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sabato 1 ottobre 2011

"Nelle tavole della Legge è già il mio Sangue. Nella Via che vi traccio è il mio Sangue. La porta del Tesoro si apre sotto l'onda del mio Sangue. La vostra anima si fa candida e forte per il lavacro e il nutrimento del mio Sangue. Ma voi, perché non sia sparso invano, dovete battere la via immutabile dei dieci comandamenti."


 

DISCORSO 33 di Sant'Agostino...

SU QUANTO È SCRITTO NEL SALMO 143:
"O DIO, TI CANTERO' UN CANTICO NUOVO"
1. Sta scritto: O Dio, ti canterò un cantico nuovo; salmeggerò a te sul salterio a dieci corde . Il salterio a dieci corde è - lo si comprende - i dieci comandamenti della legge. Quanto al cantare e al salmeggiare è, di solito, occupazione di persone innamorate. Se infatti l'uomo vecchio è nel timore, il nuovo è nell'amore . In tal modo distinguiamo anche due Testamenti, il vecchio e il nuovo: Testamenti che l'Apostolo dice figurati allegoricamente già nei figli di Abramo, nati uno dalla serva e l'altro dalla donna libera . Dice: Essi sono i due Testamenti . Ora la schiavitù ha pertinenza col timore, la libertà con l'amore. Dice l'Apostolo: Non avete ricevuto di nuovo uno spirito di servitù nel timore, ma avete ricevuto lo Spirito dell'adozione filiale, nel quale gridiamo: Abba, Padre  Dice pure Giovanni: Il timore non è nella carità ma la carità, quando è perfetta, caccia via il timore . La carità dunque canta il cantico nuovo. Il timore servile, viceversa, qual è posseduto dall'uomo vecchio , può sì avere il salterio a dieci corde, in quanto anche ai giudei carnali fu data la legge compendiata nei dieci comandamenti, ma con essa non può cantare il cantico nuovo. È infatti sotto la legge e non è in grado di adempiere la legge. Tiene in mano lo strumento, ma non lo usa, e viene appesantita, non abbellita, dal salterio. Colui che, invece, è sotto la grazia e non sotto la legge adempie la legge, e questa non gli è un peso ma un pregio: non è il tormento di colui che teme, ma l'ornamento di colui che ama. Acceso infatti dallo Spirito di amore, canta ormai il cantico nuovo col salterio a dieci corde.
 
Fonte il benemerito Blog:  Maria Valtorta  a cura di Giovanna Busolini...
 
 Usciamo per un momento da questo mondo e mettiamoci ai piedi del Divino Maestro e lasciamoci ammaestrare e parlare al cuore, affinche' tutto cio' che ci affligge e ci fa' sanguinare venga sanato e trasformato in sofferenza redentiva in unione col Signore Gesu' Cristo...
 
 Di Sant'Anselmo "Proslogion":
ORSU' MISERO MORTALE, FUGGI VIA PER UN BREVE TEMPO DALLE TUE OCCUPAZIONI, LASCIA PER UN PO' I TUOI PENSIERI TUMULTUOSI.
ALLONTANA IN QUESTO MOMENTO I GRAVI AFFANNI E METTI DA PARTE LE TUE FATICOSE ATTIVITA'.
ATTENDI UN POCO A DIO E RIPOSA IN LUI.
ENTRA NELL'INTIMO DELLA TUA ANIMA, ESCLUDI TUTTO TRANNE DIO E QUELLO CHE TI AIUTA A CERCARLO, E, RICHIUSA LA PORTA, CERCALO.
 
La parabola dei 10 monumenti
 
“…A riconfermare con amore, e con promesse di certo amo­re di Dio, ciò che prima era stato detto con rigore da una parte e ascoltato con timore dall'altra. Per farvi ben capire ciò che sono i dieci comandamenti e quale importanza ha il seguirli, vi dico questa parabola.
Un padre di famiglia aveva due figli, ugualmente amati e dei quali egli voleva essere in uguale misura il benefattore. Questo padre aveva, oltre alla dimora dove erano i figli, dei possessi dove erano grandi tesori nascosti.
I figli sapevano di questi tesori ma non sapevano la via per andarvi, perché il pa­dre, per motivi suoi propri, non aveva rivelato ai figli la via per giungervi, e ciò per molti e molti anni. Però, ad un certo momento, chiamò i suoi due figli e disse:
"É bene che ormai voi conosciate dove sono i tesori che il pa­dre vostro ha messo da parte per voi, per poterli raggiungere quando io ve lo dirò. Intanto conoscetene la strada e i segnali che ho messo in essa, perché voi non smarriate la via giusta. Sentitemi dunque. I tesori non sono in pianura dove stagnano le acque, arde il solleone, sciupa la polvere, soffocano gli spini e i triboli, e dove facilmente i ladri possono giungere per deru­barvi. I tesori sono in cima a quell'alto monte, alto e scabro. Io li ho collocati là in cima e là vi, attendono. Il monte ha più di un sentiero, anzi ha molti sentieri. Ma uno solo è buono. Gli al­tri, quali finiscono in precipizi, quali in caverne senza uscita, quali in fosse di acqua melmosa, quali in serpai di vipere, quali in crateri di zolfo acceso, quali contro muraglie insuperabili. Quello buono, invece, è faticoso, ma giunge alla vetta senza in­terruzione di precipizi o altri ostacoli. Perché voi lo possiate riconoscere, io ho messo lungo di esso a distanze regolari dieci monumenti di pietra con sopra incise queste tre parole di rico­noscimento: amore, ubbidienza, vittoria. Andate seguendo questo sentiero e raggiungete il luogo del tesoro. Io, poi, per al­tra via, nota a me solo, verrò e ve ne aprirò le porte perché sia­te felici".
 I due figli salutarono il padre che, finché poté essere udito da loro, ripeté:
"Seguite la via che vi ho detto. É per vostro be­ne. Non lasciatevi tentare dalle altre, anche se vi sembrano mi­gliori. Perdereste il tesoro e me con esso...”
Eccoli giunti ai piedi del monte. Un primo monumento era alla base, proprio all'inizio del sentiero che era al centro di una raggiera di sentieri che salivano alla conquista del monte in ogni senso.
I due fratelli iniziarono la salita sul sentiero buono. Era ancora molto buono nel primo tempo, benché senza un filo d'ombra. Dall'alto del cielo il sole vi scendeva a picco innon­dandolo di luce e di calore. La candida roccia in cui era taglia­to, il terso cielo sul loro capo, il caldo sole ad abbraccio delle loro membra: ecco ciò che vedevano e sentivano i fratelli. Ma, ancora animati da buona volontà, dal ricordo del padre e delle sue raccomandazioni, salivano gioiosi verso la cima. Ecco un secondo monumento... e poi ecco il terzo. Il sentiero era sem­pre più faticoso, solitario, ardente. Non si vedevano neppur più gli altri sentieri, nei quali erano erbe e piante o acque chiare e soprattutto salita più dolce, perché meno ripida e tracciata nel suolo, non già sulla roccia.
"Nostro padre ci vuol far giungere morti", disse un figlio giungendo al quarto monumento. E cominciò a rallentare il passo. L'altro lo confortò a proseguire dicendo:
"Egli ci ama come altri se stessi e più ancora, perché ci ha salvato il tesoro così meravigliosamente. Questo sentiero nella roccia, che senza smarrimenti sale dal basso alla cima, lo ha scavato lui. Questi monumenti li ha fatti lui per guida nostra. Pensa, fratello mio! Lui, da solo, ha fatto tutto questo, per amore! Per darlo a noi! Per fare che vi giungiamo senza sbaglio possibile e senza peri­colo".


 Camminarono ancora. Ma i sentieri lasciati a valle ogni tan­to si riaccostavano al sentiero nella roccia, e sempre più lo fa­cevano più il monte, avvicinandosi alla cima, si faceva più stretto nel suo cono. E come erano belli, ombrosi, invitanti!...
"Io quasi prendo uno di quelli", disse il malcontento giun­gendo al sesto monumento. "Tanto, anche quello va alla cima.”
"Tu non lo puoi dire... Non vedi se sale o se scende...".
"Eccolo lassù!". "Non sai se è questo. E poi il padre lo ha detto di non la­sciare l'onesto sentiero...".
 Di mala voglia lo svogliato proseguì. Ecco il settimo monu­mento:
"Oh! io me ne vado proprio".
"Non lo fare, fratello!".
Su per il sentiero veramente difficilissimo, ormai. Ma la ci­ma era ormai prossima... Ecco l'ottavo monumento e vicino, proprio rasente il sentie­ro fiorito.
"Oh! lo vedi che, se non in linea retta, va proprio su anche questo?".
"Non sai se è quello".
"Sì. Lo riconosco.”
"Ti inganni".
"No. Vado".
 "Non lo fare. Pensa al padre, ai pericoli, al tesoro".
 "Ma vadano in perdita tutti! Che me ne faccio del tesoro se giungo in cima morente? Quale pericolo più grande di questa via? E quale odio più grande di questo del padre che ci ha bef­fati con questo sentiero per farci morire? Addio. Giungerò pri­ma di te, e vivo...", e si gettò nel sentiero attiguo scomparendo con una esclamazione di gioia dietro i tronchi che l'ombreggia­vano.
L'altro proseguì tristamente...
Oh! la via nel suo ultimo tratto era proprio tremenda! Il viandante non ne poteva più. Era come ubriaco di fatica, di sole! Al nono monumento si fermò ansante, appoggiandosi alla pietra scolpita e leggendo macchinalmente le parole incise. Vicino era un sentiero d'om­bra, d'acque, di fiori... 

"Quasi quasi... Ma no! No. Lì è scritto, e l'ha scritto mio padre: amore, ubbidienza, vittoria. Devo cre­dere. Al suo amore, alla sua verità, e devo ubbidire per mostra­re il mio amore... Andiamo... L'amore mi sorregga...".
Ecco il decimo monumento... Il viandante esausto, arso dal sole, cam­minava curvo come sotto un giogo... Era l'amoroso e santo gio­go della fedeltà che è amore, ubbidienza, fortezza, speranza, giustizia, prudenza, tutto... Invece di appoggiarsi, si gettò se­duto a quella larva d'ombra che il monumento faceva al suolo. Si sentiva morire... Dal sentiero accosto veniva un rumore di ruscelli e odor di bosco...
"Padre, padre, aiutami col tuo spiri­to, nella tentazione..., aiutami a essere fedele sino alla fine...".
 Da lontano, ridente, la voce del fratello: "Vieni, ti aspetto. Qui è un eden... Vieni...".
"Se andassi?...", e gridando forte:
 "Si sale proprio alla vetta?­"
“Sì, vieni. C'è una galleria fresca che porta su. Vieni! La vedo già, la vetta, oltre la galleria nel masso...”
"Vado? Non vado?... Chi mi soccorre?... Vado...".
 Puntò le mani per rialzarsi e, mentre lo faceva, notò che le parole scol­pite non erano più sicure come quelle del primo monumento:
"Ogni monumento, le parole erano più leggere... come se il pa­dre mio, spossato, avesse faticato a inciderle. E... guarda!... Anche qui quel segno rosso bruno che già era visibile dal quin­to monumento... Solo che qui esso empie il cavo di ogni parola ed è scolato fuori, rigando il masso come di lacrime scure, co­me... di sangue...".
Grattò col dito là dove era una macchia vasta quanto due mani. E la macchia si sfarinò lasciando sco­perte, fresche, queste parole:
"Così vi ho amato. Sino a sparge­re il sangue per condurvi al Tesoro". 
"Oh! oh! Padre mio! E io potevo pensare a non fare il tuo comando?! Perdono, padre mio! Perdono".
Il figlio pianse con­tro il masso, e il sangue che empiva le parole si rifece fresco splendendo come rubino, e le lacrime furono cibo e bevanda al figlio buono, e forza.... Si alzò... per amore chiamò il fratello, forte, forte... Voleva dirgli la sua scoperta... l'amore del padre, dirgli:
 "Torna".
Nessuno rispose... Il giovane riprese l'andare, quasi a ginocchi sulla pietra ro­vente, perché era proprio sfinito nella carne dalla fatica, ma lo spirito era sereno. Ecco la vetta... E là, ecco il padre.
"Padre mio!",
 "Figlio di­letto!".
 Il giovane si abbandonò sul petto paterno, il padre lo accolse coprendolo di baci.
"Sei solo?".
"Sì... Ma presto giungerà il fratello...".
 "No. Non giungerà più. Ha lasciato la via dei dièci monu­menti. Non vi è tornato dopo i primi disinganni ammonitori. Vuoi vederlo? Eccolo là. Nel baratro di fuoco... É stato perti­nace nella colpa. Lo avrei ancora perdonato e atteso se, dopo aver conosciuto l'errore, fosse tornato sui suoi passi e, sebbene con ritardo, fosse passato per dove l'amore è passato per pri­mo, soffrendo sino a spargere il suo sangue migliore, la parte più cara di se stesso, per voi.” 
"Egli non sapeva...."
 “Se egli avesse guardato con amore le parole scolpite nei dieci monumenti avrebbe letto il loro vero significato. Tu lo hai letto sin dal quinto monumento e lo hai fatto notare all'al­tro dicendo: 'Il padre qui deve essersi ferito!', e lo hai letto nel sesto, settimo, ottavo, nono... sempre più chiaro, sinché hai avuto l'istinto di scoprire ciò che era sotto il sangue mio. Sai il nome di quell'istinto? 'Tua vera unione con me'. Le fibre del tuo cuore, fuse alle mie fibre, hanno trasalito e ti hanno detto: 'Qui avrai la misura di come ti ama il padre'. Ora entra nel possesso del Tesoro e di me stesso, tu, amoroso, ubbidiente, vittorioso in eterno.”
 http://farm4.static.flickr.com/3244/2348704537_2dd2d8e8f0.jpg

 Questa la parabola. I dieci monumenti sono i dieci comandamenti. Il vostro Dio li ha scolpiti e messi sul sentiero che porta al Tesoro eter­no, e ha sofferto per condurvi a quel sentiero. Voi soffrite? An­che Dio. Voi dovete forzare voi stessi? Anche Dio. Sapete sino a che punto? Soffrendo di separarsi da Se stesso e di forzarsi a conoscere l'essere Uomo con tutte le miserie che l'umanità por­ta seco: il nascere, il patire freddo, fame, fatica e sarcasmi, af­fronti, odii, insidie e infine la morte dando tutto il Sangue per darvi il Tesoro. Questo soffre Dio sceso a salvarvi. Questo sof­fre Dio nell'alto del Cielo permettendo a Se stesso di soffrirlo. In verità vi dico che nessun uomo, per faticoso che sia il suo sentiero per giungere al Cielo, non farà mai un sentiero più fa­ticoso e doloroso di quello che il Figlio dell'uomo percorre per venire dal Cielo alla Terra e dalla Terra al Sacrificio per aprir­vi le porte del Tesoro. Nelle tavole della Legge è già il mio Sangue. Nella Via che vi traccio è il mio Sangue. La porta del Tesoro si apre sotto l'onda del mio Sangue. La vostra anima si fa candida e forte per il lavacro e il nutrimento del mio Sangue. Ma voi, perché non sia sparso invano, dovete battere la via immutabile dei dieci comandamenti.”


Fonte:
Maria Valtorta , L’Evangelo come mi è stato rivelato, vol. VII cap, 452 – ed. CEV

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