Conferenza di Don Olivier Rioult, FSSPX
12 maggio 2013
Traduzione e impaginazione sono nostre
Il testo in formato pdf
Fategli avere le mie felicitazioni e il mio sostegno. Io sono entrato a Ecône nel 1972 e ho conosciuto molto bene Mons. Lefebvre. Non dubito che approverebbe la decisione di Don Rioult, che è anche la mia.
In unione di preghiera.
Don Jean Michel Faure
oggi voglio spiegarvi la sofferenza dei sacerdoti della Fraternità.
Vi esporrò dei fatti penosi; ma, di grazia, non mi si accusi di essere violento, sono le cose che vi descriverò che lo sono. È la situazione che noi viviamo nella Fraternità ad essere violenta, io non lo sono affatto; io semplicemente la vedo, la denuncio, me ne dispiaccio e ne soffro.
Perché ritornare su degli avvenimenti penosi, che sono ormai passati, e non lasciare che si chiuda la ferita, visto che Mons. Fellay non ha firmato?
Perché questi avvenimenti passati sono gravissimi, e soprattutto perché essi perdurano ancora oggi.
Ma prima di affrontare l’argomento, due preziose precisazioni sulla carità della verità di Don Felix Sarda y Salvany, tratte dal suo libro Le libéralisme est un péché [Il Liberalismo è un peccato] [un libro da leggere!] (1).
2° «Le idee non si sostengono in alcun caso da se stesse, non si diffondono né si propagano da sole […] Gli autori e i propagatori delle dottrine eretiche sono dei soldati. Le loro armi sono il libro, il giornale, il discorso pubblico, l’influenza personale. […] La prima cosa da fare, la più efficace, è quella di eliminare l’untore. Conviene quindi togliere ogni autorità e ogni credito al libro, al giornale, al discorso pubblico del nemico, ma conviene anche, in certi casi, fare altrettanto con la sua persona, sì, con la sua persona, che è incontestabilmente l’elemento principale della battaglia. Dunque, in certi casi è lecito rivelare al pubblico le sue infamie, ridicolizzare le sue abitudini, trascinare il suo nome nel fango. Sì, lettore, questo è permesso, permesso in prosa, in versi, in caricatura, con tono serio o giocoso, con tutti i mezzi e i procedimenti che possano essere inventati. Ciò che importa solamente è che non si metta la menzogna al servizio della giustizia.»
«Ma Mons. Fellay e i suoi [di Don Rioult] confratelli accordisti non sono eretici!».
Certo, è evidente, ma sentite queste riflessioni del Papa Pio IX:
I liberali, gente conciliante, sono dunque dei nemici della Chiesa che tutto pérdono col pretesto di salvare tutto! Ricordiamolo!
Per mettere in evidenza la violenza che regna oggi nella Fraternità, c’è bisogno di analizzare i testi, e per farlo è indispensabile un po’ di materiale: gli occhi per leggere, le orecchie per ascoltare, un’intelligenza per comprendere il senso delle parole e soprattutto un paio di occhiali rosa, un paio neri e un paio normali…
Cominciamo:
È triste dirlo, ma questo passo del discorso di Mons. Fellay a Brignoles, del 4 maggio 2012, illustra bene il dramma che viviamo: Mons. Fellay parla doppiamente! E se lo si riprende, egli si scandalizza e vi accusa d’avere indossato gli occhiali neri, quando invece bisognava indossare quelli rosa.
Per separare il vero dal falso, guardiamo i testi e diamo degli esempi.
Mons. Fellay scrive:
No! Questa bella dichiarazione arriva un po’ tardi e vale niente, perché:
Nel giugno 2012: DICI-Lorans dà
Mons. Fellay:
Nel 2011, a proposito della beatificazione di Giovanni Paolo II, Mons. Fellay dichiarava che essa poneva «un grave problema».
Chiaro, no? Nessun timore: Mons. Fellay pensa giusto!
No! Egli si contraddice, poiché scrive che Benedetto XVI, che sta per beatificare Giovanni Paolo II, è un papa che «ritorna alle idee tradizionali».
In un’intervista a Les Nouvelles Calédonniennes, si sente dire a Mons. Fellay:
Sempre nel 2010, nella Lettera agli amici e benefattori n° 76, del 7 maggio 2010, egli pensava che:
Ecco il ritratto di Benedetto XVI che Mons. Fellay traccia nel 2010 in Brasile:
«Benedetto XVI è un miscuglio di buono e di cattivo. Ciò che è cattivo è la testa, sede del modernismo. Per esempio, l’ecumenismo, le relazioni con gli Ebrei. Egli ha detto delle cose incredibili sull’Inferno. Da questo lato, Benedetto XVI è molto moderno [non cattolico, eretico – la parola non è pronunciata, la si pensa – e la verità è diminuita!]. Ma vi è anche un altro lato, che è conservatore: la sua testa è moderna, il suo cuore è conservatore [la liturgia??]. Ma io ignoro come l’una e l’altro camminino insieme.» (3).
Per cogliere il ridicolo di questa affermazione, bisogna lasciare il discorso e andare ai fatti.
Ecco gli atti principali di questo cuore conservatore, tra il 2007 (data del Motu Proprio sulla Messa) e il 2011:
Il pensiero è confuso, il linguaggio è doppio, opportunista e anche manipolatore.
Il Capo Redattore del blog Osservatore Vaticano, Vini Ganimara, ha pubblicato un articolo: “Forces et faiblesses de la diplomatie de Mgr Fellay” [Forza e debolezza della diplomazia di Mons. Fellay]. Vi si legge:
All’epoca, Mons. Fellay diceva ai Priori che si era trattato di un errore del Segretario generale, che, avendo lavorato tutta la notte, aveva commesso un errore.
Si manipolano i testi, li si adatta al pubblico: tanto a destra quanto a sinistra, tanto “sì” quanto “no”. Una volta “rosa”, un’altra “nero”.
Questa confusione da parte di un capo è insopportabile e inaccettabile.
Questo stesso schema si ripresenta da diversi anni, e continua:
- Noi non abbiamo cercato un accordo pratico, ma noi non abbiamo rifiutato a priori l’offerta del Papa.
- Io ho l’intenzione di continuare a fare tutti i miei sforzi per proseguire su questa strada… ma è fuori questione avventurarsi verso una normalizzazione canonica fintanto che la parte dottrinale non sarà stata regolata.
- Roma accetta di porre i suoi errori al livello di un’opinione, ma Roma, consacrando la persona di Giovanni Paolo II, consacra il Concilio.
- Il principio del 2006 (nessun accordo pratico fino a quando Roma non si convertirà) è chiaro, ma non è chiaro cos’è che noi intendiamo per “conversione di Roma”.
- Il Papa ci scrive in via ufficiale, ma in effetti ciò che desidera è ciò che non ha scritto, perché non può scriverlo.
- A marzo del 2013, alla Fraternità: “non è assolutamente questione di un accordo con la Roma modernista”, ma a ottobre del 2012, a Bruxelles, a dei preti diocesani, su quando ci sarà un accordo fra Roma e la Fraternità: “si farà presto”.
Proposizioni fluttuanti, ambigue, anche contraddittorie, talmente sulla linea di cresta che ci si perde la testa.
Gravi sofismi
Un sofisma è un falso ragionamento che ha una qualche apparenza di verità. Due sono particolarmente gravi. Mons. Fellay ha presentato come vittorie della Tradizione ciò che in fondo erano solo delle manovre moderniste. Non bisogna mai dimenticare che la rivoluzione è pronta a fare molte concessioni apparenti e superficiali per salvare l’essenziale: conservare il suo principio rivoluzionario: la libertà religiosa dei diritti dell’uomo: principio massonico.
Nel 2007 ci è stato detto che la Messa tridentina non era “mai stata abrogata” [in quanto rito straordinario, di uguale santità col rito bastardo, che era l’ordinario].
Nel 2009, le “scomuniche” sono state ritirate (rimesse].
Si è mentito per omissione; si è ignorata la strategia rivoluzionaria!
2) che può tentare un gesto di misericordia verso i lefebvriani, se questo può indebolirli e fintanto che il Vaticano II resta la bussola della Chiesa per il XXI secolo.
Benedetto XVI stesso ha spiegato la sua strategia ai modernisti idioti:
Mons. Lefebvre, nel 1988, aveva denunciato questa strategia vaticana e i suoi pericoli:
Benedetto XVI, che è un modernista intelligente, non ha fatto niente per la nostra bella faccia! Non ha fatto il suo Motu Proprio per noi! Ma per salvare il Vaticano II; come modernista attento, egli ha capito che per salvare il Vaticano II aveva bisogno di noi nella “vasta Chiesa”. La Fraternità legittimamente integrata potrebbe apportare alla Chiesa moderna il suo “carisma della Tradizione”, poiché, de facto, essa accetterebbe il pluralismo del pensiero conciliare. È per salvare la sua “ermeneutica della continuità” che Benedetto XVI ha bisogno di noi, che dichiariamo la rottura dottrinale del Vaticano II. Questo semplice “vivere insieme” manifesterà la continuità della “Tradizione vivente” nella “vasta Chiesa”. Per la stessa ragione, egli doveva accettare l’esistenza della Messa tradizionale [ma in secondo piano], per salvare la Messa di Paolo VI e la sua pretesa continuità liturgica.
Ora, il bene della Chiesa esige il rifiuto del Concilio e non solo la sua critica. Non ci si può più accontentare di “lasciarci fare l’esperienza della Tradizione”, di “accettateci per quello che siamo”, poiché questo significherebbe fare il giuoco della logica modernista e salvare il concilio Vaticano II. Mons. Lefebvre l’aveva capito:
Checché se ne dica, Mons. Fellay contraddice la battaglia per la fede di Mons. Lefebvre.
DICI- Lorans:
Mons. Fellay:
Mons. Fellay ha inventato un nuovo principio che permetterà di giustificare degli aggiustamenti compromettenti: “Noi non possiamo accettare di essere accusati a torto di una rottura con Roma”.
Mons. Fellay descrive la Fraternità come “mancante” di qualcosa di fondamentale in relazione alla “visibilità” della Chiesa. Egli parla spesso della Fraternità che si troverebbe in una situazione “irregolare”, “anormale”, “illegale”, mentre invece Mons. Lefebvre affermava:
Ma per Mons. Fellay, per gli Assistenti e per altri non è secondaria! È talmente importante che si sono permessi di lavorare ad un accordo pratico senza accordo dottrinale, contravvenendo così a ciò che Mons. Lefebvre aveva esplicitamente affermato, soprattutto dopo il 1988, e che il Capitolo generale, che ha più autorità del Superiore, aveva deciso nel 2006.
E questi sofismi sono espressi sotto l’apparenza di un bene maggiore [tattica classica per far perdere il vero bene]: “Nella Chiesa visibile” si potrebbe convertire la Chiesa conciliare alla Tradizione.
Anche qui si contraddice ancora Mons. Lefebvre:
Tutti questi gravi errori e questi sofismi sono stati mantenuti a costo di un linguaggio duplice e contro ogni prudenza, e vengono giustificati da nuovi sofismi: è colpa delle autorità romane se ci siamo sbagliati!
Ancora una volta Mons. Fellay inganna il suo mondo.
Ultimo Cor Unum
Mons. Fellay accusa certi sacerdoti di essere sovversivi e rivoluzionari col pretesto di “preservare la Fraternità da un cosiddetto accordo suicida con la Chiesa conciliare”.
Ora, nello stesso Cor Unum si trova la prova dell’intenzione di Mons. Fellay: la lettera di Mons. Fellay a Benedetto XVI, del 17 giugno 2012.
Leggo senza microscopio:
«Io confesso di non sapere più che pensare. Avevo creduto di capire che Voi foste disposto a rinviare a più tardi la soluzione delle differenze [eufemismo!] ancora in corso su certi punti del Concilio e della riforma liturgica […] pur di arrivare all’unione, ed io mi sono impegnato in questa ottica [accordo pratico senza accordo dottrinale] malgrado l’opposizione molto forte nei ranghi della Fraternità e a prezzo di importanti disordini. Ed ho intenzione di continuare ad attuare tutti i miei sforzi per proseguire su questa strada, al fine di arrivare ai chiarimenti necessari. [Che si legga in rosa e in nero: stesso significato! Niente microscopio, né incredibile processo alle intenzioni: la sua intenzione è là, scritta nero su bianco!]»
Altra ammissione pesante in questo Cor Unum: Mons. Fellay assolve la sua dichiarazione dottrinale… per lui essa va benissimo e non ha niente di scandaloso; ed ecco come la giustifica:
2) essendo stata modificata il 13 giugno dai Romani, è divenuta inaccettabile.
Queste due giustificazioni sono false e menzognere: ancora una volta, basta leggere:
1) sarebbe simile a quella di Mons. Lefebvre del 1988
Innanzi tutto, quella di Mons. Lefebvre è la stessa dell’operazione suicidio. Non è dunque lodevole aver preso ciò che Mons. Lefebvre aveva biasimato. Egli stesso disse di essersi spinto troppo oltre.
Mons. Fellay pretende che:
- essa fosse chiara … Ma “diversi membri eminenti della Fraternità” non l’hanno capita… [Mons. Tissier, Don de Cacqueray… inquietante che Roma comprenda meglio dei membri eminenti della Fraternità! Perfino Don Laisney trova ambigua questa dichiarazione].
- Cor Unum presenta anche questa dichiarazione:
Che direbbe un professore ad un allievo che si lamentasse per uno zero al suo compito, dicendo: «io volevo dire…». «Forse è questo che volevi dire, ma non è quello che si legge qui! Quindi, zero, e torna a posto».
- e poi, se questa dichiarazione è “simile a quella di Mons. Lefebvre del 1988”, se ne allontana anche gravemente su tre punti.
a) II e nota: Riferimento inaudito alla professione di fede di Ratzinger del 1989:
Per Mons. Lefebvre:
b) III, 4: Accettazione pura e semplice, negli stessi termini dell’“ermeneutica della riforma nella continuità”.
Cosa da sottolineare: questo paragrafo non è stato modificato dai Romani!
Mons. Fellay:
Si tratta del Concilio alla luce della Tradizione con la Tradizione alla luce del Concilio.
Mons. Lefebvre:
c) III, 7: Messa e sacramenti “legittimamente” promulgati da Paolo VI, Giovanni Paolo II…
2) essendo stata modificata il 13 giugno dai Romani, è divenuta inaccettabile.
In realtà, gli aggiustamenti dei Romani non cambiano la dichiarazione al punto da renderla sostanzialmente differente, poiché essi non hanno fatto che esplicitare ciò che Mons. Fellay aveva già implicitamente concesso nel mortale paragrafo III, 4, col “Concilio alla luce della Tradizione e la Tradizione alla luce del Concilio”, e con il termine “legittimamente”.
Lo stesso Mons. Fellay, nei suoi discorsi, ha minimizzato gli errori conciliari, per preparare gli spiriti alla riconciliazione conciliare.
È stato proprio Mons. Fellay a far cantare il Te Deum dopo il Motu Proprio che stabiliva il rito ordinario e straordinario.
Bisogna essere logici con il significato delle parole e delle azioni… no?
Anche qui, Cor Unum inganna i membri: poiché la prova che la dichiarazione corretta dai Romani fosse sostanzialmente simile a quella di Mons. Fellay, la si ha nel fatto che senza l’opposizione interna egli l’avrebbe firmata: è lo stesso Mons. Fellay che lo confessa a Benedetto XVI:
E le tre condizioni del Capitolo del 2012? Non stanno in piedi!
Certuni diranno: «Carlo VI è pazzo, ma il suo entourage veglia».
Le condizioni fissate dall’ultimo Capitolo generale del luglio 2012, sono insufficienti. Esse non ci proteggono affatto e non ci impediranno di cadere come le comunità che si sono ricollegate.
Il Capitolo generale ha omesso le due condizioni più importanti, richieste chiaramente da Mons. Lefebvre: la conversione delle autorità ufficiali, che si manifesterà chiaramente con la condanna esplicita degli errori conciliari, e l’esenzione dal nuovo Codice di Diritto Canonico.
Quando si vede come la Fraternità denuncia errori e scandali a partire dal 2000, una condizione così non impegna più di tanto. [L’Istituto del Buon Pastore ha avuto la libertà di critica costruttiva e se ne sono visti i risultati.]
2) La seconda condizione esige l’uso esclusivo della liturgia del 1962. [Le Barroux l’ha avuto quest’uso esclusivo, e anche l’abbazia di Flavigny; risultato: commercializzano le statue del beato Giovanni Paolo II! Queste congregazioni sono cadute, e noi invece, la Fraternità San Pio X, non temiamo niente?]
3) La terza condizione esige la garanzia di almeno un vescovo. Chi lo sceglierà? Nel 1988, Roma ha rigettato i tre candidati proposti da Mons. Lefebvre. [Campos ha avuto il suo vescovo, e dopo lo si è visto lodare il Vaticano II e concelebrare!]
Cosa concludere?
Se nel 2008 qualcuno avesse predetto che nel 2012 Mons. Fellay sarebbe stato pronto a sacrificare “il bene comune della Fraternità”, perché “Roma non lo tollera più” [Lettera del 14 aprile 2012], oppure che nel caso di un accordo con Roma egli non escludesse che “vi sia una scissione nella Fraternità” (intervista al Catholic News Service dell’11 maggio 2012), questo qualcuno sarebbe stato trattato da folle!
Ora, questo è accaduto, egli l’ha detto ed era pronto a farlo. Ed ha osato anche peggio di tutto quello che si poteva immaginare: con questa dichiarazione dottrinale corretta dai Romani.
Certo, la posta di Mons. Fellay è delicata e difficile. La situazione geopolitica è insostenibile e la crisi religiosa è deviante, Ma questo non può giustificare il linguaggio duplice. Quando un capo è pronto a dire tutto e il contrario di tutto, non si deve temere che sia pronto ad esercitare il suo potere verso e contro tutti?
Certo, si deve rispetto al proprio Superiore, ma non fino al punto di calpestare la verità.
La settimana scorsa, un confratello mi ha scritto:
Quando si constata la doppiezza passata, si può temere il peggio. Mons. Fellay è moralmente morto ed è stato lui stesso a distruggere la sua legittimità. Per parafrasare Jean-Bastien Thiry, si può dire:
Non è bene: come ha detto ad un confratello uno dei nostri tre teologi che ha parlato con Roma: «La testa di Mons. Fellay è marcia»; i suoi testi, infatti, sono pieni di compromessi.
Non è morale: duplice linguaggio frequente, menzogne ufficiali e solenni.
Non è legale: la sua disubbidienza grave alle decisioni del Capitolo del 2006, gettando nella spazzatura, nel marzo 2012, il principio: niente accordo puramente pratico.
Questa idea della dimissione del Superiore generale non viene da noi, ma da Mons. Lefebvre, che, a proposito dei monaci e delle monache che erano entrate a Le Barroux per rimanere nella Tradizione e fuggire la Chiesa conciliare, ma che il loro Abate aveva ricondotto sotto l’autorità della Chiesa conciliare, sottolineava:
Ma non ha firmato!
Sia! Ma che significa firmare, e firmare cosa: un accordo pratico è suicida e mortale.
Sostituite il verbo firmare con uccidere, ed ecco che “Non ha potuto firmare, ma voleva firmare ed ha sempre l’intenzione di firmare”, diventa “non ha potuto uccidere, ma voleva uccidere ed ha sempre l’intenzione di uccidere”.
Se le sue dimissioni sono necessarie, non saranno sufficienti.
Poiché il problema è più vasto della persona di Mons. Fellay: il liberalismo ha minato la Fraternità. Anche se la maggior parte dei suoi membri sono ancora di valore, ha avuto inizio un processo di putrefazione dalla testa.
A Chartres, un Priore, per giustificare la politica di Mons. Fellay, ha cercato di convincermi che la beatificazione di Giovanni Paolo II non era poi così grave, perché «è l’uomo che è stato esaltato» e non la sua dottrina, e che l’iniziativa di Assisi III non era poi così scandalosa, perché «il fatto che Benedetto XVI abbia invitato degli atei dimostra che non si è trattato di una riunione religiosa.»
Questi sono ancora priori in Francia, malgrado l’eccellenza di Don de Caqueray!
Perché dopo 200 anni di rivoluzione e 100 di modernismo, le nostre piccole teste e le nostre volontà non sarebbero state deformate e paralizzate dal liberalismo?
I tradizionalisti, sarebbero immunizzati dalle conseguenze del peccato originale?
Il liberalismo ha distrutto la civiltà cristiana, ma la Fraternità sarebbe indenne da questo peccato moderno.
Per quale miracolo? In forza di quale merito?
La Chiesa è in crisi: certo… ma la Fraternità giammai!
Presuntuosa, insopportabile stoltezza!
«Il liberalismo cattolico è la paura stessa, dissimulata sia sotto il mantello della carità, sia sotto il mantello della prudenza. Il liberalismo cattolico è schiavo di una tirannide crudele, la tirannide dell’opinione.» (Vescovi dell’Equador).
Questo veleno non esisterebbe nella Fraternità?
I nostri antenati hanno dovuto soffrire nella loro parrocchia e testimoniare in una Chiesa minata dal modernismo. È facile lodarli, ma oggi bisogna imitarli.
A nostra volta, noi dobbiamo soffrire nei nostri priorati e testimoniare in una Chiesa minata al liberalismo.
I nostri migliori esempi restano Mons. Lefebvre e Mons. de Castro Mayer. Su 4000 vescovi, solo 300 hanno visto chiaro, e su 300 che hanno visto chiaro, solo 2 hanno agito efficacemente.
Quale solitudine!
Per finire con una nota di speranza
1) «Il socialismo fa dei progressi considerevoli, ma con tutta la potenza della Massoneria attuale, che è dappertutto, dovunque, ovunque, che è a Roma, che è dappertutto. La Massoneria è dappertutto e dirige tutto.
Ben presto saremo schedati con i computer, avremo tutti il nostro numero e non potremo fare nulla senza che venga tutto annotato sulla nostra scheda, e tutto tramite il computer. Saremo in una situazione peggiore di quella di un paese sovietico. […] È spaventoso, non ci si immagina verso cosa andiamo attualmente, verso una socializzazione che, apparentemente, non sembra così dura come quella comunista, e che tuttavia, in definitiva, sarà molto semplicemente una copia del comunismo, ma realizzata che dei mezzi scientifici invece che con la forza, come hanno fatto i comunisti, ma sarà la stessa cosa.Allora si elimineranno dalla società tutti quelli che non vorranno sottomettersi a quest’ordine […] Li si eliminerà. Si avrà sempre modo di eliminarli. […] Noi andiamo veramente verso una società spaventosa, che si dice libera e dove non ci sarà più alcuna, ma alcuna libertà.» (Mons. Lefebvre, conferenza del 22 agosto 1979, al Priorato San Pio X a Shawinigan, Québec).
Hervé Ryssen dice che per sapere chi governa il mondo, basta chiedersi chi non ha il diritto di criticare.
2) «Nel senso mistico, il fico è simbolo della sinagoga. Quand’esso incomincerà a vegetare e a coprirsi con orgoglio dei suoi peccati, come di foglie verdeggianti, allora è prossima l’estate [è prossima la calura della persecuzione]. Il tempo dell’Anticristo è detto abominazione, perché egli è contro Dio, per usurpare l’onore che è dovuto solo a Dio. I Giudei lo riceveranno perche egli si sieda nel luogo più sacro del tempio e gli infedeli gli rendano gli onori divini. E siccome il carattere particolare dell’errore dei Giudei, dopo aver rigettato la verità, sarà quello di abbracciare la menzogna, il Salvatore ordinò ai suoi discepoli di abbandonare la Giudea e di scappare sulle montagne, fuggite questo popolo che deve credere all’Anticristo.» (Sant’Ilario, nel 380, a proposito del Vangelo della fine dei tempi, citato da San Tommaso).
3) «Man mano che il mondo si avvicinerà alla sua fine, i malvagi e i seduttori aumenteranno sempre più. Non si troverà quasi più la fede sulla terra, cioè essa sarà quasi completamente sparita da tutte le istituzioni terrene. Gli stessi credenti oseranno appena fare una professione di fede pubblica e sociale del loro credo. La Chiesa, società senza dubbio sempre visibile, sarà sempre più ridotta a proporzioni semplicemente individuali e domestiche. Per la Chiesa in terra ci sarà come una vera disfatta: «alla bestia fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli» (Ap. 13, 7)» (Discorso di Mons. Pie a Nantes, 8 novembre 1859).
4) «Qualcuno mi accusa di essere rigida e di turbare gli spiriti. Nel processo rivoluzionario che disarma, quest’accusa è normale […] Ci si oppone un assoluto provvisorio e ingannatore: la tranquillità della gente. Turbare avvertendo di un pericolo mortale, turbare dicendo: “la marea vi travolgerà” o “ecco l’incendio”, è cosa dura. È mancare di tatto. Come se lo choc, il risveglio, la sorpresa, l’emozione non fossero degli allarmi naturali. Dire che bisogna saltare, nuotare, resistere: sarebbe questo il male? E non piuttosto il naufragio e l’annegamento?Questa pace ingannatrice che è il sonno nel disordine, Nostro Signore l’ha maledetta quando ha detto: “Non sono venuto a portare la pace, ma la spada. – La mia pace non è quella del mondo”. Ma la parola “rigida” disarma. Non si osa rispondere: “Nella rivoluzione, solo le anime ferme sono preservate, solo quelle aggrappate all’Assoluto non saranno travolte dal vento rivoluzionario”. […] Certi lettori deplorano che l’eresia non sia chiara nel 1970 come nel XVI secolo. Almeno allora, dicono, si sapeva cosa aspettarsi. Visione ben ingenua – l’eresia appariva subito solo agli occhi dei perspicaci… all’inizio non c’erano “credenti” e “miscredenti”, ma vedute ristrette [nere] e vedute larghe [rosa]». (Luce Quenette, Itinéraire n° 143, maggio 1970).
Io preferisco mille volte il mio posto di perseguitato, ma in pace, che quello di coloro che hanno ingannato e sfigurato la nostra Fraternità. Il mio scopo è quello di diffondere la pace difendendo la verità violata. E questa pace è quella di Cristo e non quella del mondo.
La Fraternità è in procinto di cambiare per colpa dei suoi cattivi capi. Le loro imposture e i loro cedimenti sono stati provati abbastanza. Non è più tempo di scrivere, ma di agire. La politica di Menzingen è disonesta e liberale. Questa situazione è durata troppo, essa deve cessare e cesserà.
Quale che sia il sacerdote della Fraternità, il suo diritto di esercitare il ministero viene dai fedeli: è un diritto di supplenza. Io sono sacerdote per diffondere Cristo e combattere i suoi nemici. Il mio Priorato è la Francia. Voi potete contare sulla mia disponibilità. Ovunque voi siate in Francia, fate appello ai nostri servizi e noi vi visiteremo. Noi vi aiuteremo a premunirvi contro il liberalismo che ci mina. Prendete contatto con i siti amici: La Sapinière, Avec l’Immaculée, Un éveque s’est levé… e avrete i miei recapiti.
Pregate per me, e che Dio vi benedica.
NOTE
1 - Le libéralisme est un péché [Il liberalismo è un peccato], capp. 22, 23 e 27.
2 - DICI n° 256, 8 giugno 2012.
3 - Bahía, 8 luglio 2010; ripresa poi Domenica 18 luglio nell’omelia e nella conferenza a Buenos Aires.
4 - Lettera di Benedetto XVI ai vescovi, del 10 marzo 2009, a proposito della remissione della scomunica.
5 - Presentazione della situazione relativa a ciò che Roma chiama “Riconciliazione”, 30 maggio 1988 a Notre-Dame du Pointet.
6 - Mons. Marcel Lefebvre, Ils l’ont découronné, ed. Fideliter, p. 233 - (Lo hanno detronizzato, ed. Amicizia Cristiana, Chieti, 2009, p. 241).
7 - Mons. Marcel Lefebvre, 18 agosto 1976 e 27 agosto 1976, prima e seconda lettera introduttiva a « J’accuse le concile ».
8 - Conferenza a Ecône, La situazione dopo le consacrazioni, 8 ottobre 1988.
"Quale che sia il sacerdote della Fraternità, il suo diritto di esercitare il ministero viene dai fedeli: è un diritto di supplenza. Io sono sacerdote per diffondere Cristo e combattere i suoi nemici. Il mio Priorato è la Francia. Voi potete contare sulla mia disponibilità. Ovunque voi siate in Francia, fate appello ai nostri servizi e noi vi visiteremo. Noi vi aiuteremo a premunirvi contro il liberalismo che ci mina. Prendete contatto con i siti amici: La Sapinière, Avec l’Immaculée, Un éveque s’est levé… e avrete i miei recapiti."
RispondiEliminaE di noi poveri e pochi Italiani che ne sarà?
A quali Sacerdoti potremo rivolgerci?
C'è da chiedersi, malignamente, se questa divisione nella fraternità non sia una sorta di gallicanesimo serpeggiante negli anti-Fellay.
RispondiElimina"Lui vuole riconciliarsi col capo? Noi ci dissociamo e rifiutiamo il capo a Roma!
Ovvero sì è il capo, cioè il papa, ma non obbediamo anche se papa perchè è un papa che sbaglia.
Come sbaglia il capo della fraternità, Fellay"
Quanto durerà questa storia?
Non si sa .
Per i poveri italiani abbandonati, consiglio di rivolgersi a sacerdoti che non dicono " sì è il capo, ma non si obbedisce anche se è capo"
Ma a quelli che dicono: " Forse è il capo, ma non sembra, quindi meglio non considerarlo capo e non obbedirgli finchè non si rivela come capo con gli atti che fa"
Mi sembra la via più chiara e definita , senza picche e ripicche.