Nuova strage in Siria. La guerra mediatica contro Assad continua...
di Sebastiano Caputo
I corpi nel fiume
Così
se da una parte il governo di Bashar Al Assad combatte sul suo
territorio contro un esercito di mercenari finanziato dalle potenze
occidentali e dalle petro-monarchie del Golfo, dall’altra, fa fatica a
contrastare la campagna di disinformazione pilotata d’Oltremanica
dall’Osservatorio siriano dei diritti dell’Uomo e, a cui fa riferimento
l’intera comunità internazionale.
Nel giro
di poco tempo – a cavallo delle primavere arabe, definite come un
fenomeno di “libertà” e di autodeterminazione dei popoli – la Siria si è
trovata a dover fronteggiare un doppio attacco. Una guerra mediatica e
una militare. Così se da una parte il governo di Bashar Al Assad
combatte sul suo territorio contro un esercito di mercenari finanziato
dalle potenze occidentali e dalle petro-monarchie del Golfo, dall’altra,
fa fatica a contrastare la campagna di disinformazione pilotata
d’Oltremanica dall’Osservatorio siriano dei diritti dell’Uomo e, a cui
fa riferimento l’intera comunità internazionale.
Lo stesso centro mediatico che in 24 mesi di guerra civile ha additato
al governo legittimo di Damasco tutte le odiose stragi commesse in
Siria, da quella dei civili ad Hula (l’inchiesta Onu pochi mesi dopo
dimostrò che le forze governative non erano responsabili del massacro
delle 108 persone) a quella “del pane” avvenuta il 23 dicembre ad
Halfaya (i video non fornivano nessuna prova dei bombardamenti
dell’aviazione siriana).
La storia si è ripetuta ieri, come da
copione. Sulla rete è circolato il video (la Reuters, che riporta la
notizia, avverte di non aver potuto verificarne la veridicità) di una
serie di corpi – circa ottanta – coperti di fango sulla riva del fiume
Queiq, nel quartiere di Bustan al Qasr, ad Aleppo, controllato dai
terroristi del Fronte Nosra. Il fiume Queiq nasce in Turchia e arriva
nel quartiere di Aleppo dopo aver attraversato quartieri controllati dal
governo, di fatto nonostante i corpi siano stati trovati nella zona
accerchiata dai ribelli, i Comitati di coordinamento locale hanno
incriminato comunque le forze governative come artefici dell’esecuzione
sommaria (il video contiene immagini non adatte ad un pubblico
sensibile: i corpi mostrano ferite d’arma da fuoco alla testa, le mani legate e insanguinate).
Dinanzi
a questa tragedia che non ha tuttora un colpevole, il segretario
generale dell’Onu Ban Ki Moon, all’apertura della conferenza dei
donatori per gli aiuti umanitari in Siria, organizzata in Kuwait, ha
lanciato un appello a tutte le parti e “in particolare al governo
siriano” affinché “si fermi il massacro nel Paese, in nome
dell’umanità”. Anche l’inviato dell’Onu e della Lega Araba, Lakhdar
Brahimi, nelle ultime ore ha chiesto un’azione da parte del Consiglio di
sicurezza dell’Onu. “La Siria sta andando a pezzi sotto gli occhi del
mondo”, ha detto Brahimi parlando in Consiglio di “orrori senza
precedenti”, poche ore dopo la notizia dei corpi morti trovati nel
quartiere in mano ai ribelli ad Aleppo. “Il massimo organo politico
dell’Onu non può restare in disaccordo sulla Siria aspettando che
arrivino giorni migliori”, ha continuato Brahimi esprimendo pessimismo
sull’andamento della sua missione. Un pessimismo che deriva dalla
malafede della comunità internazionale che da due anni alimenta la crisi
siriana permettendo il traffico illegale di armi verso il Paese,
imponendo delle severe pressioni diplomatiche ed economiche al governo
legittimo di Bashar Al Assad ed infine oscurando la vera natura dei
ribelli.
Una natura politica e religiosa che sta venendo a galla,
soprattutto a seguito delle contraddizioni della politica estera
francese dopo l’intervento militare in Mali. Se in questi due anni la
Francia ha sempre sostenuto l’operato degli islamisti in Siria nel nome
della democrazia e della libertà (ironia della sorte, l’Asl utilizza la
bandiera del mandato francese in Siria tra il 1920 e il 1946), oggi si
ritrova a combatterli sul fronte maliano. Tanto che venerdì 18 gennaio,
nella zona “liberata” di Bansh in Siria, vicino alla frontiera turca, è
stata organizzata una dimostrazione dai fondamentalisti islamici, i
quali hanno manifestato solidarietà nei confronti dei loro omologhi maliani, promettendo inoltre una vendetta amara ai danni della Francia.
Gli stessi fondamentalisti che probabilmente sono i veri artefici dei
massacri avvenuti quest’oggi sulla riva del fiume Queiq, nel quartiere
di Bustan al Qasr, ad Aleppo, e che per l’ennesima volta puntano il dito
contro Bashar Al Assad.
Il commento dell’Arcivescovo di Aleppo degli armeni cattolici, Boutros Marayati sulla strage:
“Percepiamo
che c’è una deformazione di tutte le informazioni. Non ci si può fidare
di quello che si sente dire, e non c’è nessuna possibilità di
verificare neanche i fatti che accadono a poca distanza dai nostri
quartieri. Anche adesso si sentono i rumori delle esplosioni, ma non
sappiamo da chi arrivano e contro chi sono dirette. Siamo al centro di
una guerra, ma la viviamo come se fossimo al buio, senza capire davvero
cosa sta succedendo. Ci chiediamo solo quando e come tutto questo
finirà. E preghiamo il Signore, che ci guardi e ci protegga”.
Anche
i cosiddetti ribelli siriani hanno i loro scheletri nell’armadio:
alcuni giornalisti russi presenti sul territorio hanno documentato le
distruzioni delle infrastrutture e i massacri commessi dall’esercito
libero Siriano (Esl). Le immagini sono inquietanti, le esecuzioni di
tutti i tipi. Al grido di “Allah Akbar” i lealisti civili o soldati
dell’esercito regolare sono eseguiti con freddezza, smembrati o
decapitati:
Abbiamo ricevuto una email, dal signor Rocco Politi, ex “Anziano” dei “Testimoni di Geova“,
in cui illustra quello che descrive come un vero e proprio calvario, di
cui attribuisce la responsabilità ai “Testimoni di Geova”; il testo è
disponibile nella sezione “chi sono” del suo sito www.roccopoliti.it dove espone le sue vicende e raccoglie articoli sulle “vicende scomode” riguardanti il Movimento.
Una
delle numerose testimonianze di fuoriusciti che si sono trovati
emarginati, a causa del cosiddetto “ostracismo”, la rigida regola che
impone agli amici e persino dai parenti di un soggetto espulso di
interrompere o limitare al minimo i contatti. E chi trasgredisce rischia
di essere a sua volta punito. Anche per questo i TdG vengono
considerati da molti sociologi come una “setta” a causa del forte
condizionamento nella vita degli adepti. Probabilmente lo scopo
dell’ostracismo è evitare che i fuoriusciti incentivino, anche
indirettamente, la fuoriuscita dal movimento: che per alcuni sembra
essere stata una vera e propria “liberazione”, anche se dolorosa. Va
considerato che la vita dei Testimoni è spesso molto legata al
movimento: le Adunanze, le attività teologiche e di predicazione, ma
anche il “giro delle amicizie” e delle frequentazioni è all’interno del
movimento, in quanto verso la “gente del mondo” c’è una certa
“chiusura”. Chi fuoriesce dal Movimento si ritrova solo.
Sono
numerosi i “fuoriusciti” che hanno raccontato di aver subito il
cosiddetto “ostracismo” riservato ai ”disassociati” ma ascoltando le
loro storie emerge anche, sopratutto per le donne, una realtà di
soffocanti imposizioni e proibizioni. Di seguito citiamo un po’ di fonti
dove approfondire la questione.
Senza alcun intento denigratorio nei confronti dei Testimoni di Geova, riteniamo
giusto dare risalto a questi casi, con la speranza che sia aperto un
dibattito, anche interno all’organizzazione, al fine di stabilire regole
più “morbide”, per non dire “umane” che regolamentino i rapporti tra
TdG e familiari fuoriusciti. I rapporti tra familiari non devono essere
ostacolati in nessun modo. Stando alle varie testimonianze, la
“rigidità” dell’ostracismo varia da caso a caso: in alcuni di questi c’è
una certa tolleranza verso il rapporto dei familiari TdG con un
figlio/parente disassociato; in altri casi vengono invece descritte
regole severissime, imposte anche con la minaccia di essere espulsi a
loro volta: prospettiva che per chi ha fede in quella confessione è
considerata una punizione terribile. La questione è stata affrontata
anche nei salotti televisivi,
ma un dibattito serio non c’è mai stato, i casi che vengono alla
ribalta vengono presto dimenticati, nonostante sul web, facendo una
semplice ricerca su google, salta fuori molto materiale e numerose
testimonianze.
Se consideriamo che i Testimoni di Geova, secondo il sito testimoni-di-geova.info in
Italia nel 2010 il numero di Testimoni di Geova era di 240.000 unità (7
milioni nel mondo) il problema dell’ostracismo dei “disassociati”
riguarda, potenzialmente molte persone/famiglie.
Mons.
Luigi Carli, allora vescovo di Segni, pubblicava sulla Palestra Del
Clero del 15 febbraio 1965, un interessante articolo sulla questione
giudaica dibattuta in concilio, appena qualche mese dopo la votazione
della Dichiarazione Nostra Aetate, del 20 novembre 1964. Ne
riproduciamo una conclusione, per mostrare che il dibattito sui testi
del concilio, anche dopo la loro approvazione, era considerato ancora
aperto, almeno fino a quel momento. Mons. Carli dall'ottobre 1963
si unì al Coetus Internationalis Patrum. Era considerato uno dei
migliori teologi del concilio.
Ritengo legittimo poter affermare che tutto il popolo giudaico dei
tempi di Gesù - inteso in senso religioso, cioè quale
collettività professante la religione di Mosè - fu
responsabile insolidum del delitto di deicidio,
quantunque soltanto i capi, seguiti da una parte degli adepti, abbiano
materialmente consumato il delitto.
Quei capi non erano, sì, eletti democraticamente dal suffragio
popolare; però, secondo la legislazione e la mentalità
allora vigenti, erano ritenuti da Dio stesso (cfr. Mt. 23, 2) e dalla pubblica
opinione come le legittime autorità religiose, i responsabili
ufficiali degli atti che essi ponevano in nome della religione e
servendosi degli strumenti giuridici predisposti dalla religione
medesima. Orbene, proprio da quei capi Gesù Cristo, Figlio di
Dio, fu condannato a morte; e fu condannato proprio perché si
era proclamato Dio (Gv. 10,
33; 19, 7), e nonostante avesse fornito sufficienti prove per essere
creduto tale. (Gv. 15,
24).
La sentenza di condanna fu emanata dal Concilio, (Gv, 11,49 segg.), cioè dal
massimo organo autoritativo della religione giudaica, appellandosi alla
Legge di Mosè (Gv. 19,
7), e motivando la sentenza come un'azione difensiva di tutto il popolo
(Gv. 11, 50) e della stessa
religione (Mt. 26, 65).
Fu il sacerdozio aaronitico, sintesi ed espressione massima
dell'economia teocratica e ierocratica del Vecchio Testamento, a
condannare il Messia. E' lecito, pertanto, attribuire il deicidio al
giudaismo, in quanto comunità religiosa.
In questo senso ben precisato, e attesa la mentalità biblica,
anche il giudaismo dei tempi posteriori a nostro Signore partecipa
oggettivamente della responsabilità del deicidio nella misura in
cui tale giudaismo costituisce la libera e volontaria continuazione di
quello di allora.
Ci può aiutare a renderci conto di questa realtà un
esempio preso da casa nostra. Un Sommo Pontefice e un Concilio
Ecumenico, benché non vengano eletti dalla comunità
cattolica con sistemi democratici, qualora prendano una solenne
deliberazione nella pienezza della loro autorità, rendono
corresponsabile di quella deliberazione, per allora e per tutti i
secoli futuri, tutto il «cattolicesimo», tutta la
comunità ecclesiale.
Mons. Luigi Carli, La questione
giudaica davanti al Concilio Vaticano II, in Palestra del Clero, Anno XLIV N. 4,
14 febbraio 1965.
È vero che Papa Benedetto ha fatto del bene reale per la Chiesa:
l’esempio più evidente sono i suoi sforzi per ristabilire uno status giuridico alla Messa
tridentina. Purtroppo, però, egli continua a seguire le orme
sbagliate del suo predecessore post-Concilare. Con l’attuazione e la
diffusione dei nuovi orientamenti del Vaticano II.
Ciò è particolarmente evidente nei rapporti di Papa
Benedetto col moderno giudaismo, che sono basati sull’insegnamento del
Concilio sugli Ebrei, contenuto nel documento Nostra Aetate. Questo nuovo
orientamento non ha quasi nulla in comune con i 2000 anni di Tradizione
della Chiesa.
Il cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la
Promozione dell’Unità dei Cristiani, il 16 maggio ha tenuto un
discorso presso l’Angelicum a Roma, in cui ha elogiato la dedizione di
Benedetto XVI alla Nostra Aetate
e ai suoi sviluppi successivi.
Koch ha elogiato il cardinale Ratzinger per gli “articoli innovativi”
nel campo delle relazioni cattolico-ebraiche, e ha continuato
celebrando Papa Benedetto come un uomo impegnato in un nuovo approccio
del concilio Vaticano II, lodandolo per il fatto che segue esattamente
le orme di Papa Giovanni Paolo II:
Papa
Benedetto XVI porta avanti e sviluppa il lavoro conciliatorio del suo
predecessore riguardo ai colloqui ebraico-cattolici. Egli non solo ha
indirizzato la prima lettera del suo pontificato al Rabbino Capo di
Roma, ma, nel suo primo incontro con una delegazione ebraica, il 9
Giugno 2005, ha anche assicurato che la Chiesa si muove fermamente
secondo i principi fondamentali della Nostra Aetate e che egli ha
intenzione di proseguire il dialogo sulle orme dei suoi predecessori. Passando in rassegna i sette anni del suo
pontificato, troviamo che in questo breve lasso di tempo egli ha anche
ricalcato tutti quei passi che Papa Giovanni Paolo ha compiuto nei suoi
27 anni di pontificato: Papa Benedetto XVI ha visitato l’ex
campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, il 28 maggio 2006;
durante la sua visita a Israele nel maggio 2009 è stato in piedi
davanti al Muro del Pianto, si è incontrato con il Gran
Rabbinato di Gerusalemme e ha pregato per le vittime della Shoah a Yad
Vashem; il 17 gennaio 2010 è stato accolto calorosamente dalla
comunità ebraica di Roma, nella loro sinagoga. La sua prima
visita a una sinagoga è stata compiuta, naturalmente, già
il 19 agosto 2005 a Colonia, in occasione della Giornata Mondiale della
Gioventù, e il 18 aprile 2008 ha visitato la Sinagoga di Park
East a New York. Possiamo quindi
affermare con gratitudine che nessun altro Papa nella storia ha
visitato così tante sinagoghe come Benedetto XVI[1].
Allo stesso modo, quando Papa Benedetto XVI ha visitato la sinagoga di
Roma, il rabbino David Rosen, direttore dell’American Jewish Committee’s Interreligious
Affairs, ne fu entusiasta e capì meglio di molti
cattolici la vera natura rivoluzionaria di tali atti.
“Con la visita alla sinagoga, Papa Benedetto
ha istituzionalizzato la rivoluzione”, ha detto il rabbino
Rosen. “Con la visita alla sinagoga di Roma, Papa Benedetto sta
rendendo difficile ad un futuro Papa non compiere una tale visita. La
visita di Giovanni Paolo II [1986] si svolse una tantum, ma ora con la
visita di Benedetto XVI, abbiamo un senso di continuità” [2].
Papa Giovanni Paolo II visitò una sinagoga
durante i suoi 26 anni di regno. Nel breve arco di sei anni, Papa
Benedetto XVI ne ha già visitate tre.
Da questo punto di vista, nelle azioni di Papa Benedetto vediamo al
lavoro il rivoluzionario documento conciliare Nostra Aetate. I nostri più
importanti uomini di Chiesa acclamano continuamente NostraAetate, non come una riaffermazione
della Tradizione, ma come un segno di una nuova direzione.
“Un fondamentale ri-orientamento”
Il cardinale Koch, oggi a capo del Pontificio Consiglio per la
Promozione dell’Unità dei Cristiani - voluto appositamente da
Benedetto XVI per questo prestigioso posto in Vaticano - celebra Nostra Aetate come la “bussola cruciale” di tutti gli
sforzi verso il dialogo cattolico-ebraico. Nel suo discorso del 16
maggio, Koch si riferisce ad esso come al “documento basilare”, la Magna Carta del dialogo tra la
Chiesa cattolica romana e il giudaismo. Egli definisce Nostra Aetate un testo che ha
determinato “un fondamentale
ri-orientamento della Chiesa cattolica” dopo il Concilio . [3] Nostra Aetate venne
concepita per essere solo l’inizio di qualcosa di molto più
grande. Fu il culmine di oltre due decenni di lavoro da parte di
teologi filo-modernisti, che erano determinati a superare la teologia
tradizionale e a stabilire una nuova base nei rapporti tra Cattolici ed
Ebrei [4].
Su questo punto, il testo chiave della Nostra Aetate è nel quarto
paragrafo del documento:
Essendo
perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani
e ad ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra
loro la mutua conoscenza e stima, […] gli Ebrei tuttavia non devono essere
presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che
ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. […] La Chiesa […] deplora gli odi, le persecuzioni e tutte
le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni
tempo e da chiunque…
È ovvio che nessun cattolico può favorire il
maltrattamento degli Ebrei o di chiunque altro. Questo è un dato
certo. Ma quello che preoccupa è l’ambiguità contenuta
nella frase: “gli
Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio,
né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra
Scrittura.”
…E arriviamo ai giorni nostri…E’ del 26 gennaio 2013 la
dichiarazione del “Card.” Angelo Scola, successore di Tettamanzi a
Milano, cosiddetto “conservatore” vicino a Cl, in merito alla necessità
di un Concilio Vaticano III, con la finalità di portare a compimento e
attualizzare il Vaticano II su libertà religiosa e dialogo ecumenico:
(ANSA) – MILANO, 26 GEN – ”Quella di un nuovo Concilio e’ un’esigenza che condivido, ma da realizzare dando una forma piu’ compiuta all’attuazione di alcune istanze emerse dal Concilio Vaticano II”. Cosi’ l’arcivescovo di Milano, card. Angelo Scola. ”Dal Concilio Vaticano II sono emersi punti importanti – ha detto – come la liberta’ religiosa, umana e il dialogo interreligioso, che sono elementi di grandissima attualita’ oggi. Il Concilio Vaticano II ci ha fatto vedere la differenza tra ideologia e realta”’.
Centro studi Giuseppe Federici
- Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 9/13 del 29
gennaio 2013, San Francesco di Sales
Segnaliamo ai professionisti della memoria il caso del
genocidio dei cattolici vandeani. Uno sterminio che viene giustificato dalla cultura imperante.
"La Vandea deve essere un cimitero nazionale"
Testi tratti da Reynald
Secher, Il genocidio vandeano,
ed. Effedieffe, Milano 1988.
«Per tutto il 1793 vi sono
distruzioni e massacri, ma in generale avvengono durante i combattimenti.
L'esercito di Magonza non è senza colpa; si fa precedere all'uscita da Nantes
da carriaggi di zolfo e annienta diversi villaggi. Westennann non perde
occasione per bruciare e per massacrare e il suo soprannome di "macellaio
di Vandea" è anteriore alla battaglia di Savenay. Si possono
menzionare diversi massacri, come quello di Noirmoutier, dal 3 al 6 gennaio,
quando Haxo ha dato la sua parola che avrebbe lasciato la vita a tutti coloro
che si fossero arresi. Non bisogna dimenticare l'incendio di Machecoul da parte
degli uomini dell'aiutante generale Guillaume, il 17 o 18 dicembre 1793, a
causa dell'"indisciplina della truppa"; la distruzione di
Saint-Christophe-du-Ligneron il 7 gennaio e dei dintorni di Légé l’11 dello
stesso mese. I rappresentanti Choudieu e Bellegarde confessano, in una lettera
alla Convenzione del 15 ottobre, che l'esercito della Repubblica era ovunque preceduto
dal terrore: "Il ferro e il fuoco sono le sole armi di cui facciamo
uso".
Il progetto di distruzione
totale infatti fu applicato soltanto con la proposta del piano di Turreau,
nuovo generale in capo dell'armata dell'Ovest (211) . Fin dal suo arrivo in Vandea, all'indomani di
Savenay, scrive al Comitato di Salute Pubblica perché venga deliberato il piano
che conta di seguire e per sollecitare un documento che lo copra: "Vi
chiedo un'espressa autorizzazione o un decreto per bruciare tutte le città, villaggi
e frazioni della Vandea che non sono ormai più nell'alveo della Rivoluzione e
che forniscono senza posa nuovo alimento al fanatismo e alla monarchia".
Nessuna risposta. Lo stesso
Carrier, messo al corrente, si rifiuta di dargli la copertura con un ordine; il
nuovo generale in capo aveva fatto una domanda simile il 28 dicembre (211). Non solo, i
Rappresentanti in missione, Louis Turreau e Bourbotte, desiderando evitare ogni
responsabilità e ogni compromissione, si fanno richiamare a Saumur con il pretesto
di una malattia "derivante dalle fatiche della loro troppo lunga
missione".
Il liberalismo è davvero così
terribile come è stato fabbricato per esserlo?
Questa o quella persona è accusata di essere “liberale”, ma un
certo numero di quelle che ne sono accusate negano che si possa
appiccicare loro tale etichetta. Chi ha ragione? Gli accusatori o
gli accusati?
Dal momento che “liberalismo” è un termine che indica l’errore
onnicomprensivo dei tempi moderni, responsabile di precipitare nelle
fiamme dell’Inferno una innumerevole quantità di anime, esso
merita sicuramente un’attenzione maggiore.
Ora, il termine “libertà” è relativo sia al fatto che io
sono libero da, cioè
da qualche costrizione o da altro, sia al fatto che sono libero per, cioè per uno
scopo o un altro. Di queste due accezioni di “libertà”, la
negativa libertà dalle costrizioni viene prima dello scopo
positivo, in ordine al tempo,
ma dopo di esso per
importanza. Viene prima in ordine al tempo perché se si
è costretti a raggiungere uno scopo, il raggiungimento di tale
scopo è fuori discussione.Viene però dopo per importanza
perché il valore della mancanza di costrizione dipenderà
dal valore dello scopo per il quale la costrizione è usata.
Così, il possesso di un coltello libera dall’essere disarmato,
ma se si usa questa libertà da
per tagliare il cibo da mangiare, tale libertà da è buona,
se la si usa per accoltellare la nonna, la libertà da diventa omicidio.
Ora, il liberalismo fa della libertàda un valore o il valore
supremo di per sé, a prescindere dalla libertà per o dalla
bontà o malvagità dello scopo per il quale sarà
usata. In tal modo la libertà o la libertà da viene resa
indipendente dalla bontà o malvagità dello scopo,
indipendente dal giusto o dallo sbagliato. Ma la differenza tra giusto
e sbagliato è parte essenziale della creazione di Dio,
contrassegnata dal frutto proibito del Giardino dell’Eden, a partire
dal quale l’uomo sceglie fra Paradiso e Inferno. Quindi, porre la
mancanza di costrizione dell’uomo in contrasto con la legge di Dio,
significa porre l’uomo prima di Dio.
Essendo quindi implicita la negazione della legge morale di Dio, di
giusto o sbagliato, il liberalismo fa implicitamente guerra a Dio,
ponendo il “diritto” umano dell’uomo a scegliere, in contrasto col
diritto divino di Dio a comandare. Ora, come usava dire Mons. Lefebvre,
vi sono 36 varietà di liberali, ma non tutte implicano la guerra
a Dio. E tuttavia, la guerra a Dio rimane la logica conclusione dei
liberali che danno valore supremo alla libertà, ed è per
questo che per molti di loro va bene ogni cosa.
Mettendo da parte Dio e le sue regole, i liberali fanno dell’adorazione
della libertà la loro religione sostitutiva, una religione senza
regole, eccetto la loro stessa volontà. Inoltre, trattandosi di
una religione sostitutiva, essa deve sbarazzarsi della vera religione
che le blocca la strada, così i liberali diventano in modo del
tutto naturale dei crociati contro l’ordine di Dio in ogni angolo della
sua creazione: liberi matrimoni di “genere”, famiglie libere dai figli,
Stati liberi dai capi, vita libera dai costumi, e così via, e
così via.
E dal momento che una guerra alla realtà di Dio è cosa
totalmente folle, ecco che i liberali, apparentemente così
dolci con gli uomini loro compagni, che vogliono “rendere liberi”,
possono di fatto essere
enormemente crudeli con chiunque contrasti la loro crociata. È
nella logica della loro religione sostitutiva che non debbano osservare
la normale decenza nel calpestare gli anti-liberali, che non meritano
alcuna compassione.
Per 20 secoli la Chiesa ha condannato questa follia. Eppure, col
Vaticano II la Chiesa ufficiale le ha fatto posto, per esempio
dichiarando (“Dignitatis Humanae”)
che ogni Stato deve proteggere, anziché la libertà dei
loro cittadini per praticare la vera religione, la loro libertà
da ogni costrizione civile nella pratica della loro religione.
E oggi, i capi di una certa congregazione religiosa vorrebbero porre
questa sotto l’autorità dei Romani fautori del Vaticano II. Per
la vera religione, tale azione equivale, come diceva Mons. Lefebvre, ad
una “Operazione Suicidio”.
Ma il liberalismo è intrinsecamente suicida.
“Combattiamo,
combattiamo, figliuoli miei, e non abbiamo timore di niente.
Ricordatevi che i nemici di Dio spariscono e la Chiesa resta.Gesù Bambino fugge in Egitto per
evitare la rabbia di Erode, ma poi è avvertito di notte per ritornare:
defuncti sunt enim qui quaerebant animam pueri, son morti quelli che
attentavano alla vita del bambino.Oh quanti sono i persecutori della
Chiesa che sono defunti! e dopo aver sfogato la loro rabbia, dopo aver
decimato le anime dei fedeli che servivano a Dio, son morti. E la
Chiesa? La Chiesa RIMANE.
Sì,
sono morti ma Voi, Diletta sposa di Gesù Cristo, (il Santo Padre nel
pronunciare queste parole si commosse in modo tale che le lacrime
abbondanti sgorgavano dai suoi occhi e stringendo insieme le mani in
atto pietosissimo, per alquanti secondi apparve assorto in una profonda
preghiera: un silenzio profondo nella sala era rotto solo da qualche
singhiozzo…poi continuò), Voi, Chiesa formata da Dio, Voi rimanete e
rimarrete. “Ipsi peribunt, Tu autem permanebis”.
E
rimanete giovane, forte, costante a fronte delle persecuzioni che vi
purgano, vi lavano da ogni macchia, vi rendono più forte e diventate
sempre quella Chiesa che a giusto titolo si chiama MILITANTE per
combattere costantemente sino alla morte.
Rimanete
con l’insegnamento della Verità, rimanete con l’insegnamento della
morale, rimanete con l’insegnamento dei sacramenti, rimanete in tanti
modo, in tante guise: costoro peribunt sed Tu autem permanebis”.
In questo blog raramente ci occupiamo di politica e di politici, ma dato che presto si andrà a votare il nuovo governo massonico Italiano abbiamo deciso di postare questo intervento del massone Monti sul diabolico e scomunicato Comunismo, tratto dal sito Riscossa Cristiana. Anche noi vogliamo partecipare al ricordo delle innumerevoli vittime del diabolico Comunismo, al pari del Nazismo, per ribadire che votare questa gente, davanti a Dio, è un peccato grave. Da notare che questo personaggio, Monti, si professa cristiano e ogni Domenica va alla Messa modernista della falsa chiesa conciliare, che con questi lugubri personaggi, compresi quelli della cosidetta "Destra Italiana", filo massoni anch'essi con l'immorale Berlusconi e la sua combriccola, ha intrapreso "cordiali e diabolici" dialoghi, in nome delle dottrine eretiche del conciliabolo Vaticano II. Il massone Monti è in buona compagnia dato che anche il pessimo partito PD è legato a filo doppio con la massoneria....
Io personalmente non do nessuna fiducia a persone che nei fatti sono nemici di Nostro Signore Gesù Cristo. Allora chi votare? Un carissimo amico mi suggeriva il "neo convertito" Magdi Cristiano Allam, fondatore del movimento politico "Io amo l'Italia", allora siamo andato a leggere il programma politico di questo partito, e al n.° 19 abbiamo trovato questa chicca "liberale":
"Stop alla costruzione di nuove moschee per salvaguardare la nostra civiltà laica e liberale dalla minaccia islamica
Liberiamo l'Italia dall'ideologia del relativismo e
prendiamo atto che, pur nel rispetto dei musulmani come persone,
dobbiamo difenderci dall'islam in quanto religione incompatibile con la
nostra civiltà
Io amo l'Italia riconosce, sostiene ed è orgogliosa della verità
storica delle radici giudaico-cristiane che, unitamente all’eredità
della filosofia greca e del diritto romano, al contributo del pensiero
illuminista e della cultura umanista, hanno consentito l’affermazione
della civiltà laica e liberale dell’Europa.
Consideriamo una minaccia alla nostra civiltà laica e liberale
l'avvento al potere di regimi integralisti, estremisti e terroristi
islamici sulla sponda meridionale ed orientale del Mediterraneo, in
aggiunta alla diffusione del radicalismo islamico nel cuore dell'Europa
forte di una fitta rete di moschee, scuole coraniche, enti assistenziali
e finanziari islamici, tribunali che emettono sentenze sulla base della
sharia, la legge coranica.
Nel doveroso rispetto, da parte delle autorità politiche, della
libertà di coscienza di ciascun individuo, Io amo l'Italia difende il
principio di territorialità della legge senza concessioni all'ideologia
del multiculturalismo e senza deroga alcuna verso atti, usi e costumi
degli immigrati e degli autoctoni convertiti nel nome del rispetto di
vere o presunte specificità religiosi o culturali, che devono
uniformarsi alla legislazione vigente italiana al pari degli autoctoni.
Io amo l'Italia, nella convinzione che i musulmani come persone
debbano essere rispettati e amati come qualsiasi altra persona, sostiene
tuttavia che noi italiani non possiamo e non dobbiamo rinunciare al
diritto-dovere di usare la ragione per entrare nel merito dei contenuti
del Corano, del pensiero e della vita di Maometto, della sharia, ovvero
dei pilastri dell'islam, prendendo atto che i musulmani come persone
possono essere moderati ma che l'islam come religione non è affatto
moderata, perché oggettivamente risulta in flagrante contraddizione con i
diritti fondamentali della persona internazionalmente riconosciuti.
Io amo l'Italia vuole il blocco nella costruzione di nuove moschee in
Italia, nonché l'accertamento che le moschee esistenti operino nel
pieno rispetto delle nostre leggi, nella condivisione dei valori non
negoziabili alla vita, alla dignità e alla libertà religiosa. In ogni
caso la presenza di una nuova moschea non potrà avverarsi senza il
consenso della cittadinanza residente attraverso l'istituto democratico
del referendum.
Io amo l'Italia afferma in particolare il divieto assoluto di
legittimare la sharia, di promuovere e consentire l'applicazione nel
territorio nazionale del diritto islamico in quanto suscettibile di
attentare ai valori fondanti dell'Ordinamento italiano, a partire dalla
sacralità della vita di tutti, ai principi della libertà di scelta
religiosa, compresa la libertà di un musulmano di convertirsi ad altra
religione o credo senza essere automaticamente condannato a morte per
apostasia, e della pari dignità tra l'uomo e la donna di fronte alla
legge riconosciuti dalle tradizioni giuridiche occidentali. Al riguardo
Io amo l'Italia chiede l'immediata abrogazione per legge dell'obbligo
prescritto dai Paesi musulmani della conversione all'islam del cittadino
italiano che vuole sposare una immigrata musulmana".
Per quanto riguarda il non permettere alla falsa religione islamica di impiantarsi nell'occidente "cattolico" (E NON GIUDAICO) siamo d'accordo, ma tutti gli aspetti liberali espressi in questo punto rimangono inaccettabili in quanto anch'essi, come la falsa religione islamica, sono anticristiani e anti-Cattolici Apostolici Romani... Veniamo ora al diabolico Comunismo e agli strafalcioni del massone Monti....
IL "COMPASSATO" MONTI E LA GLORIOSA STORIA DEL COMUNISMO
di Pucci Cipriani
Non c'è
che dire il Gonnellino in Loden ha battuto ogni record: in poco più di
un anno otto milioni di poveri, stato di polizia fiscale, gente alla
disperazione, quando non alla "canna del gas"(non solo
metaforicamente)...un governo che ha tolto al nostro Paese ogni
sovranità popolare e una corsa verso il "Grande Fratello" allorché il
Grembiulino affermò una volta impadronitosi(senza elezioni e senza
consenso popolare)del potere: “Cambierò il modo di pensare degli
italiani”: Già con il Ministero della Verità (ricordate Orwell?)...per
non parlare della Fornero(al quale prudenzialmente venne messa la
museruola) che volava abolire il genera maschile e femminile...
Ma ancora ci mancava il "clou" del Venerabile Monti : la gloriosa storia del Comunismo...proprio
ora che tutti i vecchi rappresentanti ne hanno preso le distanze, da
Napolitano che, stavolta con accenti sinceri e toccanti, rinnegò il
Comunismo, a Walter Veltroni: “Io non sono mai stato comunista!".
Gesù, il nostro Sposo, è oltraggiato, ripariamo! È
tradito, serviamolo con una dedizione incondizionata! È lasciato solo
sul Calvario, non abbandoniamolo! Gronda sangue, è tutto piagato,
agonizzante sulla croce: oh, che il nostro amore ci inchiodi con Lui e
imprima le sue divine piaghe nelle nostre anime. Non vi è amore senza
sofferenza, non dono totale senza sacrificio, non conformità con il
divino Crocifisso, se non ci troviamo nell'agonia e nel dolore. Andiamo a
morire con Lui e per Lui.
(Pensieri scelti dagli scritti della Beata Maria di Gesù Deluil-Martiny, "Gesù deve regnare", a cura di Paolo Risso, LEV)
Il rabbino capo di Roma durante la
Seconda Guerra Mondiale, Israel Zolli, si convertì al cattolicesimo.
Scelse di farsi battezzare, nel 1945, col nome di Eugenio Pio, in onore
di Pio XII (al secolo Eugenio Pacelli), come segno di gratitudine per
tutto quello che il Papa aveva fatto per il popolo ebraico durante la
persecuzione nazista. Anche la moglie Emma e la figlia Myriam si
convertirono.
Zolli divenne un importante studioso
della Sacra Scrittura. Si concentrava soprattutto sullo studio delle
profezie anticotestamentarie compiutesi nella persona di Gesù Cristo.
Sperava che tutto il suo popolo d’origine avrebbe riconosciuto,
finalmente, in Gesù Cristo il messia promesso dal Dio di Abramo, Isacco e
Giacobbe.
Verso i primi anni Cinquanta del secolo
scorso – quando i suoi studi divennero famosi in tutto il mondo, ma
soprattutto furono osteggiati nel novello stato israeliano – fu
contatto da alcuni pastori protestanti, i quali gli chiesero un incontro
privato. Zolli era un po’ perplesso, ma accettò.
I “buoni pastori” protestanti offrirono a
Zolli ingenti somme di denaro affinché, con i suoi studi sulla Sacra
Scrittura, avesse trovato le prove della falsità del primato di Pietro.
Zolli rifiutò con sdegnò e indicò loro la porta. I pastori, prima di
lasciare la stanza, gli chiesero perché avesse “scelto” la Chiesa
cattolica e non una di quelle protestanti.
Il prof. Zolli, sorridendo, rispose:
«Non voglio mettere in imbarazzo nessuno chiedendo: “Perché avete
aspettato millecinquecento anni prima di protestare?”. La Chiesa
cattolica fu riconosciuta nel mondo cristiano come la vera Chiesa di
Cristo per quindici secoli consecutivi. E nessuno può fermarsi alla fine
di questi 1500 anni e dire, solo allora, che la Chiesa cattolica non è
la Chiesa di Cristo, senza mettersi in un serio imbarazzo. Posso
ammettere l’autenticità di una sola Chiesa, quella annunciata a tutte le
creature dai miei stessi antenati, i dodici apostoli che, come me, sono
usciti dalla Sinagoga».
BIBLIOGRAFIA
“Il Rabbino che si arrese a Cristo”, di Judith Cabaud (San Paolo, 2002).
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Molti si chiederanno perchè ho iniziato questo articolo, per commentare le inqualificabili parole del modernista patentato di Scola, con la testimonianza del'ex rabbino eugenio Zolli, la risposta è semplice e la riprendo dalle stesse parole di Zolli che rispondeva alla combriccola eretica protestante che aveva chiesto di incontrarlo: "Posso
ammettere l’autenticità di una sola Chiesa, quella annunciata a tutte le
creature dai miei stessi antenati, i dodici apostoli che, come me, sono
usciti dalla Sinagoga". L'unico commento che si può fare alle menzogne moderniste vaticanosecondiste è proporre la testimonianza di chi veramente si è convertito è ha abbandonato l'oramai inutile religione ebraica per passare, autenticamente alla vera fede professata dalla vera Chiesa Cattolica. Sarebbe facile confutare tutti gli strafalcioni di Scola e la sua combriccola (Ratzinger compreso) ma oramai prendiamo atto che queste persone, che abitano a sbaffo ed impropriamente, le stanze Vaticane dal conciliabolo in poi, non hanno la fede cattolica quindi altro non ci resta che mettere in evidenza la loro non fede. Per il resto che seguano i consigli del loro cuore modernista che noi ci teniamo i veri consigli del Cuore di Nostro Signore Gesù Cristo, che fù insultato, perseguitato e ucciso dalla combriccola ebraica in comunella con i pagani Romani (che hanno meno responsabilità), noi ci teniamo la vera Dottrina della Chiesa pre-Conciliabolo e rigettiamo tutte le "novità" dottrinarie di questo nefasto evento nella storia della Chiesa e che oggi vengono sbandierate come "nuove verità".
Solo una domanda i lettori si dovrebbero fare: da dove arriva questa nuova dottrina sui Deicidi ebrei?. Dal documento massonico Nostra Aetate " È storicamente accertato
che la “Nostra aetate” fu preparata da Jules Isaac,
ebreo ateo filo-comunista, con l’aiuto del Bené Berìth (la massoneria
giudaica) di cui era membro (come ha dichiarato, il 16 novembre 1991, in
occasione della premiazione del card. Decourtray, Marc Aron, presidente del
“B.B.” francese) e dal card. Agostino Bea coadiuvato da p. Paul
Démann, ebreo “convertito” e da p. Jean de Menasce (idem). L’accordo
tra Jules Isaac e papa Roncalli fu organizzato dal “B.B.” e da alcuni
politici social-comunisti (J. Madiran,
“Itineraires” III, settembre 1990, p. 3, nota 2). Un altro artefice
di “Nostra aetate” fu Nahum Goldman, presidente del “Congresso
Mondiale Ebraico”, che preparò anche la bozza di “Dignitatis humanae”
sulla libertà religiosa. I documenti furono presentati dal Goldman assieme a
Label Katz (anche lui del “B.B.”) a nome della “Conferenza Mondiale
delle Organizzazioni Ebraiche”. Quindi “Nostra aetate” e “Dignitatis
humanae” sono state preparate, materialmente, dalla massoneria ebraica.
Dulcis in fundo, il rabbino Abraham Heschel, collaborò intensamente
con Bea e compagni alla elaborazione di “Nostra aetate”. Tutto ciò è
stato svelato dall’israelita Lazare Landau (“Tribune Juive”, n° 903,
gennaio 1986 e n° 1001, dicembre 1987), che scrive: “nell’inverno del 1962,
i dirigenti ebrei ricevevano in segreto, nel sottosuolo della sinagoga di
Strasburgo, p. Yves Congar, incaricato da Bea e Roncalli di chiederci, ciò
che ci aspettavamo dalla Chiesa, alla vigilia del concilio (…). La nostra
completa riabilitazione, fu la risposta”(j.
madiran, “Itineraires”, autunno 1990, III, pp.1-2)".
Quindi questi Signori, travestiti da cattolici, insegnano le dottrine massoniche condannate impietosamente da oltre 550 documenti magisteriali della vera Chiesa Cattolica...
Veniamo ora all'intervento di Scola
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Nei
primi anni Settanta Ratzinger entra in rapporto con ‘La Comunità
Cattolica di Integrazione’, che dal primo dopoguerra aveva avviato una
profonda revisione teologica e spirituale del cattolicesimo tedesco, affermò: […].
“Dio può avere due spose [Sinagoga e Chiesa]? Non è forse questa divisione
tra sinagoga e ‘ecclesia’, così piena di male, il motivo più profondo di
tutte le divisioni che seguirono nella storia della Chiesa? … Non è forse
che la Chiesa debba radicarsi nell’ebraismo, per poter essere del tutto
cattolica, e cioè universale?”. Cfr. G. Valente,
Ratzinger professore, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2009.
Nell'attuale
dialogo tra ebrei e cristiani è fondamentale il ruolo della sacra Scrittura Il giogo della Torah non può essere portato da soli... «Il ruolo della Scrittura nel dialogo tra ebrei e cristiani» è il tema della
lectio magistralis che il rabbino Giuseppe Laras, presidente del Tribunale
Rabbinico del Centro Nord Italia, e il cardinale Arcivescovo di Milano tengono
nella serata di oggi, mercoledì 23, presso l'Università Cattolica del Sacro
Cuore. Dell'intervento di quest'ultimo pubblichiamo ampi stralci.
di Angelo Scola
La Bibbia (letteralmente «Scritture» [sacre]) è il documento scritto del
dialogo che Dio rivolge in primis a Israele e, attraverso Gesù Cristo, estende
alla Chiesa, per coinvolgere ogni uomo e l'umanità nella sua totalità. Papa
Benedetto XVI nell'esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini sulla
sacra Scrittura nella vita della Chiesa afferma: «La novità della rivelazione
biblica consiste nel fatto che Dio si fa conoscere nel dialogo che desidera
avere con noi. La costituzione dogmatica Dei Verbum aveva esposto questa realtà
riconoscendo che “Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad
amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con
Sé”» (n. 6). E il Suo amore creatore si manifesta nella storia di elezione e
nell'alleanza con Israele, suo popolo: «La storia d'amore di Dio con Israele
consiste, in profondità, nel fatto che Egli dona la Torah, apre cioè gli occhi
a Israele sulla vera natura dell'uomo e gli indica la strada del vero
umanesimo» (Deus caritas est, 9). La risposta dell'uomo al
Dio che parla è la fede: «In ciò si evidenzia che “per accogliere la
Rivelazione, l'uomo deve aprire la mente e il cuore all'azione dello Spirito
Santo che gli fa capire la Parola di Dio presente nelle sacre Scritture”»
(Verbum Domini, 25). Si comprende allora perché, sia nell'Antico che nel Nuovo
Testamento, il peccato sia spesso descritto come un «non ascoltare» Dio che
parla. Proprio alla luce di queste considerazioni si può capire meglio il novum
portato da Cristo. Lo stesso Ratzinger lo descrive affermando che Cristo ha
aperto lo scrigno dell'universalità dei valori di Israele ai pagani,
determinando l'universalizzazione della fede e della speranza di Israele,
sempre però sul fondamento delle aspirazioni della Torah, dei salmi e dei
profeti.
Due livelli di incontro: il dialogo "diplomatico" e quello "dottrinale"
di don Curzio Nitoglia
Invito alla lettura
Nel dicembre del 2011 è stato pubblicato un libro molto interessante, scritto dal Reverendo Padre Michel Lelong della “Società dei Padri Bianchi” (licenziato in lingua e letteratura araba, laureato in lettere, professore emerito all’Istituto delle Scienze della Teologia delle Religioni a Parigi). Il libro è intitolato Pour la nécessaire réconciliation. Le Groupe de Réflexion Entre Catholiques (GREC), Nouvelles Editions Latines, Parigi[1] . Una lettura stimolante, che consiglio a tutti.
Incontri privati e discreti
Il ‘Padre Bianco’, ordinato sacerdote nel 1948, narra la storia dei dialoghi del “Groupe de Réflexion Entre Catholiques; Gruppo di Riflessione Tra Cattolici” (‘GREC’); dialoghi che definisce “discreti, ma non segreti” (p. 29) con alcuni membri della dirigenza della FSSPX in vista di un accordo pieno tra la medesima Fraternità san Pio X e il Vaticano, dopo avere accettato l’interpretazione del Concilio Vaticano II alla luce della Tradizione o l’“ermeneutica della continuità” ed aver ricevuto la liberalizzazione della Messa tradizionale, la remissione della scomunica e la piena sistemazione canonica. Padre Lelong si definisce un amante della Liturgia tradizionale (p. 25) e allo stesso tempo del Concilio Vaticano II, specialmente delle relazioni interreligiose promosse da Nostra aetate, la “Dichiarazione sui rapporti tra Chiesa cattolica e le religioni non cristiane” (p. 17), ma anche di Gaudium et spes, di Unitatis redintegratio, di Dignitatis humanae e Sacrosantum Concilium (pp. 75-82), tutte - secondo lui - perfettamente leggibili alla luce della Tradizione. Egli, assieme ai capifila tradizionalisti riuniti nel ‘GREC’, ha cercato di portare avanti un dialogo caritatevole e diplomatico più che dottrinale (pp. 21-22) per giungere ad un accordo sulla conciliabilità tra Vaticano II e Tradizione. Uno degli ispiratori del ‘GREC’ è stato l’ex ambasciatore di Francia in Italia, dr. Gilbert Pérol (†1995), che dal 1963 al 1967, aveva già esercitato importanti funzioni all’Eliseo a fianco del Presidente Charles de Gaulle, poi era stato nominato ‘Segretario Generale’ del Ministero degli Affari Esteri ed infine ambasciatore a Tunisi, a Tokio e quindi a Roma dal 1988 al 1991 (p. 17 e 24). L’ambasciatore francese pensava, come p. Lelong, che alcuni testi del Concilio Vaticano II fossero buoni in sé, però erano stati male interpretati, in maniera discutibile e non corretta, dai progressisti (p. 18). Quindi per giungere ad “una necessaria riconciliazione” con i tradizionalisti, occorreva interpretarli alla luce della Tradizione o secondo “l’ermeneutica della continuità”, restando fedeli, nel medesimo tempo, alla Liturgia tradizionale (p. 18). L’ambasciatore francese, partendo dal punto fermo ed imprescindibile che il Concilio non può essere rigettato in blocco (p. 22), che la sua applicazione è stata non corretta, soprattutto in materia di Liturgia (p. 22), sin dal 1988 (anno delle consacrazioni dei quattro vescovi da parte di mons. Lefebvre e del suo proprio arrivo a Roma in qualità di neo ambasciatore), si prodigò per ricomporre la frattura innanzitutto frequentando discretamente il Priorato di Albano Laziale ed infine nel 1995, poco tempo prima di morire, scrivendo un testo che ha influenzato la nascita del ‘GREC’ e quindi gli incontri “discreti” in dialogo caritatevole e diplomatico più che dottrinale (pp. 21-22) con la dirigenza della FSSPX (p. 29), da cui dieci anni dopo, grazie a Benedetto XVI e il suo “cavallo di battaglia” sulla “ermeneutica della continuità e non della rottura” riguardo al Concilio, è scaturita - secondo p. Lelong - la concessione del Motu proprio del 2007 (p. 49), poi la remissione delle scomuniche ai quattro Vescovi consacrati da Sua Eccellenza mons. Marcel Lefebvre nel 1988 e quindi i colloqui dottrinali “pubblici” tra il Vaticano e la FSSPX (pp. 50-52). L’opera del dr. Gilbert Pérol dopo la sua morte è stata portata avanti da sua moglie, la signora Huguette Pérol, autrice di due interessanti libri sulla questione attualmente dibattuta[2] . Padre Lelong narra di aver fatto la conoscenza di alcuni capifila della FSSPX a partire dal 1996. Innanzi tutto don Emmanuel du Chalard nel Priorato di Albano Laziale (p. 24), il quale «non ha mai cessato di portare il suo sostegno tanto discreto quanto prezioso al ‘GREC’» (p. 24) e nel 1997 con don Alain Lorans, ex Direttore del Seminario di Écône, poi dell’Istituto Universitario San Pio X di Parigi e quindi Direttore dell’Agenzia stampa ufficiale della FSSPX “DICI” (p. 24). Solo allora nacque formalmente il ‘GREC’. Gli incontri avvenivano presso l’abitazione della signora Huguette Pérol a rue de Rome in Parigi; ad essi prendevano parte soprattutto la signora Pérol, p. Lelong, don Lorans, che ne rendeva conto al Superiore generale della FSSPX (p. 29), e p. Olivier de La Brosse, un domenicano divenuto in seguito il portavoce ufficiale della Conferenza Episcopale Francese (p. 24 e 25).
La conferenza si è svolta sabato 5 gennaio.
Domenica 6 è stata celebrata la S. Messa pontificale cantata,
che ha occupato tutta la mattinata. Alla S. Messa è seguito un
pranzo amichevole, animato da numerose conversazioni tra i convitati,
che si è concluso alle 17,00.
Il testo che segue è stato sottoposto a Mons. Williamson prima
di essere pubblicato.
I sottotitoli sono redazionali.
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Lo stato della questione
Dopo il Vaticano II, sono stati i laici che hanno fatto molto per
salvare il resto, oggi è ben possibile che dopo il Vaticano II
bis, siano ancora i laici che faranno molto per salvare il resto del
resto.
La situazione, evidentemente, è molto grave. Era grave
già cinque anni fa ed è ancora più grave oggi, e
rischia di aggravarsi, aggravarsi e aggravarsi, perché il Buon
Dio, sicuramente per punizione nel caso in cui questo faccia parte del
suo piano, il Buon Dio vuole purificare i cattolici. Egli vuole che noi
si comprenda che le mezze misure non servono più. Sembra che non
si voglia imparare la lezione. Dunque serve ancora del castigo.
Così sembra a me.
Don François Chazal ha detto molto bene, in primavera: “la maschera è caduta, ma dopo il
Capitolo del mese di luglio, è tornata al suo posto”.
Dunque, Menzingen, con il Capitolo generale, è riuscito ad
arginare la resistenza, ad ingannarla, ad ammorbidirla, e dunque la
resistenza perde la sua certezza, perde la sua partita, perde la sua
ragion d’essere, fintanto che essa crede che la questione sia chiusa
perché non c’è più la possibilità,
né la probabilità in un prossimo futuro, di un’intesa con
Roma.
Costoro sono dei liberali da lunga data: non è da ieri che
abbiamo il liberalismo di Don Schmidberger, di Don du Chalard, di Don
Lorans, di Mons. Fellay e di Don Pfluger. Si tratta delle teste che
dirigono, e di fatto essi hanno questa attitudine da lungo tempo.
Farò due esempi. Ma si tenga presente che, come diceva Padre
Vallet, spesso citato da Padre Barielle, quand’ero seminarista a
Ecône: “un liberale, salvo una
grazia speciale, non si converte”.
I liberali sono dei crociati e la loro crociata è divina
perché ha una dimensione divina, e ha una dimensione divina
perché è una crociata contro Dio. Il liberalismo è
la guerra a Dio, la guerra fatta a Dio, e poiché si tratta di
silurare Dio, ebbene, tutto è permesso! Tutti i mezzi sono
permessi, quindi, mentire, tradire, ingannare, è tutto santo.
Non è credibile, ma è così, e noi l’osserviamo e
lo constatiamo tutti i giorni! E questo non si cambia da un giorno
all’altro. Proprio al contrario.
Dunque, questa squadra che ha sequestrato la Fraternità non
demorde. Essa fa un passo indietro per avanzare due passi avanti! E
aspetta, questa cupola (come si dice in spagnolo e in italiano), questa
cupola della Fraternità aspetta che il deterioramento della
Fraternità sia più avanzato, perché la prossima
volta passi l’accomodamento con Roma.
Di fatto si può pensare che l’intesa con Roma, l’accordo con
Roma, sia solo la nona parte dell’iceberg che si affaccia, mentre al di
sotto vi sono sempre gli 8/9 che sono il liberalismo crescente.
Diversi tra voi, l’ho sentito qui e là, diversi tra voi
osservano questo liberalismo tra i laici e tra i sacerdoti, e oggi, nel
nostro povero mondo, non c’è niente di più tipico, niente
è più normale di questo processo di liberalizzazione. In
effetti, essendo la crociata del liberalismo ben piazzata ai vertici
della Fraternità, non c’è che attendere la prossima volta
perché questo accada. Nessuna possibilità che essi
invertano rotta e, senza un miracolo, la Fraternità non
può essere salvata.
Il Buon Dio ci donerà un miracolo? Non è escluso! Ed
è questo che confonde, che blocca i più chiaroveggenti,
se posso dire così, cioè coloro che guardano come senza
speranza a questa situazione dei vertici della Fraternità, ma
quello che è imponderabile, incalcolabile, è un
intervento di Dio!
Dunque, è possibile, ma senza di esso, umanamente, la
Fraternità è perduta. L’affare Mater Dei
Faccio due esempi dell’annosità del liberalismo di Menzingen. Si
tratta dell’85/86, qualcuno di voi forse se lo ricorda?
Sono passati più di 25 anni da quando c’è stato l’affare Mater Dei, il seminario che si
voleva installare a Roma per i seminaristi di Ecône.
C’era un capo tra i seminaristi di Ecône, un capo che guidava un
piccolo gruppo di seminaristi. Allora, prima di partire per Roma, essi
fecero propaganda in seminario, per attirare il più gran numero
possibile di seminaristi, per svuotare Ecône e trasferire a Roma
la maggiore quantità possibile di seminaristi.
Come poteva farsi una cosa del genere, senza avere assicurazioni da
Roma? È del tutto logico pensare che il Card. Ratzinger fosse
della partita.
Quindi, in seminario c’era questo gruppo di seminaristi, e in quel
momento il Superiore del Seminario di Ecône era Don Lorans,
mentre Don Schmidberger era il Superiore generale della
Fraternità. Certo, nel 1985 Mons. Lefebvre era ancora in vita, e
in seminario si cominciava a sapere molto bene chi fosse impegnato
nella cosa.
Alla fine la cosa preso corpo e il gruppo partì per Roma. Don
Lorans e Don Schmidberger proibirono che Mons. Lefebvre fosse informato
dei dettagli. In altre parole, Don Lorans e Don Schmidberger, forse,
forse, erano già in combutta col Card. Ratzinger. Comunque sia,
essi nascosero qualcosa a Mons. Lefebvre!
Eravamo ancora nell’85/86, e nel prosieguo la cosa a Roma si
incasinò – non so se il termine è elegante, vi chiedo
scusa [risate];
il capo dei seminaristi scrisse a Mons. Lefebvre per scusarsi in
qualche modo, dicendogli: siamo
stati ricevuti molto male a Roma, tutto quello che ci era stato
promesso non ci è stato dato… esattamente come aveva
previsto Mons. Lefebvre.
Al momento delle consacrazioni, Mons. Lefebvre ne approfittò per
indicare che per la Tradizione non c’era nulla da sperare da parte del
Card. Ratzinger e da parte di Roma.
Questo è un esempio di quel liberalismo! C’è almeno il
sospetto della presenza di quel liberalismo, in questi due dirigenti
della Fraternità! Il G.R.E.C.
L’altro esempio è il G.R.E.C.! Questo è noto adesso dal piccolo
libro che ha scritto il Padre Lelong. Quanti di voi hanno letto il
libro? Si intitola Pour la
nécessaire réconciliation. Qualcuno l’ha letto?
Sì, se n’è sentito parlare! Esso non è difficile
da riassumere! Non è difficile da descrivere, perché si
compone di sole 120/130 pagine, un piccolo libro, facile da leggere…
[dalla sala arriva una
domanda incomprensibile.
– Risposta: Ho risposto a tutto, su internet! (risate)]
Tutto il bene, tutto il male è su internet. E in mezzo a tutta
la spazzatura, certo, sicuramente, sicuro, vi sono quanto meno delle
verità su internet, ed è per questo che la cupola si
scaglia contro internet, perché internet infrange il monopolio
dell’informazione, ed anche il segreto di Menzingen è
fastidioso, fastidioso per il Nuovo Ordine Mondiale. (…)
Perché questo rompe il monopolio dell’opinione pubblica, prima
potevano avvelenarci con i loro mezzi di comunicazione, con i loro
menzogneri mezzi di comunicazione, adesso i loro giornali sono in calo,
perché la gente legge sempre meno, perché per un verso
internet è più facile e per l’altro vi sono molte
più verità su internet che nei mezzi di comunicazione.
Dev’esserci della gente che se ne rende conto e dunque i giornali sono
in calo.
Bene, ritorniamo al G.R.E.C. Questo piccolo libro è stato
scritto da Padre Lelong, un domenicano, un prete molto accettabile
nell’ambiente dei salotti parigini.