sabato 12 gennaio 2013
SAN PIO X: LITTERAE ENCYCLICAE "AD SACROS VNIVERSI CATHOLICI ORBIS"...
In troppo ingrati e difficili tempi le disposizioni arcane della
Provvidenza divina hanno sollevato la Nostra pochezza all'officio di
Pastore supremo dell'universo gregge di Gesù Cristo. L'uomo inimico già
da lunga stagione si aggira intorno a questo gregge, e lo va così
insidiando con sottilissima astuzia, che or più che mai sembra
verificato ciò che l'Apostolo prediceva ai maggiorenti della Chiesa di
Efeso: Io so che entreranno fra voi
lupi rapaci che non perdoneranno all'ovile [1].
— Del quale religioso decadimento coloro, che
nutrono tuttora zelo della gloria di Dio, vanno indagando le ragioni e
le cause; e mentre altri altre ne assegnano, conforme all'opinar di
ciascuno, diverse son le vie che seguono per tutelare e ristabilire il
regno di Dio sulla terra. A Noi, Venerabili Fratelli, checchè sia di
altre cagioni, sembra di preferenza dover convenire con coloro che la
radice precipua dell'odierno rilassamento e quasi insensibilità degli
animi, e dei gravissimi mali che quindi si derivano, ripongono
nell'ignoranza delle cose divine. Il che risponde pienamente a quello
che Dio stesso affermò pel profeta Osea:... E non è scienza di Dio
sulla terra. La maledizione, la menzogna, e l'omicidio, e il
furto, e l'adulterio dilagarono, e il sangue toccò il sangue. Perciò
piangerà la terra e verrà meno chiunque abita in essa [2].
E che infatti fra i cristiani dei nostri giorni sieno moltissimi
quelli i quali vivono in una estrema ignoranza delle cose necessarie a
sapersi per la eterna salute, è lamento oggimai comune, e purtroppo!
lamento giustissimo. E quando diciamo fra i cristiani, non
intendiamo solamente della plebe o di persone di ceto inferiore,
scusabili talvolta, perchè, soggetti al comando d'inumani padroni,
appena è che abbian agio di pensare a sè ed ai propri vantaggi: ma
altresì e sopratutto di coloro, che pur non mancando d'ingegno e di
coltura, mentre delle profane cose sono conoscentissimi, vivono
spensierati e come a caso in ordine alla religione. Può dirsi appena di
quali profonde tenebre questi tali sien circondati; e ciò che più
accuora, tranquillamente vi si mantengono! Niun pensiero quasi sorge
loro di Dio autore e moderatore dell'universo e di quanto insegna la
Fede cristiana. E conseguentemente, sono cose affatto ignote per essi e
l'Incarnazione del Verbo di Dio, e l'Opera di redenzione dell'uman
genere da lui compiuta; e la Grazia che è pur il mezzo precipuo pel
conseguimento dei beni eterni, e il santo Sacrificio e i Sacramenti,
pci quali la detta grazia si acquista e conserva. Nulla poi apprezzano
la malizia e turpitudine del peccato, e quindi non hanno affatto
pensiero di evitarlo o di liberarsene; e così si giunge al giorno
supremo, talchè il ministro di Dio, acciò non manchi una qualche
speranza di salute, è costretto ad usare dei
momenti estremi, che dovrebbero tutti impiegarsi nel fomentare la
carità verso Dio, nel dare una sommaria istruzione delle cose
indispensabili a salute; se pure, ciò che sovente interviene, l'infermo
non sia talmente schiavo di colpevole ignoranza, da credere superflua
l'opera del sacerdote, e senza riconciliarsi con Dio, affronti
tranquillo il viaggio tremendo dell'eternità. Onde è che il Nostro
predecessore Benedetto XIV giustamente scrisse: Questo asseveriamo,
che la maggior parte di coloro, che son dannati agli eterni supplizi,
incontrano quella perpetua sventura per ignoranza dei
misteri della fede che necessariamente si debbono sapere e credere
per essere ascritti fra gli eletti [3].
Ciò posto, Venerabili Fratelli, qual meraviglia che si veda oggi nel
mondo, e non già diciamo fra i barbari, ma in mezzo alle nazioni
cristiane, e cresca ogni giorno più la corruttela dei costumi e la
depravazione delle abitudini? Intimava l'Apostolo scrivendo agli Efesi:
La fornicazione poi ed ogni
immondezza, o l'avarizia,
neppur si nomini fra voi, come si addice ai santi: o la turpitudine, o
lo stultiloquio [4]. Ma egli
a fondamento di questa santità e del pudore, che
infrena le passioni, poneva la sapienza soprannaturale: Guardate dunque, o fratelli, come dobbiate
camminar cautamente non quasi
stolti, ma come sapienti. Perciò non vogliate essere spensierati, ma
intendete bene quale sia la volontà di Dio [5].
E ciò con ragione. Infatti la volontà umana conserva appena alcun
che
di quell'amore dell'onesto e del retto, che Dio creatore le infuse e
che quasi la trascinava al bene non apparente ma verace. Depravata per
la corruzione della colpa primiera, e pressochè dimentica di Dio suo
autore, gli affetti suoi rivolge quasi tutti all'amore della vanità e
alla ricerca del mendacio. — Fa quindi mestieri a questa volontà
fuorviata ed accecata dalle perverse passioni, assegnare una guida, che
la scorga perchè torni sui male abbandonati sentieri della giustizia. E
la guida, non liberamente scelta, ma destinata dalla natura è
l'intelletto appunto. Il quale, pertanto, se manchi di vera luce, cioè
della cognizione delle cose divine, sarà come un cieco che presti il
braccio ad altro cieco, e cadranno entrambi nella fossa.
Il santo Davide, lodando Iddio della luce di verità da lui riverberata
sulle nostre menti, diceva: Signore,
il lume del volto tuo è
segnato sopra di noi [6]. E
la conseguenza di questa luce indicò qual
fosse, aggiungendo: Hai infuso
allegrezza nel mio cuore;
quell'allegrezza cioè, che dilatandoci il cuore, fa che corra la via
dei divini comandamenti.
E che sia difatto così, apparisce manifesto a chi per poco rifletta.
Imperocchè la dottrina di Gesù Cristo ci disvela Iddio e le infinite
perfezioni di lui con assai maggior chiarezza che non lo manifesti il
lume naturale dell'umano intelletto. Ma poi? quella stessa dottrina ci
impone di onorare Dio con la fede,
che è ossequio della mente; con la
speranza, che è ossequio della
volontà; con la carità, che è
ossequio del cuore; e per tal guisa lega tutto l'uomo e lo soggetta
al suo supremo Fattore e Moderatore. Parimente la dottrina di Cristo è
la sola che ci manifesti la vera ed altissima dignità dell'uomo,
additandocelo come figlio del Padre celeste che è nei cieli, fatto ad
immagine di lui e destinato a vivere con lui eternamente beato. Ma da
questa stessa dignità e dalla cognizione della medesima Cristo deduce
l'obbligo per gli uomini di amor vicendevole come
fratelli ch'ei sono, prescrive loro di vivere quaggiù come si avviene
a figliuoli della luce non in
bagordi ed ubbriachezze, non in mollezze ed impudicizie, non in risse
ed invidie [7]; li obbliga
inoltre a riporre in Dio ogni sollecitudine, giacchè egli ha cura di
noi; comanda di stendere la mano soccorritrice al povero, di far bene
a quei che ci fan male, di anteporre i vantaggi eterni dell'anima ai
beni fugaci del tempo. E per non discendere in tutto al particolare,
non è la dottrina di Gesù Cristo che all'uomo, il quale vive di
orgoglio, ispira ed impone l'umiltà, origine di gloria verace?
Chiunque si umilierà... questi è il
più grande nel regno dei cieli [8].
Dalla
stessa dottrina apprendiamo la prudenza dello spirito, per cui fuggiamo
la prudenza della carne; la giustizia, per cui rendiamo il suo diritto
ad ognuno; la fortezza, che ci fa pronti a patir tutto, e con la
quale, con animo generoso, patiamo di fatto ogni cosa per Iddio e per
l'eterna felicità; e finalmente la temperanza, con cui giungiamo ad
amare financo
la povertà, ci gloriamo anzi della croce, non curando il disprezzo. Sta
insomma che la scienza del cristianesimo non è solo fonte di luce
all'intelletto per la consecuzione del vero, ma fonte eziandio di
calore alla volontà, con cui ci solleviamo a Dio e con lui ci uniamo
per la pratica delle virtù.
Con ciò siamo ben lungi dal dire che, anche con la scienza della
religione, non possa unirsi volontà perversa e sregolatezza di costume.
Piacesse a Dio che nol provassero anche troppo i fatti! Sosteniamo
però che non potrà mai esser retta la volontà nè buono il costume,
qualora l'intelletto sia schiavo di crassa ignoranza. Chi ad occhi
aperti procede può certamente uscire dal retto sentiero: ma chi è colto
da cecità, è sicuro di andare incontro al pericolo. — Aggiungasi di più
che la perversità del costume, ove non sia del tutto estinto il lume
della fede, lascia sempre a sperare un ravvedimento; laddove, se alla
corruzione del costume si congiunge, per effetto dell'ignoranza, la
mancanza della fede, il male appena ammette rimedio, ed è aperta la via
all'eterna rovina.
Tanti adunque e sì gravi essendo i danni provenienti dalla ignoranza
delle cose di religione; e tanta, da altra parte essendo la necessità e
l'utilità della istruzione religiosa, giacchè non potrà mai
adempiere i doveri del cristiano chi non li conosca; resta a cercare,
a chi poi si spetti di eliminare dagli animi siffatta ignoranza, e chi
abbia il dovere di comunicare alle anime una scienza così necessaria. —
E qui, Venerabili Fratelli, non vi ha punto luogo a dubitazioni;
giacchè questo gravissimo dovere incombe a quanti sono Pastori di
anime. Ad essi, per comandamento di Cristo, è imposto di conoscere e di
pascere le pecorelle affidate; ora il pascere importa in primo
luogo l'insegnare: Io vi darò,
così Dio prometteva per Geremia, pastori
secondo il cuor mio, e vi pasceranno con la scienza e con la
dottrina [9]. Per la qual
cosa l'Apostolo San Paolo diceva: Non
mi ha
Cristo mandato per battezzare, ma per evangelizzare [10]; volendo cioè
indicare, che il primo officio di quanti, in qualche misura, sono posti
a reggere la Chiesa, è di istruire nella sacra dottrina i fedeli.
Della quale istruzione ci sembra non necessario dir qui le lodi, e
mostrare di quanto merito sia al cospetto di Dio. Certo l'elemosina con
cui solleviamo le angustie dei poverelli, è dal Signore altamente
encomiata. Ma chi vorrà negare che encomio di gran lunga
maggiore si debba allo zelo ed alla fatica, onde si procacciano, non
già passeggeri vantaggi ai corpi, ma, con l'insegnare ed ammonire,
eterni beni alle anime? Nulla per verità è più desiderato e caro a Gesù
Cristo Salvatore, delle anime; il quale, per bocca di Isaia, volle di
sè affermare: Io sono stato mandato
per evangelizzare i poveri [11].
Ma
pel presente scopo, meglio è soffermarci ad un punto solo, e su di esso
insistere, non esservi cioè per chiunque sia sacerdote nè
dovere più grave, nè più stretto obbligo di questo. E per fermo chi è
il quale nieghi che nel sacerdote alla santità della vita debba andare
congiunta la scienza? Le labbra del
sacerdote custodiranno la scienza [12].
E la Chiesa infatti severissimamente la richiede in coloro, che devono
essere assunti al ministero sacerdotale. E perchè mai? perchè da loro
aspetta il popolo cristiano di conoscere la legge divina, e sono essi
perciò mandati da Dio: E
ricercheranno la legge dalla bocca di lui,
perchè egli è l'angelo del Signore degli eserciti [13]. Per la qual cosa il
Vescovo nella sacra ordinazione, parlando agli ordinandi, dice loro: Sia la vostra dottrina spirituale medicina
al popolo di Dio: sieno provvidi cooperatori dell'ordine nostro;
affinchè meditando giorno e notte nella sua legge, credano quello che
avranno
letto, ed insegnino ciò che avranno creduto [14].
Che se ciò vale di qualsiasi sacerdote, che dovrà poi pensarsi di
coloro, che insigniti del titolo e dell'autorità di parroci, in forza
del loro grado e quasi per contratto, hanno officio di reggitori delle
anime? Essi, in certa misura, sono da annoverarsi fra i pastori e
dottori che Cristo assegnò, affinchè i fedeli non sieno a guisa di
pargoli fluttuanti e non sieno, per nequizia degli uomini, aggirati da
ogni vento di dottrina; ma operando
la verità nella carità, crescano
per ogni cosa in colui, che è il capo, Cristo [15].
Per la qual cosa il sacrosanto Concilio di Trento, trattando dei
pastori delle anime, pone per loro primo e massimo dovere l'istruzione
dei fedeli [16]. Quindi ordina ai
medesimi che almeno nelle domeniche e
nelle feste più solenni parlino al popolo delle verità religiose, e
quotidianamente. o almeno tre volte per settimana, facciano altrettanto
nei sacri tempi dell'Avvento e della Quaresima. Non basta: aggiunge
inoltre essere tenuti i parroci, almeno nelle domeniche e nei
giorni festivi, ad istruire, o per sè o per mezzo di altri, nei
principii della fede e nell'obbedienza a Dio ed ai genitori i
fanciulli. E quando poi debbono amministrarsi i sacramenti, prescrive
che si spieghi, secondo l'intelligenza di quelli che stanno per
riceverli, ed in lingua volgare, la virtù dei medesimi.
Le quali prescrizioni del sacrosanto Concilio il Nostro predecessore
Benedetto XIV, nella sua Costituzione Etsi
minime, riassunse e
meglio determinò colle seguenti parole: Due specialmente sono gli obblighi che dal
Sinodo Tridentino furono imposti a chi ha cura
delle anime: l'uno che nei giorni festivi parlino al popolo delle
cose divine; l'altro che istruiscano nei rudimenti della legge di
Dio e della fede i fanciulli ed i rozzi. E giustamente quel
sapientissimo Pontefice
distingue questo doppio dovere, del sermone cioè, che volgarmente
chiamano spiegazione del Vangelo, e del catechismo. Imperocchè forse
non mancano di coloro, che a diminuir fatica, si persuadano che la
spiegazione del Vangelo possa tener luogo dell'istruzione
catechistica. Il qual giudizio ognuno vede quanto sia errato.
Imperocchè il discorso, che si fa sul Vangelo, si rivolge a coloro che
si suppongono
istruiti nei rudimenti della fede. È il pane, per dir così, che si
spezza a chi è già adulto. L'istruzione catechistica invece è quel
latte, cui l'Apostolo S. Pietro voleva che desiderassero con semplicità
i fedeli quasi fanciulli testè generati. — Questo infatti e non altro è
il còmpito del catechista, tôrre a trattare una verità o di fede o di
morale cristiana e spiegarla in ogni sua parte; e poichè il fine
dell'insegnare è sempre la riforma della vita, è d'uopo ch'ei faccia un
confronto fra quello che da noi esige il Signore, e quello che difatto
si opera; quindi per mezzo di esempî opportuni, tratti sapientemente
dalle sante Scritture o dalla Storia ecclesiastica o dagli atti dei
Santi, persuadere e quasi mostrare a dito come debbansi conformare i
costumi; e conchiudere in fine con esortazione efficace, affinchè gli
uditori si muovano a detestazione e fuga del vizio e all'esercizio
della virtù.
Sappiamo che l'officio di catechista da molti non è ben visto,
perchè comunemente non è stimato gran fatto ed è poco acconcio ad
accattarsi plauso. Ma questo, a Nostro avviso, è un giudizio nato da
leggerezza e non da verità. Noi senza dubbio ammettiamo che siano degni
di lode quei sacri oratori, che si dedicano con sincero zelo della
gloria di Dio sia alla difesa ed al mantenimento della fede,
sia all'encomio degli eroi del cristianesimo. Ma la fatica di costoro
ne suppone un'altra, quella cioè dei catechisti; la quale ove manchi,
mancano i fondamenti, e faticano indarno coloro che edificano la casa.
Troppo spesso i fioriti sermoni, che riscuotono il plauso degli
affollati uditori, riescono semplicemente ad accarezzare gli orecchi;
non commuovono affatto gli animi. Per lo contrario l'istruzione
catechistica, benchè piana e semplice, è quella parola, di cui Dio
stesso dice in Isaia: Come scende la
pioggia e la neve dal cielo, e là più non torna, ma inebbria la terra,
e la penetra, e la fa germinare, e dà semenza al seminatore, e pane al
famelico, così sarà la mia parola che uscirà dalla mia bocca: non
tornerà a me vuota, ma opererà quanto io volli, e sarà prosperata nelle
cose per le quali io l'ho mandata. [17]. — Similmente pensiamo doversi dire di
quei sacerdoti, i quali ad illustrare le verità religiose, compongono
libri di gran fatica;
degni perciò di essere assai commendati. Ma quanti sono poi coloro che
leggono siffatti volumi e ne traggono frutto rispondente ai sudori ed
alla brama di chi li scrisse? Laddove l'insegnamento del catechismo,
se si faccia a dovere, non è mai che non rechi vantaggio a chi ascolti.
Giacchè, giova ripeterlo per eccitare lo zelo dei ministri del
santuario, troppi sono adesso coloro, ed ogni dì ne cresce il numero, i
quali ignorano affatto le verità religiose; o di Dio e della fede
cristiana hanno soltanto quella scienza la quale permette loro di
vivere a mo' d'idolatri in mezzo alla luce stessa del cristianesimo.
Quanti sono, nè già soli giovanetti, ma adulti ancora e vecchi cadenti,
i quali ignorano affatto i principali misteri della fede; i quali udito
il nome di Cristo rispondono: Chi
è... perchè debba credere in lui? [18] — In
conseguenza di ciò non si recano punto a coscienza eccitare e nutrire
odî contro del prossimo, fare ingiustissimi contratti, darsi a
disoneste speculazioni, impossessarsi dell'altrui con ingenti usure, e
simili malvagità. Di più, ignorano come la legge di Cristo, non solo
proscriva le turpi azioni, ma condanni altresì il pensarle
avvertentemente e desiderarle; e rattenuti forse da un motivo
qualsiasi dall'abbandonarsi ai sensuali diletti, si pascono, senza
scrupolo di sorta, di pessime cogitazioni; moltiplicando i peccati più
che i capelli del capo. Nè di questo genere, torniamo anche a dirlo, si
trovano solamente fra i poveri figli del popolo, o nelle campagne, ma
altresì e forse in numero maggiore, fra le persone di ceti più elevati
e pur fra coloro cui gonfia la scienza, e che poggiati su d'una vana
erudizione, credono di poter prendere in ridicolo la religione e
bestemmiano quello che ignorano
[19].
Or se è vano aspettare raccolta da una terra, in cui non sia stata
deposta la semenza, in qual modo potranno sperarsi più costumate
generazioni, se non siano istruite per tempo nella dottrina di Gesù
Cristo? Dal che segue, che, languendo ai dì nostri ed essendo in molti
quasi svanita la fede, convien conchiudere adempiersi
assaisuperficialmente, se non anche del tutto trascurarsi, il dovere
dell'insegnamento del catechismo. — Nè vale, per iscusarsi, il dire che
la fede è un dono gratuito comunicato a ciascuno nel santo Battesimo.
Sì, tutti i battezzati in Cristo hanno infuso l'abito della fede; ma
questo germe divinissimo, non si
sviluppa nè mette ampî rami [20]
abbandonato a se stesso e quasi per virtù nativa. Anche l'uomo,
nascendo, porta in sè la facoltà d'intendere; pure ha bisogno della
parola della madre, che quasi la risvegli e la faccia, come dicesi,
uscire in atto. Non altrimenti il cristiano, rinascendo per l'acqua e
lo Spirito Santo, porta in sè la fede; ma gli è mestieri della parola
della Chiesa che la fecondi, la sviluppi e la faccia fruttificare.
Perciò scriveva l'Apostolo: La Fede
è dall'udito, l'udito poi per la
parola di Dio [21]: e per
mostrare la necessità dell'insegnamento, aggiunge:
Come udiranno, se non vi sia chi
predichi? [22]
Che se dalle cose premesse apparisce manifesta la somma importanza
dell'insegnamento religioso; somma altresì deve essere la Nostra
sollecitudine perchè l'insegnamento del Catechismo, che Benedetto XIV
disse: la più utile istituzione per
la gloria di Dio
e la salute delle anime, [23]
si mantenga sempre in vigore, e dove per caso
si trascuri, torni a fiorire. — Volendo pertanto, o Venerabili
Fratelli, adempiere questo gravissimo dovere impostoci dal supremo
apostolato, ed introdurre da per tutto uniformità in questa
rilevantissima materia, colla Nostra suprema autorità stabiliamo e
strettamente ordiniamo che in tutte le diocesi si osservi ed adempia
quanto
segue:
I. Tutti i parroci, ed in generale tutti coloro che hanno cura
d'anime,
in tutte le domeniche e feste dell'anno, senza eccezione alcuna, col
testo del Catechismo ammaestrino, per lo spazio di un'ora, i fanciulli
e le fanciulle in ciò che ognuno dee credere ed operare per
salvarsi.
II. I medesimi in determinati tempi dell'anno, con una istruzione
continuata di più giorni, preparino i fanciulli e le fanciulle a
ricevere i Sacramenti della Penitenza e della Confermazione.
III. Similmente e con cura speciale, in tutti i giorni feriali della
Quaresima e, se fosse necessario, in altri giorni dopo le feste
Pasquali, preparino, con opportune istruzioni e riflessioni i
giovanetti
e le giovanette a fare santamente la prima Comunione.
IV. In tutte e singole le parrocchie si eriga canonicamente la
Congregazione della Dottrina Cristiana. Colla quale i Parroci,
specialmente nei luoghi ove sia scarsezza di sacerdoti, avranno per
l'insegnamento del Catechismo validi coadiutori nelle pie persone
secolari, che contribuiranno a questa opera salutare e santa sì per
zelo della gloria di Dio e sì per lucrare le moltissime indulgenze
concesse dai Sommi Pontefici.
V. Nelle città maggiori, specialmente in quelle ove sono Università,
Licei, Ginnasi, si istituiscano Scuole di Religione destinate ad
istruire nelle verità della fede e nella pratica della vita cristiana
la gioventù che frequenta le pubbliche scuole, dalle quali è bandito
ogni insegnamento religioso.
VI. Considerando poi, che, segnatamente in questi tempi, anche gli
adulti non meno dei fanciulli hanno bisogno della istruzione religiosa;
tutti i Parroci ed ogni altro avente cura di anime, oltre la consueta
omilia sul Vangelo, che deve esser fatta nella Messa parrocchiale in
tutti giorni festivi, spiegheranno il Catechismo ai fedeli
in modo facile e acconcio alla intelligenza degli uditori, in quell'ora
che ciascuno stimerà più opportuna per la frequenza del popolo, fuori
però del tempo in cui si ammaestrano i fanciulli. Nel che dovranno fare
uso del Catechismo Tridentino; e procederanno con tale ordine che,
nello spazio di un quadriennio o quinquennio, trattino tutta la materia
del Simbolo, dei Sacramenti, del Decalogo, dell'Orazione domenicale e
dei Precetti della Chiesa.
Questo, Venerabili Fratelli, noi prescriviamo e comandiamo con
apostolica autorità. Tocca ora a voi, ordinarne l'esecuzione pronta ed
intera nelle vostre diocesi; e colla forza della vostra potestà
vigilare ed impedire che tali Nostre prescrizioni siano dimenticate o,
ciò che equivale, eseguite superficialmente. — Il che perchè si eviti,
fa d'uopo che Voi non cessiate di raccomandare e pretendere che i
parrochi non facciano senza apparecchio queste loro istruzioni, ma vi
premettano diligente preparazione; non parlino parole di umana
sapienza, ma con semplicità di cuore
e nella sincerità di Dio [24],
imitando l'esempio di Gesù Cristo, il quale, benchè rivelasse misteri nascosti
fin dalla costituzione del mondo [25],
parlava nondimeno alle turbe sempre
con parabole, nè senza parabole discorreva alle medesime [26]. E lo stesso
fecero altresì gli apostoli ammaestrati dal Signore; dei quali disse il
Pontefice S. Gregorio Magno: Ebbero
somma cura di predicare ai popoli
ignoranti, cose piane ed intelligibili, non sublimi ed ardue [27]. E per ciò
che spetta alla religione, la più parte degli uomini, ai dì nostri,
sono da considerarsi ignoranti.
Non vorremmo però che da questo studio di semplicità da taluno si
inferisse che questo genere di predicazione non richiede fatica e
meditazione, che anzi ne esige maggiore che qualunque altro genere. Più
agevole assai è trovare un predicatore capace di tenere un eloquente e
pomposo discorso, anzi che un catechista che faccia una istruzione
lodevole sotto ogni riguardo. Qualunque pertanto sia la facilità che
altri abbia da natura di concepire e di parlare, si rammenti bene che
non potrà mai fare un fruttuoso catechismo ai fanciulli ed al popolo
senza prepararvisi con molta riflessione. S'ingannano coloro che,
facendo a fidanza colla rozzezza ed ignoranza del
popolo, credono di poter procedere in questo fatto con trascuratezza.
Per contrario, quanto più l'uditorio è grossolano, cresce l'obbligo di
studio maggiore e di maggior diligenza, per mettere alla portata di
ognuno verità sublimissime e sì remote dalla intelligenza del volgo,
che pur fa d'uopo che tutti, non meno dotti che ignoranti, conoscano
per conseguir l'eterna salute.
Orsù pertanto, Venerabili Fratelli. Ci sia lecito, sul termine di
questa Nostra Lettera, rivolgere a voi le parole che disse Mosè: Se alcuno appartiene al Signore si unisca
a me [28]. Vi preghiamo e
scongiuriamo, riflettete quanta rovina di anime si abbia per la sola
ignoranza delle cose divine. Forse molte cose utili e certamente
lodevoli avete voi istituite nelle vostre diocesi a vantaggio del
gregge affidatovi: a preferenza di tutte però vogliate, con quanto
impegno, con quanto zelo, con quanta assiduità vi è possibile,
procurare ed ottenere che la scienza della cristiana dottrina penetri
ed intimamente pervada gli animi di tutti. Ciascuno, sono parole
dell'Apostolo S. Pietro, come ha
ricevuto la grazia, l'amministri a
vantaggio altrui come buoni dispensatori della multiforme grazia di
Dio [29].
Ed intercedente la Vergine beatissima Immacolata, fecondi la vostra
diligenza e le vostre Industrie l'apostolica benedizione, che, pegno
del Nostro affetto ed auspice dei divini favori impartiamo dall'intimo
del cuore a Voi ed al clero e al popolo a ciascuno di voi affidato.
Dato a Roma, presso S. Pietro il giorno XV aprile MDCCCCV, nel
secondo
anno del Nostro Pontificato.
PIVS PP. X.
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