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mercoledì 29 maggio 2013

"La Fraternità è in procinto di cambiare per colpa dei suoi cattivi capi. Le loro imposture e i loro cedimenti sono stati provati abbastanza. Non è più tempo di scrivere, ma di agire. La politica di Menzingen è disonesta e liberale. Questa situazione è durata troppo, essa deve cessare e cesserà".

La crisi nella Fraternità

Conferenza di Don Olivier Rioult, FSSPX
12 maggio 2013



Il testo della conferenza è stato pubblicato dal sito francese Avec l'Immaculée

I tratti in rosso, i neretti e le note sono del sito francese

Traduzione e impaginazione sono nostre

Il testo in formato pdf


Nota di adesione
Don Jean Michel Faure, uno dei capitolari al Capitolo del 2012, non potendo venire alla mia conferenza, ha fato pervenire due righe:
Fategli avere le mie felicitazioni e il mio sostegno. Io sono entrato a Ecône nel 1972 e ho conosciuto molto bene Mons. Lefebvre. Non dubito che approverebbe la decisione di Don Rioult, che è anche la mia.
In unione di preghiera.
Don Jean Michel Faure


Cari amici,
oggi voglio spiegarvi la sofferenza dei sacerdoti della Fraternità.
Vi esporrò dei fatti penosi; ma, di grazia, non mi si accusi di essere violento, sono le cose che vi descriverò che lo sono. È la situazione che noi viviamo nella Fraternità ad essere violenta, io non lo sono affatto; io semplicemente la vedo, la denuncio, me ne dispiaccio e ne soffro.

Perché ritornare su degli avvenimenti penosi, che sono ormai passati, e non lasciare che si chiuda la ferita, visto che Mons. Fellay non ha firmato?
Perché questi avvenimenti passati sono gravissimi, e soprattutto perché essi perdurano ancora oggi.
Ma prima di affrontare l’argomento, due preziose precisazioni sulla carità della verità di Don Felix Sarda y Salvany, tratte dal suo libro Le libéralisme est un péché [Il Liberalismo è un peccato] [un libro da leggere!] (1).
1° «Non si commette alcun peccato contro la carità a chiamare “male” il male, e “malvagi” gli autori, i fautori e i discepoli del male. Il lupo è stato sempre chiamato semplicemente lupo, e chiamandolo così non si è mai pensato di fare torto al gregge e al suo maestro.»
2° «Le idee non si sostengono in alcun caso da se stesse, non si diffondono né si propagano da sole […] Gli autori e i propagatori delle dottrine eretiche sono dei soldati. Le loro armi sono il libro, il giornale, il discorso pubblico, l’influenza personale. […] La prima cosa da fare, la più efficace, è quella di eliminare l’untore. Conviene quindi togliere ogni autorità e ogni credito al libro, al giornale, al discorso pubblico del nemico, ma conviene anche, in certi casi, fare altrettanto con la sua persona, sì, con la sua persona, che è incontestabilmente l’elemento principale della battaglia. Dunque, in certi casi è lecito rivelare al pubblico le sue infamie, ridicolizzare le sue abitudini, trascinare il suo nome nel fango. Sì, lettore, questo è permesso, permesso in prosa, in versi, in caricatura, con tono serio o giocoso, con tutti i mezzi e i procedimenti che possano essere inventati. Ciò che importa solamente è che non si metta la menzogna al servizio della giustizia.»

«Ma Mons. Fellay e i suoi [di Don Rioult] confratelli accordisti non sono eretici!».

Certo, è evidente, ma sentite queste riflessioni del Papa Pio IX:
«In questi tempi di confusione e di disordine, non è raro vedere dei cristiani, dei cattolici, e ve ne sono anche nel clero secolare e nei chiostri, che hanno sempre sulle labbra parole misurate, di conciliazione, di transazione. Ebbene! Io non esito a dire: questi uomini sono nell’errore, e io non li considero nemici meno pericolosi per la Chiesa. Noi viviamo in un’atmosfera corrotta, pestilenziale; sappiamoci preservare; non lasciamoci avvelenare dalle false dottrine che tutto pérdono col pretesto di salvare tutto».

I liberali, gente conciliante, sono dunque dei nemici della Chiesa che tutto pérdono col pretesto di salvare tutto! Ricordiamolo!

Per mettere in evidenza la violenza che regna oggi nella Fraternità, c’è bisogno di analizzare i testi, e per farlo è indispensabile un po’ di materiale: gli occhi per leggere, le orecchie per ascoltare, un’intelligenza per comprendere il senso delle parole e soprattutto un paio di occhiali rosa, un paio neri e un paio normali…

Cominciamo:
«A proposito della risposta che ho inviato il 17 aprile a Roma (…) ho l’impressione che la cosa vada. Al nostro interno, io penso che bisognerà spiegarla come si deve, perché vi sono (in questo documento) delle dichiarazioni che sono talmente sulla linea di cresta che se si è mal disposti o a seconda che si indossino occhiali neri o rosa, le si leggerà così o cosà. Allora bisogna che si vi spieghi che questa lettera non cambia assolutamente niente della nostra posizione [a voi fedeli e domenicane insegnanti che non sapete che ciò che leggete non vuol dire ciò che leggete, ma ciò che io voglio che pensiate]. Ma se uno vuole leggerla male, finirà col comprenderla male. [È la confessione che è stato preparato un documento ambiguo!!!???]» (Mons. Fellay, Brignoles, 4 maggio 2012 – Nouvelles de Chrétienté n° 135)

È triste dirlo, ma questo passo del discorso di Mons. Fellay a Brignoles, del 4 maggio 2012, illustra bene il dramma che viviamo: Mons. Fellay parla doppiamente! E se lo si riprende, egli si scandalizza e vi accusa d’avere indossato gli occhiali neri, quando invece bisognava indossare quelli rosa.

Per separare il vero dal falso, guardiamo i testi e diamo degli esempi.

http://img194.imageshack.us/img194/4571/fellayknaweb01.jpg 
 
Ultimamente, nella lettera agli amici e benefattori n° 80, del marzo 2013,

Mons. Fellay scrive:
«Sul piano dottrinale siamo sempre al punto di partenza, lo stesso che si poneva negli anni ‘70. Sfortunatamente, noi possiamo solo […] riconoscere l’attualità dell’analisi di Mons. Marcel Lefebvre, […], che non è cambiata nei decenni che hanno seguito il Concilio, fino alla sua morte. […] pur riconoscendo che la crisi che scuote la Chiesa ha anche delle cause esterne, è il Concilio stesso l’agente principale della sua auto-distruzione. […] Eccoci dunque a Pasqua 2013, e la situazione della Chiesa resta quasi invariata.»
Chiaro, no? Nessun timore: Mons. Fellay pensa giusto!
No! Questa bella dichiarazione arriva un po’ tardi e vale niente, perché:

Nel giugno 2012: DICI-Lorans dà
«la parola a Mons. Bernard Fellay per sapere dallo stesso Superiore generale […] com’egli giudichi una soluzione canonica che sopraggiungesse prima di una soluzione dottrinale [Don Lorans non dice “senza”, seppure è proprio questo il caso] […] Le sue risposte, ispirate dalla prudenza soprannaturale, danno un’analisi della situazione radicata nel reale» (2).
[Don Alain Lorans: campione della manipolazione mediatica di stile giornalistico della peggiore specie: più è grossa più passa].

Mons. Fellay:
«Ciò che è cambiato è che Roma non fa più dell’accettazione totale del Vaticano II una condizione per la soluzione canonica. Oggi, a Roma, certuni ritengono che […] la Chiesa è più del Concilio. […] Questa presa di coscienza può aiutarci a comprendere ciò che accade realmente: noi siamo chiamati ad aiutare a portare agli altri il tesoro della Tradizione […]. Sta di fatto che è l’atteggiamento della Chiesa ufficiale che è cambiato, non noi. […] Ci si può chiedere il perché di questo cambiamento. Noi continuiamo a non essere d’accordo dottrinalmente, eppure il Papa ci vuole riconoscere! Perché? [Perché Mons. Fellay ha firmato una dichiarazione inaccettabile in cui si accetta, non solo il Concilio alla luce della Tradizione, ma anche la Tradizione alla luce del Concilio] La risposta è: oggi vi sono dei problemi terribilmente importanti nella Chiesa. Occorre trattare questi problemi. Bisogna lasciare da parte i problemi secondari e occuparsi dei problemi più grandi. Occorre leggere tra le righe per comprendere [diventa sempre più complicato: rosa, nero, … tra le righe]. […] Le autorità ufficiali non vogliono riconoscere gli errori del Concilio. Esse non lo diranno mai esplicitamente. Tuttavia, se si legge tra le righe si può vedere che desiderano rimediare ad alcuni di questi errori.»

Nel 2011, a proposito della beatificazione di Giovanni Paolo II, Mons. Fellay dichiarava che essa poneva «un grave problema».
«Quello di un pontificato che ha fatto fare dei balzi in avanti nella direzione sbagliata, in direzione del progressismo e di tutto ciò che si chiama ‘spirito’ del Vaticano II. Si tratta dunque di una consacrazione, non solo della persona di Giovanni Paolo II, ma anche del Concilio e di tutto lo spirito che l’ha accompagnato

Chiaro, no? Nessun timore: Mons. Fellay pensa giusto!
No! Egli si contraddice, poiché scrive che Benedetto XVI, che sta per beatificare Giovanni Paolo II, è un papa che «ritorna alle idee tradizionali».

In un’intervista a Les Nouvelles Calédonniennes, si sente dire a Mons. Fellay:
«E il bilancio [del Vaticano II] è devastante. …[Ma] il Papa ritorna alle idee tradizionali. Egli vede benissimo che vi è una deviazione e che bisogna correggerla. Si è forse molto più vicini al Papa di quanto sembri. […] D’altronde […] basta un atto di Roma per dire che è tutto finito e noi rientriamo nella Chiesa. Questo accadrà. Io sono molto ottimista.» (27 dicembre 2010).

Sempre nel 2010, nella Lettera agli amici e benefattori n° 76, del 7 maggio 2010, egli pensava che:
«Dopo l’ascesa al Pontificato di Benedetto XVI» è «apparsa una nuova onda» […] «Contro ogni attesa, essa sembra dirigersi nel senso opposto alla prima. Gli indizi sono sufficientemente vari e numerosi per affermare che questo nuovo movimento di riforma o restaurazione è reale.»

Ecco il ritratto di Benedetto XVI che Mons. Fellay traccia nel 2010 in Brasile:
«Benedetto XVI  è un miscuglio di buono e di cattivo. Ciò che è cattivo è la testa, sede del modernismo. Per esempio, l’ecumenismo, le relazioni con gli Ebrei. Egli ha detto delle cose incredibili sull’Inferno. Da questo lato, Benedetto XVI è molto moderno [non cattolico, eretico – la parola non è pronunciata, la si pensa – e la verità è diminuita!]. Ma vi è anche un altro lato, che è conservatore: la sua testa è moderna, il suo cuore è conservatore [la liturgia??]. Ma io ignoro come l’una e l’altro camminino insieme.» (3).

Per cogliere il ridicolo di questa affermazione, bisogna lasciare il discorso e andare ai fatti.
Ecco gli atti principali di questo cuore conservatore, tra il 2007 (data del Motu Proprio sulla Messa) e il 2011:
Riunione interreligiosa di Napoli; visita alla sinagoga di New York; GMG di Sydney con la sua liturgia inculturata e i suoi rituali pagani; visita alla moschea di Gerusalemme; rituale giudaico al Muro del Pianto; visita alla sinagoga di Roma; partecipazione attiva al culto luterano a Roma; beatificazione di Giovanni Paolo II; reiterazione dello scandalo di Assisi.

Il pensiero è confuso, il linguaggio è doppio, opportunista e anche manipolatore.

Il Capo Redattore del blog Osservatore Vaticano, Vini Ganimara, ha pubblicato un articolo: “Forces et faiblesses de la diplomatie de Mgr Fellay” [Forza e debolezza della diplomazia di Mons. Fellay]. Vi si legge:
«Mons. Fellay ha saputo adottare progressivamente un linguaggio misurato, che fa dimenticare le sue passate dichiarazioni di tutt’altro senso, al pari dei discorsi aggressivi degli altri vescovi della FSSPX, […] Questo terzo punto – decisivo, perché non c’è negoziato senza do ut des – dimostra le sue capacità diplomatiche e insieme la debolezza del suo margine di manovra. Faccio un esempio: dopo la remissione delle scomuniche, egli ha inviato per fax a tutti i priorati del mondo una “lettera ai fedeli” (24 gennaio 2009) che conteneva la citazione della sua lettera al cardinale Castrillon (15 dicembre 2008), che aveva permesso la rimozione delle censure: “noi siamo pronti a scrivere il Credo con il nostro sangue, a firmare il giuramento antimodernista, la professione di fede di Pio IV, noi accettiamo e facciamo nostri tutti i concili fino al Vaticano II, a proposito del quale esprimiamo delle riserve. […]
Questa formulazione provocò una tale levata di scudi che qualche giorno più tardi una nuova versione di questa lettera del 24 gennaio citava così la lettera al cardinale: “noi accettiamo e facciamo nostri tutti i concili fino al Vaticano I. Ma non possiamo che esprimere delle riserve nei confronti del Concilio Vaticano II, che ha voluto essere un concilio diverso dagli altri.” […] Ben inteso, è la prima versione quella ricevuta dal cardinale Castrillon, mentre la seconda versione non è un falso, ma una traduzione ad uso dell’opinione pubblica della FSSPX.» (29 ottobre 2009).

All’epoca, Mons. Fellay diceva ai Priori che si era trattato di un errore del Segretario generale, che, avendo lavorato tutta la notte, aveva commesso un errore.
Si manipolano i testi, li si adatta al pubblico: tanto a destra quanto a sinistra, tanto “sì” quanto “no”. Una volta “rosa”, un’altra “nero”.
Questa confusione da parte di un capo è insopportabile e inaccettabile.

Questo stesso schema si ripresenta da diversi anni, e continua:
-    A Roma le cose sono cambiate, ma la situazione resta quasi inalterata.
-    Noi non abbiamo cercato un accordo pratico, ma noi non abbiamo rifiutato a priori l’offerta del Papa.
-    Io ho l’intenzione di continuare a fare tutti i miei sforzi per proseguire su questa strada… ma è fuori questione avventurarsi verso una normalizzazione canonica fintanto che la parte dottrinale non sarà stata regolata.
-    Roma accetta di porre i suoi errori al livello di un’opinione, ma Roma, consacrando la persona di Giovanni Paolo II, consacra il Concilio.
-    Il principio del 2006 (nessun accordo pratico fino a quando Roma non si convertirà) è chiaro, ma non è chiaro cos’è che noi intendiamo per “conversione di Roma”.
-    Il Papa ci scrive in via ufficiale, ma in effetti ciò che desidera è ciò che non ha scritto, perché non può scriverlo.
-    A marzo del 2013, alla Fraternità: “non è assolutamente questione di un accordo con la Roma modernista”, ma a ottobre del 2012, a Bruxelles, a dei preti diocesani, su quando ci sarà un accordo fra Roma e la Fraternità: “si farà presto”.

Proposizioni fluttuanti, ambigue, anche contraddittorie, talmente sulla linea di cresta che ci si perde la testa.

Gravi sofismi

Un sofisma è un falso ragionamento che ha una qualche apparenza di verità. Due sono particolarmente gravi. Mons. Fellay ha presentato come vittorie della Tradizione ciò che in fondo erano solo delle manovre moderniste. Non bisogna mai dimenticare che la rivoluzione è pronta a fare molte concessioni apparenti e superficiali per salvare l’essenziale: conservare il suo principio rivoluzionario: la libertà religiosa dei diritti dell’uomo: principio massonico.

Nel 2007 ci è stato detto che la Messa tridentina non era “mai stata abrogata” [in quanto rito straordinario, di uguale santità col rito bastardo, che era l’ordinario].
Nel 2009, le “scomuniche” sono state ritirate (rimesse].
Si è mentito per omissione; si è ignorata la strategia rivoluzionaria!
1)    che può sopportare la Messa straordinaria fintanto che la Messa bastarda resta norma ordinaria e principale. [L’influenza nefasta di questo Motu Proprio s’è fatta sentire tra noi, con gli inviti di matrimonio che annunciavano la Messa in rito straordinario…].
2)    che può tentare un gesto di misericordia verso i lefebvriani, se questo può indebolirli e fintanto che il Vaticano II resta la bussola della Chiesa per il XXI secolo.

Benedetto XVI stesso ha spiegato la sua strategia ai modernisti idioti:
«Può essere totalmente errato l’impegnarsi per lo scioglimento di irrigidimenti e di restringimenti, così da far spazio a ciò che vi è di positivo e di ricuperabile per l’insieme? Io stesso ho visto, negli anni dopo il 1988, come mediante il ritorno di comunità prima separate da Roma sia cambiato il loro clima interno; come il ritorno nella grande ed ampia Chiesa comune abbia fatto superare posizioni unilaterali e sciolto irrigidimenti così che poi ne sono emerse forze positive per l’insieme.» (4)

Mons. Lefebvre, nel 1988, aveva denunciato questa strategia vaticana e i suoi pericoli:
«L’atmosfera di questi contatti e dei colloqui ci mostra chiaramente che il desiderio della Santa Sede è di avvicinarci al Concilio e alle sue riforme, di inserirci così nel seno della Chiesa conciliare […] La nostra reintegrazione sembra essere una risorsa politica, diplomatica, per equilibrare gli eccessi degli altri.» (5).

Benedetto XVI, che è un modernista intelligente, non ha fatto niente per la nostra bella faccia! Non ha fatto il suo Motu Proprio per noi! Ma per salvare il Vaticano II; come modernista attento, egli ha capito che per salvare il Vaticano II aveva bisogno di noi nella “vasta Chiesa”. La Fraternità legittimamente integrata potrebbe apportare alla Chiesa moderna il suo “carisma della Tradizione”, poiché, de facto, essa accetterebbe il pluralismo del pensiero conciliare. È per salvare la sua “ermeneutica della continuità” che Benedetto XVI ha bisogno di noi, che dichiariamo la rottura dottrinale del Vaticano II. Questo semplice “vivere insieme” manifesterà la continuità della “Tradizione vivente” nella “vasta Chiesa”. Per la stessa ragione, egli doveva accettare l’esistenza della Messa tradizionale [ma in secondo piano], per salvare la Messa di Paolo VI e la sua pretesa continuità liturgica.

Ora, il bene della Chiesa esige il rifiuto del Concilio e non solo la sua critica. Non ci si può più accontentare di “lasciarci fare l’esperienza della Tradizione”, di “accettateci per quello che siamo”, poiché questo significherebbe fare il giuoco della logica modernista e salvare il concilio Vaticano II. Mons. Lefebvre l’aveva capito:
«“Io accuso il Conciliomi sembra la risposta necessaria a “io scuso il Concilio” del cardinale Ratzinger!» (6) «Denunciare pubblicamente i comportamenti degli uomini di Chiesa che hanno voluto fare di questo Concilio la pace di Yalta della Chiesa con i suoi peggiori nemici, e cioè in realtà un nuovo tradimento di Nostro Signore Gesù Cristo e della Sua Chiesa, significa rendere un immenso servizio alla Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo e alla salvezza delle anime

Checché se ne dica, Mons. Fellay contraddice la battaglia per la fede di Mons. Lefebvre.

DICI- Lorans:
« Il 2012 non è il 1988 [e il 1970?], anno della sua [di Mons. Fellay] consacrazione episcopale. Il rifiuto a priori di un riconoscimento canonico, è dovuto ai 40 anni di una situazione eccezionale che ha comportato una certa incomprensione della sottomissione all’autorità?

Mons. Fellay:
«Quello che accade in questo periodo mostra chiaramente alcune delle nostre debolezze di fronte ai pericoli generati dalla situazione nella quale ci troviamo. […] Certi pretendono che sia necessario che Roma si converta prima di ogni accordo, o che gli errori debbano prima essere soppressi perché si possa lavorare. Ma non è questa la realtà. […] i santi riformatori non hanno lasciato la Chiesa per combattere questi errori.» [Mons. Fellay, si rende conto che questa frase condanna Mons. Lefebvre e tutti gli altri, Coache, Calmel, Barbara, Guillou…, che per non lasciare la Chiesa cattolica si sono separati dalla Chiesa conciliare?]

Mons. Fellay ha inventato un nuovo principio che permetterà di giustificare degli aggiustamenti compromettenti: “Noi non possiamo accettare di essere accusati a torto di una rottura con Roma”.
Ora, Mons. Lefebvre, nel 1976 e nel 1988, ha accettato per due volte di essere condannato, per continuare la sua battaglia per la fede.

Mons. Fellay descrive la Fraternità come “mancante” di qualcosa di fondamentale in relazione alla “visibilità” della Chiesa. Egli parla spesso della Fraternità che si troverebbe in una situazione “irregolare”, “anormale”, “illegale”, mentre invece Mons. Lefebvre affermava:
«Ciò che ci interessa innanzi tutto è mantenere la fede cattolica. È questa la nostra battaglia. Allora la questione canonica, puramente esteriore, pubblica nella Chiesa, è secondaria.»
E oggi invece si parla solo di questo.

Ma per Mons. Fellay, per gli Assistenti e per altri non è secondaria! È talmente importante che si sono permessi di lavorare ad un accordo pratico senza accordo dottrinale, contravvenendo così a ciò che Mons. Lefebvre aveva esplicitamente affermato, soprattutto dopo il 1988, e che il Capitolo generale, che ha più autorità del Superiore, aveva deciso nel 2006.

E questi sofismi sono espressi sotto l’apparenza di un bene maggiore [tattica classica per far perdere il vero bene]: “Nella Chiesa visibile” si potrebbe convertire la Chiesa conciliare alla Tradizione.
Anche qui si contraddice ancora Mons. Lefebvre:
«Mettersi all’interno della Chiesa… cos’è che significa? E innanzi tutto, di quale Chiesa si parla? Se della Chiesa conciliare, noi che abbiamo lottato contro di essa per vent’anni perché vogliamo la Chiesa cattolica, dovremmo rientrare in questa Chiesa conciliare per, come si dice, renderla cattolica? È un’illusione totale! Non sono i sottoposti che cambiano i superiori, ma i superiori che cambiano i sottoposti» (Fideliter, n° 70, luglio-agosto 1989).

Tutti questi gravi errori e questi sofismi sono stati mantenuti a costo di un linguaggio duplice e contro ogni prudenza, e vengono giustificati da nuovi sofismi: è colpa delle autorità romane se ci siamo sbagliati!
«Come sapete, la Fraternità si è trovata in una posizione delicata per gran parte dell’anno 2012, in seguito all’ultimo tentativo di Benedetto XVI per provare a normalizzare la nostra situazione. Le difficoltà sono venute, […] da una mancanza di chiarezza da parte della Santa Sede che non permetteva di conoscere esattamente la volontà del Santo Padre, né ciò che era disposto a concederci. La confusione causata da queste incertezze si è dissipata a partire dal 13 giugno 2012» (Lettera agli amici e benefattori n° 80 del marzo 2013).

Ancora una volta Mons. Fellay inganna il suo mondo.

Ultimo Cor Unum

Mons. Fellay accusa certi sacerdoti di essere sovversivi e rivoluzionari col  pretesto di “preservare la Fraternità da un cosiddetto accordo suicida con la Chiesa conciliare”.
«Dietro questa cortina fumogena, si è stabilito che lo scopo da perseguire è la dimissione del Superiore generale [non lo scopo, ma la conseguenza; è lui stesso che con queste contraddizioni ha ridotto a zero la sua autorità] e sembra che a loro tutto sia permesso per giungere a questo scopo [ma per favorire il suo accordo, Mons. Fellay è arrivato a falsificare dei comunicati, a disobbedire alle decisioni del Capitolo del 2006, a considerare senza scrupolo una scissione…]. Poco importano le dichiarazioni, i sermoni e le conferenze che affermano il contrario [sì, perché altre dichiarazioni, sermoni, conferenze… dicono il contrario del contrario], si va a cercare al  microscopio tutto ciò che è suscettibile di essere capito al contrario, per screditare l’autorità [che si è screditata da se stessa] con un incredibile processo alle intenzioni [le parole sono parole e hanno un significato che esprime un’intenzione!] e farla passare per subdola e mentitrice [e tuttavia si è mentito ai Priori di Francia dicendo che il 13 giugno non si andava per firmare]».

Ora, nello stesso Cor Unum si trova la prova dell’intenzione di Mons. Fellay: la lettera di Mons. Fellay a Benedetto XVI, del 17 giugno 2012.
Leggo senza microscopio:
«Infatti, mercoledì sera, 13 giugno, il cardinale Levada, nel corso di un incontro che è stato cordiale, mi ha consegnata una dichiarazione dottrinale che io non posso firmare. Non tenendo conto della supplica di non ritoccare la proposta che avevo inviato io, a causa delle conseguenze che questo avrebbe comportato, il nuovo testo riprende quasi tutti i punti del Preambolo del settembre 2011 che presentavano delle difficoltà e che io mi ero sforzato di scartare [non di correggere!].
Sfortunatamente, nel contesto attuale della Fraternità, la nuova dichiarazione non passerà. [Che si legga in rosa e nero: stesso significato! Chi è sornione? Chi si nasconde e dissimula?]
«Io confesso di non sapere più che pensare. Avevo creduto di capire che Voi foste disposto a rinviare a più tardi la soluzione delle differenze [eufemismo!] ancora in corso su certi punti del Concilio e della riforma liturgica […] pur di arrivare all’unione, ed io mi sono impegnato in questa ottica [accordo pratico senza accordo dottrinale] malgrado l’opposizione molto forte nei ranghi della Fraternità e a prezzo di importanti disordini. Ed ho intenzione di continuare ad attuare tutti i miei sforzi per proseguire su questa strada, al fine di arrivare ai chiarimenti necessari. [Che si legga in rosa e in nero: stesso significato! Niente microscopio, né incredibile processo alle intenzioni: la sua intenzione è là, scritta nero su bianco!

Altra ammissione pesante in questo Cor Unum: Mons. Fellay assolve la sua dichiarazione dottrinale… per lui essa va benissimo e non ha niente di scandaloso; ed ecco come la giustifica:
1) sarebbe simile a quella di Mons. Lefebvre del 1988, dunque buona;
2) essendo stata modificata il 13 giugno dai Romani, è divenuta inaccettabile.

Queste due giustificazioni sono false e menzognere: ancora una volta, basta leggere:

1) sarebbe simile a quella di Mons. Lefebvre del 1988

Innanzi tutto, quella di Mons. Lefebvre è la stessa dell’operazione suicidio. Non è dunque lodevole aver preso ciò che Mons. Lefebvre aveva biasimato. Egli stesso disse di essersi spinto troppo oltre.

Mons. Fellay pretende che:
- la dichiarazione dottrinale non pretendeva di essere l’espressione esaustiva del nostro pensiero sul Concilio… [Ma, poco importa se vi sono delle cose inaccettabili: essa è cattiva anche se non è esaustiva].
- essa fosse chiaraMa “diversi membri eminenti della Fraternità non l’hanno capita… [Mons. Tissier, Don de Cacqueray… inquietante che Roma comprenda meglio dei membri eminenti della Fraternità! Perfino Don Laisney trova ambigua questa dichiarazione].

- Cor Unum presenta anche questa dichiarazione:
«Questo testo vuol significare alle autorità romane che noi riconosciamo i principi cattolici relativi al Magistero della Chiesa, così che una condanna di scisma sarebbe ingiusta e inoperante».
Ci si prende in giro: «Questo testo vuol significare»! Qui non è una questione di intenzione soggettiva, ma di significato oggettivo: di ciò che dice questo testo!
Che direbbe un professore ad un allievo che si lamentasse per uno zero al suo compito, dicendo: «io volevo dire…». «Forse è questo che volevi dire, ma non è quello che si legge qui! Quindi, zero, e torna a posto».

- e poi, se questa dichiarazione è “simile a quella di Mons. Lefebvre del 1988”, se ne allontana anche gravemente su tre punti.

a) II e nota: Riferimento inaudito alla professione di fede di Ratzinger del 1989:
Per Mons. Lefebvre:
«È un fatto molto grave. Poiché essa chiede a tutti coloro che sono rientrati, o che potranno farlo, di fare una professione di fede nei documenti conciliari e nelle riforme post-conciliari. Per noi, è impossibile.» (Intervista a Fideliter, gennaio 1991, n° 79, p. 4). «Così com’è, questa formula è pericolosa. Questo dimostra lo spirito di questa gente, con la quale è impossibile intendersi.» (Intervista a Fideliter, luglio 1989, n° 70, p. 16; cfr. anche Fideliter, n° 73, p. 12 e n° 76, p. 11).

b) III, 4: Accettazione pura e semplice, negli stessi termini dell’“ermeneutica della riforma nella continuità”.
Cosa da sottolineare: questo paragrafo non è stato modificato dai Romani!

Mons. Fellay:
«L’intera Tradizione della fede cattolica dev’essere il criterio e la guida per la comprensione degli insegnamenti del Concilio Vaticano II, il quale, a sua volta, illumina – cioè approfondisce ed esplicita ulteriormente – certi aspetti della vita e della dottrina della Chiesa, implicitamente presenti in essa o non ancora formulati concettualmente.»

Si tratta del Concilio alla luce della Tradizione con la Tradizione  alla luce del Concilio.

Mons. Lefebvre:
«Ci è impossibile entrare in questa congiura, quantunque vi sarebbero molti testi soddisfacenti in questo Concilio. Poiché i buoni testi sono serviti per fare accettare i testi equivoci, dirompenti, ingannevoli. Ci resta una sola soluzione: abbandonare questi testimoni pericolosi e attaccarci fermamente alla Tradizione, cioè al Magistero ufficiale di venti secoli della Chiesa.» (7)

c) III, 7: Messa e sacramenti “legittimamente” promulgati da Paolo VI, Giovanni Paolo II…
Termine gravissimo!

2) essendo stata modificata il 13 giugno dai Romani, è divenuta inaccettabile.

In realtà, gli aggiustamenti dei Romani non cambiano la dichiarazione al punto da renderla sostanzialmente differente, poiché essi non hanno fatto che esplicitare ciò che Mons. Fellay aveva già implicitamente concesso nel mortale paragrafo III, 4, col “Concilio alla luce della Tradizione e la Tradizione alla luce del Concilio”, e con il termine “legittimamente”.
Lo stesso Mons. Fellay, nei suoi discorsi, ha minimizzato gli errori conciliari, per preparare gli spiriti alla riconciliazione conciliare.
È stato proprio Mons. Fellay a far cantare il Te Deum dopo il Motu Proprio che stabiliva il rito ordinario e straordinario.
Bisogna essere logici con il significato delle parole e delle azioni… no?

Anche qui, Cor Unum inganna i membri: poiché la prova che la dichiarazione corretta dai Romani fosse sostanzialmente simile a quella di Mons. Fellay, la si ha nel fatto che senza l’opposizione interna egli l’avrebbe firmata: è lo stesso Mons. Fellay che lo confessa a Benedetto XVI:
Sfortunatamente, nel contesto attuale della Fraternità, la nuova dichiarazione non passerà” [Ma ai membri egli dice che: “noi possiamo solo rifiutare un testo che promuove l’ermeneutica della continuità”] […] “malgrado l’opposizione molto forte nei ranghi della Fraternità […] ho intenzione di continuare ad attuare tutti i miei sforzi per proseguire su questa strada…”. [Non si fa “un incredibile processo alle intenzioni”, è lui stesso che esprime il suo pensiero. Nel linguaggio militare, questo si chiama “intelligenza col nemico”, ed è Alto Tradimento!]

E le tre condizioni del Capitolo del 2012? Non stanno in piedi!

Certuni diranno: «Carlo VI è pazzo, ma il suo entourage veglia».
Le condizioni fissate dall’ultimo Capitolo generale del luglio 2012, sono insufficienti. Esse non ci proteggono affatto e non ci impediranno di cadere come le comunità che si sono ricollegate.
Il Capitolo generale ha omesso le due condizioni più importanti, richieste chiaramente da Mons. Lefebvre: la conversione delle autorità ufficiali, che si manifesterà chiaramente con la condanna esplicita degli errori conciliari, e l’esenzione dal nuovo Codice di Diritto Canonico.
1) La prima condizione sine qua non: La Fraternità che chiede ai traditori il permesso di dire la Verità! E il permesso di criticare i responsabili degli errori del modernismo, del liberalismo e del Vaticano II.
Quando si vede come la Fraternità denuncia errori e scandali a partire dal 2000, una condizione così non impegna più di tanto. [L’Istituto del Buon Pastore ha avuto la libertà di critica costruttiva e se ne sono visti i risultati.]

2) La seconda condizione esige l’uso esclusivo della liturgia del 1962. [Le Barroux l’ha avuto quest’uso esclusivo, e anche l’abbazia di Flavigny; risultato: commercializzano le statue del beato Giovanni Paolo II! Queste congregazioni sono cadute, e noi invece, la Fraternità San Pio X, non temiamo niente?]

3) La terza condizione esige la garanzia di almeno un vescovo. Chi lo sceglierà? Nel 1988, Roma ha rigettato i tre candidati proposti da Mons. Lefebvre. [Campos ha avuto il suo vescovo, e dopo lo si è visto lodare il Vaticano II e concelebrare!]

Cosa concludere?

Se nel 2008 qualcuno avesse predetto che nel 2012 Mons. Fellay sarebbe stato pronto a sacrificare “il bene comune della Fraternità”, perché “Roma non lo tollera più” [Lettera del 14 aprile 2012], oppure che nel caso di un accordo con Roma egli non escludesse che “vi sia una scissione nella Fraternità” (intervista al Catholic News Service dell’11 maggio 2012), questo qualcuno sarebbe stato trattato da folle!
Ora, questo è accaduto, egli l’ha detto ed era pronto a farlo. Ed ha osato anche peggio di tutto quello che si poteva immaginare: con questa dichiarazione dottrinale corretta dai Romani.

Certo, la posta di Mons. Fellay è delicata e difficile. La situazione geopolitica è insostenibile e la crisi religiosa è deviante, Ma questo non può giustificare il linguaggio duplice. Quando un capo è pronto a dire tutto e il contrario di tutto, non si deve temere che sia pronto ad esercitare il suo potere verso e contro tutti?
Certo, si deve rispetto al proprio Superiore, ma non fino al punto di calpestare la verità.
La settimana scorsa, un confratello mi ha scritto:
«Tra la sua proclamazione di innocenza e i fatti, vi è una differenza che a volte sembra terrificante. Ci si può chiedere se si tratta di orgoglio, di incapacità di vedere e di capire o di cecità che Dio permette, come per il faraone o il sommo sacerdote, per meglio dimostrare la sua potenza e la sua gloria in un futuro che ci si augura prossimo

Quando si constata la doppiezza passata, si può temere il peggio. Mons. Fellay è moralmente morto ed è stato lui stesso a distruggere la sua legittimità. Per parafrasare Jean-Bastien Thiry, si può dire:
«Non è bene, non è morale, non è legale che un tale uomo rimanga a lungo alla testa della Tradizione.»

Non è bene: come ha detto ad un confratello uno dei nostri tre teologi che ha parlato con Roma: «La testa di Mons. Fellay è marcia»; i suoi testi, infatti, sono pieni di compromessi.

Non è morale: duplice linguaggio frequente, menzogne ufficiali e solenni.

Non è legale: la sua disubbidienza grave alle decisioni del Capitolo del 2006, gettando nella spazzatura, nel marzo 2012, il principio: niente accordo puramente pratico.

Questa idea della dimissione del Superiore generale non viene da noi, ma da Mons. Lefebvre, che, a proposito dei monaci e delle monache che erano entrate a Le Barroux per rimanere nella Tradizione e fuggire la Chiesa conciliare, ma che il loro Abate aveva ricondotto sotto l’autorità della Chiesa conciliare,  sottolineava:
«Li si mette sotto l’autorità della Chiesa conciliare. E allora si resta stupefatti nel pensare che, malgrado le constatazioni che dovrebbero fare, e loro le conoscono bene… No, … restano. Non decidono di andarsene o di fondare un altro monastero, o di chiedere a Dom Gérard di rassegnare le dimissioni e di essere sostituito… No, niente… Si obbedisce […] è penoso vedere con quanta facilità un monastero che è nella Tradizione passa sotto l’autorità conciliare e modernista. E tutti rimangono. È un peccato e veramente triste constatarlo… […] È questo che è veramente grave, questo trasferimento dell’autorità. Non basta dire: in pratica non è cambiato niente… È questo trasferimento che è gravissimo, perché l’intenzione di queste autorità è di distruggere la Tradizione.» (8)

Ma non ha firmato!
Sia! Ma che significa firmare, e firmare cosa: un accordo pratico è suicida e mortale.
Sostituite il verbo firmare con uccidere, ed ecco che “Non ha potuto firmare, ma voleva firmare ed ha sempre l’intenzione di firmare”, diventa “non ha potuto uccidere, ma voleva uccidere ed ha sempre l’intenzione di uccidere”.

Se le sue dimissioni sono necessarie, non saranno sufficienti.

Poiché il problema è più vasto della persona di Mons. Fellay: il liberalismo ha minato la Fraternità. Anche se la maggior parte dei suoi membri sono ancora di valore, ha avuto inizio un processo di putrefazione dalla testa.
Un Priore, in occasione di una sessione di teologia, ha fatto notare che non si poteva dire: «Benedetto XVI è un modernista». E questo Priore ha anche confidato ad un confratello di non potere più, in coscienza, far pregare i fedeli per «la conversione di Roma e dei vescovi», intenzione che tuttavia fa parte di quelle della Fraternità (Cor Unum n° 35).
A Chartres, un Priore, per giustificare la politica di Mons. Fellay, ha cercato di convincermi che la beatificazione di Giovanni Paolo II non era poi così grave, perché «è l’uomo che è stato esaltato» e non la sua dottrina, e che l’iniziativa di Assisi III non era poi così scandalosa, perché «il fatto che Benedetto XVI abbia invitato degli atei dimostra che non si è trattato di una riunione religiosa

Questi sono ancora priori in Francia, malgrado l’eccellenza di Don de Caqueray!

Perché dopo 200 anni di rivoluzione e 100 di modernismo, le nostre piccole teste e le nostre volontà non sarebbero state deformate e paralizzate dal liberalismo?
I tradizionalisti, sarebbero immunizzati dalle conseguenze del peccato originale?
Il liberalismo ha distrutto la civiltà cristiana, ma la Fraternità sarebbe indenne da questo peccato moderno.
Per quale miracolo? In forza di quale merito?
La Chiesa è in crisi: certo… ma la Fraternità giammai!
Presuntuosa, insopportabile stoltezza!

«Il liberalismo cattolico è la paura stessa, dissimulata sia sotto il mantello della carità, sia sotto il mantello della prudenza.  Il liberalismo cattolico è schiavo di una tirannide crudele, la tirannide dell’opinione.» (Vescovi dell’Equador).
Questo veleno non esisterebbe nella Fraternità?

I nostri antenati hanno dovuto soffrire nella loro parrocchia e testimoniare in una Chiesa minata dal modernismo. È facile lodarli, ma oggi bisogna imitarli.
A nostra volta, noi dobbiamo soffrire nei nostri priorati e testimoniare in una Chiesa minata al liberalismo.
I nostri migliori esempi restano Mons. Lefebvre e Mons. de Castro Mayer. Su 4000 vescovi, solo 300 hanno visto chiaro, e su 300 che hanno visto chiaro, solo 2 hanno agito efficacemente.
Quale solitudine!

Per finire con una nota di speranza

1) «Il socialismo fa dei progressi considerevoli, ma con tutta la potenza della Massoneria attuale, che è dappertutto, dovunque, ovunque, che è a Roma, che è dappertutto. La Massoneria è dappertutto e dirige tutto.
Ben presto saremo schedati con i computer, avremo tutti il nostro numero e non potremo fare nulla senza che venga tutto annotato sulla nostra scheda, e tutto tramite il computer. Saremo in una situazione peggiore di quella di un paese sovietico. […] È spaventoso, non ci si immagina verso cosa andiamo attualmente, verso una socializzazione che, apparentemente, non sembra così dura come quella comunista, e che tuttavia, in definitiva, sarà molto semplicemente una copia del comunismo, ma realizzata che dei mezzi scientifici invece che con la forza, come hanno fatto i comunisti, ma sarà la stessa cosa.Allora si elimineranno dalla società tutti quelli che non vorranno sottomettersi a quest’ordine […] Li si eliminerà. Si avrà sempre modo di eliminarli. […] Noi andiamo veramente verso una società spaventosa, che si dice libera e dove non ci sarà più alcuna, ma alcuna libertà.» (Mons. Lefebvre, conferenza del 22 agosto 1979, al Priorato San Pio X a Shawinigan, Québec).

Hervé Ryssen dice che per sapere chi governa il mondo, basta chiedersi chi non ha il diritto di criticare.

2) «Nel senso mistico, il fico è simbolo della sinagoga. Quand’esso incomincerà a vegetare e a coprirsi con orgoglio dei suoi peccati, come di foglie verdeggianti, allora è prossima l’estate [è prossima la calura della persecuzione]. Il tempo dell’Anticristo è detto abominazione, perché egli è contro Dio, per usurpare l’onore che è dovuto solo a Dio. I Giudei lo riceveranno perche egli si sieda nel luogo più sacro del tempio e gli infedeli gli rendano gli onori divini. E siccome il carattere particolare dell’errore dei Giudei, dopo aver rigettato la verità, sarà quello di abbracciare la menzogna, il Salvatore ordinò ai suoi discepoli di abbandonare la Giudea e di scappare sulle montagne, fuggite questo popolo che deve credere all’Anticristo.» (Sant’Ilario, nel 380, a proposito del Vangelo della fine dei tempi, citato da San Tommaso).

3) «Man mano che il mondo si avvicinerà alla sua fine, i malvagi e i seduttori aumenteranno sempre più. Non si troverà quasi più la fede sulla terra, cioè essa sarà quasi completamente sparita da tutte le istituzioni terrene. Gli stessi credenti oseranno appena fare una professione di fede pubblica e sociale del loro credo. La Chiesa, società senza dubbio sempre visibile, sarà sempre più ridotta a proporzioni semplicemente individuali e domestiche. Per la Chiesa in terra ci sarà come una vera disfatta: «alla bestia fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli» (Ap. 13, 7)» (Discorso di Mons. Pie a Nantes, 8 novembre 1859).

4) «Qualcuno mi accusa di essere rigida e di turbare gli spiriti. Nel processo rivoluzionario che disarma, quest’accusa è normale […] Ci si oppone un assoluto provvisorio e ingannatore: la tranquillità della gente. Turbare avvertendo di un pericolo mortale, turbare dicendo: “la marea vi travolgerà” o “ecco l’incendio”, è cosa dura. È mancare di tatto. Come se lo choc, il risveglio, la sorpresa, l’emozione non fossero degli allarmi naturali. Dire che bisogna saltare, nuotare, resistere: sarebbe questo il male? E non piuttosto il naufragio e l’annegamento?Questa pace ingannatrice che è il sonno nel disordine, Nostro Signore l’ha maledetta quando ha detto: “Non sono venuto a portare la pace, ma la spada. – La mia pace non è quella del mondo”. Ma la parola “rigida” disarma. Non si osa rispondere: “Nella rivoluzione, solo le anime ferme sono preservate, solo quelle aggrappate all’Assoluto non saranno travolte dal vento rivoluzionario”. […] Certi lettori deplorano che l’eresia non sia chiara nel 1970 come nel XVI secolo. Almeno allora, dicono, si sapeva cosa aspettarsi. Visione ben ingenua – l’eresia appariva subito solo agli occhi dei perspicaci… all’inizio non c’erano “credenti” e “miscredenti”, ma vedute ristrette [nere] e vedute larghe [rosa]». (Luce Quenette, Itinéraire n° 143, maggio 1970).

Io preferisco mille volte il mio posto di perseguitato, ma in pace, che quello di coloro che hanno ingannato e sfigurato la nostra Fraternità. Il mio scopo è quello di diffondere la pace difendendo la verità violata. E questa pace è quella di Cristo e non quella del mondo.

La Fraternità è in procinto di cambiare per colpa dei suoi cattivi capi. Le loro imposture e i loro cedimenti sono stati provati abbastanza. Non è più tempo di scrivere, ma di agire. La politica di Menzingen è disonesta e liberale. Questa situazione è durata troppo, essa deve cessare e cesserà.

Quale che sia il sacerdote della Fraternità, il suo diritto di esercitare il ministero viene dai fedeli: è un diritto di supplenza. Io sono sacerdote per diffondere Cristo e combattere i suoi nemici. Il mio Priorato è la Francia. Voi potete contare sulla mia disponibilità. Ovunque voi siate in Francia, fate appello ai nostri servizi e noi vi visiteremo. Noi vi aiuteremo a premunirvi contro il liberalismo che ci mina. Prendete contatto con i siti amici: La Sapinière, Avec l’Immaculée, Un éveque s’est levé… e avrete i miei recapiti.

Pregate per me, e che Dio vi benedica.

NOTE

1 - Le libéralisme est un péché [Il liberalismo è un peccato], capp. 22, 23 e 27.
2 - DICI n° 256, 8 giugno 2012.
3 - Bahía, 8 luglio 2010; ripresa poi Domenica 18 luglio nell’omelia e nella conferenza a Buenos Aires.
4 - Lettera di Benedetto XVI ai vescovi, del 10 marzo 2009, a proposito della remissione della scomunica.
5 - Presentazione della situazione relativa a ciò che Roma chiama “Riconciliazione”, 30 maggio 1988 a Notre-Dame du Pointet.
6 - Mons. Marcel Lefebvre, Ils l’ont découronné, ed. Fideliter, p. 233 - (Lo hanno detronizzato, ed. Amicizia Cristiana, Chieti, 2009, p. 241).
7 - Mons. Marcel Lefebvre, 18 agosto 1976 e 27 agosto 1976, prima e seconda lettera introduttiva a « J’accuse le concile ».
8 - Conferenza a Ecône, La situazione dopo le consacrazioni, 8 ottobre 1988.

2 commenti:

  1. "Quale che sia il sacerdote della Fraternità, il suo diritto di esercitare il ministero viene dai fedeli: è un diritto di supplenza. Io sono sacerdote per diffondere Cristo e combattere i suoi nemici. Il mio Priorato è la Francia. Voi potete contare sulla mia disponibilità. Ovunque voi siate in Francia, fate appello ai nostri servizi e noi vi visiteremo. Noi vi aiuteremo a premunirvi contro il liberalismo che ci mina. Prendete contatto con i siti amici: La Sapinière, Avec l’Immaculée, Un éveque s’est levé… e avrete i miei recapiti."

    E di noi poveri e pochi Italiani che ne sarà?
    A quali Sacerdoti potremo rivolgerci?

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  2. C'è da chiedersi, malignamente, se questa divisione nella fraternità non sia una sorta di gallicanesimo serpeggiante negli anti-Fellay.
    "Lui vuole riconciliarsi col capo? Noi ci dissociamo e rifiutiamo il capo a Roma!
    Ovvero sì è il capo, cioè il papa, ma non obbediamo anche se papa perchè è un papa che sbaglia.
    Come sbaglia il capo della fraternità, Fellay"

    Quanto durerà questa storia?
    Non si sa .
    Per i poveri italiani abbandonati, consiglio di rivolgersi a sacerdoti che non dicono " sì è il capo, ma non si obbedisce anche se è capo"
    Ma a quelli che dicono: " Forse è il capo, ma non sembra, quindi meglio non considerarlo capo e non obbedirgli finchè non si rivela come capo con gli atti che fa"

    Mi sembra la via più chiara e definita , senza picche e ripicche.

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