- Non è Fanjeaux, ma Saint-Joseph-des Carmelitani a Carcassonne in Aude. (Ed)
martedì 12 marzo 2013
La Sapinière: Breve riflessione sul testo della Dichiarazione dottrinale del 15 aprile 2012
Ringraziamo della traduzione dal Francese all'Italiano i gentilissimi gestori di Unavox...
Di
un sacerdote anonimo della Fraternità San Pio X
Mi
è stata chiesta una prima impressione sul testo oggi pubblicato su La Sapiniére
e altri buoni siti della Resistenza al Ricongiungimento. Spero che qualcuno
meglio qualificato di me avrà il tempo di studiare tutte le sottigliezze di
questa dichiarazione, ma certi punti problematici sono facilmente individuabili
fin da adesso. Ecco dunque, come richiestomi, alcune riflessioni a
caldo.
Come
diceva lo stesso Mons. Fellay, a maggio o giugno 2012, la reazione a questo
testo dipenderà dalla disposizione di spirito di ciascuno («occhiali rosa o
neri…»). In effetti, dopo diversi paragrafi che riaffermano l’attaccamento al
Papa e alla dottrina tradizionale, si trovano delle affermazioni scandalose.
Questo miscuglio di vero e falso ricorda il procedimento dei modernisti, come
denunciato nella Pascendi da San Pio
X. Dunque è il caso di dire che si tratta di un testo ambiguo, cosa che in sé è
una mancanza grave, poiché non si può cercare di ricostruire la Chiesa basandosi
su un malinteso. Questa non è onestà, né in rapporto a Roma, né in rapporto alla
Tradizione. Il Consiglio Generale ci mostra in pratica che esso crede che il
fine giustifichi i mezzi. Quanto meno su di essi grava una piccola onta, poiché
ha dovuto essere la Resistenza a pubblicare questo testo.
Ecco
dunque in breve alcuni punti problematici, per non dire di
più.
1
– In questo testo si ritrova, senza sorpresa, ciò che si sapeva da lungo tempo,
poiché rivelato da Don Pfluger il 5 giugno 2012 a Saint-Joseph-des-Carmes,
à Carcassonne, nell’Aude, mi pare, e che in sé è un’abominazione (cfr. il punto
3.4 della dichiarazione). Dire che il Vaticano II esplicita «certi elementi»
contenuti implicitamente nell’intera Tradizione della Chiesa, significa mettere
questo concilio «pastorale» (peraltro dirottato, piratato, dai massoni e dai
modernisti) sullo stesso piano dei concilii legittimi e dottrinali. Quando si
riflette, il Vaticano II, anche se si è svolto sotto la presidenza e
l’approvazione di due Papi, si può accostare di più ad un conciliabolo che a un
vero concilio, perché questi Papi se ne sono serviti in maniera illegittima,
cioè per produrre una rivoluzione nella Chiesa. Per questo parlo di
conciliabolo. La prima cosa che un Papa cattolico farà, sarà dichiarare questo
concilio illegittimo e come mai avvenuto, come è accaduto per diversi concilii
orientali all’inizio della Chiesa.
2 -
La seconda mancanza grave di questa parte del testo sta nel non menzionare quali
sono gli elementi della Tradizione che sarebbero stati esplicitati dal Vaticano
II. Si tratta della libertà religiosa? Della collegialità? Del «subsistit in»?
Dell’ecumenismo? Del permesso perché le letture della Messa si facessero in
volgare? Del permesso di portare il clercyman invece della
tonaca?
3
– La terza cosa che faccio notare è che invece di dire che vi sono dei testi
erronei, che non possono in alcun modo essere interpretati bene, si dice che vi
sarebbe modo di discuterne per arrivare ad una buona interpretazione (cfr. punto
3.5). Non si dice neanche che il concilio Vaticano II insegna delle dottrine
precedentemente condannate dai Papi tradizionali. Ora, questo si scontra con la
nostra posizione di sempre, secondo la quale nel Vaticano II vi sono tre tipi di
documenti: quelli «buoni», quelli da interpretare nel senso della Tradizione e
quelli da correggere assolutamente ( si veda il Catechismo cattolico della crisi nella
Chiesa, di Don Gaudron, n° 29).
4 -
Globalmente, questa dichiarazione dice che si vuole rimanere fedeli alla
Tradizione, ma che si è pronti a mettere da parte la questione dottrinale. Si è
pronti a firmare un accordo, e per il futuro, una commissione di studio si
incaricherà di delucidare i punti del Vaticano II che sembrano andare contro la
Tradizione (cfr. punto 3.6). Si tratta dunque della formulazione del principio
secondo il quale si è pronti a firmare un accordo puramente pratico, senza la
preventiva correzione degli errori del Vaticano II.
5
– Invece di una dichiarazione contro la nuova Messa, in quanto attenta
gravemente alla maestà di Dio e in quanto peccato grave contro il 1°
Comandamento, ci si accontenta di riconoscerne la validità a certe condizioni
(cfr. punto 3.7). Si mette sotto il moggio il fatto che il Novus Ordo Missae
attenta direttamente al più grande tesoro della Chiesa, alla fonte della vita
soprannaturale, che è il Sacrificio del Capo della Chiesa, Nostro Signore Gesù
Cristo.
6
– Vi è anche il riconoscimento del Diritto Canonico del 1983, sotto il quale si
accetta di porsi. Mons. Lefebvre diceva che detestava questo Codice avvelenato
dalle teorie del Vaticano II. Ricordiamoci del canone 844 che permette la
«communicatio in sacris», la condivisione dei sacramenti fra cattolici e non
cattolici (cfr. punto 3.8).
In
conclusione, questa dichiarazione dottrinale ci mostra fino a che profondità il
Consiglio Generale è caduto nell’abisso. Essa conferma l’avvertimento del
Catechismo di Don Gaudron, che ci avvisava del grave pericolo di contaminazione
che comporta la frequentazione delle autorità romane (Vedere le pagine
291 e 294 della edizione maggio 2008). Utinam! Avesse voluto il Cielo che il
Consiglio generale avesse fatto del Catechismo Gaudron la sua lettura prima di
coricarsi. Non saremmo qui!
Da
un sacerdote, anonimo, della Società di San Pio X
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