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martedì 25 marzo 2014

Ma dirai: E la misericordia di Dio dov'è? Ahi misero, e non ti pare misericordia di Dio l'averti sopportato per tanti anni con tanti peccati? Tu dovresti startene sempre colla faccia a terra ringraziandolo e dicendo: "Misericordiae Domini, quia non sumus consumti" (Thren 3).


ABUSO DELLA DIVINA MISERICORDIA


Ignoras, quoniam benignitas Dei ad poenitentiam te adducit? (Rom 2,4)

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PUNTO I

Si ha nella parabola della zizania in S. Matteo (Matth 13) che essendo cresciuta in un campo la zizania insieme col grano, volevano i servi andare ad estirparla: "Vis, imus, et colligimus ea?". Ma il padrone rispose: No, lasciatela crescere, e poi si raccoglierà e si manderà al fuoco: "In tempore messis dicam messoribus, colligite primum zizania, et alligate ea in fasciculos ad comburendum". Da questa parabola si ricava per una parte la pazienza che il Signore usa con i peccatori; e per l'altra il rigore che usa cogli ostinati. Dice S. Agostino che in due modi il demonio inganna gli uomini: "Desperando, et sperando".

Dopo che il peccatore ha peccato, lo tenta a disperarsi col terrore della divina giustizia; ma prima di peccare, l'anima al peccato colla speranza della divina misericordia. Perciò il santo avverte ad ognuno: "Post peccatum spera misericordiam; ante peccatum pertimesce iustitiam". Sì, perché non merita misericordia chi si serve della misericordia di Dio per offenderlo. La misericordia si usa con chi teme Dio, non con chi si avvale di quella per non temerlo. Chi offende la giustizia, dice l'Abulense, può ricorrere alla misericordia, ma chi offende la stessa misericordia, a chi ricorrerà?

Difficilmente si trova peccatore sì disperato, che voglia proprio dannarsi. I peccatori voglion peccare, senza perdere la speranza di salvarsi. Peccano e dicono: Dio è di misericordia; farò questo peccato, e poi me lo confesserò. "Bonus est Deus, faciam quod mihi placet", ecco come parlano i peccatori, scrive S. Agostino. Ma oh Dio così ancora dicevano tanti, che ora sono già dannati.Non dire, dice il Signore: Son grandi le misericordie che usa Dio; per quanti peccati farò, con un atto di dolore sarò perdonato. "Et ne dicas: miseratio Domini magna est, multitudinis peccatorum meorum miserebitur" (Eccli 5,6). Nol dire, dice Dio; e perché? "Misericordia enim, et ira ab illo cito proximant, et in peccatores respicit ira illius" (Eccli 5,7). La misericordia di Dio è infinita, ma gli atti di questa misericordia (che son le miserazioni) son finiti. Dio è misericordioso ma è ancora giusto. "Ego sum iustus, et misericors", disse il Signore un giorno a S. Brigida; "peccatores tantum misericordem me existimant". I peccatori, scrive S. Basilio, voglion considerare Dio solo per metà: "Bonus est Dominus, sed etiam iustus; nolite Deum ex dimidia parte cogitare". Il sopportare chi si serve della misericordia di Dio per più offenderlo, diceva il P. M. Avila che non sarebbe misericordia, ma mancamento di giustizia. La misericordia sta promessa a chi teme Dio, non già a chi se ne abusa. "Et misericordia eius timentibus eum", come cantò la divina Madre. Agli ostinati sta minacciata la giustizia; e siccome (dice S. Agostino) Dio non mentisce nelle promesse; così non mentisce ancora nelle minacce: "Qui verus est in promittendo, verus est in minando".Guardati, dice S. Giovanni Grisostomo, quando il demonio (ma non Dio) ti promette la divina misericordia, affinché pecchi; "Cave ne unquam canem illum suscipias, qui misericordiam Dei pollicetur". Guai, soggiunge S. Agostino, a chi spera per peccare: "Sperat, ut peccet; vae a perversa spe". Oh quanti ne ha ingannati e fatti perdere, dice il santo, questa vana speranza. "Dinumerari non possunt, quantos haec inanis spei umbra deceperit". Povero chi s'abusa della pietà di Dio, per più oltraggiarlo! Dice S. Bernardo che Lucifero perciò fu così presto castigato da Dio, perché si ribellò sperando di non riceverne castigo. Il re Manasse fu peccatore, poi si convertì, e Dio lo perdonò; Ammone suo figlio, vedendo il padre così facilmente perdonato, si diede alla mala vita colla speranza del perdono; ma per Ammone non vi fu misericordia. Perciò ancora dice S. Gio. Grisostomo che Giuda si perdé, perché peccò fidato alla benignità di Gesù Cristo: "Fidit in lenitate magistri". In somma Dio, se sopporta, non sopporta sempre. Se fosse che Dio sempre sopportasse, niuno si dannerebbe; ma la sentenza più comune è che la maggior parte anche de' cristiani (parlando degli adulti) si danna: "Lata porta et spatiosa via est, quae ducit ad perditionem, et multi intrant per eam" (Matth 7,13).

Chi offende Dio colla speranza del perdono, "irrisor est non poenitens", dice S. Agostino. Ma all'incontro dice S. Paolo che Dio non si fa burlare: "Deus non irridetur" (Galat 6,7). Sarebbe un burlare Dio seguire ad offenderlo, sempre che si vuole, e poi andare al paradiso. "Quae enim seminaverit homo, haec et metet" (Galat 6,7). Chi semina peccati, non ha ragione di sperare altro che castigo ed inferno. La rete con cui il demonio strascina all'inferno quasi tutti quei cristiani che si dannano, è quest'inganno, col quale loro dice: Peccate liberamente, perché con tutt'i peccati vi salverete. Ma Dio maledice chi pecca colla speranza del perdono. "Maledictus homo qui peccat in spe". La speranza del peccatore dopo il peccato, quando vi è pentimento, è cara a Dio, ma la speranza degli ostinati è l'abbominio di Dio: "Et spes illorum abominatio" (Iob 11,20). Una tale speranza irrita Dio a castigare, siccome irriterebbe il padrone quel servo che l'offendesse, perché il padrone è buono.

PUNTO II

Dirà taluno, Dio m'ha usate tante misericordie per lo passato, così spero che me l'userà per l'avvenire. Ma io rispondo: E perché t'ha usate tante misericordie, per questo lo vuoi tornare ad offendere? Dunque (ti dice S. Paolo) così tu disprezzi la bontà e la pazienza di Dio? Nol sai che 'l Signore ti ha sopportato sinora; non già a fine che tu lo segui ad offendere, ma acciocché piangi il mal fatto? "An divitias bonitatis eius, et patientiae contemnis? Ignoras, quoniam benignitas Dei ad poenitentiam te adducit?" (Rom 2,4). Quando tu fidato alla divina misericordia non vuoi finirla, la finirà il Signore. "Nisi conversi fueritis, arcum suum vibrabit" (Ps 7). "Mea est ultio et ego retribuam in tempore" (Deut 32,35). Dio aspetta ma quando giunge il tempo della vendetta, non aspetta più e castiga.

"Propterea exspectat Dominus, ut misereatur vestri" (Is 30,18). Dio aspetta il peccatore, acciocché si emendi: ma quando vede che quegli del tempo, che gli è dato per piangere i peccati, se ne serve per accrescerli, allora chiama lo stesso tempo a giudicarlo. "Vocavit adversum me tempus" (Thren 1,15). S. Gregorio: "Ipsum tempus ad iudicandum vertit". Sicché lo stesso tempo dato, le stesse misericordie usate serviranno per farlo castigare con più rigore e più presto abbandonare. "Curavimus Babylonem, et non est sanata, derelinquamus eam" (Ier 51,9). E come Dio l'abbandona? O gli manda la morte, e lo fa morire in peccato; o pure lo priva delle grazie abbondanti, e lo lascia colla sola grazia sufficiente, colla quale il peccatore potrebbe sì bene salvarsi ma non si salverà. La mente accecata, il cuore indurito, il mal abito fatto renderanno la sua salvazione moralmente impossibile; e così resterà, se non assolutamente, almeno moralmente abbandonato. "Auferam sepem eius, et erit in direptionem" (Is 5,5). Oh che castigo! Che segno è, quando il padrone scassa la siepe, e permette che nella vigna v'entri chi vuole, uomini e bestie? è segno che l'abbandona. Così fa Dio, quando abbandona un'anima, le toglie la siepe del timore, del rimorso di coscienza, e la lascia nelle tenebre; ed allora entreranno in quell'anima tutti i mostri de' vizi. "Posuisti tenebras, et facta est nox, in ipsa pertransibunt omnes bestiae silvae" (Ps 103,20). E 'l peccatore abbandonato che sarà in quell'oscurità, disprezzerà tutto, grazia di Dio, paradiso, ammonizioni, scomuniche; si burlerà della stessa sua dannazione. "Impius, cum in profundum peccatorum venerit, contemnit" (Prov 18,3).

Dio lo lascerà in questa vita senza castigarlo, ma il non castigarlo sarà il suo maggior castigo. "Misereamur impio, et non discet iustitiam" (Is 26,10). Dice S. Bernardo su questo testo: "Misericordiam hanc ego nolo; super omnem iram miseratio ista". Oh qual castigo è quando Dio lascia il peccatore in mano del suo peccato, e par che non gliene domandi più conto! "Secundum multitudinem irae suae non quaeret" (Ps 9). E sembra che non sia con lui sdegnato. "Auferetur zelus meus a te, et quiescam, nec irascar amplius" (Ez 16,42). E par che lo lasci a conseguir tutto ciò che desidera in questa terra. "Et dimisi eos secundum desideria cordis eorum" (Ps 80). Poveri peccatori, che in questa vita son prosperati! È segno che Dio aspetta a renderli vittime della sua giustizia nella vita eterna. Dimanda Geremia: "Quare via impiorum prosperatur?" (Ier 12,1). E poi risponde: "Congregas eos quasi gregem ad victoriam". Non v'è castigo maggiore, che quando Dio permette ad un peccatore che aggiunga peccati a peccati, secondo quel che dice Davide: "Appone iniquitatem super iniquitatem... deleantur de libro viventium" (Ps 66,28). Sul che dice il Bellarmino: "Nulla poena maior, quam cum peccatum est poena peccati". Meglio sarebbe stato per talun di quest'infelici, che il Signore l'avesse fatto morire dopo il primo peccato; perché, morendo appresso, avrà tanti inferni, quanti peccati ha commessi.

PUNTO III

Si narra nella vita del P. Luigi la Nusa che in Palermo v'erano due amici; andavano questi un giorno passeggiando, uno di costoro chiamato Cesare ch'era commediante, vedendo l'altro pensoso: Quanto va, gli disse, che tu sei andato a confessarti, e perciò ti sei inquietato? Senti (poi gli soggiunse), sappi che un giorno mi disse il Padre la Nusa che Dio mi dava 12 anni di vita, e che se io non mi emendava tra questo tempo, avrei fatta una mala morte. Io ho camminato per tante parti del mondo, ho avute infermità, specialmente una che mi ridusse all'ultimo, ma in questo mese in cui si compiscono i 12 anni mi sento meglio che in tutto il tempo della vita mia. Indi l'invitò di venire a sentire il sabato una nuova commedia da lui composta. Or che avvenne? nel sabato, che fu a' 24 di novembre del 1668, mentre stava egli per uscire in iscena, gli venne una goccia, e morì di subito, spirando tra le braccia d'una donna anche commediante, e così finì la commedia. Or veniamo a noi. Fratello mio, quando il demonio vi tenta a peccare di nuovo, se volete dannarvi, sta in arbitrio vostro il peccare, ma non dite allora, che volete salvarvi; mentre volete peccare, tenetevi per dannato, e figuratevi che allora Dio scriva la vostra condanna, e vi dica: "Quid ultra debui facere vineae meae, et non feci?" (Is 5,4). Ingrato, che più io dovea fare per te, e non ho fatto? Or via, giacché vuoi dannarti, sii dannato, è colpa tua.

Ma dirai: E la misericordia di Dio dov'è? Ahi misero, e non ti pare misericordia di Dio l'averti sopportato per tanti anni con tanti peccati? Tu dovresti startene sempre colla faccia a terra ringraziandolo e dicendo: "Misericordiae Domini, quia non sumus consumti" (Thren 3). Tu facendo un solo peccato mortale, hai commesso un delitto più grande, che se ti avessi posto sotto i piedi il primo monarca della terra; tu n'hai commessi tanti, che se l'ingiurie ch'hai fatte a Dio, l'avessi fatte ad un tuo fratello carnale, neppure ti avrebbe sopportato; Dio non solo ti ha aspettato, ma ti ha chiamato tante volte, e ti ha invitato al perdono. "Quid ultra debui facere?". Se Dio avesse avuto bisogno di te, o se tu gli avessi fatto qualche gran favore, poteva egli usarti maggior pietà? Posto ciò, se tu di nuovo tornerai ad offenderlo, farai che tutta la sua pietà si muti in furore e castigo.

Se quella pianta di fico trovata dal padrone senza frutto, dopo l'anno concesso a coltivarla, neppure avesse renduto alcun frutto, chi mai avrebbe sperato che il Signore l'avesse dato più tempo e perdonato il taglio? Senti dunque ciò che ti avverte S. Agostino: "O arbor infructuosa, dilata est securis, noli esse secura, amputaberis". Il castigo (dice il santo) ti è stato differito, ma non già tolto, se più ti abuserai della divina misericordia, "amputaberis", finalmente ti taglierà. Che vuoi aspettare, che proprio Dio ti mandi all'inferno? Ma se ti ci manda, già lo sai che non vi sarà poi più rimedio per te. Il Signore tace, ma non tace sempre; quando giunge il tempo della vendetta, non tace più. "Haec fecisti, et tacui. Existimasti inique, quod ero tui similis? Arguam te, et statuam contra faciem tuam" (Ps 49,21). Ti metterà avanti le misericordie che ti ha usate, e farà ch'elle stesse ti giudichino e ti condannino.

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Sant'Alfonso Maria dè Liguori

8 commenti:

  1. NOTIZIA CHE INDICA DOVE VA LA CHIESA CATTOLICA

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    LA DIOCESI CATTOLICA DI LINZ SI APRE ALL'ASCOLTO DELLE PERSONE OMOSESSUALI

    "Chi sono io per giudicare i gay?" papa Francesco.


    Articolo pubblicato sul sito Il Timone.org il 25 marzo 2014

    «Gay Friendly Church» è il titolo di una speciale giornata di formazione che si tiene venerdì (28 marzo 2014) a Linz, in Austria (sottotitolo: «Un buon posto per omosessuali e lesbiche nella Chiesa»/Ein guter Platz für schwule und lesbische Menschen in der Kirche).

    Non è un’iniziativa di qualche gruppo dissidente o ai margini della Chiesa (ndr cattolica): è un incontro che ha luogo presso il Castello Puchberg, prestigioso centro culturale della diocesi, organizzato dal Gruppo di lavoro diocesano per la cura pastorale degli omosessuali (ndr Diözesane Arbeitsgruppe Homosexuellenpastoral - DAHOP), che ha come promotore Rolf Sauer, teologo e psicoterapeuta, già direttore dell’Ufficio per la pastorale familiare della diocesi.

    In una presentazione della giornata sul settimanale diocesano, così si legge: «Se persone dello stesso che si amano decidono di stringere un rapporto, la responsabilità che si prendono vicendevolmente deve essere valorizzata».

    A questa iniziative ne seguiranno altre nel mondo cattolico...

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  2. UN VESCOVO CATTOLICO IN ITALIA PREGA CON GLI OMOSESSUALI

    Articolo tratto da Vita Nuova, settimanale della Diocesi di Parma, del 2 luglio 2010, pagina 11 

    Da qualche anno a Parma si è costituito un gruppo di persone omosessuali, che si incontrano periodicamente (almeno una volta al mese) per sostenersi nella loro ricerca di fede e nella preghiera.
    E’ uno dei molti gruppi, che nella galassia del mondo omosessuale non nascondono la loro fede cristiana.

    La rete di internet tre anni fa ne riportava più di cinquanta in Italia, raccolti sotto la denominazione “omosessuali cristiani”. In regione (ndr in Emilia Romagna) una presenza analoga esisate a Reggio Emilia, Carpi e Bologna. Questo fatto ha permesso anche incontri interdiocesani prolungati per una giornata o un weekend.
    Si va estendendo nelle diocesi italiane l’attenzione alle sorelle e ai fratelli che, vivendo questa condizione esistenziale, cercano di farne una opportunità per la crescita della loro fede. Emblematica in proposito è una pubblicazione dell’ufficio per la Pastorale della famiglia di Torino (Valter Danna, Fede e omosessualità. Assistenza pastorale e accompagnamento spirituale, ed. Effeta’, 2008,  con prefazione dell’arcivescovo Poletto).

    Il nostro Vescovo* ha incontrato il gruppo di Parma nel loro appuntamento di maggio. Si è inserito nella loro preghiera: un’ora abbondante sulla Parola di Dio (quella sera la parabola del Samaritano, Lc 10,29-37).
    Lo scambio della meditazione, in analogia con il metodo della “lectio biblica”, gli ha permesso di incoraggiare i partecipanti ad aprirsi a Cristo, Buon Samaritano delle nostre vite. Egli raccoglie l’umanità in tutte le sue forme di sofferenza, che ne ostacolano il cammino.

    Questo incontro è un segno non solo della sensibilità personale di mons. Solmi, ma costituisce un richiamo chiaro a non discriminare nessuno (e Dio sa quanto c’è bisogno di questo richiamo ai nostri giorni). Di più riafferma con autorevolezza inequivocabile, che nessuno è escluso dalla comunione ecclesiale per la sua appartenenza a determinate categorie sociali.

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  3. L'INTERVISTA «C'è chi si fa prete per vivere meglio l’omosessualità»
    Marco Angilletti
    Lo scrittore Angilletti racconta anche le storie calabresi
    Nel suo libro Morbi et Orbi ha raccolto dati e retroscena che fanno cadere il velo sul rapporto tra sessualità e religione

    «I preti che decidono di vivere la loro sessualità non hanno paura né vivono la cosa come un problema. Si sentono liberi di agire, perché la loro libertà è giustificata dalla possibilità di lavare tutto con la confessione, che li assolve da ogni peccato. E in Calabria c’è anche chi si fa prete per vivere meglio la propria omosessualità». È un’analisi rivoluzionaria quella di Marco Angilletti, il giovane scrittore catanzarese autore del libro “Morbi et Orbi”, che racconta casi di omosessualità e pedofilia nella Chiesa moderna, raccogliendo dati e retroscena che fanno cadere il velo sul rapporto tra sessualità e religione.
    Un’analisi che parte da storie vere, raccolte anche in Calabria, raccontate “spiando” dal buco della serratura delle canoniche, smontando un tabù forse solo percepito e non più vissuto. La sessualità, anche nella sua forma omosessuale, non è più un problema per i sacerdoti, anzi: i preti, beccati su appositi siti per gay a cercare l’approccio con giovani e meno giovani, come gli racconta un sacerdote calabrese, «si sentono in una condizione di protezione anche di fronte a Dio e consapevoli che fino a quando il loro padre spirituale concederà loro l’assoluzione possono non ritenersi responsabili del fatto di non rispettare determinate regole». Regole che gli stessi, scegliendo di indossare l’abito sacerdotale, hanno accettato, conoscendo tutte le conseguenze. Angilletti, per scrivere il suo libro, ha messo in scena un trucchetto semplice semplice: fingersi in procinto di prendere i voti ma tormentato dalla sua omosessualità. Gli è bastato iscriversi sul sito “venerabilis” per cercare conforto e informazioni tra i preti che frequentavano la piattaforma on line, pronti a dispensare consigli ma anche a organizzare incontri faccia a faccia per fare ben altro che parole.
    Come ha condotto il suo studio?
    «Ho chiesto consigli su come comportarmi e vivere questa mia condizione. Così ho iniziato a parlare con questi preti via chat, cercando di instaurare una certa confidenza e parlando con loro anche attraverso la webcam. Era difficile, pur avendo immortalato i loro volti, provare che fossero dei preti, nonostante si presentassero anche in abito sacerdotale. Così ho cercato dei casi qui in Calabria, per poter avere un contatto visivo, anche se a distanza, direttamente in Chiesa. E ne ho trovati almeno tre».
    Come vivono la loro omosessualità questi preti?
    «Contrariamente alle aspettative erano molto aperti e non avevano timore, nonostante la loro condizione, a chiedere un incontro. Vivono una vita sessuale tranquilla, consapevoli che possono anche aver peccato con le loro azioni ma certi di poter continuare fino a quando avranno la garanzia di essere assolti».

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  4. Per Anonimo del 27 marzo, h.23,07 :
    "Ma dirai: E la misericordia di Dio dov'è? Ahi misero, e non ti pare misericordia di Dio l'averti sopportato per tanti anni con tanti peccati? Tu dovresti startene sempre colla faccia a terra ringraziandolo e dicendo: "Misericordiae Domini, quia non sumus consumti" (Thren 3). Tu facendo un solo peccato mortale, hai commesso un delitto più grande, che se ti avessi posto sotto i piedi il primo monarca della terra; tu n'hai commessi tanti, che se l'ingiurie ch'hai fatte a Dio, l'avessi fatte ad un tuo fratello carnale, neppure ti avrebbe sopportato.....
    "Posto ciò, se tu di nuovo tornerai ad offenderlo, farai che tutta la sua pietà si muti in FURORE E CASTIGO ..."
    Che Dio abbia furore, certo non lo vedo, ma tristezza e castigo, certo che sì, dato che ha inviato il Figlio per redimerci e Lui ha sofferto per noi tutti.
    L'abuso della Divina Misericordia è monito per tutti noi e per me per primo.
    Devo anche ammettere che spesse volte ho riflettuto su quanto è facile abusarne.
    Al tempo stesso non si può che invocare sempre, sperando che i peccati non siano di dannazione eterna.
    Mah ! E' sempre meglio riflettere su questo rischio e non essere ottimisti ad oltranza come un certo Bergoglio ed altri prima di lui ....

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  5. a proposito del discriminare...
    Può essere anche positivo organizzare incontri con omosessuali, visto che l'omosessualità è dilagante da quando i genitori non insegnano più che la discriminante sessuale passa anche attraverso il cervello del bambino.
    Ma se a questi incontri non si sollecita la castità e non si spiega quanto disse Gesù ed i padri della Chiesa , al proposito, non si farà altro che dare fumo negli occhi a persone che cercano una sicurezza di fede che a loro manca !
    E, stando così come stanno le cose nella chiesa chiesa ufficialmente cattolica, ma ora universal-massonica, dubito assai che si trovino religiosi capaci di mettere i puntini sulle "i" spiegando dottrina e prassi.

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  6. RIGHE TRATTE DAL SITO DEL PERIODICO CATTOLICO FRANCESE LA CROIX (13 dicembre 2013)

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    ...

    Alcuni auspicano quindi che la Chiesa affermi con maggiore chiarezza che non si può condannare l'omosessualità come tale, in nome di qualche versetto biblico. Tale formulazione potrebbe evitare ai cristiani, giovani e meno giovani, che scoprono la loro omoaffettività, di provare vergogna e senso di colpa.

    Questo sarebbe di aiuto, nella società e nella Chiesa, per “passare da un magistero del disprezzo a una teologia della stima per le persone omosessuali” secondo padre Antoine Guggenheim, direttore del polo di ricerca del Collège des Bernardins di Parigi, che due anni fa ha fatto partire un seminario di riflessione su “Fede cristiana e omosessualità” per poter aprire dei sentieri di accompagnamento pastorale e spirituale delle persone omosessuali cattoliche, la cui situazione li espone a una “doppia pena: come omosessuali vengono giudicati nelle loro parrocchie come se si trattasse di una scelta di vita; come cattolici, vengono derisi negli ambienti gay” riassume padre Guggenheim.

    È proprio l'accoglienza delle persone omosessuali nelle parrocchie che la Chiesa può mettere in cantiere, cominciando col ricordare che ogni battezzato e battezzata, qualunque sia il suo percorso di vita e il suo orientamento sessuale, è pienamente amato e amata da Dio.
    Bisogna anche ricordare, come ripete la teologa Véronique Margron, insegnante all'Università Cattolica di Angers, nei suoi interventi pubblici, che non tutti le persone cattoliche che hanno un orientamento omosessuale riescono, anche se lo desiderano, a vivere nell'obbedienza alla dottrina della Chiesa.

    “Per alcuni è possibile: sono felici nella continenza perché la vivono come un luogo di stima e di vittoria su se stessi e sanno che possono assicurarsi una dimensione affettiva nelle relazioni caste di amicizia”.
    Per altri il celibato può essere difficile da vivere, tanto più che “una continenza vissuta rimuovendo il desiderio porta talvolta a comportamenti compulsivi che riducono ancora di più il sentimento di dignità e la libertà delle persone o a gravi depressioni che mettono in crisi il senso dell'esistenza” prosegue Véronique Margron.

    Sarebbe allora preferibile costruire una relazione stabile e duratura con un compagno o una compagna “nella stima reciproca, alla giusta distanza, senza influenza dell'uno sull'altro”. Ci sono “vite coniugali” di cristiani omosessuali caratterizzate dal rispetto, dal pudore, dall'attenzione, dalla fedeltà...
    È dunque nell'accompagnamento individuale che il cattolico e la cattolica di orientamento omosessuale sono invitati a illuminare la propria coscienza per non pensare più per opposizioni (obbedienza alla Chiesa o vita omosessuale) e discernere liberamente ciò che, per lui e per lei, è “più umanizzante”, secondo l'espressione di Véronique Margron. 

    La Chiesa non accetterà ancora di benedire queste coppie: tuttavia alcuni sacerdoti, in via privata, accettano di pronunciare una benedizione sulle persone. La Chiesa potrebbe comunque riconoscere il valore etico dello specifico vissuto, soprattutto quando queste persone, impegnate nella Chiesa, sanno essere discrete nella loro vita privata ma senza nascondere la loro situazione ai sacerdoti e ai responsabili.

    Quanto all'accesso all'Eucarestia alcuni sacerdoti, come succede per i divorziati risposati, accettano di dare la comunione alle persone che vivono una relazione omosessuale. Ma queste situazioni vengono gestite caso per caso.

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  7. 1. Tempi nuovi…Chiesa nuova – la Chiesa si adegua alla mentalità del mondo.
    ( l’ a b c del cattolico adulto)
    Basta con la fissazione di una Chiesa universale, cattolica, che vuole imporre le proprie regole al mondo intero ! nessuna religione possiede la verità tutta intera, tutte ne vanno in cerca, ma nessuna la possiede. Ogni religione possiede una parte di verità, ed è in cammino verso il divino, l’assoluto.
    Bisogna andare incontro alle altre religioni, per fare il cammino insieme verso la Verità. Non esistono quindi religioni scismatiche o protestanti (contro chi?). Le diverse confessioni cristiane sono tutte religioni con pari dignità, siamo tutti fratelli in Cristo, tutti cristiani. Noi cattolici non dobbiamo imporre niente ai fratelli delle altre confessioni cristiane, non abbiamo niente da insegnare loro; camminiamo insieme, quindi, siamo un solo popolo in cammino, dialoghiamo assieme ed aiutiamoci vicendevolmente. Abbiamo molto da imparare da loro, ci possiamo arricchire vicendevolmente.
    Dobbiamo uscire dal chiuso dei nostri palazzi, delle nostre certezze, abbandonare l’ossessione dogmatica, la fissazione sui c.d. valori non negoziabili (con chi dovremo negoziarli, se siamo tutti sulla stessa barca?) ed andare incontro ai fratelli nelle periferie esistenziali del mondo, per aiutarli, confortarli, consolarli nelle avversità, curare le loro ferite (in quell’ospedale da campo che è oggi la Chiesa). Tutto ciò, però, senza voler imporre loro alcunché, senza caricarli di pesi gravosi ed inutili (confessione, pentimento, cambiamento di vita, conversione, ecc.). Questo vale in special modo per i non credenti, gli atei, gli agnostici: basta che loro seguano la loro coscienza, il loro concetto di bene e sono a posto.
    Basta con l’ossessione dei precetti, dei riti (e dei merletti), dei comandamenti, delle condanne, della cosiddetta cattolicità. La Chiesa non è cattolica, Dio non è cattolico, il Papa non è cattolico. Chi crede di possedere l’intera verità e la vuole imporre agli altri sbaglia di grosso. Non dobbiamo imporre niente ai credenti in altre religioni (altro che proselitismo, conversione forzata!), né tantomeno ai fratelli delle altre confessioni cristiane, ortodosse, luterane, anglicane, ecc.. I primi non devono essere costretti a convertirsi al Cristianesimo ed i secondi a far ritorno nella c.d. Chiesa Cattolica (che tale non è, come affermato sopra). La chiesa cattolica non ha niente da insegnare a nessuno e non deve convertire nessuno, devono cacciarselo in testa quegli ossessionati dei cattolici tradizionalisti, quei tristi figuri senza pace e senza gioia (prendano esempio dalla gioia dimostrata dai vescovi danzanti a Copacabana), fissati sull’uso di una lingua morta e sepolta, che nessuno parla e intende più.
    Come dicevamo, oggi la chiesa invita tutti ad incontrarsi, ad andarsi incontro gli uni agli altri, specialmente là dove maggiore è la sofferenza, nelle periferie esistenziali del mondo. Basta l’incontro, basta l’amore. Quando due persone sono unite da un legame affettivo, da una forma d’amore, hanno diritto a tutto il nostro rispetto. Non dobbiamo criminalizzare le moderne forme di relazioni affettive tra le persone, anche se dello stesso sesso. Ciò che conta è l’amore reciproco, non il “genere”, il c.d. “gender”. Le forme di convivenza vanno tutte bene, purché siano basate sull’amore, sull’affetto reciproco, sull’aiuto vicendevole. Nessuna prevenzione quindi contro il mondo lgbt, contro gli omosessuali: dobbiamo andare loro incontro, accettarli, accoglierli, non discriminarli né criticarli. Noi non siamo migliori di loro, non abbiamo niente da insegnare a loro, non dobbiamo arrogarci il diritto di imporre loro di cambiare vita (la presunzione di essere migliori di loro è il nostro peccato). Se coltivano l’amore vicendevole e reciproco, se la loro coscienza non gli rimprovera niente, che diritto abbiamo noi di rimproverarli, di condannarli? chi siamo noi per giudicare?

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  8. Cattolico, è eccezionale il tuo intervento, che lessi anche su Riscossa Cristiana !
    L'ho inviato anche in giro nel mondo a missionari, perchè chissà che non imparino qualcosa ...!
    Grazie di aver sintetizzato in modo così chiaro i pensieri e le parole dei woityl-ratzingo-bergogli di turno !

    RispondiElimina

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