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mercoledì 6 marzo 2013

"Essi avevano un idolo che prendevano per santo e si rendono conto che invece è un mentitore".

 Un ringraziamento speciale va al benemerito sito Unavox per la traduzione...





Non dispiaccia a Jacques-Régis du Cray, ma la lettera a Mons. Fellay del 28 febbraio 2013 è stata scritta proprio da dei sacerdoti del Distretto di Francia.

Ennemond (Jacques-Régis du Cray), che pretende di conoscere la FSSPX, ha affermato che nessuno dei suoi sacerdoti avrebbe potuto agire così. Molto semplicemente, egli si sbaglia, non tutti i sacerdoti assomigliano necessariamente a don Lorans o a don Célier.

Alcuni di coloro che intervengono nel suo forum, Fecit, hanno creduto di dover biasimare il nostro anonimato. La cosa è risibile, quando si pensi che Jacques-Régis du Cray ne usa e ne abusa.

Jacques-Régis du Cray ha anche messo in dubbio il nostro coraggio. L’anonimato non è necessariamente un segno di viltà. Per resistere pubblicamente alle menzogne del nostro Superiore Generale, noi riteniamo opportuno non lasciare la Fraternità.


Come ricordava Mons. Lefebvre a Dom Thomas d’Aquin, priore del monastero Santa Cruz, in Brasile, dopo l’accordo di Dom Gérard: «I beni della Chiesa appartengono a Cristo Re e non bisogna svenderli né lasciarli cadere nelle mani dei nemici del Suo regno universale».


L’anonimato non è una fuga dalla Croce, come pensa don de Cacqueray, in un fax interno inviato a tutti i sacerdoti del Distretto, l’1 marzo 2013. La croce noi la portiamo. Essa è anche pesante. Da un po’ di tempo la meditazione delle angosce del cuore di NSGC di fronte al tradimento di Giuda, si è fatta più profonda ed ha rinnovato la nostra intima vita sacerdotale.


Di fronte alla nostra lettera, abbiamo sentito delle grida d’orrore da parte dei liberali e degli accordisti. Noi li comprendiamo, senza approvarli. Essi avevano un idolo che prendevano per santo e si rendono conto che invece è un mentitore. Essi ritenevano che la sua politica di ricollegamento con la Roma modernista fosse santa perché condividevano il suo liberalismo. Piuttosto che sottomettersi ai fatti, essi hanno preferito negarli. Non vogliono vedere le menzogne perché non vogliono arrivare alla conclusione che questa politica liberale non viene da uno spirito retto.



Sì, il liberalismo è un peccato che finisce col rendere ciechi. Queste grida d’orrore sono solo delle grida ipocrite. Ci si adombra per una lettera anonima che denuncia gli inganni ripetuti di un superiore nei confronti dei suoi sottoposti, in una materia grave, ma non ci si adombra per le sue menzogne. È il mondo alla rovescia. Per costoro la sovversione consiste, non nel mentire, ma nel denunciare la menzogna. Che strana morale!


Don de Cacqueray, che non è un liberale, ma che è divenuto vittima della sua benevolenza, nel fax interno ci rimprovera un «procedere oggettivamente distruttore». Ma cos’è che oggettivamente è distruttore: mentire o denunciare la menzogna?
 http://www.internetica.it/cacqueray.jpg

Don de Cacqueray trova «grottesco» il numero di 37 sacerdoti aderenti a questa lettera. La cosa ci stupisce, poiché egli sa meglio di chiunque che il numero dei sacerdoti che hanno manifestato la loro totale perdita di fiducia nel Superiore Generale e nel suo Consiglio, supera questa cifra. Per di più, il valore dei fatti comprovati di questa lettera, non dipende dai firmatari, ma da testimoni oculari degni di fede, menzionati in maniera circostanziata. Infine, don de Cacqueray, trova grottesco il giudizio di questo capitolare: «Bisogna riconoscere che il Capitolo è bloccato. Oggi si è per l’OK ad una Fraternità libera nella Chiesa conciliare.»?


Don de Cacqueray ci invita a tenere un comportamento «franco e rispettoso» verso i superiori. Noi allora gli chiediamo: quanto tempo bisogna ancora sopportare che ci si menta e che si ingannino i fedeli?


Eccellenze, reverendi, cari fedeli, una versione originale ricevuta da tutti i sacerdoti della FSSPX, sabato 24 gennaio, che dovevamo leggere dal pulpito, diceva:

«Il decreto del 21 Gennaio cita la lettera del 15 dicembre scorso al Card. Castrillon Hoyos nella quale esprimevo il nostro attaccamento “alla Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo che è la Chiesa Cattolica”, ribadendo la nostra accettazione del suo insegnamento bimillenario e la nostra fede nel Primato di Pietro.Ricordavo quanto noi soffriamo della situazione attuale della Chiesa in cui questo insegnamento e questo primato sono vilipesi, e aggiungevo: “Noi siamo pronti a scrivere il Credo con il nostro sangue, a firmare il giuramento antimodernista, la professione di fede di Pio IV, noi accettiamo e facciamo nostri tutti i concili fino al Vaticano II, a proposito del quale esprimiamo delle riserve



Alcuni giorni dopo, quest’ultimo passo è diventato:

«Noi siamo pronti a scrivere il Credo con il nostro sangue, a firmare il giuramento antimodernista, la professione di fede di Pio IV, noi accettiamo e facciamo nostri tutti i concili fino al Vaticano I. Ma non possiamo che esprimere delle riserve nei confronti del Concilio Vaticano II, che si è voluto “diverso dagli altri”».


Come giustificare una tale differenza?


All’epoca, Mons. Fellay disse ai Priori che si era trattato di un errore del Segretario Generale, che avendo lavorato tutta la notte, si era sbagliato.

Ma, alla fin fine, dopo aver soppresso la prima versione, si è pubblicata la versione corretta, che figura in tutti i siti della Fraternità… oggi sappiamo che è proprio la prima versione che rappresenta il pensiero di Mons. Fellay, poiché egli cerca di sottomettersi alla Chiesa concreta.



Giovedì 29 ottobre 2009, il redattore in capo del blog Osservatore Vaticano, Vini Ganimara, pubblicò un articolo intitolato “Forces et faiblesses de la diplomatie de Monseigneur Fellay” (Forza e debolezza della diplomazia di Mons. Fellay). In cui si legge:

«Mons. Fellay ha saputo adottare progressivamente un linguaggio misurato, che fa dimenticare le sue passate dichiarazioni di tutt’altro senso, al pari dei discorsi aggressivi degli altri vescovi della FSSPX, e che toglie argomenti all’“opinione pubblica” episcopale (in Germania, per esempio), che cerca di ostacolare la buona volontà del Papa. Questo terzo punto – decisivo, perché non c’è negoziato senza do ut des – dimostra le sue capacità diplomatiche e insieme la debolezza del suo margine di manovra. Faccio un esempio: dopo la remissione delle scomuniche, egli ha inviato a tutti i priorati del mondo una “lettera ai fedeli” (24 gennaio 2009) che conteneva la citazione della sua lettera al cardinale Castrillon (15 dicembre 2008), che aveva permesso la rimozione delle censure: “noi accettiamo e facciamo nostri tutti i concili fino al Vaticano II, a proposito del quale esprimiamo delle riserve”. Questa formulazione provocò una tale levata di scudi che qualche giorno più tardi una nuova versione di questa lettera del 24 gennaio citava così la lettera al cardinale: “facciamo nostri tutti i concili fino al Vaticano I. Ma non possiamo che esprimere delle riserve nei confronti del Concilio Vaticano II, che…”. Ben inteso, è la prima versione quella ricevuta dal cardinale Castrillon, mentre la seconda versione non è un falso, ma una traduzione ad uso dell’opinione pubblica della FSSPX



Mons. Fellay e i mezzi di comunicazione della Casa Generalizia hanno mentito in passato, hanno ancora mentito recentemente nel loro comunicato, perché dovremmo credere che cesseranno di farlo in avvenire?

Questo scandalo e questa mascherata sono durate fin troppo. Devono cessare e cesseranno.


La Sapinière
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1 commento:

  1. Ahi, ahi,ahi, anche don Cacqueray cade nell'inchino all'autorità umana!

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