Beato Lorenzino da Marostica, ucciso dai giudei.
Segnalazione di Maurizio-G. Ruggiero
In onore del Beato Lorenzino da marostica martire, ucciso da alcuni Ebrei in odio alla fede cristiana
La miracolosa storia del Beato Lorenzino.
Il Beato Lorenzino Sossio (o Fossa o Fosser o De Lorenzoni) nacque
nella contrada di Valrovina (frazione di bassano del grappa) nel 1480.
Il padre, milite della Serenissima, dopo una sola notte di matrimonio,
fu costretto a partire per la guerra; tornato dopo nove mesi trovò la
moglie con in braccio il neonato di dieci giorni appena. Credendosi
tradito e colto da improvvisa gelosia, sguainò la spada e minacciò di
uccidere la sposa, che, devota della Santissima Vergine, ne invocò la
protezione nel pericolo. Ed ecco il primo miracolo: l’infante di soli
dieci giorni s’interpose, afferrò con le mani la spada del padre, e gli
disse: ”Fermati, padre mio, ch’io sono tuo figlio”.
Cinque anni dopo, il 5 aprile 1485,
questo fanciullo di grazie preclare, venne attirato in una località
isolata (Caluga) da alcuni individui, che lo trafissero con lunghi
chiodi di ferro per stillarne il sangue e lo circoncisero; compiuto lo
scellerato crimine furono scorti da un eremita mentre si allontanavano
dal luogo dopo aver tentato di occultare il cadavere sotto un mucchio di
pietre; nonostante ogni loro sforzo, sempre restava tuttavia scoperto
qualche lembo del corpicino insanguinato. Dato l’allarme, fra lo strazio
dei genitori, gli venne data una prima sepoltura nella nuda terra,
segno che, prudentemente, non si dava ancora per scontato trattarsi di
martirio. Ma, nella notte, il corpo del piccolo Beato emanava raggi di
luce e profumo di fiori fragranti, mentre dalla terra sporgeva il
braccino con la mano destra rivolta verso il cielo; questi eventi
meravigliarono la popolazione e le autorità. Si decise quindi di dargli
sepoltura in chiesa. Ma essendo sorta disputa fra bassanesi e
marosticensi, che se ne contendevano le spoglie, ci si accordò di
collocare la piccola salma sopra un carro, trainato da due giovenche e
di lasciare che fosse la Provvidenza a indicare con qualche suo segno
speciale la città prescelta. All’altezza del bivio tra Bassano e
Marostica le giovenche spontaneamente si diressero verso Marostica,
fermandosi soltanto all’altezza della scalinata che oggi conduce al
convento di San Sebastiano e dove un capitello ricorda il Beato
innocente.
Intorno alle reliquie incorrotte del
Beato, subito fiorirono grazie e miracoli; addirittura le unghie delle
mani e dei piedi e i capelli biondi del piccolo Martire continuarono a
crescere per anni, fino a quando la madre, che sola aveva il privilegio
di tagliarglieli e che intanto era rimasta vedova, non si risposò. Dopo
diverse traslazioni, a causa delle soppressioni napoleoniche, le spoglie
del Beato Lorenzino trovarono riposo nell’attuale chiesa parrocchiale.
Durante l’ultimo conflitto mondiale, per le mani del parroco Don Casto
Poletto, i marosticensi fecero voto solenne di erigere in suo onore una
cappella ove la loro città fosse scampata alla distruzione. Esauditi, i
marosticensi sciolsero il loro voto inaugurando solennissimamente,
nell’aprile 1947, alla presenza dei vescovi di Reggio Emilia (Mons.
Socche) e di Vicenza (Mons. C. Ziniato) la costruzione.
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Le fonti storiche più antiche. Il
processo contro i responsabili andò per le lunghe e gli atti andarono
purtroppo bruciati nell’incendio della Torre di Marostica del 1509; che
le autorità venete ritenessero comunque certa la matrice ebraica in odio
alla fede cristiana, analogamente ad analoghi episodi di omicidio
rituale che già erano avvenuti altrove (il caso del Beato Simonino a
Trento, quello del Beato Andrea da Rinn, presso Bressanone, quello del
Beato Sebastiano a Portobuffolé presso Treviso, tutti a breve distanza
di tempo) è confermato dal bando di espulsione che nel 1489 colpì gli
ebrei di Vicenza, oltre che per le consuete usure, anche per
l’assassinio del piccolo Lorenzo. Marin Sanudo, storiografo della
Repubblica, nei suoi Diarii, annota al 28 aprile 1500 doversi ricercare un Marcuccio, ebreo di Bassano, quale mandante del delitto, aggiungendo: “ e se si prendesse uno Marcuzzo, zudeo, si saperia qualcosa”.
Nel 1488 il Vescovo Pietro Barozzi si
reca a Marostica: prudentemente, ad evitare ritorsioni contro gli ebrei a
causa dell’orrendo delitto, che egli stesso, nella sua relazione,
attribuisce loro, vieta il culto pubblico, non già quello privato, del
Martire e ne lascia l’urna sull’altare, assieme agli ex voto, il che
equivale ad una tacita approvazione del fatto e della sua veridicità;
esamina la salma e osserva che è incorrotta e della statura di circa tre
anni; che il bimbo, del quale è incerto il cognome, è stato circonciso;
nota altresì il fenomeno della crescita delle unghie e dei capelli, che
gli pare tuttavia un evento naturale.
Anche il Senatore Veneto Flaminio
Cornaro e il vescovo reggente Mons. Pietro Bruti, menzionano la vicenda
del bimbo di Valrovina. Il Padre Francesco Barbarano nel 1652 trascrive
da documenti originali conservati nel monastero di San Sebastiano a
Marostica e risalenti all’anno 1487, le numerosissime grazie dovute
all’intercessione del Beato Lorenzino, con indicazione dei miracolati,
dei testimoni e dei rispettivi luoghi di provenienza. Le fonti
successive, una vera folla, non fanno che confermarne e accrescerne la
fama di santità.
Il culto ab immemorabili prestato al Beato e il pronunciamento delle supreme autorità ecclesiastiche. Il Beato Lorenzino ricevette dunque un culto ab immemorabili, ultracentenario
prima del 1634, come richiesto dai decreti del Papa Urbano VIII, grazie
all’ininterrotta approvazione dei vescovi di Padova e di Vicenza sotto
cui alternativamente fu posta Marostica. Ininterrotta, giacchè, come si
evince dal dibattimento del 31 agosto 1867 in Roma, presso la Sacra
Congregazione dei Riti, dibattimento che precedette il decreto della
stessa Congregazione e del Papa Pio IX (5 settembre 1867) di
confermazione del culto del Beato Lorenzino, l’antica decisione del
vescovo Barozzi di vietare il culto pubblico in quel lontano 1488, fu
ritenuta coatta, assunta cioè al solo scopo d’impedire turbative
dell’ordine pubblico.
In effetti già nel 1602 il vescovo di
Padova, Mons. Marco Corner, aveva formalmente introdotta a Roma la causa
di beatificazione; per la morte del vescovo la causa fu tuttavia
interrotta e in seguito gli atti andarono perduti, insieme con
manoscritti, ex voto e quadri, in un rogo appiccato in un raptus
di follia dal sagrestano del convento di San Sebastiano, dov’erano
depositati gli originali. Uno solo di questi quadri andati a fuoco
documentava ben ventidue grazie ottenute per intercessione del Beato
nello spazio di un solo anno.
Tra i molti vescovi che permisero il
culto del Beato, si annoverano il Beato Gregorio Barbarigo ed il Card.
Carlo Rezzonico, poi Papa col nome di Clemente XIII.
Nel 1867 spettò al Vescovo di Vicenza,
Mons. Giovanni Antonio Farina, l’onore di promuovere a Roma la causa di
confermazione del culto del Martire Lorenzino, trionfalmente conclusa
col citato decreto della Sacra Congregazione per i Riti, approvato da
Pio IX.
Il 5 maggio 1889 l’allora Vescovo di
Vicenza, Mons. Antonio Maria de Pol celebrò solennemente la Santa Messa
in onore del Beato nella chiesa di Marostica, pronunciando
nell’occasione una memorabile omelia, in cui chiamava fortunati i
marosticensi: alludendo al Beato Lorenzino, “Voi possedete”, dichiarava il Vescovo, “un
tesoro, invidiatovi a ragione da altre terre; possedete un pegno
prezioso dell’amore divino. Deh! Fate di serbar voi, i vostri figli e i
vostri nipoti degni di tanto onore e di tanta gloria. E lo farete certo,
se porrete ogni cura nel difendere e nel custodire inalterata la fede
degli avi, che è la fede cattolica […]”. E riferendosi alla
massoneria, ormai al potere attraverso la rivoluzione francese ed il
cosiddetto risorgimento, anche nell’Italia cattolica, proseguiva: “Lo
farete se con quella forza che viene da Dio, e che vi intercederà il
glorioso Lorenzino, resisterete strenuamente alle false dottrine dei
seguaci della giudaica superstizione, qualsiasi nome e qualsiasi forma
si prenda oggidì. […] Sì, è bene che lo sappiate dalla bocca del vostro
Vescovo, che una setta perversa continua oggidì le superstizioni e le
empietà giudaiche, assai probabilmente animata, sorretta e in parte
ingannata dagli ostinati discendenti dei crocifissori di Cristo e
carnefici del nostro Lorenzino; setta d’uomini perduti, che aspirano non
tanto ad uccidere un cristiano, quanto ad uccidere lo stesso
Cristianesimo”.
Nel 1885, in occasione del IV centenario
del martirio del Beato Lorenzino, presenziò alla solenne funzione,
stando a quanto scrive Don Igino Milan, nella sua opera Il Beato Lorenzino da Marostica nella storia e nel culto, lo stesso Patriarca di Venezia, Cardinale Agostini.
Dal 7 al 9 aprile 1910, presente
l’allora vescovo di Vicenza, Mons. Antonio Feruglio, si tenne una delle
tante solenni traslazione dell’urna del Beato; lo stesso Presule nel
1908 si congratulava col polemista cattolico, Don Ottavio Ronconi, per
aver “saputo difendere l’onore […] di tre Beati, uno dei quali il
nostro Beato Lorenzino di Marostica, ribattendo vittoriosamente le
gratuite insinuazioni onde taluni si sforzano di scagionare gli ebrei
dall’orribile delitto di esserne stati i carnefici”.