relative alla libertà di religione, all'ebraismo e ai diritti umani hanno implicazioni dogmatiche. Non si possono rifiutare, senza compromettere la fede cattolica ». (come si evince, da quello che afferma, con questo personaggio non si può fare nessun accordo perchè il Suo dire fà sempre riferimento alle dottrine del conciliabolo, ed in questo caso particolare di Muller la San Pio X si metterebbe sotto la Sua autorità, in quanto Prefetto della Dottrina della Fede, nel caso di un accordo cosidetto "pratico" e questo sarebbe un autentico tradimento di tutto ciò che ha fatto Monsignor Lefebvre, e ricordiamoci sempre che questo lugubre personaggio al suo posto l'ha messo il Papa in persona). Facciamo un altro esempio: il Papa, il 23 Maggio ha eletto il Nuovo vice Camerlengo , (che sarebbe colui che amministra la Chiesa nel caso di Sede vacante ed è Bertone), monsignor Pier Luigi Celata, mette ulteriormente in evidenza che i modernisti detengono tutti i posti di governo della Chiesa e si eleggono tra di loro per continuare a mandare avanti la Ciesa secondo i principi eretici dell'ultimo Concilio, e per comprendere chi sia questo nuovo vice Camerlengo ci si vada a leggere ciò che dice in questo documento, che altro non è che un accozzaglia di nefandezze conciliari. E l'elenco delle nomine assurde sarebbe lungo da proporre in questo piccolo pensiero su questo primo punto delle richieste "sine qua non" al Vaticano.)
 
2.Usare esclusivamente la liturgia del 1962. Conservare la pratica sacramentale che abbiamo attualmente (inclusi l’ordine, la cresima, il matrimonio);
(Qui, giustamente, se si vuole essere autenticamente Tradizionali, si rifiuta, chiedendo l'esclusività di tutta la prassi Liturgica e sacramentale prettamente tradizionale, tutto il "nuovo" corso liturgico e sacramentale profondamente cambiato nel Conciliabolo Vaticano II che ha cambiato profondamente il volto della Chiesa. Per esempio Mons. Lefebvre nella famosa omelia di Lilla nell’estate calda del 1976 giustamente, fece questa affermazione sulla Messa di Paolo VI:una messa bastarda… celebrata da preti bastardi(laddove il termine "bastardo" veniva applicato ad un Sacramento eucaristico e di Ordinazione sacerdotale di dubbia origine). E perchè era giusto? Perchè l'aver tentato di sopprimere la vera Messa cattolica, Vetus Ordo, ha radicalmente cambiato la Lex Orandi e la Lex Credendi di milioni di persone, per lo più ignare di quello che hanno subito da parte di  questi corrotti modernisti, rimane un delitto. Oltretutto la richiesta del rito del 1962 di Giovanni XXIII non è casuale: in Vaticano non avrebbero mai accettato il Messale di San Pio V per cui hanno dovuto ripieghare sulla versione riformata da Giovanni XXIII. E che dire di questa riforma Giovannea? Già in essa vi sono contenuti dei cambiamenti, e se uno fosse veramente e coerentemente un amante della vera Tradizione della  Chiesa Cattolica, rigetterebbe codesta riforma perchè moralmente è inaccettabile adoperare revisioni fatte da chi ha permesso la distruzione della Chiesa attraverso il disastro Conciliare.
   Inoltre rimane un grosso problema e un'evidente ipocrisia da parte dei "tiepidi della Fraternità che vogliono l'ignobile accordo". 1) Il Papa nel Suo "Summorun Pontificum" liberalizza ciò che era già libero. Quo Primum  Tempore di San Pio V: "Anzi, in virtú dell'Autorità Apostolica, Noi concediamo, a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l'Indulto perpetuo di poter seguire, in modo generale, in qualunque Chiesa, senza scrupolo veruno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso Messale, di cui dunque avranno la piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente: cosí che Prelati, Amministratori, Canonici, Cappellani e tutti gli altri Sacerdoti secolari, qualunque sia il loro grado, o i Regolari, a qualunque Ordine appartengano, non siano tenuti a celebrare la Messa in maniera differente da quella che Noi abbiamo prescritta, né, d'altra parte, possano venir costretti e spinti da alcuno a cambiare questo Messale", e questa è la prima anomalia del documento del Pontefice Benedetto XVI, che va ha sdoganare un rito che i pontefici concilari non avevano mai ufficialmente soppresso. La seconda anomalia, ed è la più grave, equipara il "Novus Orror Missae" con il "Vetus Ordo" ed ancora più scandaloso definisce la vera Messa Cattolica  come "straordinaria", dimostrando che il presente Pontefice non ha nessuna intenzione di riportare in forma ordinaria ciò che è totalmente buono, pur di mantenere  ciò che è quasi totalmente non buono, per non sconfessare la perniciosa Riforma Liturgica conciliare. Quindi questo documento ha solo un merito, quello di riproporre la vera Messa cattolica, che era stata accantonata, perniciosamente, da ben 4 Pontefici; per il  resto rimane inaccettabile:
 
 ...Art. 1. del Summorum Pontificum: " Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è la espressione ordinaria della “lex orandi(“legge della preghiera”) della Chiesa cattolica di rito latino. Tuttavia il Messale Romano promulgato da S. Pio V e nuovamente edito dal B. Giovanni XXIII deve venir considerato come espressione straordinaria della stessa “lex orandi” e deve essere tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico. Queste due espressioni della “lex orandi” della Chiesa non porteranno in alcun modo a una divisione nella “lex credendi” (“legge della fede”) della Chiesa; sono infatti due usi dell’unico rito romano".
Mons. De Castro Mayer, scomunicato dalla gerachia modernista per aver partecipato alle consacrazioni del 1988, in una lettera a Mons. Lefebvre del 29 gennaio 1969, comunicava al suo confratello nell’episcopato la sua posizione sul Novus Ordo Missae:non si può partecipare alla nuova messa e per esservi presenti vi deve essere una ragione grave. Non si può collaborare alla diffusione di un rito che, benché non eretico, conduce all’eresia. È la regola che do ai miei amici(p. 441).
In definitiva se si facesse un cosidetto "accordo pratico che non riguardasse la fede" ci si porrebbe nella spinosa condizione di dover obbedire ai modernisti, finendo per non bocciare il  Novus Ordo come anticattolico ed essendo costretti ad usare un Messale già riformato da una persona di dubbia fede. 

 Esempio di "Nuova Messa Sacrilega" fatta da un prete eretico, don Farinella, che naturalmente nessuno del Vaticano ferma....

 
Senza contare che il Messale Giovanneo è stato toccato ancora ed entrerà in vigore il primo giorno dell'Avvento di quest'anno una sorta di "riforma della riforma" di questo messale. Quindi se Fellay e la sua cerchia di accordisti si metteranno sotto la barba del Papa modernista dovranno far celebrare la Messa con il rito riformato da Benedetto XVI. E questo rimane assolutamente inaccettabile. 

2) L'ipocrisia degli "accordisti tiepidi". Fellay nel 7 Luglio 2007 ha affermato "Cari fedeli, Il Motu Proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007 ristabilisce la Messa tridentina nei suoi diritti", dicendo chiaramente una cosa non vera, proprio in virtù di ciò che ho affermato nel 1° punto. alla fine della Sua lettera Fellay esclama: " è dunque con la stessa fermezza che dobbiamo continuare, con l'aiuto di Dio, la lotta per la lex credendi, il combattimento della fede". Se Fellay e la sua cerchia di accordisti avesse fatto ciò che ha affermato, avrebbe bollato nettamente tutto ciò che nel documento di benedetto XVI c'è di non veritiero e contro la vera tradizione, ma questo è storia, non è stato fatto, anzi, proprio in virtù di una volontà accordista con i modernisti ha scandalosamente  ringraziato chi mantiene in vita, come forma ordinaria il pernicioso rito ecumenico del "Novus orror Missae" e che sia pernicioso Fellay lo sa benissimo, sennò dovrei pensare che quando studiava nel seminario eretto da Monsignor Lefebvre o non ha capito niente di ciò che leggeva oppure dormiva durante le lezioni: "Per questo grande beneficio spirituale, la Fraternità San Pio X esprime al Sommo Pontefice la sua viva gratitudine". Affermava Monsignor Lefebvre
"...Che cosa di più bello Gesù poteva dare all'umanità, che cosa di più prezioso, di più Santo, quando moriva sulla croce? Il Suo Sacrificio. La messa è il tesoro più grande e il più ricco dell'umanità che Nostro Signore ci abbia donato...La Messa è "tutto per Dio". Perciò vi dico: per la gloria della Santissima Trinità, per l'amore di Nostro Signore Gesù Cristo, per la devozione della Santissima Vergine Maria, per l'amore della Chiesa, per l'amore del Papa, per l'amore dei Vescovi, dei Sacerdoti, di tutti i fedeli, per la salvezza del mondo...custodite il testamento di Gesù Cristo, custodite il Sacrificio di Nostro Signore! Conservate la Messa di Sempre!...". Se Fellay e la sua cerchia di accordisti, dato che hanno dichiarato che seguiranno l'esempio del loro fondatore e maestro, non rigetterà l'uso del Messale riformato Giovanneo e il Novus Orror Missae per utilizzare esclusivamente il Messale di San Pio V, incorreranno in un evidente ipocrisia che sà di tradimento.)
Infine stendiamo un velo pietoso sulla creazione all'interno della Fraternità del cosidetto G.R.E.C, Gruppo di riflessione tra cattolici, nell'anno 1997, che riunisce laici e chierici di ogni corrente “tradizionalista” e che sta lavorando sin dal 1997 alla loro “riconciliazione nelle forme giuridiche e istituzionali” con la Roma modernista. " Une fois Mgr Lefebvre décédé en 1991, les prêtres infiltrés et les laïcs complices se sont organisés de manière beaucoup plus efficace à partir de 1997 en créant le GREC, Groupe de Réflexion Entre Catholiques. Tout a commencé lors d’une rencontre entre le Père Lelong, M. l’abbé du Chalard et madame Huguette PÉROL à Albano, dans la Maison de la Fraternité Sacerdotale Saint Pie X, près de Rome, en 1995.
« Dans les années qui suivirent, écrit le Père Lelong, il (l’abbé du Chalard) ne cessa d’apporter au GREC un soutien aussi discret qu’attentif. Deux autres prêtres contribuèrent, de façon décisive, à la création puis à la vie de notre GREC. L’un d’eux, aujourd’hui retourné à Dieu, était un dominicain, le Père Olivier de la Brosse ; l’autre, M. l’abbé Alain Lorans, appartient à la Fraternité Sacerdotale Saint Pie X. Je fis leur connaissance, en 1997, à l’occasion d’un repas auquel nous avait conviés madame PÉROL. Ce jour-là naquit le GREC. Ce sigle ne fut choisi que plus tard en 2002. » P. M. Lelong Pour la nécessaire réconciliation, chap.I, p.24
(Padre Xavier GROSSIN)".

3.Garanzia di almeno un Vescovo;
(Questa richiesta mi rimane un pò nebulosa, quindi avanzo un'ipotesi: forse si vuole far fare Vescovo
Franz Schmidberger, che è molto vicino alle faccenduole Vaticane moderniste, dato che vorrebbero far fuori Monsignor Williamson? Beh, se dovessero farlo Vescovo anzichè mandare i fiori a Benedetto XVI per il Suo compleanno, glieli consegnerà di persona. "Don Schmidberger, originario di una famiglia contadina della Schwaben [in Baviera], è attualmente il Superiore del Distretto di Germania della FSSPX. Egli ha sempre mantenuto il contatto col Card. Ratzinger, di cui aveva seguito i corsi durante i suoi studi. Secondo quanto si dice, egli avrebbe inviato ogni anno dei fiori al suo vecchio professore in occasione del compleanno.
Ha anche svolto un ruolo importante nel corso dei primi negoziati della FSSPX, condotti nel 1988 da Mons. Lefebvre con la Roma modernista e apostata… rappresentata dal Card. Ratzinger. Quell’anno, Mons. Lefebvre firmò un accordo col Cardinale, che rigettò l’indomani e procedette alla consacrazione dei quattro vescovi ricordati prima
". "Unavox"
).

Condizioni auspicabili, (quindi trattabili con i modernisti Vaticani):
1.Tribunali ecclesiastici propri di prima istanza;
("Il giudizio in prima istanza spetta all’ordinario del luogo (normalmente il vescovo diocesano: can. 1572, can. 1419 n.c.). Quello in seconda istanza spetta normalmente al metropolita (can. 1594; can. 1438 n.c.) del quale il vescovo è suffraganeo. Il giudizio in terza e ultima istanza spetta al Papa (can. 1597; can. 1442 n.c.): “il Romano Pontefice è giudice supremo in tutto l’orbe cattolico, e giudica o personalmente o tramite i tribunali ordinari della Sede Apostolica oppure per mezzo di giudici da lui delegati". Questa richiesta, che si vuole fare a Roma, è assurda e svela una grossa contraddizione all'interno della Fraternita. E' noto che dentro la Fraternità si è formata una "Commissione Canonica" che ha creato di fatto un proprio Codice di Diritto Canonico che è stato redatto prendendo il Codice del 1917 (ormai abolito nel 1983 da Giovanni Paolo II), ed unendolo con ciò che secondo loro è tradizionale nel nuovo Codice (redatto da Giovanni Paolo II nel 1983). Quindi di fatto questa "Commisione Canonica" si è creata un terzo Codice:" Ecco come le “Ordonnances” del 1997 consegnato ai membri Sacerdoti della Fraternità.(a p. 4) applicano il principio suddetto al nuovo codice di diritto canonico promulgato da Giovanni Paolo II: “il nuovo codice di diritto canonico, promulgato il 25 gennaio 1983, impregnato di ecumenismo e personalismo, pecca gravemente contro la finalità stessa della legge (32). Perciò, ci atteniamo in linea di principio al codice del 1917 (con le modifiche introdotte posteriormente). Tuttavia, nella pratica e su dei punti precisi, possiamo accettare del nuovo codice ciò che corrisponde a uno sviluppo omogeneo, a un migliore adattamento alle circostanze, a una utile semplificazione; accettiamo anche in genere ciò che non possiamo rifiutare senza metterci in difficoltà con la legislazione ufficialmente accettata, quando è in questione la validità degli atti. In questo caso rafforziamo la nostra disciplina per avvicinarla a quella del codice del 1917 (cf Cor unum, n. 41, pp. 11-13). Questo secondo noi è abusivo, perché solo la Chiesa (nella persona del Papa) può redigere ed attuare il Codice secondo le tre Istanze che stanno scritte subito sopra. Ma la cosa più sorprendente è che in questo modo si è agito pensando di avere gli stessi poteri del Pontefice che: "è giudice supremo in tutto l’orbe cattolico, e giudica o personalmente o tramite i tribunali ordinari della Sede Apostolica oppure per mezzo di giudici da lui delegati - 3° istanza del Codice". La giustificazione di questo operare vien giustificato con uno stato di "supplenza":
" (don Francesco Ricossa).
Non è certo difficile dimostrare questa asserzione, poiché il fatto è ammesso spontaneamente dallo stesso Mons. Tissier de Mallerais: “si tratta di una vera giurisdizione, e non di una esenzione dal diritto e dall’obbligo che hanno i fedeli di accettare una sentenza. Pertanto, noi abbiamo il potere e il dovere di emanare delle vere sentenze, con potestatem ligandi vel solvendi [potere di legare o sciogliere]. Esse hanno pertanto valore obbligatorio. (…) Le nostre sentenze non sono semplici opinioni private (…)” poiché “occorre un potere in foro esterno pubblico” (Cor unum, n. 61, IV, 4 pag. 43). La Fraternità si attribuisce pertanto - seppur per supplenza - il potere di giurisdizione, e più esattamente il potere di giurisdizione in foro esterno, che ha “effetti giuridici pubblici” (29). Ricordiamo che questa giurisdizione “è immediatamente diretta a reggere i fedeli in ordine al conseguimento della vita eterna” e non “a santificare le anime attraverso l’offerta del sacrificio della Messa e dell’amministrazione dei sacramenti”, com’è proprio al potere d’ordine (29). La giurisdizione così definita “si esplica sia con l’autorevole insegnamento delle verità rivelate (sacro magistero) sia con la promulgazione delle leggi (potestà legifera), con l’autentica decisione delle cause sorte tra i sudditi (potestà giudiziale), con l’applicazione di sanzioni penali contro i trasgressori della legge (potestà coattiva). Sono queste ultime tre funzioni dello stesso sacro imperio giurisdizionale, di cui è insignita la Chiesa come società perfetta [al pari dello Stato]” (ibidem). La Fraternità, attribuendosi questo potere di giurisdizione, si arroga di fatto il potere di governare (potestas regiminis) i fedeli, potere che è proprio della Chiesa. Essa non ha mancato di attribuirsi i vari poteri nei quali si esplica la suddetta giurisdizione.

Ora, se secondo la Fraternità, Benedetto XVI è Papa, (giustamente), e vogliono far parte del calderone ecumenista-protestante-ebraico-conciliare, con un cosidetto accordo pratico, si dovranno sottomettere alla legislazione interna della Chiesa con il nuovo Codice di Diritto Canonico di Giovanni Paolo II, e non con il "Codice" creato, "abusivamente", e adoperato da loro. Chiaramente, e qui che sta il problema, per un vero tradizionale è assurdo assoggettarsi alle leggi del nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983, che altro non è che il conciliabolo in codice. In definitiva la richiesta è assurda e il Vaticano non accetterà mai che la Fraternità entri nel loro calderone con l'uso improprio del loro codice, rigettando in toto il nuovo Codice di Giovanni Paolo II).

2.Esenzione delle case della Fraternità Sacerdotale San Pio X riguardo ai Vescovi diocesani;
(La versione ufficiale per noi "pecore mute, ignoranti e ubbidienti senza dover capire niente", per questa richiesta, sarebbe probabilmente che i Vescovi della Chiesa Conciliare soffocherebbero l'opera della Fraternità, e infatti questa ostilità si è manifestata tantissime volte, quindi la Fraternità si vorrebbe svincolare dal dover sottostare al potere di governo dei vari Vescovi incardinati nelle Diocesi in tutto il mondo. La seconda versione, quella non ufficiale, forse è quella che Fellay non ha nessuna intenzione di dipendere dai Vescovi modernisti delle varie Diocesi dove la Fraternità risiede e quindi perdere il potere assoluto e dispotico che da tanto tempo sta esercitando. Comunque sia è assurdo pretendere di non dipendere dai vari Vescovi nelle Diocesi e rimettersi solo alla cosidetta volontà del Pontefice; credo che questa eventualità non abbia precedenti nella storia della Chiesa e quindi il Vaticano storcerà il naso a questa richiesta.)
 


3.Commissione Pontificia a Roma per la Tradizione, dipendente dal Papa, con la maggioranza dei membri e con la presidenza per la Tradizione".
(Questa è la più assurada delle richieste: 

1°) "Commissione Pontificia a Roma per la Tradizione": dove si vorrebbe fare questa commisione? A Roma? Proprio nel covo di potere dei modernisti camuffati da cattolici? Nel luogo dove si è attentato alla Maestà di Dio (da parte dei corrotti modernisti) che hanno, prima indetto il conciliabolo per poi dirigerlo secondo la loro mente ereticamente malata?  Assurdo solo il proporlo, questa gente va confutata e denunciata pubblicamente per quello che sono e quello che fanno, infine bisognerebbe implorare Iddio Onnipotente che li faccia sparire, chiaramente secondo la Sua Volontà, dalla Santa Chiesa da Lui fondata sulla roccia di Pietro.
 
2°) "dipendente dal Papa": dipendente da Chi?? Se si fosse in una situazione normale andrebbe assolutamente bene, ma noi ci chiediamo - dato che Fellay e la sua combriccola di accordisti non se lo chiedono più - chi è il primo responsabile, visibile, della Chiesa Romano Apostolica? Il Papa. E chi è il primo responsabile se nella Chiesa è penetrato il pernicioso modernismo? Sempre il Papa, ed in questa epoca (50 anni) i Pontefici impregnati di modernismo sono stati ben cinque. Quindi questo punto della richiesta è ipocrita, perchè non contempla il primo responsabile del declino dottrinario che si vive in questi tempi, appunto il Papa, oggi Benedetto XVI, e i Suoi quattro predecessori. E, assurdo degli assurdi, si chiede ad un modernista pubblico, il Papa Benedetto XVI, di creare una Commissione Tradizionale con  Lui come primo responsabile, che è un modernista. Ma Fellay e la sua cerchia di accordisti, ha letto ciò che ha detto il Pontefice Domenica 15 Luglio
"Anche qui, nella comunità diocesana di Frascati, il Signore semina con larghezza i suoi doni, chiama a seguirlo e a prolungare nell’oggi la sua missione. Anche qui c’è bisogno di una nuova evangelizzazione, e per questo vi propongo di vivere intensamente l’Anno della Fede che inizierà ad ottobre, a 50 anni dall’apertura del Concilio Vaticano II. I Documenti del Concilio contengono una ricchezza enorme per la formazione delle nuove generazioni cristiane. Con l’aiuto dei sacerdoti e dei catechisti, rileggeteli, approfonditeli, e cercate di metterli in pratica nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti. Riscoprite la bellezza di essere Chiesa, di vivere il grande «noi» che Gesù ha formato intorno a sé, per evangelizzare il mondo: il «noi» della Chiesa, mai chiuso, mai ripiegato su di sé, ma sempre aperto e proteso all’annuncio del Vangelo"
Probabilmente Fellay lo sa ed è anche d'accordo, visto che  ha dichiarato che il conciliabolo è buono per il 95%.

3°)  "con la maggioranza dei membri e con la presidenza per la Tradizione": Qui l'assurdità raggiunge il culmine, dove si vorrebbero scovare dei membri favorevoli alla vera Tradizione? Forse tra quelli che sono bi-rituali, quindi falsi tradizionali? E il fantomatico presidente di questa commissione forse lo troveranno sotto le catacombe in San Pietro??..
Disse San Girolamo:" Il mondo si risvegliò improvvisamente ariano…". Oggi noi affermiamo, nell'anno 2012: "il mondo si è risvegliato improvvisamente modernista, perchè chi avrebbe dovuto difendere con fermezza il deposito della fede dal puzzo eretico di gente corrotta, ha ceduto alle loro lusinghe ed ha abbandonato vilmente il campo di battaglia per la salvezza delle anime per passare nelle loro file".

 «Indietreggiare davanti al nemico e restare in silenzio quando da ogni parte si elevano questi clamori contro la verità, è cosa da uomo senza carattere, o di persona che dubita della veridicità della propria fede. In entrambi i casi, una simile condotta è vergognosa ed è un'ingiuria a Dio; essa non è vantaggiosa che ai soli nemici della fede, poiché nulla imbaldanzisce di più l'audacia dei malvagi che la debolezza dei buoni» 
Cfr. Leone XIII, Enciclica Sapientiæ christianæ, del 10 gennaio 1890.
 
CONCLUSIONE...

Monsignor Lefebvre ha affermato: "Bisogna tenere, assolutamente tenere, tenere ad ogni costo. E adesso vengo a quello che senza dubbio vi interessa; ma io dico: Roma ha perso la fede, cari amici, Roma è nell'apostasia. Queste non sono parole, non sono parole (sparate) in aria che vi dico, è la verità! Roma è nell'apostasia. Non si può più dare fiducia a questa gente. Hanno abbandonato la Chiesa, abbandonano la Chiesa, e sicuro, sicuro, sicuro. L'ho riassunto al cardinale Ratzinger, (che ora è Pontefice), in poche parole, perche diciamo che è difficile di riassumere tutta questa situazione; ma gli ho detto: "Eminenza, veda, anche se Voi ci accordaste un vescovo, anche se Voi ci accordaste una certa autonomia rispetto ai vescovi, anche se Voi ci accordaste tutta la liturgia del 1962, se ci accordaste di continuare i seminari della Fraternità, come lo stiamo facendo ora, noi non possiamo collaborare, e impossibile, impossibile, perche lavoriamo in due direzioni diametralmente opposte: Voi lavorate alla decristianizzazione della società, della persona umana e della Chiesa e noi invece lavoriamo alla cristianizzazione. Ecco che non ci si può capire".
 Come si può notare in quello che afferma Monsignor Lefebvre in questo Suo discorso, sono presenti quasi tutti i punti che Fellay stà per proporre a Benedetto XVI, ma qual'è la differenza? Eccola qui:"Voi lavorate alla decristianizzazione della società, della persona umana e della Chiesa e noi invece lavoriamo alla cristianizzazione. Ecco che non ci si può capire", quindi nessun accordo, nessun compromesso con gli assasini della fede. Il tradimento a monsignor Lefebvre stà tutto qui su queste poche frasi del Monsignore.
   In tutta questa vicenda del cosidetto "accordo pratico che non riguarda la fede" risulta evidente che Fellay e la sua cerchia accordista si sia messo di traverso rispetto a colui che ha fondato la fraternità, quindi ha tradito ciò che Monsignor Lefebvre ha fatto e insegnato. Silenzi, nascondimenti, abusi di potere contro chi non è daccordo con la linea accordista, ma in primis nessun rispetto per i fedeli che avevano pensato di avvicinarsi alla Fraternità, abbandonando le Parrocchie, per trovare una bussola certa per seguire il cammino di Santificazione che Dio ha preddisposto per la savrezza delle anime. In tanti hanno adirittura lasciato lavoro amicizie, famiglie e luogo di residenza per stare vicino alla celebrazione della Messa di Sempre in un luogo di certa dirittura dottrinaria, (dottrina pre Conciliare), per ritrovarsi invischiati di nuovo nella "nuova Chiesa conciliare" con un accordo che è solo stato rimandato di qualche tempo, il tutto averrà quando Fellay avrà, sempre che Dio gli permetta di farlo, messo a tacere tutti coloro che hanno ben chiaro che l'accordo con gli assassini della fede è un autentico "suicidio". 
 Entrare in contraddizione
 IV. Andare in direzione di un accordo pratico significherebbe rinnegare la nostra parola e il nostro impegno nei confronti dei nostri sacerdoti, dei nostri fedeli, di Roma e del mondo intero. Questo avrebbe delle conseguenze enormi ad intra et ad extra.
Dal punto di vista dottrinale, da parte di Roma non vi è alcun cambiamento, tale da giustificare il nostro. Al contrario, i colloqui hanno dimostrato che essi non accettano in niente le nostre critiche.
Sarebbe assurdo da parte nostra andare in direzione di un accordo pratico, dopo il risultato e le constatazioni dei colloqui.
Salvo che non bisogna pensare che Mons. Rifan e Don Aulagnier avessero ragione.
Un tale comportamento manifesterebbe una grave debolezza diplomatica da parte della Fraternità. A dire il vero: più che diplomatica. Sarebbe una mancanza di coerenza, di dirittura e di fermezza che avrebbe come effetto la perdita della credibilità e dell’autorità morale di cui godiamo.


Implosione della Fraternità

V. Il semplice fatto di impegnarci su questa strada, genererebbe tra noi il dubbio, dispute, sfiducie, partiti e soprattutto divisioni. Molti dei Superiori e dei sacerdoti avrebbero legittimi problemi di coscienza e vi si opporrebbero. L’autorità e lo stesso principio di autorità sarebbero posti in questione, minati.
Non possiamo andare a rimorchio dei nostri contatti con Roma, dobbiamo mantenere i comandi, segnare i tempi e le condizioni. Ci serve quindi una linea definita a priori, chiara e ferma, indipendente dalle sollecitazioni e dalle eventuali manovre romane.
Di conseguenza, non è il momento di cambiare la decisione del Capitolo del  2006 (nessun accordo pratico senza la soluzione della questione dottrinale), non è corretto né prudente lanciarsi a preparare gli spiriti in senso contrario prima che tra noi vi sia la convinzione, il consenso e la decisione di cambiare. Il contrario provocherebbe solo la divisione e per reazione i battibecchi e l’anarchia.

Infine ricordo, ai pazienti lettori, che se la fraternità entrerà a far parte della Chiesa ecumenista conciliare dovrà recitare solennemente il nuovo giuramento che viene imposto e fatto firmare a chiunque si sottomette, ed assume un ufficio, nella nuova Chiesa concilare modernista. Per chi no lo sapesse  questo nuovo giuramento ha soppresso, nel 1966, il Giuramento anti modernista di San Pio X. A noi risulta che nella Fraternità San pio X si faccia il vero e solenne giuramento del Papa Sarto, quindi chiunque rigetti questo giuramento, precedentemente fatto, per aderire a quello nuovo, compie un ulteriore "tradimento" e quindi siamo a due.  
Come conclusione, per istruire noi stessi e ricordare chi nella Fraternità a fatto il Giuramento anti modernista di San Pio X, propongo le riflessioni di Monsignor lefebvre sul nuovo giuramento conciliare per passare subito dopo al magistriale insegnameto di San Pio X sul significato del Suo Giuramento anti  modernista.

Gianluca Cruccas.
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  "Ogni sacerdote, anche se ottiene da Roma la facoltà di celebrare la Messa secondo il rito dì san Pio V, deve sottomettersi agli insegnamenti del nuovo magistero, nella continuità del Vaticano II. Perciò, finché Roma impone questi errori del Concilio, nella Chiesa permane lo stato di necessità, e rende necessaria la resistenza della Fraternità.
Ed è per questo che quando ci viene detto: "Ma voi vi opponete al Papa", non è vero. Noi ci opponiamo al Papa nella misura in cui il Papa non si fa più eco dello Spirito Santo nella verità e nella santità. Ma noi non siamo contro il Papa, successore di Pietro, allorché si presenta veramente come successore di Pietro, fedele alla sua funzione. Ecco ciò che dobbiamo rispondere.
Guardate un esempio ancora recente, che ci fa dubitare di un prossimo ritorno alla Tradizione da parte di coloro che a Roma attualmente hanno autorità. Voi sapete che ultimamente, all'inizio del mese di maggio, a Roma è uscito un decreto, che inaugura una nuova professione di fede. In questa nuova professione di fede - che sostituisce in qualche modo il giuramento antimodernista di san Pio X - c'è il Credo. Nessun problema, il Credo è quello di sempre. Nessuna esitazione a firmare questa professione di fede costituita dal Credo. E poi tre articoli. I primi due sono perfettamente conformi alla fede tradizionale: non fanno che dire che noi siamo uniti a tutta la verità che è stata proclamata dai Papi nel corso degli antichi concili dogmatici. Ma il terzo capoverso, che è spiegato nel preambolo di questa professione di fede, domanda ai firmatari di essere d'accordo con ciò che il magistero della Chiesa di oggi - cioè con i Vescovi sparsi attraverso il mondo e uniti col Papa - professano nella loro fede. E nel preambolo dicono proprio così: affinché tutti accettino ciò che è stato detto e ciò che è stato fatto durante il Concilio e dopo il Concilio (Vaticano II). Ecco qua. Allora a una professione di fede, che sarebbe stata normale fino all'ultimo capoverso, si aggiunge un capoverso che ci obbliga ad accettare il Concilio e le conseguenze del Concilio, che sono contrarie a quello che affermano nei capoversi precedenti, quando dicono che bisogna aderire alla dottrina tradizionale della Chiesa.
Ed è proprio questa professione di fede, che faranno firmare a tutti quelli che si sono sottomessi nuovamente all'autorità romana, è evidente. Visto che questa professione di fede è destinata a tutti quelli che hanno una carica qualsiasi e a tutti coloro che stanno per entrare negli ordini e stanno per ricevere le ordinazioni, essi dovranno firmare questa formula. Di conseguenza, è un modo per esigere oramai da parte di tutti quelli che si sono uniti nuovamente alle autorità romane, sotto tutti i punti, di sottomettersi al Concilio e alle conseguenze del Concilio. Di conseguenza, noi ci vediamo la volontà di quelli che attualmente detengono l'autorità nella Chiesa di sottometterci a questo spirito del Concilio, che è uno spirito modernista, uno spirito liberale, che ha distrutto la Chiesa e che continua a distruggere la Chiesa. Questo non possiamo ammetterlo!
Noi non accettiamo che ci dichiarino contrari al Papa. Noi non siamo contro il Papa in quanto Papa, ma noi siamo contro il Papa che c'insegna delle cose che sono state condannate dai suoi predecessori. O siamo con i suoi predecessori che hanno proclamato la verità di sempre, che sono concordi con la Chiesa dagli apostoli fino al Papa Pio XII! O siamo con il Concilio e siamo contro i predecessori dei Papi attuali. Bisogna scegliere, c'è una scelta da fare. È evidente che la Tradizione si trova con i 250 Papi che hanno preceduto Papa Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano IL È chiaro. Oppure la Chiesa si è sempre sbagliata. Ecco la situazione in cui ci troviamo. Occorre essere fermi, chiari, decisi e non esitare. Noi vogliamo essere con la Vergine Maria. Noi vogliamo essere alla Pentecoste, con gli apostoli, con la Vergine Maria nello Spirito di verità e nello Spirito di santità, che è lo spirito della Chiesa. E non vogliamo cambiarlo. Quali che siano le autorità che vogliono farci cambiare questo spirito, noi lo rifiutiamo. Noi vogliamo rimanere cattolici. Non vogliamo diventare liberali, né modernisti, né protestanti".


che stabilisce alcune leggi per respingere il pericolo del modernismo e che il pessimo Paolo VI nel 1966, e i suoi sucessori, hanno abbandonato perchè li inchiodava al muro come modernisti ....
 

(traduzione fatta dagli Acta Apostolicae Sedis, AAS 02 [1910], pp. 655-669, presenti nel sito del Vaticano , a cura di Mammadidario del forum di www.totustuus.name)
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Riteniamo che non sia sfuggito a nessuno dei santi vescovi, che i modernisti, la maliziosissima categoria d'uomini che avevamo smascherato per loro nella Lettera enciclica PascendiDominici Gregis, non si sono astenuti dai propositi di turbare la pace della Chiesa.
Infatti hanno continuato ad adescare nuovi seguaci e a farli associare mediante un’alleanza segreta, e con essi ad inoculare nelle vene del cristianesimo il virus delle loro opinioni, pubblicando, anonimamente o sotto pseudonimi, libri ed articoli.
Se, riletta la summenzionata Nostra Lettera, si considera con più attenzione lo sviluppo di quest'audacia, per mezzo della quale Ci è arrecato tanto dolore, apparirà chiaramente che uomini di tale condotta non sono altro che quelli che abbiamo già descritto là, nemici tanto più temibili quanto più sono vicini; i quali abusano del loro ministero per porre sull'amo un'esca avvelenata con cui corrompere gli sprovveduti, divulgando un'apparenza di dottrina, in cui è contenuta la somma di tutti gli errori.
Dato che questa peste si sparge attraverso quella parte del campo del Signore da cui ci si aspetterebbero i frutti più lieti, se da un lato è proprio di tutti i Vescovi spendersi in difesa della fede cattolica, e vigilare con somma diligenza affinché l'integrità del deposito divino non riceva alcun danno, dall’altro lato a Noi è di massima pertinenza fare ciò che ha comandato Cristo Salvatore, il quale a Pietro (il cui principato, seppur indegnamente, Noi abbiamo ricevuto,) disse: Conferma i tuoi fratelli. Appunto per questa causa, cioè, affinché gli animi dei buoni siano confermati nell'affrontare la presente battaglia, abbiamo ritenuto opportuno riportare delle frasi e delle prescrizioni del Nostro suddetto documento, espresse con queste parole:
  
«Perciò vi preghiamo e scongiuriamo che, in una questione di tanto rilievo, non Ci lasciate minimamente desiderare la vostra vigilanza e diligenza e fortezza. E quel che chiediamo ed aspettiamo da voi, lo chiediamo e lo aspettiamo anche dagli altri pastori d'anime, dagli educatori e maestri del giovane clero, e specialmente dai Superiori generali degli Ordini religiosi.
I.Per ciò che riguarda gli studi, vogliamo e decisamente ordiniamo che a fondamento degli studi sacri si ponga la filosofia scolastica. Bene inteso che, "se dai Dottori scolastici qualcosa fu ricercato troppo sottilmente o trattato con poca avvedutezza; se fu detta cosa poco coerente con dottrine accertate dei secoli seguenti, o in qualsiasi modo non ammissibile; non è nostra intenzione che tutto ciò sia proposto come esempio da imitare anche ai nostri giorni" (Leone XIII, Enc. "Æterni Patris").
Ciò che conta anzitutto è che come filosofia scolastica, che Noi ordiniamo di seguire, si deve precipuamente intendere quella di San Tommaso d'Aquino: intorno alla quale tutto ciò che il Nostro Predecessore stabilì, intendiamo che rimanga in pieno vigore e, se necessario, lo rinnoviamo e confermiamo, e ordiniamo severamente che sia da tutti osservato. Se nei Seminari ciò si è trascurato, toccherà ai Vescovi insistere ed esigere che in futuro si osservi. Lo stesso comandiamo ai Superiori degli Ordini religiosi. Ammoniamo poi quelli che insegnano, di ben persuadersi che il discostarsi dall'Aquinate, specialmente in cose metafisiche, non avviene senza grave danno. Un errore piccolo in principio, così si possono utilizzare proprio le parole dell'Aquinate stesso, è grande alla fine. (De Ente et Essentia, proem.)
Posto così il fondamento della filosofia, si innalzi con somma diligenza l'edificio teologico. Venerabili Fratelli, promuovete con ogni sforzo possibile lo studio della teologia, affinché i chierici, uscendo dai Seminari, ne portino con sé un'alta stima ed un grande amore e l'abbiano sempre carissimo. Infatti "nella grande e molteplice abbondanza di discipline che si porgono alla mente assetata di verità, a tutti è noto che alla sacra Teologia appartiene il primo posto, tanto che fu antico detto dei sapienti, che è dovere delle altre scienze ed arti di servirla ed aiutarla come ancelle" (Leone XIII, Lett. Ap. "In magna", 10 dicembre 1889). Aggiungiamo qui, che Ci sembrano degni di lode anche coloro che, mantenendo intatto il rispetto alla Tradizione, ai Padri e al Magistero ecclesiastico, con saggio criterio e utilizzando le norme cattoliche (cosa che non è da tutti) cercano di illustrare la teologia positiva, attingendo lume dalla storia. Alla teologia positiva deve ora darsi più larga parte che in passato: ciò nondimeno deve farsi in modo tale che la teologia scolastica non ne venga a perdere nulla, e si disapprovino quali fautori del modernismo coloro che innalzano tanto la teologia positiva da sembrar quasi spregiare la Scolastica.
In quanto alle discipline profane basti richiamare quel che il Nostro Predecessore disse con molta sapienza (Allocuz. "Pergratus Nobis" 7 marzo 1880): "Adoperatevi strenuamente nello studio delle scienze naturali, nel cui campo gli ingegnosi ritrovati e gli utili ardimenti dei nostri tempi sono, a ragione, ammirati dai contemporanei, cosi come avranno perpetua lode ed encomio dai posteri". Questo però senza danno degli studi sacri: cosa di cui ammoniva lo stesso Nostro Predecessore con queste altre gravissime parole (Loc. cit.): "Ad una ricerca più attenta, si comprenderà come la causa di simili errori stia principalmente nel fatto che in questi nostri tempi, quanto più fervono gli studi delle scienze naturali, tanto più vengono meno le discipline più severe e più alte: alcune di queste, infatti, sono quasi cadute in dimenticanza; alcune sono trattate stancamente e con leggerezza, e, ciò che è indegno, perduto lo splendore della primitiva dignità, sono inficiate da opinioni sbagliate e da enormi errori". Con questa legge ordiniamo che si regolino nei Seminari gli studi delle scienze naturali.
II. A questi ordinamenti tanto Nostri che del Nostro Predecessore occorre volgere l'attenzione ogni qual volta si tratti di scegliere i rettori e gli insegnanti dei Seminari e delle Università cattoliche. Chiunque in alcun modo sia contaminato da modernismo, sia tenuto lontano senza riguardi di sorta sia dall'incarico di reggere sia da quello d'insegnare: se già si trova con tale incarico, ne sia rimosso: si faccia lo stesso con coloro che in segreto o apertamente favoriscono il modernismo, o lodando modernisti e giustificando la loro colpa, o criticando la Scolastica, i Padri e il Magistero ecclesiastico, o ricusando obbedienza alla potestà ecclesiastica, da chiunque essa sia rappresentata; lo stesso con chi in materia storica, archeologica e biblica si mostri amante di novità; e infine, con quelli che non si curano degli studi sacri o paiono anteporre a questi i profani. In questa parte, o Venerabili Fratelli, e specialmente nella scelta dei maestri, non sarà mai eccessiva la vostra attenzione e fermezza; dato che sull'esempio dei maestri si formano per lo più i discepoli. Poggiati dunque sul dovere di coscienza, procedete in questa materia con prudenza sì, ma con fortezza.
 
Con pari vigilanza e severità dovrete esaminare e scegliere chi debba essere ammesso al sacerdozio. Lungi, lungi dal clero l'amore di novità: Dio non vede di buon occhio gli animi superbi e arroganti! A nessuno in futuro si conceda la laurea in teologia o in diritto canonico, se non ha prima completato per intero il corso stabilito di filosofia scolastica. Se tale laurea ciò nonostante venisse concessa, sia nulla. Le disposizioni che la Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari emanò, nell'anno 1896, per i chierici d'Italia secolari e regolari, circa il frequentare le Università, stabiliamo che d'ora innanzi siano estese a tutte le nazioni. I chierici e sacerdoti iscritti ad un Istituto o ad una Università cattolica non potranno seguire nelle Università civili quei corsi, di cui vi siano cattedre negli Istituti cattolici ai quali essi appartengono. Se in alcun luogo ciò si è permesso per il passato, ordiniamo che non si conceda più nell'avvenire. I Vescovi che formano il Consiglio direttivo di tali cattolici Istituti o Università veglino con ogni cura perché questi Nostri comandi vi si osservino costantemente.
III. È parimenti compito dei Vescovi impedire che vengano letti gli scritti modernisti, o che sanno di modernismo, se già pubblicati, o, se non lo sono ancora, proibire che si pubblichino. Non si dovrà mai permettere alcun libro o giornale o periodico di tal genere né agli alunni dei Seminari né agli uditori delle Università cattoliche: il danno che ne proverrebbe non sarebbe minore di quello delle letture immorali; sarebbe anzi peggiore, perché ne verrebbe viziata la radice stessa del vivere cristiano. Lo stesso si dovrà giudicare degli scritti di taluni cattolici, uomini del resto di non malvagie intenzioni, ma che, digiuni di studi teologici e imbevuti di filosofia moderna, cercano di accordare questa con la fede e di farla servire, come essi dicono, ai vantaggi della fede stessa. Il nome e la buona fama degli autori fanno sì che tali libri siano letti senza alcun timore e risultino quindi più pericolosi, attraendo al modernismo a poco a poco.
Per dar poi, o Venerabili Fratelli, disposizioni più generali in materia tanto grave, se nelle vostre diocesi sono in vendita libri dannosi, adoperatevi con forza a bandirli, facendo anche uso di solenni condanne. Benché questa Sede Apostolica si adoperi in ogni modo per togliere di mezzo simili scritti, ormai ne è tanto cresciuto il numero, che a condannarli tutti non bastano le forze. Quindi accade che la medicina giunga talora troppo tardi, quando cioè, per il troppo attendere, il male ha già preso piede. Vogliamo dunque che i Vescovi, deposto ogni timore, messa da parte la prudenza della carne, trascurando lo strepito dei malvagi, soavemente, sì, ma con costanza, facciano ciascuno la sua parte; memori di quanto prescriveva Leone XIII nella Costituzione Apostolica "Officiorum": "Gli Ordinari, anche come Delegati della Sede Apostolica, si adoperino di proscrivere e di togliere dalle mani dei fedeli i libri o altri scritti nocivi stampati o diffusi nelle proprie diocesi". Con queste parole si concede, è vero, un diritto: ma s'impone al contempo un dovere. E nessuno reputi di aver adempiuto a tale dovere se ha deferito a Noi l'uno o l'altro libro, mentre moltissimi altri si lasciano divulgare e diffondere. Né in ciò vi deve trattenere, Venerabili Fratelli, il sapere che l'autore di qualche libro abbia ottenuto altrove la facoltà comunemente detta Imprimatur; sia perché tale concessione può essere simulata, sia perché può essere stata fatta per trascuratezza o per troppa benignità e troppa fiducia nell'autore, caso questo che può talora avverarsi negli Ordini religiosi. Si aggiunga che, come non ogni cibo si confà a tutti egualmente, così un libro che in un luogo sarà indifferente, in un altro, per le circostanze, può risultare nocivo. Se pertanto il Vescovo, udito il parere di persone prudenti, stimerà di dover condannare nella sua diocesi anche qualcuno di tali libri, gliene diamo ampia facoltà, anzi gliene facciamo un dovere. La cosa sia fatta convenientemente, restringendo la proibizione soltanto al clero, se questo basta; ma in tal caso sarà obbligo dei librai cattolici non porre in vendita i libri condannati dal Vescovo. E dal momento che Siamo in argomento, i Vescovi vigilino che i librai, per bramosia di lucro, non spaccino merce malsana: è certo che nei cataloghi di alcuni di essi vengono proposti di frequente, e con non poca lode, i libri dei modernisti. Se essi rifiutano di obbedire, i Vescovi non esitino a privarli del titolo di librai cattolici; tanto più, se avranno quello di vescovili; e se avessero titolo di pontifici, siano deferiti alla Sede Apostolica. A tutti infine ricordiamo l'articolo XXVI della menzionata Costituzione Apostolica "Officiorum": "Tutti coloro che abbiano ottenuto facoltà apostolica di leggere e ritenere libri proibiti, non sono per questo autorizzati a leggere libri o giornali proscritti dagli Ordinari locali, se nell'indulto apostolico non sia data espressa facoltà di leggere e ritenere libri condannati da chiunque".
IV. Ma non basta impedire la lettura o la vendita dei libri cattivi; occorre anche impedirne la stampa. Quindi i Vescovi non concedano la facoltà di stampa se non con la massima severità. E poiché è grande il numero delle pubblicazioni, che, secondo la Costituzione "Officiorum", esigono l'autorizzazione dell'Ordinario, e il Vescovo non le può revisionare tutte da solo, in talune diocesi si sogliono determinare in numero adeguato censori d’ufficio per l'esame degli scritti. Somma lode noi diamo a tale istituzione di censura; e non solo esortiamo, ma ordiniamo che si estenda a tutte le diocesi. Dunque in tutte le Curie episcopali si stabiliscano Censori per la revisione degli scritti da pubblicarsi; si scelgano questi dall'uno e dall'altro clero, uomini di età, di scienza e di prudenza e che nel giudicare sappiano tenere il giusto mezzo. Spetterà ad essi l'esame di tutto quello che, secondo gli articoli XLI e XLII della detta Costituzione, ha bisogno di permesso per essere pubblicato. Il Censore darà per iscritto la sua sentenza. Se sarà favorevole, il Vescovo concederà la facoltà di stampa con la parola Imprimatur, la quale però sarà preceduta dalla formula Nihil obstat e dal nome del Censore. Anche nella Curia romana non diversamente che nelle altre, si stabiliranno censori di ufficio. L'elezione dei medesimi, una volta interpellato il Cardinale Vicario e coll'assenso ed approvazione dello stesso Sommo Pontefice, spetterà al Maestro del sacro Palazzo Apostolico. A questo pure toccherà determinare per ogni singolo scritto il Censore che lo esamini. La facoltà di stampa sarà concessa dallo stesso Maestro ed insieme dal Cardinale Vicario o dal suo Vicegerente, premesso però, come sopra si disse, il Nulla osta col nome del Censore. Solo in circostanze straordinarie e molto di rado si potrà, a prudente arbitrio del Vescovo, omettere la menzione del Censore. Agli autori non si farà mai conoscere il nome del Censore, prima che questi abbia dato giudizio favorevole: affinché il Censore stesso non abbia a patir molestia mentre esamina lo scritto o in caso che ne disapprovi la stampa. Non si sceglieranno mai Censori dagli Ordini religiosi, senza prima aver sentito segretamente il parere del Superiore provinciale: questo dovrà secondo coscienza attestare dei costumi, della scienza e della integrità della dottrina del candidato. Ammoniamo i Superiori religiosi del gravissimo dovere che essi hanno di non  permettere mai che alcunché sia pubblicato dai loro sottoposti senza la previa facoltà loro e dell'Ordinario diocesano. Per ultimo affermiamo e dichiariamo che il titolo di Censore, di cui taluno sia insignito, non ha alcun valore né mai si potrà arrecare come argomento per dar credito alle private opinioni del medesimo.
Detto ciò in generale, ordiniamo espressamente un'osservanza più diligente di quanto si prescrive nell'articolo XLII della citata Costituzione "Officiorum", cioè: "È vietato ai sacerdoti secolari, senza previo permesso dell'Ordinario, assumere la direzione di giornali o di periodici". Del quale permesso, dopo ammonizione, sarà privato chiunque ne facesse cattivo uso. Circa quei sacerdoti, che hanno titoli di corrispondenti o collaboratori, poiché avviene non raramente che pubblichino, nei giornali o periodici, scritti infetti da modernismo, vedano i Vescovi che ciò non avvenga; e se avvenisse, ammoniscano e diano proibizione di scrivere. Lo stesso ammoniamo con ogni autorità che facciano i Superiori degli Ordini religiosi: e se questi si mostrassero in ciò trascurati, provvedano i Vescovi, con autorità delegata dal Sommo Pontefice. I giornali e periodici pubblicati dai cattolici abbiano, per quanto sia possibile, un Censore determinato. Sarà obbligo di questo leggere integralmente e con attenzione i singoli fogli o fascicoli, dopo che sono stati pubblicati: se troverà qualcosa di pericoloso, ordinerà che sia corretto nel foglio o fascicolo successivo. Lo stesso diritto avrà il Vescovo, anche nel caso in cui il Censore non abbia reclamato.
V. Ricordammo già sopra i congressi e i pubblici convegni, in cui i modernisti si adoprano di propalare e propagare le loro opinioni. I Vescovi non permetteranno più in avvenire, se non in casi rarissimi, i congressi di sacerdoti. Se avverrà che li permettano, lo faranno solo a questa condizione: che non vi si trattino cose di pertinenza dei Vescovi o della Sede Apostolica, non vi si facciano proposte o postulati che implichino usurpazione della sacra potestà, non vi si faccia affatto menzione di quanto sa di modernismo, di presbiterianismo, di laicismo. A tali convegni, che dovranno permettersi solo di volta in volta e per iscritto e al momento adatto, non potrà intervenire alcun sacerdote di altra diocesi, se non porta una lettera di raccomandazione del proprio Vescovo. A tutti i sacerdoti poi non passi mai di mente ciò che Leone XIII raccomandava con parole gravissime (Lett. Enc. "Nobilissima Gallorum", 10 febbraio 1884): "Sia intangibile presso i sacerdoti l'autorità dei propri Vescovi; si persuadano che il ministero sacerdotale, se non si esercita sotto la direzione del Vescovo, non sarà né santo, né molto utile, né rispettabile".
VI. Ma che gioveranno, o Venerabili Fratelli, i Nostri comandi e le Nostre prescrizioni, se non si osserveranno a dovere e con fermezza? Perché questo si ottenga, Ci è parso espediente estendere a tutte le diocesi ciò che i Vescovi dell'Umbria (Atti del Congr. dei Vescovi dell'Umbria, nov. 1849, tit. II, art. 6), molti anni or sono, con savissimo consiglio stabilirono per le loro: "Per estirpare - così essi dicono - gli errori già diffusi e per impedire che si diffondano ulteriormente,  o che rimangano ancora maestri di empietà, attraverso i quali si perpetuano i perniciosi effetti originati da quella diffusione, il sacro Congresso, seguendo gli esempi di San Carlo Borromeo, stabilisce che in ogni diocesi si istituisca un Consiglio di uomini commendevoli dei due cleri, a cui spetti controllare se e con quali arti i nuovi errori si dilatino o si propaghino, e informarne il Vescovo, così che questi, raccolti i suggerimenti, possa prendere rimedi estinguendo il male già sul nascere, senza lasciare che si diffonda sempre più a rovina delle anime, e, ciò che è peggio, si rafforzi e cresca col passar del tempo". Stabiliamo dunque che un siffatto Consiglio, che si chiamerà di vigilanza, si istituisca quanto prima in tutte le diocesi. I membri di esso si sceglieranno con le stesse norme già prescritte per i Censori dei libri. Ogni due mesi, in un giorno determinato, si radunerà in presenza del Vescovo: le cose trattate o stabilite saranno sottoposte a legge di segreto. I doveri degli appartenenti al Consiglio saranno i seguenti: Scrutino con attenzione gli indizi di modernismo tanto nei libri che nell'insegnamento; con prudenza, prontezza ed efficacia stabiliscano quanto è necessario per l’incolumità del clero e della gioventù. Combattano le novità di parole, e rammentino gli ammonimenti di Leone XIII (S. C. AA. EE. SS., 27 gennaio 1901): "Non si potrebbe approvare nelle pubblicazioni cattoliche un linguaggio che, ispirandosi a malsana novità, sembrasse deridere la pietà dei fedeli ed accennasse a un nuovo ordinamento della vita cristiana, a nuove prescrizioni della Chiesa, a nuove necessità dell'anima moderna, a nuova vocazione sociale del clero, a nuova civiltà cristiana, e molte altre cose di questo genere". Non sopportino tutto questo, né nei libri né dalle cattedre. Non trascurino i libri nei quali si tratti o delle pie tradizioni di ciascun luogo o delle sacre Reliquie. Non permettano che tali questioni si agitino nei giornali o in periodici destinati a fomentare la pietà, né con espressioni che sappiano di ludibrio o di disprezzo né con affermazioni definitive specialmente, come il più delle volte accade, quando ciò che si afferma o non passa i termini della probabilità o si basa su pregiudicate opinioni. Circa le sacre Reliquie si abbiano queste norme. Se i Vescovi, i quali sono i soli giudici in questa materia, sanno con certezza che una reliquia è falsa, la toglieranno senz'altro dal culto dei fedeli. Se le autentiche di una Reliquia qualsiasi sono andate smarrite o per i disordini civili o in altro modo, essa non si esponga alla pubblica venerazione, se prima il Vescovo non ne abbia fatta ricognizione. L'argomento di prescrizione o di fondata presunzione avrà valore solo quando il culto sia commendevole per antichità: il che risponde al decreto emanato nel 1896 dalla Congregazione delle Indulgenze e sacre Reliquie, in questi termini: "Le Reliquie antiche sono da conservarsi nella venerazione che finora ebbero, salvo nel caso particolare in cui si abbiano argomenti certi che sono false o supposte". Nel portar poi giudizio delle pie tradizioni si tenga sempre presente, che la Chiesa in questa materia fa uso di tanta prudenza, da non permettere che tali tradizioni si raccontino nei libri, se non con grandi cautele e premessa la dichiarazione prescritta da Urbano VIII: il che pure adempiuto, non per questo ammette la verità del fatto, ma solo non proibisce che si creda, ove a farlo non manchino argomenti umani. Così appunto la sacra Congregazione dei Riti dichiarava fin da trent'anni addietro (Decreto 2 maggio 1877): "Siffatte apparizioni o rivelazioni non furono né approvate né condannate dalla Sede Apostolica, ma solo passate come da piamente credersi con sola fede umana, conforme alla tradizione di cui godono, confermata pure da idonei testimoni e documenti". Nessun timore può ammettere chi a questa regola si tenga. Infatti il culto di qualsiasi apparizione, quando riguarda il fatto stesso ed è detto relativo, ha sempre implicita la condizione della verità del fatto: quando invece è assoluto, si fonda sempre nella verità, giacché si dirige alle persone stesse dei santi che si onorano. Lo stesso vale delle Reliquie. Diamo mandato infine al Consiglio di vigilanza, di tener d'occhio assiduamente e diligentemente gl'istituti sociali come pure gli scritti di questioni sociali affinché non vi si celi nulla di modernista, ma ottemperino alle prescrizioni dei Romani Pontefici.
VII. Affinché le cose fin qui stabilite non vadano in dimenticanza, vogliamo ed ordiniamo che i Vescovi di ciascuna diocesi, trascorso un anno dalla pubblicazione delle presenti Lettere, e poi ogni triennio, con diligente e giurata esposizione riferiscano alla Sede Apostolica intorno a quanto si prescrive in esse, e sulle dottrine che corrono in mezzo al clero e soprattutto nei Seminari ed altri istituti cattolici, non eccettuati quelli che pur sono esenti dall'autorità dell'Ordinario. Lo stesso imponiamo ai Superiori generali degli Ordini religiosi a riguardo dei loro sottoposti».


A queste cose, che chiaramente confermiamo tutte, pena un peso sulla coscienza per coloro che avranno rifiutato di ascoltare quanto detto, ne aggiungiamo altre, che sono specificamente riferite agli aspiranti sacerdoti che vivono nei Seminari e ai novizi degli istituti religiosi.
ECONE...
- Nei Seminari certamente occorre che tutte le parti dell'istituzione tendano al medesimo fine di formare un sacerdote degno di tale nome. Ed infatti non si può ritenere che simili tirocini si estendano solamente o agli studi o alla pietà. L'ammaestramento fonde in un tutto unico entrambi gli aspetti, ed essi sono simili a palestre finalizzate a formare la sacra milizia di Cristo con una preparazione duratura. Dunque affinché da essi esca un esercito ottimamente istruito, sono assolutamente necessarie due cose, la cultura per l’istruzione della mente, la virtù per la perfezione dell'anima. L'una richiede che la gioventù che si prepara al sacerdozio sia massimamente istruita in quelle scienze che hanno un legame più stretto con gli studi delle cose divine; l'altra esige una straordinaria eccellenza di virtù e di costanza. Vedano dunque i rettori quale aspettativa di disciplina e di pietà si possa nutrire riguardo agli allievi, e scrutino quale sia l'indole dei singoli; se seguono il loro istinto più giusto o se sembrano abbracciare delle disposizioni di spirito profane; se sono docili nell'obbedire, inclini alla pietà, umili, osservanti della disciplina; se aspirano alla dignità di sacerdote perché si sono prefissati il giusto obiettivo, o perché spinti da ragioni umane; se, infine, sono adeguatamente ricchi di santità di vita e di cultura; o se, mancando loro qualcosa di queste, si sforzano almeno di acquisirla con animo sincero e pronto. Né l'indagine presenta troppa difficoltà; giacché i doveri religiosi compiuti lamentandosi, e la disciplina osservata a causa del timore e non della voce della coscienza, rivelano immediatamente la mancanza delle virtù che ho elencato. Colui che tiene come principio il timore servile, o si infiacchisce per debolezza di carattere o disprezzo, è quanto mai lontano dalla speranza di poter esercitare santamente il sacerdozio. Infatti difficilmente si può credere che uno che disprezza le discipline domestiche non verrà poi meno alle leggi pubbliche della Chiesa. Se il rettore della scuola avrà individuato qualcuno con questa disposizione d’animo, e se, dopo averlo ammonito più volte, fatta una prova di un anno, avrà capito che quello non desiste dalla sua consuetudine, lo espella, in modo tale che in futuro non possa più essere accettato né da lui né da alcun vescovo.
Dunque per promuovere i chierici si richiedano assolutamente queste due; l'onestà di vita unita alla sana dottrina: E non sfugga che quei precetti e moniti coi quali i vescovi si rivolgono a coloro che stanno per ricevere gli ordini sacri, sono rivolti a questi non meno che a coloro che vi aspirano, allorché viene detto: "Si deve fare in modo che quelli scelti per tale compito siano illustri per saggezza spirituale, onestà di costumi e costante rispetto della giustizia ... Siano onesti e assennati tanto nella scienza quanto nelle opere … splenda in essi la bellezza della santità nella sua interezza".
E certamente dell'onestà di vita si sarebbe detto abbastanza, se questa potesse con poco sforzo essere separata dalla cultura e dalle opinioni, che ciascuno si sarà riservato di sostenere. Ma, come è nel Libro dei Proverbi: L'uomo è stimato secondo la sua cultura (Prov. XII, 8) e come insegna l'Apostolo: Chi... non rimane nella dottrina di Cristo, non possiede Dio (II Giov., 9). Quanto impegno sia da dedicare alle molte e varie cose da imparare bene, lo insegna persino la stessa pretesa dell’epoca attuale, la quale proclama che niente è più glorioso della luce dell’umanità che progredisce. Dunque quanti sono nelle file del clero, se vogliono dedicarsi al loro compito conformemente ai tempi; con frutto esortare gli altri nella sana dottrina e convincere quelli che la contraddicono (Tito, I,9); applicare le risorse dell’ingegno a vantaggio della Chiesa, devono necessariamente raggiungere una conoscenza delle cose tutt’altro che di basso livello, e avvicinarsi all’eccellenza nella cultura. Infatti c'è da lottare con nemici tutt'altro che inesperti, i quali aggiungono ai buoni studi un sapere spesso intessuto di trabocchetti, e le cui sentenze belle e vibranti sono proposte con grande abbondanza e rimbombo di parole, affinché in esse sembri risuonare quasi un qualcosa di esotico. Perciò bisogna predisporre opportunamente le armi, cioè, preparare abbondante foraggio di cultura per tutti coloro che, nella vita ritirata della scuola, si stanno accingendo ad assumere incarichi santissimi e difficilissimi.
E' vero che, poiché la vita dell'uomo è circoscritta da limiti tali per cui da un fonte ricchissimo di conoscenze a stento è dato di assaggiare qualcosa a fior di labbra, bisogna anche temperare la sete di apprendimento e rammentare l'affermazione di Paolo: non è pio sapere tutto quanto necessita sapere, ma sapere in giusta misura (Rom. XII,3). Per cui, dato che ai chierici già sono imposti molti e pesanti studi, sia per quanto riguarda le sacre scritture, i fondamenti della Fede, le consuetudini, la conoscenza delle devozioni e delle celebrazioni, che vanno sotto il nome di ascetica, sia per quanto riguarda la storia della Chiesa, il diritto canonico, la sacra eloquenza; affinché i giovani non perdano tempo nel seguire altre questioni e non vengano distratti dallo studio principale, vietiamo del tutto a costoro la lettura di qualsiasi quotidiano e periodico, anche se ottimo, pena un onere sulla coscienza di quei rettori che non avranno vigilato scrupolosamente per impedirlo.

Inoltre per allontanare il sospetto che qualsiasi modernismo si introduca di nascosto, non solo vogliamo che siano assolutamente rispettate le cose prescritte sopra al n° II, ma comandiamo inoltre che ogni singolo insegnante, prima di cominciare le lezioni all'inizio dell'anno, mostri al suo Vescovo il testo che si propone di insegnare, o le questioni che tratterà, oppure le tesi; quindi che per quell’anno stesso sia tenuto sotto osservazione il metodo d’insegnamento di ciascuno; e se questo sembrerà allontanarsi dalla sana dottrina, sarà causa sufficiente per rimuovere quell’insegnante. Ed infine, che, oltre alla professione di fede, presti giuramento al suo Vescovo, secondo la formula sotto riportata, e firmi.

Questo giuramento, preceduto da una professione di fede nella formula prescritta dal Nostro Predecessore Pio IV, con allegate le definizioni del Concilio Vaticano, lo presteranno dunque davanti al loro vescovo:
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(Questo è il testo del guiramento a qui fà riferimento san Pio X...)
FORMULA DEL GIURAMENTO, DI PAPA PIO IV, DA FARE PRIMA DEL GIURAMENTO ANTIMODERNISTA.
File:Pius IV 2.jpg


stabilita da Papa Pio IV
sulla base del Concilio di Trento
1545-1563

Ego N.… firma fide credo et profiteor omnia et singula, quae continentur in symbolo fidei, quo sancta Romana Ecclesia utitur, videlicet: Io N.… con fede sicura credo e professo tutto e singolarmente quanto è contenuto nel simbolo di fede di cui fa uso la santa romana Chiesa, cioè:
Credo in unum Deum, Patrem omnipotentem, factorem coeli et terræ, visibilium omnium et invisibilium. Et in unum Dominum Jesum Christum, Filium Dei unigenitum. Et ex Patre natum ante omnia sæcula. Deum de Deo, lumen de lumine, Deum verum de Deo vero. Genitum, non factum, consubstantialem Patri: per quem omnia facta sunt. Qui propter nos homines, et propter nostram salutem fdescendit de coelis. Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine: et homo factus est. Crucifixus etiam pro nobis; sub Pontio Pilato passus, et sepultus est. Et resurrexit tertia die, secundum Scripturas. Et ascendit in coelum: sedet ad desteram Patris. Et iterum venturus est cum gloria judicare vivos et mortuos: cujus regni non erit finis. Et in Spiritum Sanctum, Dominum et vivificantem: qui ex Patre Filioque procedit. Qui cum Patre, et Filio simul adoratur et conglorificatur: qui locutus est per Prophetas. Et unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam. Confiteor unum baptisma in remissionem peccatorum. Et exspecto resurrectionem mortuorum. Et vitam venturi sæculi. Amen. Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili; ed in un solo Signore Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio, e nato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non fatto, consustanziale al Padre; per mezzo di lui furono create tutte le cose; egli per noi uomini e per la nostra salvezza discese dai cieli, e s'incarnò per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine, e si fece uomo; fu anche crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, patì e fu sepolto; e risuscitò il terzo giorno secondo le Scritture, e salì al cielo, siede alla destra del Padre, e tornerà di nuovo con gloria a giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà mai fine; (credo) nello Spirito Santo, Signore e vivificante, che procede dal Padre e dal Figlio; il quale è adorato e glorificato insieme col Padre e col Figlio; il quale parlò per mezzo dei profeti; e (credo) nella Chiesa una, santa cattolica e apostolica. Professo esservi un solo Battesimo per la remissione dei peccati, ed aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
Apostolicas et ecclesiasticas traditiones reliquasque eiusdem Ecdesiae observationes et constitutiones firmissime admitto et amplector. Item sacram Scripturam iuxta eum sensum, quem tenuit et tenet sancta mater Ecclesia, cuius est iudicare de vero sensu et interpretatione sacrarum Scripturarum admitto, nec eam umquam, nisi iuxta unanimem consensum patrum accipiam et interpretabor. Fermissimamente ammetto ed accetto le tradizioni ecclesiastiche e le altre osservanze e costituzioni della stessa Chiesa.
Ammetto pure la sacra Scrittura secondo l'interpretazione che ne ha dato e ne dà la santa madre Chiesa, alla quale compete giudicare del senso genuino e dell'interpretazione delle sacre Scritture, né mai l'intenderò e l'interpreterò se non secondo l'unanime consenso dei padri.
Profiteor quoque septem esse vere et proprie sacramenta Novae Legis a Iesu Christo Domino nostro instituta atque ad salutem humani generis, licet non omnia singulis necessaria, scilicet Baptimam, Confirmationem, Eucharistiam, Poenitentiam, extremam Unctionem, Ordinem et Matrimonium, illaque gratiam conferre, et ex his Baptismum, Confirmationem et Ordinem sine sacrilegio reiterari non posse. Receptos quoque et adprobatos Ecclesiae catholicae ritus in supradictorum omnium sacramentorum sollemni administratione recipio et admitto. Confesso anche che sono sette i veri e propri sacramenti della Nuova Legge istituiti da Gesù Cristo nostro Signore e necessari, sebbene non tutti a tutti, per la salvezza del genere umano, cioè: Battesimo, Confermazione, Eucaristia, Penitenza, estrema Unzione, Ordine e Matrimonio; e che infondono la grazia, e che di essi il Battesimo, la Confermazione e l'Ordine non si possono reiterare senza sacrilegio. Accetto e riconosco inoltre i riti ammessi ed approvati della Chiesa cattolica per la solenne amministrazione di tutti i sacramenti sopra elencati.
Omnia et singola, quae de peccato originali et de iustificatione in sacrosancta Tridentina synodo definita et declarata fuerunt, amplector et recipio. Accolgo e accetto in ogni parte tutto quanto è stato definito e dichiarato nel sacrosanto concilio di Trento riguardo il peccato originale e la giustificazione.
Profiteor pariter in missa offerri Deo verum, proprium et propitiatorium sacrificium pro vivis et defunctis, atque in sanctissimo Eucharistiae sacramento esse vere, realiter et substantialiter corpus et sanguinem una cum anima et divinitate Domini nostri Iesu Christi, fierique conversionem totius substantiae panis in corpus, et totius substantiae vini in sanguinem, quam conversionem catholica Ecclesia transsubstantiationem ap pellat. Fateor etiam sub altera tantum specie totum atque integrum Christum verumque sacramentum sumi. Parimenti credo che nella messa viene offerto a Dio un sacrificio vero, proprio e propiziatorio per i vivi e i defunti, e che nel santissimo sacramento dell'Eucaristia c'è veramente, realmente e sostanzialmente il corpo e il sangue assieme all'anima e alla divinità di nostro Signore Gesù Cristo, e che avviene la conversione di tutta la sostanza del pane in corpo e di tutta la sostanza del vino in sangue, la qual conversione la Chiesa cattolica chiama transustanziazione. Confesso anche che sotto una sola specie si riceve tutto integro Cristo e un vero sacramento.
Constanter teneo purgatorium esse, animasque ibi detentas fidelium suffragiis iuvari; similiter et sanctos una cum Christo regnantes venerandos atque invocandos esse, eosque orationes Deo pro nobis offerre, atque eorum reliquias esse venerandas. Firmiter assero, imagines Christi ac Deiparae semper virginis, nec non aliorum sanctorum, habendas et retinendas esse, atque eis debitum honorem ac venerationem impertiendam; indulgentiarum etiam potestatem a Christo in Ecclesia relictam fuisse, illarumque usum Christiano populo maxime salutarem esse affirmo. Ritengo senza esitazione che esiste il purgatorio e che le anime ivi rinchiuse sono aiutate dai suffragi dei fedeli; similmente poi che si devono venerare e invocare i santi che regnano con Cristo, che essi offrono a Dio le loro preghiere per noi e che le loro reliquie devono essere venerate. Dichiaro fermamente che si possono ritrarre e ritenere le immagini di Cristo e della sempre vergine Madre di Dio, come pure degli altri santi, e che ad esse si deve tributare l'onore dovuto e la venerazione; affermo inoltre che da Cristo è stato conferito alla Chiesa il potere delle indulgenze e che il loro uso è della massima utilità al popolo cristiano.
Sanctam catholicam et apostolicam Romanam Ecclesiam omnium Ecclesiatum matrem et magistram agnosco; Romanoque pontifici, beati Petri apostolorum principis successori ac Iesu Christi vicario veram oboedientiam spondeo ac iuro. Riconosco la santa, cattolica ed apostolica Chiesa Romana come madre e maestra di tutte le Chiese, e prometto e giuro obbedienza al romano Pontefice, successore di san Pietro principe degli apostoli e vicario di Gesù Cristo.
Cetera item omnia a sacris canonibus et oecumenicis conciliis, ac praecipue a sacrosaneta Tridentina synodo [et ab oecumenico concilio Vaticano, tradita, definita ac declarata, praesertim de Romani pontificis primatu et infallibili magisterio], indubitanter recipio atque profiteor; simulque contraria omnia, atque haereses quascumque ab Ecclesia damnatas et reiectas et anathematizatas ego pariter damno, reicio et anathematizo. Accetto e professo ancora senza dubbi tutte le altre cose insegnate, definite e dichiarate dai sacri canoni e in particolare dal sacrosanto concilio di Trento [e dal concilio ecumenico Vaticano] [specialmente quanto al primato e al magistero infallibile del romano Pontefice]: nel contempo anch'io condanno, rigetto e anatematizzo tutte le dottrine contrarie e qualunque eresia condannata, rigettata ed anatematizzata dalla Chiesa.
Hanc veram catholicam fidem, extra quam nemo salvus esse potest, quam in praesenti sponte profiteor et veraciter teneo, eamdem integram et immaculatam usque ad extremum vitae spiritum constantissime, Deo adiuvante, retinere et confiteri atque a meis subditis vel illis, quorum cura ad me in munere meo spectabit, teneri, doceri et praedicari, quantum in me erit, curaturum, ego idem N.… spondeo, voveo ac iuro: sic me Deus adiuvet, et haec sancta Dei Evangelia. Io N.… prometto, mi impegno e giuro, con l'aiuto di Dio, di mantenere e conservare tenacissimamente integra ed immacolata fino all'ultimo respiro di vita questa stessa vera fede cattolica, fuori della quale nessuno può essere salvo, che ora spontaneamente professo e ammetto con convinzione, e di procurare, per quanto sta in me, che sia ritenuta, insegnata e predicata ai miei soggetti e a coloro di cui mi sarà affidata la cura nel mio ministero: così faccio voto, così prometto e giuro; così mi aiutino Dio e questi santi Vangeli di Dio.

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I. I chierici che stanno per ricevere gli ordini maggiori; ad essi singolarmente sia previamente consegnato un esemplare sia della professione di fede, sia della formula del giuramento da emettere, in modo che le conoscano in anticipo accuratamente, essendovi una sanzione, come si vedrà sotto, in caso di violazione del giuramento.
II. I sacerdoti destinati a raccogliere le confessioni, e i sacri predicatori, prima che sia loro concessa facoltà di svolgere tali compiti.
III. I Parroci, i Canonici, i Beneficiari prima di entrare in possesso del beneficio.
IV. Gli ufficiali nelle curie episcopali e nei tribunali ecclesiastici, inclusi il Vicario generale e i giudici.
V. Gli addetti ai sermoni che si tengono nei tempi quaresimali.
VI. Tutti gli ufficiali nelle Congregazioni Romane o nei tribunali, in presenza del Cardinale Prefetto o del Segretario di quella Congregazione o di quel tribunale.
VII. I Superiori e i Docenti delle Famiglie e Congregazioni religiose, prima di assumere l'incarico.

I documenti della professione di fede, di cui abbiamo detto, e dell'avvenuto giuramento siano conservati in appositi registri presso le Curie episcopali, e parimenti presso gli uffici di ciascuna Congregazione Romana. Se poi qualcuno osasse, Dio non voglia, violare qualche giuramento, costui sia deferito al tribunale del Sant'Uffizio.
 
FORMULA DEL GIURAMENTO

Io ... fermamente accetto e credo in tutte e in ciascuna delle verità definite, affermate e dichiarate dal magistero infallibile della Chiesa, soprattutto quei principi dottrinali che contraddicono direttamente gli errori del tempo presente.

Primo: credo che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza e può anche essere dimostrato con i lumi della ragione naturale nelle opere da lui compiute (cf Rm 1,20), cioè nelle creature visibili, come causa dai suoi effetti.

Secondo: ammetto e riconosco le prove esteriori della rivelazione, cioè gli interventi divini, e soprattutto i miracoli e le profezie, come segni certissimi dell'origine soprannaturale della religione cristiana, e li ritengo perfettamente adatti a tutti gli uomini di tutti i tempi, compreso quello in cui viviamo.

Terzo: con la stessa fede incrollabile credo che la Chiesa, custode e maestra del verbo rivelato, è stata istituita immediatamente e direttamente da Cristo stesso vero e storico mentre viveva fra noi, e che è stata edificata su Pietro, capo della gerarchia ecclesiastica, e sui suoi successori attraverso i secoli.

Quarto: accolgo sinceramente la dottrina della fede trasmessa a noi dagli apostoli tramite i padri ortodossi, sempre con lo stesso senso e uguale contenuto, e respingo del tutto la fantasiosa eresia dell'evoluzione dei dogmi da un significato all'altro, diverso da quello che prima la Chiesa professava; condanno similmente ogni errore che pretende sostituire il deposito divino, affidato da Cristo alla Chiesa perché lo custodisse fedelmente, con una ipotesi filosofica o una creazione della coscienza che si è andata lentamente formando mediante sforzi umani e continua a perfezionarsi con un progresso indefinito.

Quinto: sono assolutamente convinto e sinceramente dichiaro che la fede non è un cieco sentimento religioso che emerge dall'oscurità del subcosciente per impulso del cuore e inclinazione della volontà moralmente educata, ma un vero assenso dell'intelletto a una verità ricevuta dal di fuori con la predicazione, per il quale, fiduciosi nella sua autorità supremamente verace, noi crediamo tutto quello che il Dio personale, creatore e signore nostro, ha detto, attestato e rivelato.

Mi sottometto anche con il dovuto rispetto e di tutto cuore aderisco a tutte le condanne, dichiarazioni e prescrizioni dell'enciclica Pascendi e del decreto Lamentabili, particolarmente circa la cosiddetta storia dei dogmi.

Riprovo altresì l'errore di chi sostiene che la fede proposta dalla Chiesa può essere contraria alla storia, e che i dogmi cattolici, nel senso che oggi viene loro attribuito, sono inconciliabili con le reali origini della religione cristiana.

Disapprovo pure e respingo l'opinione di chi pensa che l'uomo cristiano più istruito si riveste della doppia personalità del credente e dello storico, come se allo storico fosse lecito difendere tesi che contraddicono alla fede del credente o fissare delle premesse dalle quali si conclude che i dogmi sono falsi o dubbi, purché non siano positivamente negati.

Condanno parimenti quel sistema di giudicare e di interpretare la sacra Scrittura che, disdegnando la tradizione della Chiesa, l'analogia della fede e le norme della Sede apostolica, ricorre al metodo dei razionalisti e con non minore disinvoltura che audacia applica la critica testuale come regola unica e suprema.

Rifiuto inoltre la sentenza di chi ritiene che l'insegnamento di discipline storico-teologiche o chi ne tratta per iscritto deve inizialmente prescindere da ogni idea preconcetta sia sull'origine soprannaturale della tradizione cattolica sia dell'aiuto promesso da Dio per la perenne salvaguardia delle singole verità rivelate, e poi interpretare i testi patristici solo su basi scientifiche, estromettendo ogni autorità religiosa e con la stessa autonomia critica ammessa per l'esame di qualsiasi altro documento profano.

Mi dichiaro infine del tutto estraneo ad ogni errore dei modernisti, secondo cui nella sacra tradizione non c'è niente di divino o peggio ancora lo ammettono ma in senso panteistico, riducendolo ad un evento puro e semplice analogo a quelli ricorrenti nella storia, per cui gli uomini con il proprio impegno, l'abilità e l'ingegno prolungano nelle età posteriori la scuola inaugurata da Cristo e dagli apostoli.

Mantengo pertanto e fino all'ultimo respiro manterrò la fede dei padri nel carisma certo della verità, che è stato, è e sempre sarà nella successione dell'episcopato agli apostoli (S. Ireneo, Adversus haereses, 4, 26, 2: PG 7, 1053), non perché si assuma quel che sembra migliore e più consono alla cultura propria e particolare di ogni epoca, ma perché la verità assoluta e immutabile predicata in principio dagli apostoli non sia mai creduta in modo diverso né in altro modo intesa (Tertulliano, De praescriptione haereticorum, 28: PL 2, 40).

Mi impegno ad osservare tutto questo fedelmente, integralmente e sinceramente e di custodirlo inviolabilmente senza mai discostarmene né nell'insegnamento né in nessun genere di discorsi o di scritti. Così prometto, così giuro, così mi aiutino Dio e questi santi Vangeli di Dio.

(parte non ancora tradotta di sole 9 pagine: si cercano volontari)[…]

Dato in Roma, presso San Pietro, il giorno 1 settembre dell’anno 1910, ottavo del Nostro Pontificato.
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(Parte in Latino non tradotta....)
 DE SACRA PRAEDICATIONE

Quandoquidem praeterea diuturna observatione sit cognitam Nobis, episcoporum curis ut annuntietur divinum Verbum pares non respondere fructus, idque, non tam audientium desidiae, quam oratorum iactantiae tribuendum putemus, qui hominis verbum exhibent magis quam Dei, opportunum censuimus, latine versum evulgare atque Ordinariis commendare documentum, iussu Decessoris Nostri fel. rec. Leonis X III a Sacra Congregatione episcoporum et regularium editum die XXXI mensis Iulii anno MDCCCXCIV et ad. Ordinarios Italiae atque ad religiosarum Familiarum. Congregationumque moderatores transmissum.

1. ° «Et in primis quod ad ea pertinet virtutum ornamenta quibus sacri oratores emineant potissimum oportet, caveant ipsi Ordinarii ac religiosarum familiarum Moderatores ne unquam sanctum hoc et salutare divini verbi ministerium iis credant qui nec pietate in Deum nec in Christum Filium eius Dominum nostrum caritate ornentur ac redundent. Istae enim si in catholicae doctrinae praeconibus desiderentur animi dotes, quavis tandem ii polleant dicendi facultate, aliud nihil profecto praestabunt quam aes sonans, aut cymbalum tinniens [18]: neque unquam id ipsis suppetet a quo evangelicae praedicationis vis omnis ac virtus derivatur, studium videlicet divinae gloriae aeternaeque animorum salutis. Quae quidem oratoribus sacris apprime necessaria pietas, eluceat oportet etiam in. externa vitae eorumdem ratione: ne sermone celebratis praeceptis institutisque christianis disserentium mores refragentur: neve iidem opere destruant quod aedificant verbo. Ne quid praeterea profani pietas eiusmodi redoleat: verum ea sit praedita gravitate, ut probet eos esse revera ministros Christi, et dispensatores mysteriorum Dei [19]. Secus enim, ut scite animadvertit Angelicus, si doctrina est bona et praedicatur maius, ipse est occasio blasphemiae doctrinae Dei [20]. — At vero pietati ceterisque christianis virtutibus comes ne desit scientia: quum et per se pateat, et diuturna experientia comprobetur, nec sapiens, nec compositum, nec frugiferum dicendi genus posse ab iis afferri, qui doctrina, praesertim sacra, non affluant, quique ingenita quadam freti celeritate verborum, suggestum temere adscendunt ac ferme imparati. Hi profecto aerem verberant, et inscii divina eloquia contemptu! obiiciunt ac derisioni; plane digni quibus aptetur divina illa sententia: Quia tu scientiam repulisti, repellam te, ne sacerdotio fungaris mihi [21]».

2. ° «Igitur episcopi et religiosarum familiarum antistites divini verbi ministerium ne cui sacerdoti committant, nisi ante constiterit, ipsum esse pietatis doctrinaeque copia rite instructum. Iidem sedulo advigilent ut ea tantum pertractanda sumantur, quae sacrae praedicationis sunt propria. Quae vero eiusmodi sint Christus Dominus tunc aperuit quum ait: Praedicate evangelium ... [22] Docentes eos servare omnia quaecumque mandavi vobis [23]. Ad quae verba apte S. Thomas: Praedicatores debent illuminare in credendis, dirigere in operandis, vitanda manifestare, et modo comminando, modo exhortando, hominibus praedicare [24]. Et sacrosanctum Concilium Tridentinum: Annuntiantes eis vitia, quae eos declinare, et virtutes quas sectari oportet, ut poenam aeternam evadere et caelestem gloriam consequi valeant ". Quae omnia fusiore calamo persequutus f. r. Pius IX, haec scripsit: Non semetipsos, sed Christum crucifixum praedicantes, sanctissimae religionis nostrae dogmata et praecepta, iuxta catholicae Ecclesiae et Patrum doctrinam, gravi ac splendido orationis genere, populo clare aperteque annuncienti peculiaria singulorum officia accurate explicent, omnesque a flagitiis deterreant, ad pietatem inflamment, quo fideles, Dei verbo salubriter refecti, vitia omnia declinent, virtutes sectentur, atque ita aeternas poenas evadere et caelestem gloriam consequi valeant [25]. Ex quibus omnibus perspicuum fit, symbolum Apostolorum, divinum decalogum, Ecclesiae praecepta, Sacramenta, virtutes ac vitia, sua cuiusque conditionis officia, novissima hominis et cetera id genus aeterna vera, haec esse propria argumenta de quibus oporteat concionari».

3. ° «Sed rerum talium copiam et uberrimam et gravissimam recentiores divini verbi ministri haud raro nil pensi habent; uti obsoletum quid et inane negligunt ac paene abiiciunt. Hi nimirum quum probe compertum habeant recensita rerum momenta captandae populari gratiae, cui tantum inhiant, minus esse idonea; quae sua sunt quaerentes, non quae Iesu Christi [26], eadem plane seponunt; idque vel ipsis quadragesimae diebus ac reliquis solemnioribus anni tempestatibus. Una vero cum rebus immutante s nomina, antiquis concionibus recens quoddam ac minus recte intellectum alloquendi sufficiunt genus, quod CONFERENTIAM dicunt, menti cogitationique alliciendae magis aptum quam impellendae voluntati atque instaurandis moribus. Hi profecto haud secum reputant conciones morales omnibus, conferentias vix paucis prodesse; quorum si moribus diligentius perspectum foret per inculcatam saepe castitatem, animi demissionem, obsequium in Ecclesiae auctoritatem, hoc ipso praeiudicatas de fide opiniones exuerent lucemque veritatis promptiore animo exciperent. Quod enim complures de religione prave sentiunt, maxime inter catholicas gentes, id effrenatis animi cupiditatibus potius est tribuendum, quam vitio aberrantis intelligentiae, secundum divinam sententiam: De corde exeunt cogitationes malae... blasphemiae [28]. Hinc Augustinus Psalmistae referens verba: Dixit insipiens in corde suo: non est Deus [29], commentatur: in corde suo, non in mente sua».

4. ° «Haec tamen non ita sunt accipienda quasi sermones id genus per se omnino sint improbandi, quum contra, si apte tractentur, perutiles possint esse aut etiam necessarii ad refellendos errores, quibus religio impetitur. Sed amovenda omnino est a suggestu pompa illa dicendi, quae in quadam rerum contemplatione magis quam in actione versatur; quae civitatem spectat propius quam religionem; quae denique specie nitet melius quam fructuum ubertate. Ea nempe omnia commentariis et academiis magis accommodata, dignitati atque amplitudini domus Dei minime congruunt. Sermones autem, seu conferentiae, quae propositam habent religionis tuitionem contra hostiles impugnationes, etsi quandoque necessarii, non omnium tamen humeris apti sunt, sed validioribus. Atque ipsis quidem oratoribus eximiis magna est adhibenda cautela, quod eiusmodi defensiones haberi non decet nisi ubi tempus aut locus aut audientium conditio eas necessario postulent, spesque adsit non fore fructu vacuas: cuius rei iudicium legitimum penes Ordinarios esse ambiget nemo. Oportet praeterea in sermonibus id genus probandi vis sacris doctrinis multo pius quam humanae sapientiae verbis innitatur, omniaque nervose dicantur ac dilucide, ne forte mentibus auditorum haereant altius impressae falsae opiniones quam opposita vera, neve obiecta magis quam responsa percellant. Ante omnia vero illud cavendum, ne talium sermonum frequentia moralium concionum dignitatem deminuat ab usuve removeat, quasi hae inferioris ordinis essent ac minoris faciendae prae pugnaci illo dicendi genere, adeoque concionatorum et auditorum vulgo relinquendae; quum contra verissimum sit conciones de moribus plerisque fidelibus esse maxime necessarias; dignitate vero contentiosis disceptationibus minime cedere; ita ut vel a praestantissimis oratoribus, coram quovis elegantiori frequentiorique coetu, saltem identidem summo cum studio essent habendae. Quod nisi fiat, multitudo fidelium cogetur audire semper loquentem de erroribus, a quibus plerique ipsorum abhorrent; nunquam de vitiis ac noxis, quibus eiusmodi auditoria prae ceteris inficiuntur».

5. ° « Quod si vitiis haud vacat argumenti delectus, alia, eaque graviora etiam, querenda occurrunt si animum quis referat ad orationis speciem ac formam. Quae, prout egregie edisserit Aquinas, ut reapse sit lux mundi, tria debet habere praedicator verbi divini: primum est stabilitas, ut non deviet a veritate: secundum est claritas, ut non doceat cum obscuritate: tertium est utilitas, ut quaerat Dei laudem et non suam [30]. At vero forma hodierna dicendi saepenumero, non modo longe abest ab illa evangelica perspicuitate ac simplicitate quae iisdem deberet esse propria, sed tota posita est in verborum anfractibus atque abditis rebus, quae communem populi captum excedunt. Dolenda sane res ac prophetae deflenda verbis: Parvuli petierunt panem, et non erat qui frangerei eis [31]. Sed illud etiam miserius, quod saepe his concionibus deest illa species religionis, afflatus ille christianae pietatis, illa denique vis divina ac Sancti Spiritus virtus interius loquentis et ad bonum pie permoventis animos: qua sane vi ac virtute sacris praeconibus semper essent usurpanda Apostoli verba: Sermo meus, et praedicatio mea, non in persuasibilibus humanae sapientiae verbis, sed in ostentione spiritus et virtutis [32]. Iidem contra freti persuasibilibus humanae sapientiae verbis, vix aut ne vix quidem animum ad divina eloquia intendunt et ad Scripturas Sanctas, quae sacrae praedicationi potiores uberioresque recludunt latices, uti diserte docebat nuper Sanctissimus Dominus Leo XIII hisce verbis gravissimis: - «Haec propria et singularis Scripturarum virtus, a divino afflatu Spiritus Sancti profecta, ea est quae oratori sacro auctoritatem addit, apostolicam praebet dicendi libertatem, nervosam victricemque tribuit eloquentiam. Quisquis enim divini verbi spiritum et robur eloquendo refert, ille non loquitur in sermone tantum, sed et in virtute, et in Spiritu Sancto, et in plenitudine multa [33]. Quamobrem ii dicendi sunt praepostere improvideque facere, qui ita conciones de religione habent et praecepta divina enunciant, nihil ut fere afferant nisi humanae  scientiae et prudentiae verba, suis magis argumentis quam divinis innixi. Istorum scilicet orationem, quantumvis nitentem luminibus, languescere et frigere necesse est, utpote quae igne careat sermonis Dei, eamdemque longe abesse ab illa, qua divinus sermo pollet virtute: Vivus est enim sermo Dei, et efficax, et penetrabilior omni gladio ancipiti: et pertingens usque ad divisionem animae ac spiritus [34] . Quamquam hoc etiam prudentioribus assentiendum est, inesse in sacris Litteris mire variam et uberem magnisque dignam rebus eloquentiam; id quod Augustinus pervidit diserteque arguit [35], atque res ipsa confirmat praestantissimorum in oratoribus sacris, qui nomen suum assidute Bibliorum consuetudini piaeque meditationi se praecipue debere, grati Deo, affirmarunt [36]».

«En igitur eloquentiae sacrae fons facile princeps, Biblia. Sed qui ad nova exempla componuntur praecones, dicendi copiam non e fonte hauriunt aquae vivae, sed abusu haud sane ferendo, se ad humanae sapientiae cisternas dissipatas convertunt, et seposita doctrina divinitus inspirata, vel Ecclesiae Patrum et Conciliorum, toti sunt in profanorum recentiorumque atque adeo viventium scriptorum nominibus sententiisque proferendis: quae sane sententiae saepe interpretationibus ansam praebent, aut ambiguis aut valde periculosis. — «Alterum offensionis caput iniiciunt qui ita de rebus religionis disserunt, quasi omnia caducae huius vitae emolumentis commodisque metiantur, futurae ac sempiternae pene obliti: qui fructus quidem a christiana religione illatos hominum societati praeclare persequuntur; officia vero ab iisdem servanda dissimulant; Christi Servatoris unam efferunt caritatem; iustitiam silent. Inde istius praedicationis exiguus fructus, qua audita profanus homo persuasionem secumfert, etiam non mutatis moribus se fore christianum, dum dicat: Credo in Christum Iesum [37]». - Verum, quid ipsorum interest fructus colligere? Non id sane propositum habent, sed illud maxime, ut auditorum prurientes auribus iisdem assententur; dumque tempia referta videant, vacuos animos remanere patiuntur. Hac nempe de causa mentionem iniiciunt nullam de peccato, de novissimis, aliisque maximi momenti rebus, sed in eo toti sunt ut verba placentia effundant, tribunicia magis et profana eloquentia quam apostolica et sacra, ut clamores plaususque aucupentur; contra quos ita Hieronymus: Docente in Ecclesia te, non clamor populi, sed gemitus suscitetur: auditorum lacrimae laudes tuae sint [38]. Quo fit ut istorum conciones, quum in sacris aedibus tum extra, scenicum quendam apparatum exhibeant, omnemque speciem sanctitatis et efficaciam adimant. Hinc ab «auribus populi et plurium etiam e clero migravit voluptas, omnis quae a divino verbo hauritur; hinc bonis omnibus iniectae offensiones; hinc vel admodum exiguus, vel plane nullus, aberrantium profectus, qui, etiamsi interdum concurrant auditum, verba placentia, praesertim si magnificis illis illecti centies resonantibus humanitatis adscensum, patriam, scientiam recentius invectam, postquam dicendi peritum effuso prosequuti sunt plausu, templo iidem qui antea discedunt, haud eorum absimiles, qui mirabantur, sed non convertebantur [39]».

«Volens igitur haec Sacra Congregatio, ex mandato Sanctissimi Domini Nostri, tot ac tam improbandos abusus cohibere, Episcopos omnes et eos, qui religiosis Familiis institutisve ecclesiasticis praesunt tamquam supremi moderatores, compellat, ut apostolico pectore sese iisdem opponant omnique studio exstirpandos curent. Memores igitur eorum, quae a SS. Concilio Tridentino praescripta sunt [40]- Viros idoneos ad huiusmodi praedicationis officium assumere tenentur, - in hoc negotio perquam diligenter cauteque se gerant. Si de sacerdotibus agatur suae dioecesis impense caveant Ordinarii ne unquam iidem ad id muneris admittantur, quin prius de vita et scientia et moribus probati fuerint [41] hoc est nisi facto periculo aut alia opportuna ratione illos idoneos esse constiterit. Si vero de sacerdotibus res sit alienae dioecesis, neminem suggestum adscendere sinant, idque solemnioribus praesertim diebus, nisi prius ex testimonio scripto proprii Ordinarii vel religiosi Antistitis constiterit eosdem bonis moribus esse praeditos eique muneri pares. Moderatores vero sui cuiusque Ordinis, Societatis vel Congregationis religiosae neminem prorsus ex propriae disciplinae alumnis obire sinant concionatoris munus, eoque minus litterarum testimonio commendent locorum Ordinariis, nisi eiusdem perspectam habeant et morum probitatem et facultatem concionandi  uti decet. Si quem vero commendatum sibi litteris oratorem exceperint ac subinde experti cognoverint, eum in concionando a normis praesentium Litterarum discedere, cito in obsequium adigant. Quod si non audierit, a suggestu prohibeant, iis etiam, si opus fuerit, adhibitis canonicis poenis, quas res videatur postulare».

 Haec praescribenda censuimus aut recolenda, mandantes ut religiose observentur, gravitate permoti succrescentis in dies mali, cui serius occurri non potest sine summo periculo. Neque enim iam res est, quemadmodum ab initio, cum disputatoribus prodeuntibus in vestimentis ovium, sed cum apertis infensisque inimicis, iisque domesticis, qui facto foedere cum Ecclesiae capitalibus hostibus, propositam habent fidei eversionem. Sunt hi nempe, quorum audacia adversus deductam caelo sapientiam quotidie consurgit, cuius corrigendae sibi ius arrogant, quasi esset corrupta; renovandae, quasi esset senio confecta; augendae aptandaeque saeculi placitis, progressionibus, commodis, quasi eadem, non levitati paucorum, sed bono societatis esset adversa.

Hisce ausibus contra evangelicam doctrinam et ecclesiasticam traditionem nunquam satis opponetur vigilantiae aut severitatis nimium ab iis quibus commissa est sacri huius depositi custodia fidelis.

Quae igitur monita et salutaria mandata Motu hoc proprio ac certa scientia ediximus, ab universis catholici orbis quum Ordinariis tum etiam regularium Ordinum institutorumque ecclesiasticorum supremis Magistris religiosissime servanda, rata et firma consistere auctoritate Nostra volumus et iubemus, contrariis quibuslibet non obstantibus.

Datum Romae, apud Sanctum Petrum, die I mensis Septembris, anno MDCCCCX, Pontificatus Nostri octavo.

PIUS PP. X.

16 commenti:

  1. Il giuramento antimodernista è un'opera vera e propria che racchiude in sè gli elementi indispensabili per capire e discernere il modernistà.

    Ma, risulta da quest'opera che da un po' di tempo in qua i papi siano chiaramente e smaccatamente modernisti, quindi eretici.

    Quando mai un papa può essere eretico? Giammai!
    Aggiungo anche che rimango colpito dalle osservazioni insistenti sul verificare bene che un seminarista sia atto al sacerdozio...
    Sembra che San Pio X avesse anticipato e profetizzato sui nostri tempi attuali!

    Ma ci vorrà parecchio tempo per leggere tutto bene quanto Pio X scrisse analiticamente.

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  2. Caro Mardunolbo,

    Credo che non solo San Pio X, ma anche Pio IX si ha antecipato e profetizzato sui nostri tempi attuali. Si può dire che la lotta principale di Pio IX, era contro l'indifferenza religiosa, e come me ricordo la sua causa sarebbero le libertà moderne. Dopo 50 anni del Concilio e dell'approvazione di quella libertà moderna che Papa Pio IX ha lottato contra, l'analfabetismo religioso, viene sottolineato per Papa Bento XVI, come uno dei malle del nostro tempo. Ma questo analfabetismo religioso non è altro che un frutto del indifferentismo del secolo XIX?

    Un saluto dal Brasile

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    1. Grazie Gederson.
      Quel che mi chiedo io come tanti: com'è che Benedetto XVI parla di analfabetismo religioso, come parlò di relativismo, mentre lui è un esempio di entrambi le cose visto che il suo relativismo arriva a modulare la Tradizione secondo i tempi?

      Si direbbe qui in Italia, in modo sintetico e popolare: ma lo è o ci fa?
      O ancora:ma ignora davvero o finge ?

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    2. A forza di fingere certuni finiscono col credere a ciò che fingono...

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    3. Caro Mardunolbo,

      È stato un piacere ricordare il rapporto tra indifferentismo e analfabetismo religioso, perchè vediamo attraverso questo la validità del magistero di Pio IX anche oggi, non come ha detto Ratzinger nella istruzione Donun Veritatis, guarda:

      “[l’Istruzione “Donum Veritatis”] afferma - forse per la prima volta con questa chiarezza - che ci sono delle decisioni del magistero che non possono essere un’ultima parola sulla materia in quanto tale, ma sono in un ancoraggio sostanziale nel problema,innanzitutto anche un’espressione di prudenza pastorale, una specie di disposizione provvisoria. Il loro nocciolo resta valido, ma i singoli particolari sui quali hanno influito le circostanze dei tempi, possono aver bisogno di ulteriori rettifiche. Al riguardo si può pensare sia alle dichiarazioni dei Papi del secolo scorso sulla libertà religiosa, come anche alle decisioni antimodernistiche dell’inizio del secolo”. (Osservatore Romano, 27 giugno 1990, p. 6 ).

      Anche condivido di tua visione cerca il relativismo, e faccio le stesse domande:

      Ma lo è o ci fa?
      Ma ignora davvero o finge?

      È difficile...

      Un saluto dal Brasile

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  3. Grazie GianLuca...spero tanto che questo tuo articolo, profondamente e sicuramente ispirato da Dio,possa essere letto e meditato da tanti sacerdoti della Fraternita'e soprattutto da Mons.Fellay. Lucia

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  4. Se i vertici della FSSPX proseguiranno nella volontà di perseguire l'accordo avranno sulla coscienza il pericolo di molte anime.

    A proposito di Muller, altra intervista illuminante all'Osservatore Romano:
    "Müller ha risposto a una domanda sulle «discussioni con i lefebvriani e con le suore statunitensi». «Per il futuro della Chiesa – ha detto – è importante superare gli scontri ideologici da qualsiasi parte provengano. Esiste un’unica rivelazione di Dio in Gesù Cristo che è stata affidata all’intera Chiesa. Per questo non ci sono trattative sulla Parola di Dio e non si può credere e al contempo non credere. Non si possono pronunciare i tre voti religiosi e poi non prenderli sul serio. Non posso fare riferimento alla tradizione della Chiesa e poi accettarla solo in alcune sue parti. Il cammino della Chiesa porta in avanti e tutti sono invitati a non chiudersi in un modo di pensare autoreferenziale, bensì ad accettare la vita piena e la fede piena della Chiesa»."
    (fonte il solito Vatican Insider)

    ...suore americane e lefebvriani accomunati?!? Sono sempre piu' perplesso... ma possibile che siamo così in pochi a vedere le enormi e sempre crescenti storture???

    Luigi

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  5. Sì, siamo quattro gatti e questo è molto... escatologico...

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  6. Caro Gianluca hai scritto un ricco e puntuale articolo, concordo in molto...credo però che il messale del 62 sia "tradizionale", le modifiche legittime apportate, furono fatte in primis da Pio XII, Giovanni XXIII se non erro lo promulgò soltato....
    saluti CZC

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  7. Le prime modifiche si fecero durante il Pontificato di Pio XII, (riforma della settimana Santa, poi successivamente altre ne fecero durante il Pontificato di Giovanni XIII, difatti il "nuovo Messale Giovanneo" è il penultimo messale cosidetto Tradizionale redatto, ora a Dicembre entrerà in vigore un ulteriore Messale Tradizionale riveduto sotto il Pontificato di Benedetto XVI, quindi sarebbe giusto dire che chi celebrerà la Messa cosidetta"tradizionale" parrocchiale secondo il Motu Proprio Summorum Pontificum, userà il nuovo messale di Benedetto XVI, cobn l'introduzione in esso di alcune parti del Novus Orror Missae.

    Se poi hai la pazienza di leggerti questo articolo interessante, noterai che personaggi, gli stessi che hanno imperato modernisticamante durante il Conciliabolo, hanno attuato la riformna della Settimana Santa durante Pio XII, oltretutto(MALATO): "Il Papa era afflitto da una grave malattia allo stomaco che lo obbligava ad una lunga convalescenza, non era quindi il Cardinale Prefetto dei Riti, responsabile della commissione, ad informarlo, ma l’allora Mons. Montini e il futuro Card. Bea, che tanta parte ebbe nelle riforme posteriori".
    http://disputationes-theologicae.blogspot.it/2010/03/la-riforma-della-settimana-santa-negli.html
    Come noterai i cambiamenti fatti sotto Pio XII, malato, sono di già fuori della Tradizione...
    "Il giudizio globale sulla riforma della Settimane Santa, ma non solo, in ragione del carattere di assemblaggio artefatto e di attuazione di intuizioni personali, mal raccordate con la tradizione, è complessivamente alquanto negativo, essa non costituisce certo un modello di riforma liturgica. Si è analizzato il caso della riforma del 1955-56, perché fu, secondo Annibale Bugnini, la prima occasione d’inaugurare un nuovo modo di concepire la liturgia". (sempre dallo stesso articolo)

    In definitiva se si vuole la vera Messa Antica si dovrebbe celebrare con il messale di San Pio V, integro nella sua dogmaticità e quindi Santità.

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  8. "...occorre volgere l'attenzione ogni qual volta si tratti di scegliere i rettori e gli insegnanti dei Seminari e delle Università cattoliche. Chiunque in alcun modo sia contaminato da modernismo, sia tenuto lontano senza riguardi di sorta sia dall'incarico di reggere sia da quello d'insegnare: se già si trova con tale incarico, ne sia rimosso: si faccia lo stesso con coloro che in segreto o apertamente favoriscono il modernismo, o lodando modernisti e giustificando la loro colpa, o criticando la Scolastica, i Padri e il Magistero ecclesiastico, o ricusando obbedienza alla potestà ecclesiastica, da chiunque essa sia rappresentata; lo stesso con chi in materia storica, archeologica e biblica si mostri amante di novità; e infine, con quelli che non si curano degli studi sacri o paiono anteporre a questi i profani...."

    MA E'PROPRIO QUELLO CHE FANNO GLI AMATISSIMI PAPI DA 50 ANNI AD OGGI! RIMUOVERE SENZA INDUGIO QUELLI INCARICATI DI REGGERE O INSEGNARE NEI SEMINARI ?
    ESEGUONO ALLA PERFEZIONE QUANTO CALDEGGIATO DA PIO X...
    SI',MA AL CONTRARIO !!!!!!
    SI CONDANNANO DA SE' STESSI!

    PECCATO, VERO PECCATO CHE POCHISSIMI CATTOLICI CONOSCANO QUESTE DISPOSIZIONI DI ALLORA E QUESTA SITUAZIONE ODIERNA. DEL RESTO,SE TUTTI SAPESSERO,E NON FOSSERO "PACIFISTI" AD OLTRANZA ED INDIFFERENTI ALLA FEDE, UNA RIVOLTA POPOLARE CATTOLICA ROVESCEREBBE GLI INDEGNI CHE SIEDONO AL POSTO DI MARTIRI E SANTI DEI SECOLI, E COLLUDONO CON MASSONERIE E COI SEGUACI OSTINATI DEI CROCIFISSORI DI GESU'

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  9. Umanamente parlando la situazione è PERSA.

    Mons. Lefebvre era sicuramente un prelato che si fondava sulla fede, disposto a perdere anche tutto pur di mantenere la fede.
    Alcuni suoi successori no. Sono troppo attenti ad "altre" cose e la fede inizia inevitabilmente a fare da sfondo, da tapezzeria. Questo è già l'inizio della rovina.

    Poi, per quanto riguarda la nomina del card. Muller, ricordo che i tedeschi hanno una determinazione insita nella loro etnia. Aver messo nella Congregazione della fede un modernista e per giunta tedesco comporta inevitabilmente ripercussioni disastrose. Evidentemente è una nomina "politica" perché BXVI ritorni ad essere meglio accettato dall'episcopato tedesco che ultimamente lo snobbava assai. E' una nomina, però, a detrimento di tutto il resto.

    Muller cerca di stabilire una "via media" (quella via che il Card. Newmann aborriva nell'anglicanesimo) che sia la futura identità del Cattolicesimo.
    A parte che questa "via media" non è di possibile applicazione - in quanto contraddittoria - ma lo stesso discorso di Muller è insensato.

    "Per il futuro della Chiesa – ha detto – è importante superare gli scontri ideologici da qualsiasi parte provengano".
    C'è da chiedersi se la posizione tradizionale è ideologica. Se lo è il Cattolicesimo fino a ieri era ideologico e quindi NON erede autentico della Rivelazione. E se il Cattolicesimo fino a ieri era ideologico quello di oggi non può esserne da meno! Grazie di questa "rivelazione" cardinale!

    "Esiste un’unica rivelazione di Dio in Gesù Cristo che è stata affidata all’intera Chiesa. [...] Non posso fare riferimento alla tradizione della Chiesa e poi accettarla solo in alcune sue parti. Il cammino della Chiesa porta in avanti e tutti sono invitati a non chiudersi in un modo di pensare autoreferenziale, bensì ad accettare la vita piena e la fede piena della Chiesa»."
    (fonte il solito Vatican Insider)

    Che dire, allora, della via concessa all'ebraismo con la quale anche gli ebrei sono salvati (cosa detta e ridetta dagli ultimi papi) se "esiste una sola rivelazione stabilita da Gesù Cristo"?? Veramente la destra del Cattolicesimo NON SA cosa fa la sinistra e viviamo completamente disarticolati e dissociati (ecco allora perché i preti pedofili sono i più grandi moralisti)!!!

    Se la tradizione della Chiesa accettata dai tradizionalisti e solo parziale, c'è da chiedersi DOVE SIA la tradizione totale. Ovviamente nel Vat II che ha passi in cui... la contraddice! Allora la "tradizione totale" è un insieme di affermazioni in cui si dice "bianco" e si contraddice "bianco". Meraviglioso esampio di logica, signor Cardinale!!!

    "Non bisogna avere un pensiero autoreferenziale" lei dice. Ottimo! Ma quale autoreferenzialità all'interno delle ideologie conciliari! Ogni tentativo di riportare gli occhi sulla realtà (mostrando i disastri ancora ampiamente in corso) non tocca chi è preso da quei pensieri autoreferenziali. Che, dunque, questo discorso sia una spece di "proiezione psicologica" (si vede negli altri i propri problemi)??

    Veramente non serve criticare questa gente. Basta lasciarli parlare e si sputtanano da soli.

    Paradosi

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  10. Totalmente vero, quel che dice Paradosi. La nomina di Mueller rivela la furbizia di Ratzinger, ma non la sapienza. Dicono di San Benedetto da Norcia: "Soli Deo placere desiderans"; non si può ripetere altrettanto per Benedetto di Baviera. Umanamente parlando la partita è persa e la storia volge verso il suo epilogo. Il nostro parlare fra noi non può illuminare gli accecati, ma serve solo per la nostra edificazione e la conferma nella fede. Sarà Dio a dire l'ultima parola: "Si moram fecerit, expecta eum, quia ipse veniet et non tardabit, alleluia".

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  11. Finalmente risulta chiara la pochezza, la miseria, la livida malafede di Razinga Zeta.
    "si può ingannare tutti per qualche tempo, si può anche ingannare qualcuno per sempre, ma non si potrà mai ingannare TUTTI per SEMPRE" (Abramo Lincoln)
    Riccardo

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  12. A volte, leggendo certe profezie di mistici antichi, vengono i brividi a pensare che potrebbero trovare un riscontro nell'epoca presente, così confusa e piena di inganni.
    Pensate un po', c'è quella della cosiddetta "Monaca di Dresda" disse qualcosa circa il nostro tempo... si profetizza anche l'insediamento della corte di Lucifero sulla terra. La veggente dice difatti che ciò avverrà tra il 1940 e il 2010, quando "dominerà sulla terra la gerarchia satanica, guidata da un demone che parlerà la lingua di Attila, ma che indosserà le vesti di Cesare". E sarà con l'inganno che il mondo intero sarà "guidato" negli ultimi tempi.
    Ancora, da una visione della mistica suora Hildegard von Bingen (1098-1179):
    "...gli ultimi tempi saranno più cattivi e corrotti agli occhi di Dio. I figli di Dio saranno perseguitati con mezzi estremamente odiosi agli occhi di Dio. Il Trono dell’ultimo Impero Cattolico Romano crollerà, e lo scettro cadrà dalla mano tremante di colui che siede sul trono. Da quel momento cesserà ogni giustizia, o sarà calpestata”.
    “…Subito prima dell’Anticristo ci saranno fame e terremoti…”
    “Nel periodo in cui l’Anticristo nascerà, ci saranno molte guerre e il giusto ordine sarà distrutto sulla terra. L’eresia dilagherà e gli eretici predicheranno i loro errori apertamente e senza ritegno. Persino fra i cristiani ci saranno dubbi e scetticismo a proposito delle credenze del cattolicesimo”.
    Dopo la nascita dell’Anticristo gli eretici predicheranno le loro false dottrine indisturbati, col risultato che i cristiani avranno dubbi sulla loro santa Fede cattolica."
    ....se questa profezia è già in avveramento, l'anticristo può essere già nato e si manifesterà tra pochi anni nella sua età adulta...
    Pare infatti che gli eretici stiano già predicando le false dottrine assolutamente INDISTURBATI, sicuri dell'impunità, e non certo da oggi !

    Chissà, forse per prudenza e tenersi pronti, conviene fare come Eduardo: "non è vero ma ci credo...."
    mentre finora i grandi ecclesiastici hanno detto (su quelle autentiche, Quito, La Salette, Fatima): "E' vero ma non ci credo!"

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