venerdì 31 luglio 2015
"Nel nostro tempo, grava sul mondo la mancanza pesantissima del forte richiamo pubblico sul flagello della «Sede vacante», peggio, «occupata», e perciò dell’urgente bisogno di eleggere un «papa cattolico»".
PRODROMI PRO RESTITUTIONE SANCTAE ECCLESIAE CATHOLICAE
L’editoriale di questa settimana è particolarmente importante
perché affronta tematiche di fondamentale attualità, quali lo status di
Sede Vacante e la necessità di preparare il terreno per il ritorno del
Papa, nonché quella di superare certo clericalismo e certi difetti,
presenti anche nel mondo tradizionale, per trovare quell’unità nella
Verità, che è anche unità di intenti nelle modalità operative. Vuole
essere un primo contributo, di discussione e dibattito fra quanti hanno a
cuore il bene della Chiesa e delle anime. Se ne invita l’attenta
lettura perché questi contenuti sono troppo spesso sottaciuti.
L’EDITORIALE DEL VENERDI
di Arai Daniele
Dopo il contributo del Circolo Christus Rex alla Buona Battaglia per la piena ripresa della retta via che porti alla Restaurazione della Santa Chiesa Cattolica, vediamo ora le questioni da chiarire per seguire un piano di azione cattolico.
Chi ci segue sa che riconosciamo lo status di “Sede Vacante” attuale.
Questo non può essere visto in nessun modo come stato cui la Chiesa
possa adagiarsi, tutto al contrario, è lo stato, alla stregua di quello
di sbandati senza padre, da superare con urgenza estrema come sia la
causa di una grave malattia o paralisi fisica.
Per farlo è necessario identificare bene quale sia stata la causa di
questo vuoto maligno e quali i rimedi per superarlo. Si tratta di
diagnostici da molto tempo conosciuti, ma che niente hanno risolto
perché applicati in un modo disconnesso che moltiplica i dubbi ed
estende le confusioni: si contesta il varo deliberato e sistematico di
dottrine e di liturgie di marchio modernista e perciò contrarie alla
Fede, ma nello stesso tempo si ritiene di non poter parimenti contestare
la loro causa ovvero la legittimità dei loro autori.
Eppure, tali spurie innovazioni derivate dal Vaticano 2, si
dimostrano un progetto completo per aggiornare e aprire la Chiesa al
mondo moderno, idea che, opposta alla sua Tradizione bimillenaria, è
questione da affrontare nell’ordine delle sue cause reali, cioè
denunciando l’illegittimità del potere dei suoi autori.
Qui siamo alla prima questione canonica che deve essere vista e
risolta nella certezza della sola risposta possibile secondo i termini
esposti. Questi furono, per esempio, presentati il 18.XI.1978 dal
cardinale Seper a Mgr Lefebvre alla presenza di Giovanni Paolo 2º
secondo la seguente logica: “ se il «Novus Ordo» di Paolo 6º non è
cattolico, ma protestantizzante, come lei dice, poiché è dato da un
papa, e questo non può promuovere l’errore dottrinale né liturgico – o
ciò è falso e tale rito è buono, o il suo promotore non è papa” (vedi nº
extra di Itineraires: Mgr Lefebvre et le Vatican).
Purtroppo, Mgr Lefebvre, che ha vissuto per molti anni senza mai
negare il gravissimo dilemma ribadito in questi termini logici dal
cardinale Seper, non l’ha risolto, pur confermando l’impronta
protestantizzante del «Novus Ordo» di Paolo 6º, che «si allontana in
modo impressionante dalla Teologia cattolica». Poiché il Fondatore ha
fatto silenzio davanti all’evidenza (che l’autorità in veste papale che
volle promuovere il N.O. era falsa), oggi la sua FSSPX si lacera su tale
questione.
Nella «Lettera aperta» ai dirigenti di questa Fraternità pubblicata qui (http://www.agerecontra.it/public/press40/?p=9233)
c’è un breve riepilogo di quanto affermato pubblicamente dai due
Vescovi, Castro Mayer e Marcel Lefebvre insieme. Esso descrive a che
punto il Vaticano 2 ha aggiornato e aperto la Chiesa al mondo moderno,
opposto alla sua Tradizione. Ormai sono accuse che rimarranno registrate
nella Storia della Chiesa, ma per questi che si dicono seguaci della
loro testimonianza episcopale sono testi da nascondere e dimenticare.
Poiché la rovinosa attualità cattolica è caratterizzata, non solo in
questo caso, da tante divisioni che si moltiplicano nella più
sconcertante confusione e proprio sulla questione chiave del Papato,
rimane chiaro che questa è la prima e più urgente da risolvere tra
tutte. Essa va definita in breve dalla presenza e occupazione della
Chiesa da parte di fautori di dottrine eretizzanti manifestate in
liturgie protestantizzanti, che causano demolizioni e rovine nella vita
della Chiesa, della Cristianità e del mondo, un guaio immane da
risolvere con una supplica comune in amplissima scala al Signore. Siamo
consapevoli, però, che una parte della risposta è già data perché Dio
opera nel mondo umano attraverso gli uomini. Prima la risposta divina
poteva essere che coloro che da vivi “non ascoltarono Mosè e i profeti”,
dopo, nemmeno crederanno in qualcuno risorto dai morti!” (Lc 16,
29-31). Ora, il Salvatore risorto ha istituito la Sua Chiesa, che è
retta nel mondo da chi è incaricato di rappresentarLo. Non
necessariamente un mistico né teologo, ma un capo consacrato che fa le
veci del vero Capo Gesù Cristo per sostenere la Chiesa.
Ecco che si deve tornare a desiderare questo Papa con tutta la forza
della fede e della speranza e con tutta l’urgenza della carità,
consapevoli della più cupa ignoranza e indegna omertà che copre la
questione. In questo senso è giusto ritenere che ogni richiesta pubblica
per l’elezione di un vero Papa, anche se redatta inevitabilmente per la
comunicazione imperante, perciò, come minimo modernista, è utile, come
ho commentato qui riguardo alla lettera pubblicata questi giorni sulla rivista «Oggi».
giovedì 30 luglio 2015
"Chi è stato fatto prete o vescovo dopo il 1967 con quel nuovo rito, non è sacerdote né vescovo!"...
La nuova “messa”, i nuovi preti e i nuovi vescovi non sono validi
Una spiegazione semplice ed efficace sull’invalidità della nuova
“messa” cui va aggiunta la lettura del “Breve esame critico del Novus
Ordo Missae” e dei sacramenti dell’ordine sacerdotale e della
consacrazione episcopale. Ecco i motivi della drastica riduzione della
visibilità della Chiesa:
di Padre Romualdo Maria Lafitte O.S.B.
Hanno cambiato le parole della Consacrazione. Invalidità della nuova messa.
“Non voglio dimostrarvi, ma mostrarvi” –Fellini.
Per fare il Sacramento c’è bisogno di 3
elementi: materia, forma, intenzione. Se cambia una delle tre, non c’è
Sacramento. Diventa invalido, inesistente.
Col Decreto sui Giacobiti (Eugenio IV) e
De Defectibus (San Pio V), la Chiesa definì la forma della
Consacrazione in modo irriformabile: “Questo è infatti il Mio Corpo’
[Hoc est enim Cor- pus Meum] e ‘Questo è infatti il calice del Mio
Sangue, del nuovo ed eterno Testamento; Miste ro della Fede, che sarà versato per voi e per molti in remissione dei peccati.” [Hic est enim Calix Sanguinis Mei, Novi et Aeterni Testamenti; Mysterium Fidei, qui pro vobis et pro multis effundetur
in remissionem peccatorum]. Se un’omissione o alterazione è compiuta
nella formula di consacrazione che implichi un cam- bio di significato,
la consacrazione è invalida”. Omettere la parola“ infatti”(enim) NON
cambia il significato, ma cambiare “che sarà versato per voi e per
molti”, SI! «Se 1 parte sostanziale del- la forma sacramentale è
soppressa , il senso essenziale delle parole è distrutto e dunque il sa-
cramento è invalido. » San Tomaso d’Aquino, Summ theol, III, q.60, a.8.
Per Molti o Per Tutti? Nella nuova “messa” del 1969, alla consacrazione del calice, al posto di “Sarà versato per voi e per molti”, dicono: “Versato per voi e per tutti”.
No! Il latino ”Multis” non è “omnium, omnibus”. “Molti hanno il tumore”
non è lo stesso che “Tutti hanno il tumore”. Il Concilio di Trento
spiega perché Gesù volle usare “Per molti” e non “Per tutti”: Guardando
all’efficacia della Passione, il Redentore sparse il Suo Sangue per la
salvezza di tutti; ma guardando ai vantaggi che il genere umano deriva
dalla sua efficacia, non sono estesi alla totalità della razza
umana…(ndr: Dio ha dato la libertà a ciascuno di noi). Le parole “per
tut ti” non vennero usate perché solo agli eletti la Sua Passione portò
il frutto della salvezza.” Se 1 prete, nel battezzare un bèbé, cambia la
formula, il Battesimo sarà valido? No. Nella nuova “messa”, cambia la
formula del calice; la nuova messa è valida? No! Ma sono dettagli!
– Se sbagli una lettera del password, il pc si apre? O 1 numero al
distributore Bancomat? Dettaglio? La Messa è sacra ed ogni piccolo
dettaglio è importantissimo. Ma sono di buona fede, a me non interessa, non è colpa mia!
– Sì, ma Dio si è obbligato con la Sua Chiesa e con la formula della
consacrazione.
Non scende sull’Altare. Il vi- no non diventa sangue ma
rimane vino. Buona Fede o no, non assisti ad una Messa e adori solo un
po’ di vino. Tu devi cercare la vera messa da qualche parte, vicino a
te. Sarà versato…o…versato? Siamo alla vigilia della Sua
passione, la sera del Giovedì Santo. Nostro Signore non ha versato
ancora il Suo sangue; lo farà solo il giorno dopo, Venerdi . Perciò usa
il futuro dell’indicativo. Effundetur: “sarà versato”…domani!
Il prete, Gesù in lui, ripete gli stessi gesti e parole. Non è un
racconto narrativo, SIAMO veramente al Giovedì Santo. Orbene alla
“messa” nuova, dicono:”versato”- participio passato. Prendono Gesù Dio per uno scemo, che non sa di grammatica né fare la differenza fra l’oggi e il domani! La nuova messa è valida? Dubbio grave.
Or in materia di Sacramenti NON SI PUO’ accettare un dubbio.
domenica 26 luglio 2015
IL CASO SCANDALOSO DEL FORTETO DIMOSTRA LA SATANICITA' DELL'IDEOLOGIA COMUNISTA...
----------
----------
Il caso Forteto, una delle pagine più nere e immorali della storia della sinistra italiana...
Quella del “Forteto” è
una delle più allucinanti vicende italiane. Per decenni, tra le colline
del Mugello si è consumata una storia di orrori, abusi, violenze,
potere e ideologia sulla pelle di ragazzi e bambini, sotto gli occhi
distratti delle istituzioni, in alcuni casi addirittura complici.
FORTETO-ABUSI
Il Forteto è l’incarnazione di una folle sperimentazione sociale nata alla fine degli anni ’70 nella tempesta della contestazione ideologica all’autorità, della liberazione sessuale e delle prime teorie gender fondate sui postulati della neutralità uomo-donna.
La vicenda è raccontata in un libro inchiesta di due giornalisti toscani, Francesco Pini e Duccio Tronci, dal titolo emblematico: “Setta di Stato”.
Forteto viene fondata nel 1978 da Luigi Rodolfo Fiesoli, poi conosciuto come il “Profeta”, sessantottino di Prato inquietante e carismatico.
La comunità, che si struttura come cooperativa agricola, diventa subito un modello per la sinistra toscana; il simbolo realizzato dell’opposizione ai valori della società borghese e della famiglia tradizionale, un’esperienza concreta di nuove relazioni tra i sessi, un riferimento ideale per politici e intellettuali.
Pur non essendo una struttura d’accoglienza, al Forteto vengono inviati in affidamento disabili fisici e psichici, minori con problemi d’inserimento; il modello educativo appare, ai tanti esperti, funzionale e valido.
LA PRIMA CONDANNA
Eppure, fin dall’inizio, circolano strane voci sulle pratiche adottate in quella comunità: si parla di abusi sessuali, violenze e intimidazioni. Il “Profeta” imponeva l’omosessualità come mezzo per la purificazione, e il rifiuto della famiglia d’origine come strumento di liberazione individuale.
Arrivano le prime denunce di genitori picchiati dai figli su ordine di Fiesoli e di ex seguaci riusciti a fuggire dai violenti condizionamenti psicologici e sessuali. Nel 1978 un coraggioso magistrato toscano, Carlo Casini, apre l’inchiesta; Fiesoli ed il suo braccio destro Luigi Goffredi vengono arrestati e nel 1985 condannati in via definitiva per “libidine violenta, corruzione di minorenne e maltrattamenti”. Non sono provate le spedizioni punitive contro genitori e fuoriusciti ma confermati gli abusi sessuali su due disabili affidati e violenze psichiche contro un ragazzo di quindici anni.
Il Forteto è l’incarnazione di una folle sperimentazione sociale nata alla fine degli anni ’70 nella tempesta della contestazione ideologica all’autorità, della liberazione sessuale e delle prime teorie gender fondate sui postulati della neutralità uomo-donna.
La vicenda è raccontata in un libro inchiesta di due giornalisti toscani, Francesco Pini e Duccio Tronci, dal titolo emblematico: “Setta di Stato”.
Forteto viene fondata nel 1978 da Luigi Rodolfo Fiesoli, poi conosciuto come il “Profeta”, sessantottino di Prato inquietante e carismatico.
La comunità, che si struttura come cooperativa agricola, diventa subito un modello per la sinistra toscana; il simbolo realizzato dell’opposizione ai valori della società borghese e della famiglia tradizionale, un’esperienza concreta di nuove relazioni tra i sessi, un riferimento ideale per politici e intellettuali.
Pur non essendo una struttura d’accoglienza, al Forteto vengono inviati in affidamento disabili fisici e psichici, minori con problemi d’inserimento; il modello educativo appare, ai tanti esperti, funzionale e valido.
LA PRIMA CONDANNA
Eppure, fin dall’inizio, circolano strane voci sulle pratiche adottate in quella comunità: si parla di abusi sessuali, violenze e intimidazioni. Il “Profeta” imponeva l’omosessualità come mezzo per la purificazione, e il rifiuto della famiglia d’origine come strumento di liberazione individuale.
Arrivano le prime denunce di genitori picchiati dai figli su ordine di Fiesoli e di ex seguaci riusciti a fuggire dai violenti condizionamenti psicologici e sessuali. Nel 1978 un coraggioso magistrato toscano, Carlo Casini, apre l’inchiesta; Fiesoli ed il suo braccio destro Luigi Goffredi vengono arrestati e nel 1985 condannati in via definitiva per “libidine violenta, corruzione di minorenne e maltrattamenti”. Non sono provate le spedizioni punitive contro genitori e fuoriusciti ma confermati gli abusi sessuali su due disabili affidati e violenze psichiche contro un ragazzo di quindici anni.
venerdì 24 luglio 2015
Eccellenza della Vulgata di San Girolamo
Fonte: Progetto Barruel...
Fulcran Grégoire Vigouroux
Prêtre de Saint-Sulpice
Da: Manuel Biblique ou cours d'Écriture Sainte a l'usage des Séminaires, huitième édition revue et augmentée, t. I, Paris 1892 pag. 211-225, traduzione C.S.A.B.
Traduzione dell'Antico Testamento da parte di S. Girolamo.
131 — Come S. Girolamo si preparò alla traduzione della Bibbia ebraica.
1° San Girolamo iniziò lo studio dell'ebraico verso il
374,
in età assai avanzata, cioè a circa quarantacinque anni;
ebbe come principale insegnante un Ebreo convertito, ed in seguito
ricevette anche lezioni da Giudei non convertiti che pagò a
peso d'oro [1]. Il santo dottore
acquisì una conoscenza della
lingua santa davvero ammirevole [2],
in un'epoca in cui v'era la
mancanza di ogni ausilio per effettuare simili studî, in cui non
esisteva grammatica nè dizionario, ed in cui non si poteva far
ricorso che all'insegnamento orale. I Settanta e gli altri traduttori
greci sapevano l'ebraico perchè erano ebrei, e conoscevano il
greco perchè era la lingua che usavano nei loro rapporti con i
gentili tra i quali si trovavano a vivere; essi non dovevano far altro
dunque, per compiere la loro opera, che servirsi delle loro conoscenze
pratiche di entrambe le lingue. San Girolamo al contrario dovette
studiare, tra difficoltà d'ogni genere, una lingua che si
parlava solamente all'interno delle famiglie israelite e che ci si
rifiutava di insegnare ai cristiani.
2° Quando il nostro santo si fu familiarizzato coll'ebraico,
intraprese la traduzione di quei libri dell'Antico Testamento che
possediamo in questa lingua, terminando un tal lavoro in quindici
anni, dal 390 al 405.
3° Il motivo per cui San Girolamo aveva intrapreso un'opera
così laboriosa e delicata fu lo stesso che aveva condotto
Origene a realizzare la sua Esapla: volle cioè dare una
riproduzione fedele del testo originale per tagliar corto alle
obiezioni dei Giudei [3].
4° Per realizzare il suo progetto, il pio e sapiente traduttore
riuscì a procurarsi il manoscritto ebraico di cui si serviva la
sinagoga di Betlemme e lo copiò di propria mano [4]: ebbe così a disposizione per
compiere la sua opera un'eccellente recensione del testo
originale [5]. Visitò anche
l'intera Palestina per poter
tradurre con maggior sicurezza possibile tutto ciò che nella
Bibbia è in relazione con la geografia di quei luoghi [6]. Di fronte a
passaggi difficili faceva spesso ricorso ai dottori ebrei più
celebri; ce lo dice lui stesso in vari luoghi dei suoi scritti [7], e
lo studio della Vulgata mostra in effetti che egli seguì la
tradizione esegetica degli ebrei.
5° Non trascurò in effetti nessuno degli ausilî
letterarii
di cui poteva profittare, al fine di meglio comprendere il senso del
testo: si serviva costantemente, nel proprio lavoro, delle traduzioni
greche dei Settanta, di Aquila, di Teodozione e di Simmaco, e
dell'Esapla di Origene [8]; scrisse
in una delle sue lettere di aver confrontato la traduzione d'Aquila con
il testo originale [9]. Nessuna
edizione antica o moderna è mai stata pubblicata con risorse
critiche paragonabili a quelle di cui potè disporre a suo tempo
san Girolamo per conoscere il vero e proprio testo originale.
132. — Eccellenza della Vulgata.
«L'opera di san Girolamo è un monumento unico e senza
rivali tra le antiche traduzioni» afferma Westcott [10].
«La traduzione di san Girolamo è senza dubbio la migliore
fra le traduzioni antiche,» afferma il Dr. Kaulen [11].
Essa si distingue da tutte le altre versioni antiche per lo sforzo
coscienzioso del traduttore di essere all'altezza del proprio compito;
mentre le traduzioni greche della Bibbia erano state fatte da persone
che si
servivano solamente della conoscenza pratica che avevano della lingua
per rendere il contenuto della Sacra Scrittura intelligibile agli
altri, la versione di san Girolamo è invece un'opera
scientifica, che coniuga felicissimamente le ricerche personali
col
rispetto della tradizione ebraica e cristiana, tenendo conto delle
giuste esigenze del buon gusto e adempiendo così a tutte le
condizioni necessarie per compiere un eccellente lavoro [12].
133. — Caratteristiche della traduzione dell'Antico Testamento di san Girolamo.
Le tre caratteristiche principali per cui la versione di san Girolamo
si distingue sono: 1° la fedeltà. 2° una certa eleganza
di stile e 3° la conservazione dell'antica Italica per quanto
ciò era possibile.
134. — Prima caratteristica della versione di san Girolamo: la fedeltà.
Il santo dottore nel Prologus
Galeatus afferma di «non aver
cambiato nulla alla verità ebraica [13].» e ciò
può dirlo a buon diritto; i luoghi infatti nei quali egli non ha
compeso il vero senso del testo sono estremamente rari, tolti quelli
oscuri e discutibili. Quanto ai brani in cui l'ebraico è chiaro,
e nei quali la Vulgata si allontana dall'originale, come in Gen. XIV,
5, ove בהם, be-Hàm, che significa a Ham, e tradotto *cum
eis*.
«con loro», sono così rari in un'opera di sì
lungo respiro, che ciò giustamente stupisce: Dio ha palesemente
soccorso l'interprete della sua parola in un'opera così
importante per la Chiesa.
135. — Seconda caratteristica della versione di san Girolamo: una certa eleganza di stile.
1° Pur impegnandosi a rendere esattamente il senso, san Girolamo
non volle trascurare lo stile. — 1° Evitò pertanto di
fare una
traduzione servile: ciò sarebbe andato a scapito della lingua
senza alcun profitto per il lettore e talvolta persino a detrimento
della chiarezza [14]. —
2° Allo scopo di assecondare le
abitudini
della lingua latina san Girolamo impiegò locuzioni come la
seguente: Acervus Mercurii,
Prov., XXVI, 8; aruspices, IV
Reg.,
XXI, 6; lamia, onocentauri, Is., XXXIV, 14; fauni, Jer., L, 39,
ecc. — 3° Il santo Dottore altresì, allo scopo di
conformarsi allo specifico della lingua latina, ha sostituito dei
periodi alle frasi
disarticolate dell'ebraico; ad es. l'ebraico ha,
Gen. XIII, 10: «E Lot levò i suoi occhi e vide.» La
Vulgata traduce: «Elevatis itaque Loth oculis vidit.» Si
notano cambiamenti analoghi specialmente nella Genesi [15]. Le
congiunzioni ergo, autem, vero, ecc., sono aggiunte spesso
per
legare le frasi e le parti della frase [16].
2° Nonostante il suo gusto classico san Girolamo non
rifiuta di far uso di parole e modi di dire popolari qualora siano
più
chiari e più proprî a rendere il suo pensiero [17]: ecco dunque
le parole capitium, Job. XXX,
18; grossitudo, III Reg.,
VII, 26; odientes, II Reg.,
XXII, 41; sinceriter, Tob.,
III, 5; uno per uni al dativo, Ex., XXVII, 14;
Num., XXIX, 14; numquid per nonne, Gen., XVIII, 23, ecc. [18].
136. — Terza caratteristica della versione di san Girolamo: conservazione parziale dell'antica Italica.
Talune espressioni e costruzioni precedenti si leggono nella Vulgata
perchè il nuovo traduttore della Bibbia desiderava conservare il
più possibile dell'antica versione italica, affinchè non
fossero confusi
coloro che avevano fatto l'abitudine a leggerla e ne sapevano talune
parti a
memoria[19]. Le sue correzioni e
variazioni avevano provocato vive
critiche, come ci fa sapere egli stesso [20].
Tale attaccamento alla
versione primitiva era in fondo rispettabile; e per non urtar troppo
costoro san Girolamo conservò un gran numero d'ebraismi che si
leggevano nei Settanta e che erano passati per loro mezzo nel latino [21].
martedì 21 luglio 2015
I FRUTTI SATANICI VATICANOSECONDISTI: "SOMMA APOSTASIA PUBBLICA"...
"Colui che offre un sacrificio agli dèi, oltre al solo Signore, sarà votato allo sterminio" (Es. 22, 19)
... i sacrifici dei pagani sono fatti a demòni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni; non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni" (1 Cor. 10, 20-21)
L'apostata "laico" Ravasi partecipa ad un rito pagano "satanico" come se niente fosse, questa è un ulteriore conferma che gli impostori vaticanosecondisti, con a capo Bergoglione, non fanno parte della vera Chiesa Cattolica ma della falsa chiesa satanica partorita nel conciliabolo vaticano secondo.
---------
---------
"Lo Spirito dice espressamente che nei tempi a venire alcuni
apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori, e a dottrine
di demonî per via della ipocrisia di uomini che proferiranno menzogne" (1 Tim. 4:1-2).
domenica 19 luglio 2015
Per non dimenticare: "Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell'amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare". Paolo Borsellino
Venti anni fa, in Via d’Amelio a Palermo, un attentato uccideva Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Ultimo intervento pubblico del magistrato.
------
------
Io sono venuto questa sera soprattutto per ascoltare. Purtroppo ragioni di lavoro mi hanno costretto ad arrivare in ritardo e forse mi costringeranno ad allontanarmi prima che questa riunione finisca. Sono venuto soprattutto per ascoltare perché ritengo che mai come in questo momento sia necessario che io ricordi a me stesso e ricordi a voi che sono un magistrato. E poiché sono un magistrato devo essere anche cosciente che il mio primo dovere non è quello di utilizzare le mie opinioni e le mie conoscenze partecipando a convegni e dibattiti ma quello di utilizzare le mie opinioni e le mie conoscenze nel mio lavoro. In questo momento inoltre, oltre che magistrato, io sono testimone. Sono testimone perché, avendo vissuto a lungo la mia esperienza di lavoro accanto a Giovanni Falcone, avendo raccolto, non voglio dire più di ogni altro, perché non voglio imbarcarmi in questa gara che purtroppo vedo fare in questi giorni per ristabilire chi era più amico di Giovanni Falcone, ma avendo raccolto comunque più o meno di altri, come amico di Giovanni Falcone, tante sue confidenze, prima di parlare in pubblico anche delle opinioni, anche delle convinzioni che io mi sono fatte raccogliendo tali confidenze, questi elementi che io porto dentro di me, debbo per prima cosa assemblarli e riferirli all'autorità giudiziaria, che è l'unica in grado di valutare quanto queste cose che io so possono essere utili alla ricostruzione dell'evento che ha posto fine alla vita di Giovanni Falcone, e che soprattutto, nell'immediatezza di questa tragedia, ha fatto pensare a me, e non soltanto a me, che era finita una parte della mia e della nostra vita.
Quindi io questa sera debbo astenermi rigidamente - e mi dispiace, se deluderò qualcuno di voi - dal riferire circostanze che probabilmente molti di voi si aspettano che io riferisca, a cominciare da quelle che in questi giorni sono arrivate sui giornali e che riguardano i cosiddetti diari di Giovanni Falcone. Per prima cosa ne parlerò all'autorità giudiziaria, poi - se è il caso - ne parlerò in pubblico. Posso dire soltanto, e qui mi fermo affrontando l'argomento, e per evitare che si possano anche su questo punto innestare speculazioni fuorvianti, che questi appunti che sono stati pubblicati dalla stampa, sul "Sole 24 Ore" dalla giornalista - in questo momento non mi ricordo come si chiama... - Milella, li avevo letti in vita di Giovanni Falcone. Sono proprio appunti di Giovanni Falcone, perché non vorrei che su questo un giorno potessero essere avanzati dei dubbi.
sabato 18 luglio 2015
DOMÍNICA VIII POST PENTECOSTEN - Santa Messa "Non Una Cum" con gli apostati vaticanosecondisti...
------------
------------
EPISTOLA
Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Romános, 8, 12-17
Fratres: Debitóres sumus non carni, ut secúndum carnem vivámus. Si enim secúndum carnem vixéritis, moriémini: si áutem spíritu facta carnis mortificavéritis, vivétis. Quicúmque enim spíritu Dei agúntur, ii sunt fílii Dei. Non enim accepístis spíritum servitútis íterum in timóre, sed accepístis spíritum adoptiónis filiórum in quo clamámus: Abba (Pater). Ipse enim Spíritus testimónium reddit spirítui nostro, quod sumus fílii Dei. Si áutem fílii, et herédes: herédes quidem Dei, coherédes áutem Christi.
M. - Deo grátias.
Fratelli: Noi non siamo debitori alla carne per vivere secondo la carne. Se infatti vivrete secondo la carne, morrete; ma se mediante lo Spirito avrete ucciso le opere della carne, vivrete. Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio. Voi infatti non avete ricevuto lo spirito di servitú per ricadere nel timore, ma lo Spirito d’adozione a figli, per il quale gridiamo: Abba, Padre. E lo stesso Spirito rende testimonianza all’ànima nostra che siamo figli di Dio. Ma, se figli, siamo pure eredi: eredi perciò di Dio e coeredi di Cristo.
M. - Deo grátias.
Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Romános, 8, 12-17
Fratres: Debitóres sumus non carni, ut secúndum carnem vivámus. Si enim secúndum carnem vixéritis, moriémini: si áutem spíritu facta carnis mortificavéritis, vivétis. Quicúmque enim spíritu Dei agúntur, ii sunt fílii Dei. Non enim accepístis spíritum servitútis íterum in timóre, sed accepístis spíritum adoptiónis filiórum in quo clamámus: Abba (Pater). Ipse enim Spíritus testimónium reddit spirítui nostro, quod sumus fílii Dei. Si áutem fílii, et herédes: herédes quidem Dei, coherédes áutem Christi.
M. - Deo grátias.
Fratelli: Noi non siamo debitori alla carne per vivere secondo la carne. Se infatti vivrete secondo la carne, morrete; ma se mediante lo Spirito avrete ucciso le opere della carne, vivrete. Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio. Voi infatti non avete ricevuto lo spirito di servitú per ricadere nel timore, ma lo Spirito d’adozione a figli, per il quale gridiamo: Abba, Padre. E lo stesso Spirito rende testimonianza all’ànima nostra che siamo figli di Dio. Ma, se figli, siamo pure eredi: eredi perciò di Dio e coeredi di Cristo.
M. - Deo grátias.
Che castigo non verrà dopo tutto questo?(Gr 5, 30–31)...
FATIMA E L’ECLISSE DEL PENSIERO CATTOLICO SULLA CHIESA DELLA VERITÀ
Ricordare che la Chiesa, Società perfetta istituita da Nostro Signore
per la salvezza, è la Chiesa della Verità ovvero di Gesù Cristo,
sembrerebbe ridondante.
Eppure, più passano gli anni dopo il famigerato Vaticano 2 e più la
nozione di Chiesa Cattolica è resa estranea, non alle verità cristiane
in genere, ma alla Verità unica. E ciò, pure tra i fedeli di prima. Per
esempio, pare che la Chiesa non abbia niente a che vedere con la crisi
monetaria in Grecia o con i regimi sinistrorsi americani. Forse in Medio
Oriente avrebbe ancora di che occuparsi a causa dei massacri di
cristiani.
Sulla questione di Roma e del papa eretico, allora, si potrebbe
discutere ma solo in vista degli assurdi quotidiani pontificati da
Bergoglio. Resterebbe comunque la stessa Chiesa, che sarebbe per
definizione quella lì del Vaticano, per quanto grave possano essere le
discrepanze dimostrate nella fede dai doti di quel mondo sedeplenista o
sedevacantista; peggio ancora se a rilevarle sono dei cosiddetti
«sedevacantisti totali».
Ecco il punto dolente per molti; le questioni di fede sollevate
usando termini come «integra e pura», «totale», «piena», applicati alla
Religione e alla Chiesa. Eppure, sono proprio quei termini che esprimono
l’incompatibilità della Verità con una «fede ecumenista» e una «chiesa
divisa».
Ebbene, è proprio su questo che penso sarebbe sano che il «pensiero
cattolico» prendesse il volo elevandosi fino a vedere il Bel Pianeta
dall’alto dei Cieli. E da tali quote meditasse sulla Verità assoluta che
si è incarnata come Persona in quella magnifica sfera di mari e terre,
dove ha istituito la Sua Chiesa, Una e Santa. Tutto affinché la persona
umana seguendo l’aspirazione inerente al pensiero per cui è stata
creata, potesse avvicinarsi nella Fede allo splendore unico della Verità
divina. Sì perché la Verità rinchiude tutto, pur nella fugace vita
umana in terra: il visibile e l’invisibile; riguarda l’esistenza
dell’anima spirituale immortale, che non si vede e la cui esistenza è
oggi spesso negata, e la realtà della Chiesa che si vede oggi ma
alterata. Sì perché, se da quell’istituzione, che la moltitudine ritiene
essere la Chiesa visibile, procede una voce che pontifica falsità sulla
verità del Peccato, della Giustizia e del Giudizio sullo spirito del
mondo, ispiratore di tutte le credenze e ideologie già condannate, quel
che si vede è una falsa chiesa aliena alla Verità. Per saperlo, basta
aver presente il Vangelo della piena Verità inspirata dallo Spirito
Santo.
Infatti, Gesù insegna: Me ne vado, ma manderò a voi il Paraclito. “Quando
egli verrà, accuserà il mondo di peccato, di giustizia e di giudizio;
di peccato perché non credono in me; di giustizia perché vado al Padre e
voi non mi vedrete più; di giudizio perché il principe di questo mondo è
già giudicato. Ho ancora molte cose da dirvi, ma non potete sostenerle
per ora. Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi insegnerà tutta la
verità; giacché non parlerà da Se stesso, ma vi dirà quanto udrà, e vi
annuncerà le cose che dovranno succedere. Egli mi glorificherà, perché
prenderà da Me e ve lo annuncerà. Tutto ciò che ha il Padre è Mio;
perciò ho detto che prenderà da Me e ve lo annuncerà». (Gv 16, 7-15)
«Questo vi ho detto in parabole. Viene l’ora in cui non vi
parlerò più in parabole, ma vi annuncerò apertamente quanto riguarda il
Padre Mio. In quel giorno chiederete nel Mio nome e non vi dico che Io
pregherò il Padre per voi: il Padre stesso infatti vi ama, poiché voi Mi
avete amato e avete creduto che sono uscito da Dio. Sono uscito dal
Padre e sono venuto al mondo; ora lascio il mondo e vado al Padre»…
Rispose loro Gesù: «Voi adesso credete?Ecco che viene l’ora, ed è
venuta, che sarete dispersi ciascuno per conto suo e Mi lascerete solo.
Ma Io non sono solo, perché il Padre è con Me. Questo vi ho detto perché
abbiate la pace in Me. In questo mondo avete da soffrire; ma abbiate
coraggio: Io ho vinto il mondo». (Gv 16, 25-33)
Può esserci una chiesa accordata con il mondo vinto da Gesù Signore che non sia falsa?
LA GRAN PREGHIERA DI GESÙ AL PADRE
per la glorificazione della Sua testimonianza Sacerdotale (Gv 17)
“Così parlò Gesù e, levati gli occhi al cielo, disse: «Padre,
l’ora è venuta. Glorifica il Figlio Tuo affinché il Figlio glorifichi
Te. Come gli hai dato potere su ogni carne, dia Egli la vita eterna a
tutti coloro che Tu gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano
Te, il solo vero Dio, e Colui che Tu hai mandato, Gesù Cristo. Io Ti ho
glorificato sulla terra, avendo compiuta la missione che Tu Mi hai
affidata. Ora glorificami Tu, Padre, davanti a Te, con la gloria che Io
avevo presso di Te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il Tuo Nome
agli uomini che Mi hai dato dal mondo. Erano Tuoi e li hai dati a Me, e
hanno osservato la Tua parola. Ora essi sanno che tutto quanto Mi hai
dato viene da Te, perché le parole che Tu Mi hai date Io le ho date a
loro ed essi le hanno accolte riconoscendo veramente che sono uscito da
Te e hanno creduto che Tu Mi hai mandato».
«Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che Tu
Mi hai dato, perché sono Tuoi. Tutto ciò che è Mio è Tuo e quello che è
Tuo è Mio, e Io sono stato glorificato in loro. Io non sono più nel
mondo, ma essi sono nel mondo, mentre Io vengo a Te, Padre santo;
conservali nel Tuo Nome che Mi hai dato, affinché siano uno come siamo
Noi. Quando ero con loro, Io li ho conservati nel Tuo Nome che Mi hai
dato e li ho custoditi e nessuno di loro si è perito, Tranne il figlio
della perdizione, affinché si adempisse la Scrittura. Ora vengo a Te e
queste cose dico mentre sono nel mondo, affinché abbiano in loro la Mia
gioia in pienezza. Io ho dato loro la Tua parola e il mondo li ha
odiati, perché non sono del mondo come Io non sono del mondo. Non Ti
chiedo che li tolga dal mondo, ma che li preservi dal male. Essi non
sono del mondo, come Io non sono del mondo. Consacrali nella Verità. La
Tua parola è Verità. Come Tu Mi hai mandato nel mondo, così anch’Io li
ho mandati nel mondo. E per loro consacro Me stesso, affinché siano
anch’essi consacrati nella Verità».
«Non prego solo per costoro, ma anche per coloro che crederanno
in Me mediante la loro parola: che tutti siano uno come Tu, Padre, in Me
ed Io in Te, affinché siano anch’essi in Noi, così che il mondo creda
che Tu Mi hai mandato. Io ho dato loro la gloria che Tu Mi hai data,
perché siano uno come Noi siamo uno: Io in loro e Tu in Me, perché siano
perfetti nell’unità, e il mondo riconosca che Tu Mi hai mandato e li
hai amati come hai amato Me. Padre, Io voglio che anche quelli che Tu Mi
hai dato siano con Me, dove sono Io, affinché contemplino la Mia
gloria, quella che Tu Mi hai dato, poiché Mi hai amato prima della
creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non Ti ha conosciuto, Io
invece Ti ho conosciuto e costoro hanno riconosciuto che Tu Mi hai
mandato. Io ho fatto loro conoscere il Tuo Nome e continuerò a farlo
conoscere, affinché l’amore con cui Tu Mi hai amato sia in essi, ed Io
in loro». Gv 17, 1-26)
domenica 12 luglio 2015
DOMÍNICA VII POST PENTECOSTEN - Santa Messa "Non Una Cum" gli apostati Pontefici vaticanosecondisti...
--------
--------
EPISTOLA
Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Romános, 6, 19-23
Fratres: Humánum dico, propter infirmitátem carnis vestræ: sicut enim exhibuístis membra vestra servíre immundítiæ, et iniquitáti ad iniquitátem, ita nunc exhibéte membra vestra servíre iustítiæ in sanctificatiónem. Cum enim servi essétis peccáti, líberi fuístis iustítiæ. Quem ergo fructum habuístis tunc in illis, in quibus nunc erubéscitis? Nam finis illórum mors est. Nunc vero liberáti a peccáto, servi áutem facti Deo, habétis fructum vestrum in sanctificatiónem, finem vero vitam ætérnam. Stipéndia enim peccáti, mors. Grátia áutem Dei, vita ætérna, in Cristo Iesu Dómino nostro.
M. - Deo grátias.
Fratelli: Vi parlo alla maniera umana a causa della debolezza della vostra carne: come infatti avete messo le vostre membra a servizio dell’impurità e dell’iniquità a scopo di malizia, cosí ora offrite le vostre membra per servire alla giustizia a scopo di santificazione. Infatti, quando eravate schiavi del peccato, non potevate servire alla giustizia. Ma che vantaggio avete avuto da quelle cose delle quali ora vi vergognate? Poiché il fine di essi è la morte. Ora, invece, liberati dal peccato, e fatti servi di Dio, avete per vostro vantaggio la santificazione e per fine la vita eterna. Infatti, mercede del peccato è la morte: ma dono di Dio è la vita eterna nel Cristo Gesú nostro Signore.
M. - Deo grátias.
GRADUALE
Ps. 33, 12 et 6 - Veníte, fílii, audíte me: timórem Dómini docébo vos. Accédite ad eum, et illuminámini: et fácies vestræ non confundéntur.
Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Romános, 6, 19-23
Fratres: Humánum dico, propter infirmitátem carnis vestræ: sicut enim exhibuístis membra vestra servíre immundítiæ, et iniquitáti ad iniquitátem, ita nunc exhibéte membra vestra servíre iustítiæ in sanctificatiónem. Cum enim servi essétis peccáti, líberi fuístis iustítiæ. Quem ergo fructum habuístis tunc in illis, in quibus nunc erubéscitis? Nam finis illórum mors est. Nunc vero liberáti a peccáto, servi áutem facti Deo, habétis fructum vestrum in sanctificatiónem, finem vero vitam ætérnam. Stipéndia enim peccáti, mors. Grátia áutem Dei, vita ætérna, in Cristo Iesu Dómino nostro.
M. - Deo grátias.
Fratelli: Vi parlo alla maniera umana a causa della debolezza della vostra carne: come infatti avete messo le vostre membra a servizio dell’impurità e dell’iniquità a scopo di malizia, cosí ora offrite le vostre membra per servire alla giustizia a scopo di santificazione. Infatti, quando eravate schiavi del peccato, non potevate servire alla giustizia. Ma che vantaggio avete avuto da quelle cose delle quali ora vi vergognate? Poiché il fine di essi è la morte. Ora, invece, liberati dal peccato, e fatti servi di Dio, avete per vostro vantaggio la santificazione e per fine la vita eterna. Infatti, mercede del peccato è la morte: ma dono di Dio è la vita eterna nel Cristo Gesú nostro Signore.
M. - Deo grátias.
GRADUALE
Ps. 33, 12 et 6 - Veníte, fílii, audíte me: timórem Dómini docébo vos. Accédite ad eum, et illuminámini: et fácies vestræ non confundéntur.
venerdì 10 luglio 2015
L'INNOMINABILE FALSO PONTEFICE CONCILIARE NEL SUO ULTIMO BLASFEMO VIAGGIO TRA I COCAINOMANI E APOSTATI COMUNISTI...
“Causa l’ingiustizia dilagante e l’abuso di potere,
siamo giunti al compromesso col materialismo ateo, negatore dei
diritti di Dio. Questo è il castigo preannunciato a Fatima […] tutti i
sacerdoti che sostengono la possibilità di un dialogo coi negatori di
Dio e coi poteri luciferi del mondo, sono ammattiti, hanno perduto la fede, non credono più nel Vangelo! Così
facendo tradiscono la parola di Dio, perché Cristo venne a portare
sulla terra perpetua alleanza solamente agli uomini di cuore, ma non si
alleò cogli uomini assetati di potere e di dominio sui fratelli […] il
gregge è disperso quando i pastori si alleano con i nemici della Verità
di Cristo. Tutte le forme di potere fatte sorde al volere
dell’autorità di Dio sono lupi rapaci che rinnovano la Passione di
Cristo e fanno versare Lacrime alla Madonna”. (San Padre Pio)
DECRETO DE SANT'UFFIZZIO DEL 1949 CONTRO
IL SATANICO COMUNISMO...
« È stato chiesto a questa Suprema Sacra Congregazione:
- se sia lecito iscriversi al partito comunista o sostenerlo;
- se sia lecito stampare, divulgare o leggere libri, riviste, giornali o volantini che appoggino la dottrina o l'opera dei comunisti, o scrivere per essi;
- se possano essere ammessi ai Sacramenti i cristiani che consapevolmente e liberamente hanno compiuto quanto scritto nei numeri 1 e 2;
- se i cristiani che professano la dottrina comunista materialista e anticristiana, e soprattutto coloro che la difendono e la propagano, incorrano ipso facto nella scomunica riservata alla Sede Apostolica, in quanto apostati della fede cattolica.
Gli Eminentissimi e Reverendissimi Padri preposti alla tutela della
fede e della morale, avuto il voto dei Consultori, nella riunione
plenaria del 28 giugno 1949 risposero decretando:
- negativo: infatti il comunismo è materialista e anticristiano; i capi comunisti, sebbene a volte sostengano a parole di non essere contrari alla Religione, di fatto sia nella dottrina sia nelle azioni si dimostrano ostili a Dio, alla vera Religione e alla Chiesa di Cristo;
- negativo: è proibito dal diritto stesso (cfr. canone 1399[6] del Codice di Diritto Canonico);
- negativo, secondo i normali princìpi di negare i Sacramenti a coloro che non siano ben disposti;
- affermativo.
Il giorno 30 dello stesso mese ed anno il Papa Pio XII, nella
consueta udienza all'Assessore del Sant'Uffizio, ha approvato la
decisione dei Padri e ha ordinato di promulgarla nel commentario
ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis. »
(Decretum, 1º luglio 1949)
-----------
L’intervista del corriere della sera a Bergoglione sull’aereo al ritorno dal Sud-America.
Giornalista: Che cosa ha provato davanti a quel falce e martello col Cristo sopra, e dov’è finita?
Bergoglio: «È stata una sorpresa. Non sapevo che padre Espinal fosse anche poeta e scultore. Secondo me si può qualificare nel genere dell’arte di protesta, che in alcuni casi può essere offensiva. In questo caso concreto, padre Espinal è stato ucciso nel 1980. Era un tempo che laTeologia della liberazione aveva tante correnti diverse, una di esse usava l’analisi marxista della realtà e padre Espinal apparteneva a questa. Allora ero rettore della facoltà di teologia, se ne parlava tanto. Il padre generale Padro Arrupe scrisse una lettera a tutta la Compagnia sull’analisi marxista in teologia dicendo che non era giusta. Bisogna considerare quell’epoca: Espinal era un entusiasta dell’analisi marxista della realtà ed è arrivata questa opera, anche le sue poesie sono dello stesso genere. Era la sua vita, il suo pensiero, era un uomo speciale con tanta genialità umana e che lottava in buona fede. Compiendo un’ermeneutica del genere, io capisco quest’opera, non mi offende. Morales ha voluto darmi due onorificenze, compreso l’ordine di padre Espinal. Mai ho accettato una onorificenza, non mi viene, ma lui lo ha fatto con tanta buona volontà che ho pensato: se le porto in Vaticano andrà in museo, le lascio alla Madonna. Invece il Cristo lo porto con me».
-----------
Giornalista: Che cosa ha provato davanti a quel falce e martello col Cristo sopra, e dov’è finita?
Bergoglio: «È stata una sorpresa. Non sapevo che padre Espinal fosse anche poeta e scultore. Secondo me si può qualificare nel genere dell’arte di protesta, che in alcuni casi può essere offensiva. In questo caso concreto, padre Espinal è stato ucciso nel 1980. Era un tempo che laTeologia della liberazione aveva tante correnti diverse, una di esse usava l’analisi marxista della realtà e padre Espinal apparteneva a questa. Allora ero rettore della facoltà di teologia, se ne parlava tanto. Il padre generale Padro Arrupe scrisse una lettera a tutta la Compagnia sull’analisi marxista in teologia dicendo che non era giusta. Bisogna considerare quell’epoca: Espinal era un entusiasta dell’analisi marxista della realtà ed è arrivata questa opera, anche le sue poesie sono dello stesso genere. Era la sua vita, il suo pensiero, era un uomo speciale con tanta genialità umana e che lottava in buona fede. Compiendo un’ermeneutica del genere, io capisco quest’opera, non mi offende. Morales ha voluto darmi due onorificenze, compreso l’ordine di padre Espinal. Mai ho accettato una onorificenza, non mi viene, ma lui lo ha fatto con tanta buona volontà che ho pensato: se le porto in Vaticano andrà in museo, le lascio alla Madonna. Invece il Cristo lo porto con me».
giovedì 9 luglio 2015
San Vincenzo Lirinese COMMONITORIO [PARTE SECONDA (Cap. X-XXII)] CAP. X...
Fonte: Progetto Barruel...
Da: Antidoto alle massime empie e sovversive. Serie di scritti tendenti a nutrir l'intelletto di sane dottrine ed a ringagliardire nel cuore i più nobili affetti, vol. III, Napoli 1854 pag. 43-71.
San Vincenzo Lirinese
COMMONITORIO
[PARTE SECONDA (Cap. X-XXII)]
CAP. X.
Si riproduce in ristretto la medesima confessione di fede, e sono confutati gli eretici.
22. Ma ciò, che intorno alle esposte eresie, ed alla Fede
Cattolica brevemente sopra dicemmo, con maggior brevità e
concisione qui ripetiamo a giovar la memoria; onde ripetuto più
chiaramente s'apprenda, e con più di tenacità si ritenga.
Anatema pertanto a Fotino, che non crede alla Trinità della
Persona, e che dice Cristo essere puro uomo. Anatema ad Apollinare,
ch'asserisce corruttibile e mutabile la divinità, e toglie a
Cristo la proprietà d'umanità perfetta in sè
stessa. Anatema a Nestorio, che nega essere Dio nato della
Vergine, ch'ammette due Cristi, e che rinnegata la credenza della
Trinità, c'insinua una sua escogitata quaternità. Beata
all'opposto la Cattolica Chiesa, la quale adora un solo Dio
nell'Augustissima Trinità, e l'uguaglianza della
Trinità in una medesima Divinità; cosicchè
nè l'Unità della sostanza confonda la proprietà
delle Persone, nè la distinzione della Trinità distragga
l'Unità, della Divinità. Beata, io ripeto, la Chiesa che
crede in Gesù Cristo due vere e perfette sostanze, e che sia in
lui una sola individua persona; cosicchè nè la
distinzione delle due nature distragga l'Unità della persona,
nè del pari questa Unità di persona annulli la
distinzione delle sostanze. Beata la Chiesa, che come confessa Cristo
essere uno, ed essere stato sempre uno, confessa del pari l'Uomo essere
stato unito a Dio non dopo il parto, sibbene già fino dall'alvo
materno. Beata
la Chiesa, che riconosce Dio fatt'Uomo non per conversion di natura,
ma per assunzion di persona, non suppositizia ed apparente, ma
sussistente e sostanziale. Beata la Chiesa, che insegna tanta
virtù inchiudere questa Unità di Persona, che lei
mediante con maraviglioso ed ineffabile mistero accomuni all'Uomo
distinzioni divine, ed operazioni umane accomuni a Dio.
Conciossiachè in virtù della personale unità non
nega che l'Uomo, in quanto è Dio, discendesse dal cielo, e crede
che Dio, in quanto è Uomo, sia creato, abbia patito, sia stato
crocifisso; in virtù finalmente di cosiffatta personale
Unità confessa l'Uomo Figlio di Dio, e Dio figlio di una
Vergine. Beata pertanto e veneranda, benedetta e sacrosanta
confessione, e sotto ogni rispetto degna di compararsi a quella superna
lode degli angeli, i quali pel trisagio [1] [gr. Τρισάγιον, tre volte Santo, cioè trina santificazione, lat. trina sanctificatio. N.d.R.]
glorificano l'unico Signore
Iddio. E perciò pure insiste con ogni potere nell'inculcare
l'Unità personale di Cristo, perchè alterazione non
soffra l'augusto mistero della ineffabile Trinità. Queste cose
di passaggio vogliamo aver dette, le quali altrove dovranno col divino
aiuto più largamente trattarsi e dilucidare. Ora sulle nostre
tracce è a tornare. [Testo latino: Sed jam ea quae supra de memoratis haeresibus, vel de
Catholica fide breviter dicta sunt, renovandae causa memoriae brevius
strictiusque repetamus; quo scilicet et intelligantur iterata plenius,
et firmius inculcata teneantur. Anathema igitur Photino non recipienti
plenitudinem Trinitatis et Christum hominem tantummodo solitarium
praedicanti. Anathema Apollinari adserenti in Christo conversae
divinitatis corruptionem, et auferenti perfectae humanitatis
proprietatem. Anathema Nestoro neganti ex virgine Deum natum, adserenti
duos Christos, et explosa Trinitatis fide quaternitatem nobis
introducenti. Beata vero Catholica Ecclesia, quae unum Deum in
Trinitatis plenitudine et item Trinitatis aequalitatem in una
divinitate veneratur; ut neque singolaritas substantiae personarum
confundat proprietatem; neque item Trinitatis distinctio unitatem
separet deitatis. Beata inquam Ecclesia, quae in Christo duas veras
perfectasque substantias, sed unam Christi credit esse personam; ut
neque naturarum distinctio unitatem personae dividat, neque item
personae unitas differentiam confundat substantiarum. Beata inquam
Ecclesia, quae ut unum semper Christum et esse et fuisse fateatur,
unitum hominem Deo, non post partum, sed jam in ipso Matris utero
confitetur. Beata inquam Ecclesia, quae Deum factum hominem non
conversione naturae, sed personae ratione intelligit: personae autem
non simulatoriae et transeuntis, sed substantivae ac permanentis. Beata
inquam Ecclesia, quae hanc personae unitatem tantam vim habere
praedicat, ut propter eam miro ineffabilique mysterio et Divina homini
et Deo adscribat humana. Nam propter eam et hominem de caelo secundum
Deum descendisse non abnegat, et Deum secundum hominem credit in terra
factum, passum, et crucifixum. Propter eam denique et hominem Dei
Filium, et Deum Filium Virginis confitetur. Beata igitur ac veneranda,
benedicta, et sacrosancta, et omnino supernae illi Angelorum laudationi
comparanda confessio, quae unum Dominum Deum trina sanctificatione
glorificat. Idcirco etenim vel maxime unitatem Christi praedicat, ne
mysterium Trinitatis excedat. Haec in excursu dicta sint, alias, si Deo
placuerit, uberius tractanda et explicanda. Nunc ad propositum
redeamus. N.d.R.]
CAP. XI.
La caduta d'Origene e di Tertulliano fu una prova della Chiesa.
San Vincenzo Lirinese COMMONITORIO PARTE PRIMA (cap. I-IX)...
Fonte: Progetto barruel...
Da: Antidoto alle massime empie e sovversive. Serie di scritti tendenti a nutrir l'intelletto di sane dottrine ed a ringagliardire nel cuore i più nobili affetti, vol. III, Napoli 1854 pag. 17-43.
San Vincenzo Lirinese
COMMONITORIO [1]
[PARTE PRIMA (cap. I-IX)]
CAP. I.
Espone le ragioni, per le quali si è determinato a scrivere questo suo libro.
Poichè dice la divina Parola, e così n'ammonisce:
«Interroga i tuoi padri, e te ne daranno novella; i tuoi avi, e
te la testificheranno [2]: come:
Figlio mio, guarda di non iscordare questi miei insegnamenti, e
custodisci quelle mie parole ammezzo il tuo cuore [3]: non che: Porgi le tue orecchie alle parole dei
saggi [4]»; a me Peregrino [5],
il minimo dei servi del Signore sembra, che mediante l'aiuto celeste
sia per essere fatica di non dispregevole utilità, s'io
m'accingo a scrivere quelle verità, che senza alterazione di
sorta appresi dal santi Padri; e non ha certo dubbio, che ciò
non sia necessarissimo alla mia propria fralezza, procurandomi per tal
guisa un mezzo assai acconcio, onde aiutare la caducità della
mia memoria, facilitandomene l'assidua lettura. Alla quale
determinazione, non che il vantaggio della intrapresa, m'invita egli
pure la natura del tempo, ed il riflettere alla opportunità di
questo mio luogo. Perocchè ogni cosa umana venendo dal tempo
rapita, è debito nostro il togliere alla nostra volta
alcunchè d'utile ad esso per la vita eternale. E peculiarmente,
ove il salutare timore del tremendo giudizio di Dio ci astringa a
sempre maggior conoscenza di Religione, e la fraudolenta astuzia di
sempre novelli eretici n'accenni ad essere non poco attenti e
guardinghi. Ove poi consideriamo, che noi schifando il conversare ed il
frastuono delle città scegliemmo di vivere in questa assai
rimota villetta, ed in essa medesima un appartatissimo monastero; in
cui, lungi dall'occasion di distrarci, si può attuare
quant'è cantato ne' salmi: «State tranquilli e
riconoscete, ch'io sono Dio [6]:»
non manco a ciò concorrer vediamo lo scopo di nostra individuale
risoluzione. [Ancor più con ciò s'accorda lo
scopo di quello che ci siamo
proposti. Lat: Sed et propositi nostri ratio in id convenit. N.d.R.]
Perocchè trovandoci già noi travolti in turbini
molteplici e pericolose burrasche, ci riparammo per inspirazione divina
nel porto della Religione, stato in ogni tempo sicurissimo a tutti;
perchè qui spogliato il vanitoso e superbo fasto del secolo, e
colle opere della umiltà placando il Signore, potessimo non
soltanto sfuggire ai naufragi della vita presente, sibbene ancora il
fuoco della futura. Ma qui do cominciamento al proposito mio; che
è d'enunciare in iscritto con esattezza anzi di storico che
spirito d'autore le verità a noi trasmesse e depositate dai
nostri maggiori; ed ancora in ciò così diportandomi, che
non tutte, ma sì rammemori le cose sol necessarie. Nè
questo medesimo sono per fare con elegante e distesa maniera, ma con
semplice e piana; cosicchè molte cose siano per sembrare anzi
accennate, che non pienamente chiarite. Con copia ed accuratezza
scrivan coloro, i quali per solidità d'ingegno, e per ragione
d'uffizio a ciò sono chiamati. A me basta, che per aiutar la
memoria, e più veramente per allontanare i pericoli della
smemorataggine mia, mi sia provveduto d'un Commonitorio, che facendomi
bel bello risovvenire le apprese verità, mi studi coll'aiuto
divino d'ogni giorno perfezionare, ed al suo compimento condurre. A tal
fine ho voluto pure questo indicare, perchè venendo esso alle
mani de' cristiani, per emenda da me promessa vedendolo da limarsi, non
censurino in esso cosa con prematuro giudizio.
CAPO II.
Alla Sacra Scrittura è da aggiungere l'autorità della Chiesa, onde la verità dalla falsità possa conoscersi.
1. Domandando io spesso e con grande instanza ed impegno da
moltissimi personaggi chiari per dottrina e per santità, con
quale sicura e generale e legittima regola discernere io potessi la
verità della Cattolica fede dagli errori della eretica
prevaricazione; sempre, o quasi sempre ne riportai questa assai chiara
risposta: S'altri voglia conoscere le frodi dei ribellanti eretici,
schivarne i lacciuoli, e coll'aiuto divino intenda a perseverare nella
veracità ed integrità della Fede ortodossa, a conseguirlo
ha mestieri d'un duplice appoggio; dell'Autorità, vale a dire,
delle sacre Scritture, e della Tradizione della Chiesa cattolica [7].
2. A questo tratto altri forse potrebbe dirci: Essendo perfetto il
Canone della divina Scrittura, e sufficientissimo ad ogni qualsiasi
verità; perchè dovremo asserir necessaria
l'autorità della ecclesiastica interpretazione? È
chiarissima la ragione s'altri rifletta, che non tutti saprebbero per
la loro profondità interpretare le Sacre Scritture in uno stesso
genuino ed identico senso; ed anzi così variamente se ne possono
le sentenze contorcere, che quanti hanno uomini, tanti, quasi dissi,
significati se ne possano dedurre. [... che quanti sono gli
uomini, altrettanti sono i significati che si possono dedurre dalle
Scritture. Lat. ... ut pene quot homines sunt, tot illinc sententiae
erui posse videantur. N.d.R.] E
Novaziano in un modo, in un modo
Fotino, in un modo Sabellio, e Donato, ed Ario, ed Eunomio, e
Macedonio, ed Apollinare, e Priscilliano, e Pelagio, e Celestio, e
Nestorio ce le vogliono esporre [8].
È quindi essenziale al mantenimento della verità, ed alla
conoscenza di tanti e tanto svariati ravvolgimenti dell'errore, che
l'indirizzo della profetica ed apostolica sapienza venga regolato
secondo l'infallibil giudizio della Cattolica Chiesa [9].
domenica 5 luglio 2015
DOMÍNICA VI POST PENTECOSTEN - Santa messa "Non Una Cum" gli impostori apostati vaticanosecondisti...
Bolla di Papa Paolo IV del 1559, Cum ex apostolatus:
“Se mai, in qualunque epoca, avvenga che... il Romano Pontefice abbia deviato dalla Fede Cattolica o sia caduto in qualche eresia prima di assumere il papato, tale assunzione, anche compiuta coll’unanime consenso di tutti i Cardinali, è nulla, invalida e senza effetto; né può dirsi divenire valida, o esser tenuta per legittima in qualsivoglia modo, o esser ritenuta dare a costoro alcun potere di amministrare delle materie sia spirituali che temporali; ma qualsiasi cosa sia detta, fatta o stabilita da costoro è priva di ogni forza e non conferisce assolutamente alcuna autorità o diritto a chicchessia; e costoro per il fatto stesso (eo ipso) e senza che sia richiesta alcuna dichiarazione siano privati di ogni dignità, posto, onore, titolo, autorità, ufficio, e potere.”
EPISTOLA
Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Romános, 6, 3-11
Fratres: Quicúmque baptizáti sumus in Christo Iesu, in morte ipsíus baptizáti sumus. Consepúlti enim sumus cum illo per baptísmum in mortem: ut quómodo Christus surréxit a mórtuis per glóriam Patris, ita et nos in novitáte vitæ ambulémus. Si enim complantáti facti sumus similitúdini mortis eius: simul et resurrectiónis érimus. Hoc sciéntes, quia vetus homo noster simul crucifíxus est: ut destruátur corpus peccáti, et ultra non serviámus peccáto. Qui enim mortuus est, iustificátus est a peccáto. Si autem mórtui sumus cum Christo: crédimus quia simul étiam vivémus cum Christo: sciéntes quod Christus resúrgens ex mórtuis, iam non móritur, mors illi ultra non dominábitur. Quod enim mórtuus est peccáto, mórtuus est semel: quod autem vivit, vivit Deo. Ita et vos existimáte, vos mórtuos quidem esse peccáto, vivéntes autem Deo, in Christo Iesu Dómino nostro.
M. - Deo grátias.
Fratelli: Tutti noi che siamo stati battezzati nel Cristo Gesú, siamo stati battezzati nella sua morte. Dunque siamo stati sepolti con lui mediante il battesimo: affinché come il Cristo resuscitò dai morti per la gloria del Padre, cosí anche noi risorgiamo a vita nuova. Se infatti gli siamo stati uniti per crescere con lui per la similitudine della sua morte: ugualmente lo saremo per la similitudine della sua resurrezione. Questo sappiamo: che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, affinché sia distrutto il corpo del peccato e non serviamo piú il peccato. Chi infatti è morto è giustificato dal peccato. Ora, se noi siamo morti con Cristo, crediamo che vivremo con Cristo: sapendo che il Cristo resuscitando dai morti non muore piú e che la morte non avrà piú potere su di lui. Poiché la sua morte fu una morte al peccato per sempre: ma la sua vita è una vita per Dio. Cosí anche voi consideratevi morti al peccato, ma vivi, invece, per Dio, in Gesú Cristo nostro Signore.
M. - Deo grátias.
Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Romános, 6, 3-11
Fratres: Quicúmque baptizáti sumus in Christo Iesu, in morte ipsíus baptizáti sumus. Consepúlti enim sumus cum illo per baptísmum in mortem: ut quómodo Christus surréxit a mórtuis per glóriam Patris, ita et nos in novitáte vitæ ambulémus. Si enim complantáti facti sumus similitúdini mortis eius: simul et resurrectiónis érimus. Hoc sciéntes, quia vetus homo noster simul crucifíxus est: ut destruátur corpus peccáti, et ultra non serviámus peccáto. Qui enim mortuus est, iustificátus est a peccáto. Si autem mórtui sumus cum Christo: crédimus quia simul étiam vivémus cum Christo: sciéntes quod Christus resúrgens ex mórtuis, iam non móritur, mors illi ultra non dominábitur. Quod enim mórtuus est peccáto, mórtuus est semel: quod autem vivit, vivit Deo. Ita et vos existimáte, vos mórtuos quidem esse peccáto, vivéntes autem Deo, in Christo Iesu Dómino nostro.
M. - Deo grátias.
Fratelli: Tutti noi che siamo stati battezzati nel Cristo Gesú, siamo stati battezzati nella sua morte. Dunque siamo stati sepolti con lui mediante il battesimo: affinché come il Cristo resuscitò dai morti per la gloria del Padre, cosí anche noi risorgiamo a vita nuova. Se infatti gli siamo stati uniti per crescere con lui per la similitudine della sua morte: ugualmente lo saremo per la similitudine della sua resurrezione. Questo sappiamo: che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, affinché sia distrutto il corpo del peccato e non serviamo piú il peccato. Chi infatti è morto è giustificato dal peccato. Ora, se noi siamo morti con Cristo, crediamo che vivremo con Cristo: sapendo che il Cristo resuscitando dai morti non muore piú e che la morte non avrà piú potere su di lui. Poiché la sua morte fu una morte al peccato per sempre: ma la sua vita è una vita per Dio. Cosí anche voi consideratevi morti al peccato, ma vivi, invece, per Dio, in Gesú Cristo nostro Signore.
M. - Deo grátias.
Catechismo San Pio X - 132. Chi è fuori della Chiesa si salva? 133. Che significa « remissione dei peccati »?
Chi è fuori della Chiesa per propria colpa e muore senza dolore perfetto, non si salva; ma chi ci si trovi senza propria colpa e viva bene, può salvarsi con l'amor
di carità, che unisce a Dio, e, in spirito, anche alla Chiesa, cioè all'anima di lei.
Remissione dei peccati significa che Gesù
Cristo ha dato agli Apostoli e ai loro successori la potestà di rimettere
nella Chiesa ogni peccato.
Iscriviti a:
Post (Atom)