Sabato 1° gennaio scorso Benedetto XVI invitava “i fratelli cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà,” ad unirsi a lui in pellegrinaggio ad Assisi nel mese di ottobre, per “fare memoria di quel gesto storico voluto dal mio Predecessore e rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace”.
In un successivo comunicato del 2 aprile 2011, la sala stampa del Vaticano precisava che tale incontro avverrà il 27 ottobre prossimo, in commemorazione del 25° anniversario della storica riunione del 27 ottobre 1986 voluta da Giovanni Paolo II.
Nel comunicato appare chiaramente che si tratterà di un incontro in cui ognuno è invitato alla preghiera. Dopo il ritrovo a S. Maria degli Angeli ed il pranzo “Sarà poi lasciato un tempo di silenzio, per la riflessione di ciascuno e per la preghiera”. Ugualmente nel pomeriggio, la marcia silenziosa verso la Basilica di San Francesco “Si svolgerà in silenzio, lasciando spazio alla preghiera e alla meditazione personale”.I fedeli sono invitati ad unirsi a questo incontro: “Il Papa chiede ai fedeli cattolici di unirsi spiritualmente alla celebrazione di questo importante evento ed è grato a quanti potranno essere presenti nella città di San Francesco, per condividere questo ideale pellegrinaggio”.Poste queste premesse vorrei mostrare perché un cattolico non può non solo partecipare a questo evento, ma deve con la preghiera ed il sacrificio ripararlo.
Il commemorare un evento significa assumerlo nella sua essenza e proporne il messaggio. Ora tutti ci ricordiamo ciò che fu la prima riunione inter-religiosa di Assisi del 1986. I rappresentanti delle diverse religioni furono invitati a pregare, ognuno il proprio dio, per la pace: Ricordiamo la cerimonia buddista nella Chiesa di San Pietro e la statua di Budda sul tabernacolo; i polli sacrificati agli dei sull’altare di santa Chiara, gli spiriti invocati dagli indiani su sacerdoti e bambini nella basilica di San Francesco…
Tali atti sacrileghi vanno direttamente contro il primo comandamento ed il primo articolo del Credo. Non si possono quindi commemorare ma soltanto riparare.
Un evento come fu quello del 27 ottobre 1986, riprodotto in mondovisione, non fece che contribuire a radicare l’indifferentismo della anime: far credere agli uomini che tutte le religioni si equivalgono e che possono ugualmente condurre alla salvezza, propagando la falsa idea che le preghiere di qualunque religione sono gradite a Dio.
Ciò è radicalmente falso poiché la fede ci insegna che ci si salva unicamente tramite Gesù Cristo e la sua Chiesa che è la Chiesa Cattolica. Se è vero che nelle false religioni vi possono essere uomini in buona fede, gli atti di culto praticate in esse sono superstiziosi e contrari al primo comandamento. Invitare qualcuno a compierli significa spingerlo oggettivamente al peccato.
Come immaginare che Dio gradirà le preghiere degli Ebrei, fedeli ai loro padri, che hanno crocefisso Suo Figlio e negano il Dio Trino ? Come potrà egli esaudire le preghiere, fatte in nome dell’Islam che rigetta la divinità di Gesù Cristo e i cui discepoli non cessano i perseguitare i cristiani ? Come potrà egli gradire i suffragi di tutti gli eretici , scismatici, ed apostati che hanno rinnegato la Sua Chiesa, fondata da Suo Figlio? (Cfr. Abbé de Cacquerai Le renouvellement du scandale d'Assise Errare humanum est, perseverare diabolicum, La Porte Latine, 12-09-2011)
Tutti questi rappresentanti religiosi saranno confortati nell’idea che la loro religione è ugualmente gradita a Dio. Ma questo è falso poiché come dice Nostro Signore: “Chi non crederà sarà condannato”. (Mc 16,16)
Per questo una tale attitudine nei loro confronti è direttamente contraria alla vera virtù di carità che ci spinge a volere il bene più grande del nostro prossimo che è la sua salvezza eterna.
« La dottrina cattolica – ricordava San Pio X - ci insegna che il primo dovere della carità non consiste nel tollerare convinzioni errate, per quanto sincere siano, né nell'indifferenza teorica o pratica per l'errore od il vizio in cui vediamo piegati i nostri fratelli, ma nello zelo per il loro miglioramento intellettuale e morale, più che nel loro benessere materiale. Questa stessa dottrina ci insegna che la fonte dell'amore si trova nell'amore di Dio, Padre comune e fine comune di tutta la famiglia umana, e nell'amore di Gesù Cristo. No, Venerabili fratelli, non c'è vera fraternità fuori dalla carità cristiana.» (San Pio X, Enciclica Notre Charge apostolique all’episcopato francese, 25 agosto 1910). Confortare gli infedeli o gli eretici nelle loro false idee è quindi mancare gravemente alla carità.
Assisi e Vaticano II: continuità o rottura?
Come si può dunque affermare una continuità con il magistero tradizionale che condannava esplicitamente questo genere di riunioni, senza cadere nello storicismo e nell’errore modernista dell’evoluzione del dogma?
La fede non cambia con il tempo e la missione affidata da Gesù alla Chiesa di predicare il Vangelo per ottenere la conversione di coloro che sono nell’errore rimane attuale.
Non potremo quindi partecipare in alcun modo alla prossima riunione inter-religiosa di Assisi, commemorazione e ripetizione di uno scandalo immenso per la Chiesa. La nostra sarà una preghiera di riparazione.
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