"L'officio divinamente commessoci di pascere il gregge del Signore
fra i
primi doveri, imposti da Cristo, ha quello di custodire con ogni
vigilanza il deposito della fede trasmessa ai santi, ripudiando le
profane novità di parole e le opposizioni di una scienza di
falso nome.
La quale provvidenza del supremo pastore non vi fu tempo che non fosse
necessaria alla chiesa cattolica: stantechè, per opera del
nemico
dell'uman genere, mai non mancarono uomini
di perverso parlare,
cianciatori di vanità e
seduttori, erranti e consiglieri agli altri
di errori. Pur nondimeno
egli è da confessare che, in questi ultimi
tempi, è cresciuto oltremisura il numero dei nemici della croce
di
Cristo; che, con arti affatto nuove e pieni di astuzia, si affaticano a
render vana la virtù avvivatrice della Chiesa e scrollare dai
fondamenti, se venga lor fatto, lo stesso regno di Gesù Cristo.
Per la
qual cosa non Ci è oggimai più lecito di tacere, se pur
non vogliamo
aver vista di mancare al dovere Nostro gravissimo, e che Ci sia apposta
a trascuratezza di esso la benignità finora usata nella speranza
di più
sani consigli.
Ed a rompere senza più gl'indugi Ci spinge anzitutto il
fatto, che i
fautori dell'errore già non sono omai da ricercarsi fra i nemici
dichiarati: ma, ciò che dà somma pena e timore, si celano
nel seno
stesso della Chiesa, tanto più perniciosi quanto meno sono in
vista. —
Alludiamo, o Venerabili Fratelli, a molti del laicato cattolico e,
ciò
ch'è più deplorevole, a non pochi dello stesso ceto
sacerdotale, i
quali, sotto finta di amore per la Chiesa, scevri d'ogni solido
presidio di filosofico e teologico sapere, tutti anzi penetrati delle
velenose dottrine dei nemici della Chiesa, si dànno, senza
ritegno di
sorta, per riformatori della Chiesa medesima: e, fatta audacemente
schiera, si gettano su quanto ha di più santo nell'opera di
Cristo, non
risparmiando la persona stessa del Redentore divino, che, con ardimento
sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione di un puro e semplice
uomo".
QUESTI SONO I FRUTTI DEL DIABOLICO CORSO VATICANOSECONDISTA:
Più di 3.000 religiosi e religiose hanno lasciato ogni anno la vita
consacrata. E' il dato allarmante fornito da mons. José Rodriguez
Carballo, segretario della congregazione per gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica (il dicastero vaticano
responsabile dei religiosi) nel corso di un convegno.
Il nostro dicastero - ha detto il francescano in un testo pubblicato
nel pomeriggio dall'Osservatore Romano con il titolo "Crisi delle
vocazioni religiose? E' colpa dello zapping" - in 5 anni (2008-2012) ha
dato 11.805 dispense: indulti per lasciare l'istituto, decreti di
dimissioni, secolarizzazioni ad experimentum e secolarizzazioni per
incardinarsi in una diocesi. Si tratta di una media annuale di 2.361
dispense. La Congregazione per il Clero, negli stessi anni, ha dato
1.188 dispense dagli obblighi sacerdotali e 130 dispense dagli obblighi
del diaconato. Sono tutti religiosi: ciò fa una media per anno di 367,6.
Sommando questi dati con gli altri, abbiamo quanto segue: hanno
lasciato la vita religiosa 13.123 religiosi o religiose, in 5 anni, con
una media annuale di 2.624,6. Ciò vuol dire 2,54 ogni 1.000 religiosi.
A questi bisogna aggiungere tutti i casi trattati dalla Congregazione
per la Dottrina della Fede. Secondo un calcolo approssimativo ma
abbastanza sicuro, questo vuol dire che più di 3.000 religiosi religiose
hanno lasciato ogni anno la vita consacrata. Nel computo non sono stati
inseriti i membri delle società di vita apostolica che hanno
abbandonato la loro consacrazione, né quelli di voti temporali.
Certamente i numeri non sono tutto, ma sarebbe da ingenui non tenerne
conto".
Carballo ha aperto insieme al suo prefetto, il cardinale brasiliano
Joao Braz de Aviz l'incontro dal titolo "Fedeltà e perseveranza
vocazionale in una cultura del provvisorio" presso l'Antonianum di Roma.
"Quando si cerca di individuare le cause o di proporre degli
orientamenti, penso che sia necessario fare una radiografia, pur breve e
limitata, della società da cui provengono i nostri giovani, i giovani
che si rivolgono a noi, così come delle fraternità che li accolgono",
afferma Carballo. "Viviamo, anche, in un tempo che possiamo definire il
tempo dello zapping. Zapping, letteralmente, vuole dire: passare da un
canale all'altro, servendosi del telecomando, senza fermarsi su nessuno.
Simbolicamente, zapping, significa non assumere impegni a lungo
termine, passare da un esperimento all'altro , senza fare nessuna
esperienza che segna la vita. In un mondo dove tutto è agevolato, non
c'è posto per il sacrificio, né per la rinuncia, né per altri valori
simili. Invece, questi sono presenti nella scelta vocazionale che esige,
pertanto, di andare controcorrente, come è la vocazione alla vita
consacrata".
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E COSI' SI ESPRIME L'APOSTATA BERGOGLIO CAPO DELLA FALSA CHIESA CONCILIARE: “RIPARTIRE DAL CONCILIO E APRIRE ALLA CULTURA
MODERNA. APRIRSI ALLA MODERNITA’ E’ UN DOVERE PER LA CHIESA. LA CURIA
ROMANA E’ TROPPO VATICANO-CENTRICA. SONO UN ANTICLERICALE”!!!
“I Capi della Chiesa sono spesso stati narcisisti, lusingati e malamente
eccitati dai loro cortigiani. La corte è la lebbra del Papato. La Curia
ha un difetto: è Vaticano-centrica. Vede e cura gli interessi del
Vaticano, che sono ancora in gran parte, interessi temporali. Questa
visione Vaticano-centrica trascura il mondo che ci circonda”
”Quando ho di fronte un clericale, divento anticlericale di botto. Il
clericalismo non dovrebbe aver niente a che vedere con il
cristianesimo”.
“I più gravi dei mali che affliggono il mondo sono la DISOCCUPAZIONE DEI GIOVANI e la SOLITUDINE DEI VECCHI”.
“La Chiesa si senta ‘responsabile sia delle anime sia dei corpi. Per il
pontefice i giovani senza lavoro e gli anziani lasciati soli sono il
problema ‘più urgente e ‘più drammatico che la Chiesa ha davanti, anzi,
sono i più gravi dei mali del mondo in questi anni.”
E SI QUESTO PERSONAGGIO HA CAPITO PROPIO TUTTO E HA TROVATO L'ANTIDOTO PER FERMARE LA CRISI DELLA CHIESA CIOE' DISTRUGGERE IL CLERO...
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La Civiltà Cattolica anno XXX, serie X, vol. XII, Firenze
1879
pag. 5-15.
R.P. Raffaele Ballerini d.C.d.G.
CATTOLICO MA NON CLERICALE
I.
Non ci ha, crediamo, alcuno dei nostri lettori, il quale non siasi
talora scontrato in persona, che adoperasse la frase, posta qui per
titolo di quest'articolo, professando cattolicismo e rimovendo
da sè la taccia di clericalismo: Son cattolico ma non
clericale. Alcuni non han dubitato di dichiararlo eziandio colla
stampa; e ultimamente un giornale, morto senza compianto di veruno,
benchè protestasse di essere cattolico e fosse veramente scritto
da cattolici, pur diceva nel suo testamento che non era nè
sarebbe stato mai clericale.
L'avversar questo epiteto di clericale, nei nemici della Chiesa ben si
comprende; giacchè per essi è sinonimo di cattolico.
Leggemmo ultimamente in un giornale razionalista una magnifica
confessione, cioè che cattolico, clericale, gesuita, esprimevano
lo stesso oggetto, secondochè voleva parlarsene con indifferenza
o con disprezzo o con odio; a quel modo che sogliono adoperarsi i
vocaboli: Israelita, ebreo, giudeo. Pei nemici della Chiesa come il dir
gesuita significa cattolico,
in quanto è ad essi odioso;
così clericale dice parimente cattolico, in quanto è ai
loro occhi dispregevole. Ciò si capisce.
Ma per questo appunto non si capisce come una simile avversione possa
aver luogo in chi si professa cattolico. Secondo la data spiegazione,
cattolico non clericale equivarrebbe a cattolico non cattolico:
contraddizion manifesta.
Non in questo senso, dirà taluno, si rimuove l'epiteto
di clericale; ma solo in quanto esprime un partito retrivo, formato da
quella parte del Clero, la quale avversa la patria e gli acquisti della
civiltà moderna. Noi non vogliamo qui entrare a discutere l'esistenza di un tal
partito,
nè il valore delle imputazioni, a cui il Liberalismo appoggia
quel suo fingimento. Una tale disamina ci trasporterebbe fuori
del nostro proposito. Solo diciamo che quand'anche siffatto partito
esistesse, tuttavolta a separarsi da esso dovrebbe inventarsi un
vocabolo, che lo significasse in particolare, non già adoperare
una frase, qual è questa di clericale, che si riferisce, non ad
una parte ma al tutto. Non clericale
esprime alienazione dal Clero
generalmente; e il Clero preso generalmente importa non questo o quel
ceto, questo o quel numero di ecclesiastici, ma tutto l'ordine
ieratico, incluso l'Episcopato, e il Pontefice stesso che n'è
la sommità ed il vertice.
II.
Il dire: cattolico non clericale
è come se altri dicesse: Uomo
non razionale; il che vale altrettanto che dire: Uomo non uomo, ma
bruto. Imperocchè, in quella guisa che l'uomo è
essenzialmente razionale, la Chiesa cattolica è essenzialmente
clericale, perchè essenzialmente gerarchica. Fu bestemmia di
Lutero quella di non riconoscere nella Chiesa che soli fedeli, senza
distinzione di gradi. «Mi basti aver detto (scriveva egli in uno
de' più pestiferi suoi libri) che il popolo cristiano è
semplice, in cui nessuna setta, nessuna differenza di persone, nessun
chierico, nessun laico, nessun unto, nessun raso, nessun monaco debba
aver luogo [1].» Ma tale non
è la Chiesa di Gesù
Cristo. Essa è costituita come una famiglia, in cui ci ha padre
e figliuoli; è costituita come un ovile, in cui ci ha agnelli e
pastori; è costituita come un regno, in cui ci ha principe e
magistrati e popolo.
La Chiesa cattolica si definisce: Una congregazione d'uomini,
congiunti insieme nella professione della medesima fede cristiana, e
nella partecipazione de' medesimi sacramenti, sotto il governo de'
legittimi Pastori, e massimamente del romano Pontefice, Vicario di
Gesù Cristo. Coetus hominum
eiusdem christianae fidei professione et eorumdem sacramentorum
communione colligatus, sub regimine legitimorum Pastorum ac praecipue
unius Christi in terris Vicarii, Romani Pontificis [2]. Essa
dunque è essenzialmente composta di Laicato e di Clero. Il
Laicato è la
moltitudine dei fedeli; il Clero è il maestrato sacro, la parte
governatrice e direttrice della moltitudine anzidetta. Il Laicato
cattolico professa la sincera fede di Cristo. Ma chi insegna a lui
questa fede, se non il Clero? Il Laicato cattolico partecipa ai
sacramenti istituiti da Cristo. Ma il Clero è quello che glieli
conserva ed amministra. Il Laicato cattolico è governato dai
legittimi Pastori e segnatamente dal Papa. Ma il Papa e i legittimi
Pastori son la parte principale del Clero. Il Laicato adunque nella
Chiesa di Cristo è essenzialmente in intima relazione col Clero,
informato dallo spirito del Clero, sottostante all'azione del Clero.
In ciò si differenzia dai Protestanti. Esso dunque per
ciò stesso, che è cattolico, è clericale; e
rimuovere da sè un tale appellativo vale altrettanto che
trasnaturarsi; come si trasnatura ogni essere da cui si rimuove
ciò, che appartiene alla sua differenza specifica e scaturisce
dal principio che ne determina l'essenza.
III.
Ed è questo appunto il pericolo gravissimo di quella frase:
cattolico ma non clericale, il condurre insensibilmente l'uomo a
cessare di esser cattolico, in quanto al fatto. Il Liberalismo, figlio
legittimo della Riforma protestantica, tende al medesimo scopo di lei,
ma con più scaltrezza nei mezzi. Egli, almen per ora, non
proclama, come quella, l'assoluta abolizione del Clero; i tempi non
gli sembrano ancora maturi. In quella vece si studia di denigrare il
Chiericato in tutti i modi, ed avvilirlo agli occhi de' fedeli. Ben
sapendo poi quanta forza ha il pervertimento delle parole a pervertire
le idee che rappresentano, con fina malizia ha inventata la distinzione
tra cattolico e clericale, per indurre gli incauti a ritenere la sola
prima denominazione, verso cui finge rispetto, e rigettar la seconda,
sopra cui accumula disprezzo. In tal guisa esso spera di separare i
fedeli dal Clero e menarli a poco a poco a crearsi una specie di
cattolicismo, diciam così, laicale, che al trar de' conti non
sia
che vero protestantismo.
L'astuzia ha in parte sortito l'effetto; e noi vediamo alcuni laici,
che coll'idea di voler esser cattolici ma non clericali si son
formata una religione a modo loro, un cattolicismo indipendente dal
Clero, che abbia per regola del credere e dell'operare la propria
ragione. Ci avvenne d'abbatterci con un Deputato, e non certo dei
più ignoranti, il quale ci sosteneva di esser cattolico,
benchè non ammettesse, nonchè il Sillabo, neppure
l'infallibilità Pontificia, definita dal Concilio Vaticano. Egli
si fondava in questo, che non volendo essere clericale consentiva a
quei soli insegnamenti della Chiesa, i quali gli apparivano
ragionevoli. Il valentuomo non si accorgeva che a questo patto potrebbe
dirsi cattolico anche il Gran Turco; il quale certamente non
negherà di accettare nell'insegnamento cristiano tutto
ciò che gli sembra conforme alla propria ragione.
Ciò che dispaia l'eretico dal cattolico si è che il
primo
ha per regola di fede il suo giudizio privato, il secondo
l'autorità della Chiesa. Ego
Evangelio non crederem, nisi
me Catholicae Ecclesiae firmaret auctoritas, diceva S. Agostino.
E la
ragione si è perchè chi vi assicura
dell'autenticità del Vangelo e della sua ispirazione, se non la
Chiesa? Iddio alla Chiesa ha affidato il deposito della sua
rivelazione, ed ella la propone ed interpreta ai fedeli, sotto
l'assistenza divina. Ciò che ci viene pel magistero della
Chiesa, è parola di Dio; ciò che ci viene per altra via,
è fuori l'ordine della rivelazione, e però soggetto agli
erramenti dell'uomo.
Eresia, dal greco αἴρεσις
significa scelta; e si attribuisce a
colui, il quale nelle verità di fede sceglie: ne accetta alcune
ed altre ne rigetta, perchè così gli persuade la propria
ragione. Come è evidente, costui, così facendo, obbedisce
non a Dio che gli parla mediante la Chiesa, ma a sè stesso, al
suo giudizio privato. Onde pecca d'infedeltà e perde l'abito
della fede, perchè ne ripudia l'oggetto formale, cioè la
verità divina, secondochè ci vien manifestata dal
magistero della Chiesa, a tal fine istituita da Dio. A far ciò
basta discredere un solo articolo; perchè quella ragion formale
ha luogo egualmente per tutti. «Colui che aderisce alla dottrina
della Chiesa, come a regola infallibile (osserva qui S. Tommaso),
assente a tutto ciò che la Chiesa insegna. Altrimenti se tra le
cose, che la Chiesa insegna, tiene quelle che vuole e non tiene
quelle che non vuole, non aderisce alla dottrina della Chiesa, come a
regola infallibile, ma alla propria volontà. Qui inhaeret
doctrinae Ecclesiae, tanquam infallibili regulae, omnibus assentit
quae Ecclesia docet. Alioquin, si de his, quae Ecclesia docet, quae
vult tenet, et quae non vult non tenet, iam non inhaeret Ecclesiae
doctrinae, sicut infallibili regulae, sed propriae voluntati [3]. La
cosa è troppo evidente. Chi ricusa l'assenso anche a una sola
verità, proposta dalla Chiesa, mostra che nell'assentire alle
altre non si muove dall'autorità infallibile della Chiesa,
perchè questa ha luogo anche in quella che egli ricusa, ma si
muove dal suo privato giudizio; e però la sua regola di fede
è la stessa dei protestanti, e d'ogni eretico in generale.
Abbiamo voluto fermarci un poco sopra questo proposito;
perchè
è cosa di somma importanza, e riguarda un fatto, pur troppo non
infrequente tra quei cattolici, che si lasciarono più o meno
infettare di Liberalismo. Tra costoro ci ha parecchi, i quali con somma
leggerezza parlando di articoli di fede, mostrano di discrederne
qualcuno, perchè non cape nell'angusto loro cervello. Si formano
così una credenza di proprio arbitrio; rifiutando quei veri che
loro non garbano, oppure interpretandoli a senno loro, fuori
dell'insegnamento della Chiesa. Ben è vero che sovente
nei cosiffatti ha luogo più la leggerezza, che la
pertinacia, procedendo essi in ciò più per ignoranza che
per rea volontà, e però l'eresia in costoro può
essere materiale non formale. Ma ad ogni modo la stessa
leggerezza ed
ignoranza in punto sì grave, non sappiamo se sia scusabile
dinanzi a Dio. Quello peraltro, che vogliamo qui accuratamente
osservato, si è che, se ben si guardi, la prima radice di questo
pervertimento mentale, per cui, senz'addarsene, si diventa almeno
materialmente eretico,
è posta nella stolta idea di voler esser
cattolico ma non clericale. Per essa l'animo alienandosi dal Clero,
viene insensibilmente ad alienarsi dallo stesso insegnamento dommatico
della Chiesa, o almeno a non curarsene gran fatto.
IV.
Non in molti, per divina mercè, la frodolenta frase:
Cattolico
ma non clericale, produce un danno sì pernicioso. Tuttavolta
assai di frequente ne produce un altro, che vi si accosta, ed è
la persuasione di potere essere buon cattolico, pensando liberamente in
tutto ciò che non urta in qualche esplicita definizione
dommatica, quantunque contraddica al sentire del Papa e
dell'Episcopato. Basta al fedele ammettere gli articoli, definiti dalla
Chiesa come rivelazione divina; andar più oltre nella soggezione
dell'intelletto, sarebbe un essere clericale, e questo non vogliamo.
Così si dànno a credere d'essere ottimi cattolici,
perchè non giungono ad essere eretici. È come se un
figlio si reputasse un modello di soggezione al padre, perchè
non giunge a fuggirgli di casa, o a meritarsi coi suoi rei portamenti
d'esserne da lui cacciato. Quando Cristo impose a Pietro di pascere i
suoi agnelli, ossia di condurre i suoi fedeli pei pascoli della salute,
Pasce oves meas, non fece
distinzione di sorta alcuna. E quando
costituì gli Apostoli maestri del popol suo, disse generalmente:
Chi ascolta voi, ascolta me; e chi disprezza voi, disprezza me: Qui vos audit, me audit; qui vos spernit,
me spernit [4]. I Pastori
della Chiesa ci son dati, acciocchè ci sieno di guida al
conseguimento dell'eterna salute, e l'eterna saluto non si conseguisce
col solo credere gli articoli di fede. Tutta la vita dell'uomo, in
quanto abbraccia pensiero ed operazione, convien che sia
regolata secondo la verità e la legge divina; e siffatto
regolamento non può procedere se non da coloro, che della
verità e della legge divina sono costituiti banditori e maestri.
I sacri Pastori, secondo la frase dell'Apostolo, sono altrettanti
ambasciatori di Cristo ed organi della divina parola: Pro Christo
legatione fungimur, tanquam Deo exhortante per nos [5]. Porsi in
contraddizione con essi, anche dove non si tratti di punti, da Dio
indubitatamente rivelati, non è certo conforme alla
qualità di fedeli di Cristo, e di discepoli e di figliuoli.
Iudicium patris audite filii, et sic
facite, ut salvi sitis [6].
Se volete esser salvi,
o figliuoli, attenetevi al giudizio del padre vostro. Or chi sono i
nostri padri nella Chiesa di Dio, se non i sacri Pastori?
V.
Questa unione e conformità di pensiero e di opera coi Sacri
Pastori, in altri termini col Clero, se è necessaria al Laicato
in ogni tempo, gli è di somma necessità nel tempo
presente. Oggidì la purezza della fede e della morale cristiana
è esposta a pericoli, quali non furono mai nelle età
trapassate. La libertà di parola e di stampa, ammessa
universalmente qual conquista del progresso moderno, ha aperto l'adito
ad ogni errore più disfrenato. I libri riboccano di orrende
bestemmie. Il giornalismo pare che si abbia assunto il cómpito
di pervertire tutte le idee. I teatri son divenuti scuola
d'incredulità beffarda. Dalle università s'insegnano le
più mostruose dottrine. I Deputati sfringuellano nei parlamenti,
sopra i punti più delicati di morale, di giustizia, di
religione.
Nello stesso conversare cittadinesco persone ignoranti straparlano di
tutto, storia, filosofia, teologia, diritto, sputando sentenze
all'impazzata e scappucciando che Dio vel dica. In tanta confusione e
tempesta è quasi impossibile che menti eziandio colte ed
istruite non ne restino offese e bevano errori, anche intorno a punti
di alta importanza. Qual mezzo adunque più acconcio a
preservarnele, che il tener sempre l'orecchio inteso agli
ammaestramenti della Chiesa, colonna e fermezza della verità [7]?
Or nella Chiesa qual è la parte insegnante, se non il Clero?
Dicendo Clero, noi diciamo in primo luogo il Sommo Pontefice che
n'è il capo supremo, ed è costituito da Dio maestro e
dottore di tutti i cristiani. Diciamo in secondo luogo l'Episcopato,
che congiunto al Sommo Pontefice vi rappresenta quelli a cui, nella
persona degli Apostoli, fu detto da Cristo: Voi siete la luce del
mondo, il sale della terra [8].
Diciamo in terzo luogo gl'inferiori Ministri, che nel parlare, nello
scrivere, nell'operare, si conformano
all'Episcopato ed al Papa. Tutto questo costituisce un magistero
sicuro, lontano da errore, assistito da Dio, per la conservazione e
diffusione della verità e della giustizia. Da esso dunque
convien che il cattolico, con cura più speciale, oggidì
prenda norma a ben giudicare in tutto ciò che si riferisce a
verità e costume. Il cattolico adunque oggidì più
che mai dev'essere clericale; se per clericale s'intende chi è
bene affetto al Clero e consenziente col Clero. In altra guisa non
può mancare che egli non resti vittima di pestiferi errori.
Guardate di fatto coloro che si professano cattolici, ma non
clericali. Non ne troverete pur uno, il quale non abbia l'animo
ingombro di falsità, sopra i doveri religiosi dell'uomo, la
libertà civile e politica, le relazioni tra la Chiesa e lo
Stato, e va dicendo.
VI.
La Chiesa è assimigliata nelle divine Scritture ad un
esercito
bene ordinato. Terribilis, ut
castrorum acies ordinata [9].
Or
nell'esercito vi ha il Generalissimo, che n'è il Comandante
supremo; e questo Generalissimo nella Chiesa è il Papa. Sotto
il Comandante supremo sono nell'esercito i Comandanti subalterni, i
Generali, come diconsi presso noi, di armata, i Generali di divisione,
i Generali di brigata, i Colonnelli; e a questi corrisponde nella
Chiesa l'Episcopato, col suo ordine gerarchico di Patriarchi, di
Primati, di Arcivescovi, di Vescovi. In fine nell'esercito alle singole
compagnie son proposti i Capitani; e questi, per ciò che
riguarda la Chiesa, vi dànno immagine de' Parrochi. Il resto dei
sacri ministri, non aventi giurisdizione ordinaria, corrisponde a
quelli che nell'esercito sono a disposizione e servigio de' Duci, come
sarebbero gli araldi, i trombettieri, i signiferi, i forieri, e
simiglianti. Tutto questo forma nella Chiesa ciò che si appella
Clero, ed è l'elemento ordinatore ed imperante nella milizia di
Cristo. Il Laicato forma la soldatesca, vale a dire la moltitudine
stessa dei militi, distribuita organicamente in parrocchie, in diocesi,
in nazioni.
Or come tutta la forza dell'esercito consiste nell'intima unione tra il
corpo de' combattenti e i loro Duci; così è nella Chiesa:
la sua vigoria è nell'unione del Laicato col Clero. E come
nell'esercito non i Duci ai soldati, ma i soldati debbono obbedire ai
Duci, e uniformarsi al loro indirizzo; così è nella
Chiesa, per ciò che riguarda Laicato e Clero. Che sarebbe
nell'esercito, se s'inventasse una formola, la quale esprimesse ufficio
di soldato, ma dissenso dai Duci? Non importerebbe essa la totale
dissoluzione dell'esercito, o, alla men trista, scompiglio e debolezza
nell'azione?
Ed ecco un altro danno gravissimo della formola: Cattolico ma non
clericale. Essa dissociando il Laicato dal Clero, o almen rendendolo
uggioso verso di lui, disordina la milizia di Cristo, e svigorisce la
Chiesa.
Il famoso Pirro, dopo una splendida vittoria, sentendosi chiamare
Aquila da' suoi soldati,
sì io sono aquila, rispose, ma voi siete
le penne, sopra cui m'innalzo a volo. — Che possono fare i Duci
in un
esercito, senza il concorso de' legionarii? E così nella Chiesa,
militante quaggiù, l'opera del Clero sarebbe priva di effetto,
se il corpo de' fedeli, il Laicato, non gli prestasse appoggio e
cooperazione. Il fedele è soldato di Cristo. Egli si ascrisse
alla sua milizia col santo battesimo, e vi si rassodò col
sacramento della confermazione. In ricambio, ne riscosse l'ingaggio
colla grazia santificante, che ricevette, e cogli abiti soprannaturali
della fede, della speranza, della carità, e delle altre
virtù infuse. Vien poscia alimentato da Cristo stesso nella
mensa eucaristica, e rimunerato d'ogni suo atto guerresco con celesti
carismi. In fine come ultimo premio dei sostenuti conflitti gli
è promessa la trionfale corona. Reposita est mihi corona
iustitiae, quam reddet mihi Dominus in illa die, iustus iudex [10].
È turpe errore quello di alcuni laici; i quali credono che la
difesa del regno di Cristo appartenga ai soli ecclesiastici. No; la
Chiesa, non è composta del solo Clero, nè in essa il solo
Clero guerreggia. Sarebbe curioso un esercito composto di soli
Duci, o in cui i soli Duci fossero obbligati a combattere. Il
combattimento
è dell'intero esercito, Duci e soldati.
Ma se il semplice fedele, il laico, deve ancor esso combattere in
difesa della Chiesa; deve peraltro combattere legittimamente. Il
combattimento legittimo è quello, che si eseguisce sotto la
direzione de' Duci. Di qui novamente apparisce la stoltezza della
formola: Cattolico, ma non clericale. Essa farebbe combattere il
fedele, ma, in parte almeno, a proprio senno, fuori l'ordine della
militar disciplina, e spesso ancora, contro l'intendimento
de' condottieri. Un tal combattere non sarebbe legittimo, e però
non meritevole di corona: Qui
certat, non coronabitur, nisi
legitime certaverit [11].
VII.
In fine un'altra ragione di essere clericale, cioè
affezionato
al Clero e strettamente congiunto al Clero, è pel sincero e
zelante cattolico la condizione, in cui socialmente si trova
oggidì la Chiesa di Dio. In altri tempi il Clero nella sua
azione gerarchica era sostenuto dai Governi e protetto
dall'autorità temporale. La libertà ed indipendenza del
Romano Pontefice, dalla quale dipende la libertà ed indipendenza
di tutta la Chiesa, era assicurata dal suo civil principato. La
libertà ed indipendenza de' Pastori subalterni era assicurata
dalla proprietà ecclesiastica, intangibile e sacra; e
dall'immunità, onde più o meno, ma sempre in qualche
grado, godevano le loro persone. Il braccio secolare prestava appoggio
ai Vescovi per l'esecuzione dei loro decreti, e
comprimeva l'audacia degli empii. Oggidì tutto questo è
cambiato. Il sommo Pontefice spogliato della sua sovranità
temporale è ridotto a moral prigionia nel Vaticano. La confisca
dei beni ecclesiastici ha messo i sacri Ministri in condizione [di]
meri
salariati dal Governo, come ogni altro civil servidore. La separazione
dello Stato dalla Chiesa ha tolto a questa ogni difesa, e licenziata
l'empietà a tutto osare contro di lei.
Chi supplirà a mantener la Sposa di Cristo nel suo decoro,
nella sua dignità, nella sua indipendenza dal secolo, e
sostenerla a
fronte delle invasioni del Governo civile, che si studia di ridurla a
servaggio e continuamente ne inceppa l'azione? Non altri certamente,
che il Laicato cattolico.
È questa la gran missione, che oggidì è data da
Dio ai semplici fedeli, e a quelli principalmente tra loro, che
primeggiano per ingegno, per dovizie, per condizion sociale: il
sottentrare cioè, nella protezione e difesa della Chiesa, a
ciò che in altri tempi erano i Governi civili. Dicendosi Chiesa
ognun vede che vuolsi intendere principalmente il Clero; cioè la
parte ammaestrante e governante della medesima. In ogni società
il pubblico maestrato è quello che la rappresenta, e la muove a
concorde operazione e la guida al fine per cui essa è formata.
Sostenere a fronte dello straniero il Pubblico maestrato, il Governo,
è sostenere la società stessa a cui esso presiede. I
buoni laici adunque, i veri amatori di Cristo, lungi dal non voler
essere e dirsi clericali, debbono amare oggidì massimamente una
tal qualità, e quanto alla cosa e quanto al vocabolo. Essi
debbono altamente gloriarsi d'esser tenuti affezionati al Clero,
consenzienti al Clero, gelosi dell'onore e della indipendenza
del Clero. L'appellazione di clericale, esprimendo appunto queste
cose, deve formar per essi un titolo di santo orgoglio, siccome quello
che dinota amore e tutela della Chiesa di Geù Cristo, nella
persona de' suoi ministri. Ai soli vili, ai mezzi cattolici, a coloro
che non amano la Chiesa nè Cristo, ma sè medesimi, si
lasci la temenza di questo nome.
NOTE:
[1] De abroganda missa privata. Pars. 1.
[2] Bellarminus, Controversiarum. t. 2. De Ecclesia militante, cap. 2.
[3] Summa th. 2. 2. q. V. a. 3.
[4] Lucae, X, 16.
[5] 2ª ad Cor. V, 20.
[6] Ecclesiastici, III, 2.
[7] Ecclesia Dei vivi, columna et firmamentum
veritatis. 1ª. ad
Tim.
III, 15.
[8] Vos estis lux mundi, vos estis sal terrae.
Matth. V, 13.
[9] Cant. VI, 23.
[10] I ad Tim. IV, 8.
[11] 2ª ad Tim. II, 5.
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