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martedì 1 marzo 2011

Marcel Lefebvre: "QUALI SONO I FRUTTI DELLA NUOVA MESSA?"...

...Oggi, non piú all'esterno, ma all'interno stesso della cattolicità l'esistenza di divisioni e scismi è ufficialmente riconosciuta; l'unità della Chiesa è non piú soltanto minacciata ma già tragicamente compromessa e gli errori contro la fede s'impongono, piú che insinuarsi, attraverso abusi ed aberrazioni liturgiche ugualmente riconosciute
L'abbandono di una tradizione liturgica che fu per quattro secoli segno e pegno di unità di culto (per sostituirla con un'altra, che non potrà non essere segno di divisione per le licenze innumerevoli che implicitamente autorizza, e che pullula essa stessa di insinuazioni o di errori palesi contro la purezza della fede cattolica) appare, volendo definirlo nel modo piú mite, un incalcolabile errore. 
Corpus Domini 1969


L'introduzione del "Novus Ordo Missae", atto centrale della riforma liturgica, ha realmente avuto le attese benefiche conseguenze, oppure ha prodotto i prevedibili disastrosi effetti?
Questa domanda ci costringe a esaminare più da vicino le circostanze di questa riforma singolare, unica nella storia della Chiesa, e ci illumina sul nostro dovere per il futuro.
Per giudicare del valore dogmatico, morale e spirituale di questa riforma, dobbiamo ricordare brevemente i princìpi immutabili della fede cattolica su ciò che costituisce essenzialmente la nostra Messa.

I tre princìpi fondamentali della dottrina cattolica sulla Messa

In Missa offertur Deo veruni et proprium sacrìficium: « Nella Messa è offerto a Dio un vero e proprio sacrificio » '. Questa proposizione è di fede divina cattolica definita, e chi la negasse sarebbe eretico. Ora, qualunque sacrificio esige un sacerdote, una vittima e un'azione sacerdotale per mezzo della quale la vittima sia offerta. Hostia seu Victima est « ipse Christus » prcesens sub speciebus pani et vini:«Nella Messa e sulla croce la Vittima e il Sacerdote principale sono identici. La Vittima è il "Cristo stesso", presente sotto le specie del pane e del vino». Sarebbe parimenti eretico chi negasse queste due ultime proposizioni. Tre elementi sono quindi essenziali alla realtà del Sacrificio della Messa:
1)    il sacerdote (Sacerdotes, illique soli, sunt ministri: «I sacerdoti, ed essi soli, sono ministri»), segnato dal carattere sacerdotale;
2)    la presenza reale e sostanziale della Vittima, che è il Cristo;
3)    l'azione sacerdotale dell'oblazione sacrificale, che si compie essenzialmente nella consacrazione.
Non dimentichiamo che precisamente queste tre verità fondamentali sono negate dai protestanti e dai modernisti. E non dimentichiamo che, proprio per manifestare il loro rifiuto della fede in questi dogmi, le loro Messe si sono mutate in semplice « culto », in cena, in assemblea eucaristica, dove la lettura biblica, la Parola, si è ampiamente sviluppata a detrimento dell'offerta e della liturgia sacrificale.

I frutti della nuova Messa

Ad eccezione di alcuni minimi vantaggi accidentali, o per meglio dire dell'unico vantaggio che è la lettura dell'epistola e del Vangelo in lingua nazionale, bisogna purtroppo affermare che tutta la riforma è un attentato, diretto o indiretto, a queste tre verità essenziali della fede cattolica. Non si tratta dunque di una riforma liturgica simile a quella di san Pio X; si tratta, senza alcun dubbio, di una nuova concezione della Messa. I riformatori non l'hanno nascosto. Tale concezione è esattamente quella definita nel paragrafo 7 della costituzione che fa da introduzione e presentazione del "Novus Ordo Missae".




Breve esame critico del «Novus Ordo Missæ»
Presentato al Pontefice Paolo VI dai Cardinali Ottaviani e Bacci





Cominciamo dalla definizione di Messa che si presenta al par. 7, vale a dire in apertura al secondo capitolo del Novus Ordo: «De structura Missæ». 
«Cena dominica sive Missa est sacra synaxis seu congregatio populi Dei in unum convenientis, sacerdote præside, ad memoriale Domini celebrandum(2). Quare de sanctæ ecclesiæ locali congregatione eminenter valet promissio Christi “Ubi sunt duo vel tres congregati in nomine meo, ibi sum in medio eorum(Mt. 18, 20)». 
La definizione di Messa è dunque limitata a quella di «cena», il che è poi continuamente ripetuto (n. 8, 48, 55d, 56); tale «cena» è inoltre caratterizzata dalla assemblea, presieduta dal sacerdote, e dal compiersi il memoriale del Signore, ricordando quel che Egli fece il Giovedí Santo. 
Tutto ciò non implica: né la Presenza Reale, né la realtà del Sacrificio, né la sacramentalità del sacerdote consacrante, né il valore intrinseco del Sacrificio eucaristico indipendentemente dalla presenza dell'assemblea . Non implica, in una parola, nessuno dei valori dogmatici essenziali della Messa e che ne costituiscono pertanto la vera definizione. Qui l'omissione volontaria equivale al loro «superamento», quindi, almeno in pratica, alla loro negazione 
Nella seconda parte dello stesso paragrafo si afferma - aggravando il già gravissimo equivoco - che vale «eminenter» per questa assemblea la promessa del Cristo: «Ubi sunt duo vel tres congregati in nomine meo, ibi sum in medio eorum» (Mt. 18, 20). Tale promessa, che riguarda soltanto la presenza spirituale del Cristo con la sua grazia, viene posta sullo stesso piano qualitativo, salvo la maggiore intensità, di quello sostanziale e fisico della presenza sacramentale eucaristica. 
Segue immediatamente (n. 8) una suddivisione della Messa in liturgia della parola e liturgia eucaristica, con l'affermazione che nella Messa è preparata la mensa della parola di Dio come del Corpo di Cristo, affinché i fedeli «instituantur et reficiantur»: assimilazione paritetica del tutto illegittima delle due parti della liturgia, quasi tra due segni di eguale valore simbolico, sulla quale torneremo piú tardi. 
Di denominazioni della Messa ve ne sono innumerevoli: tutte accettabili relativamente, tutte da respingere se usate, come lo sono, separatamente e in assoluto. Ne citiamo alcune: Actio Christi et populi Dei, Cena dominica sive Missa, Convivium Paschale, Communis participatio mensæ Domini, Memoriale Domini, Precatio Eucharistica, Liturgia verbi et liturgia eucharistica, ecc. 
Come è fin troppo evidente, l'accento è posto ossessivamente sulla cena e sul memoriale anziché sulla rinnovazione incruenta del Sacrificio del Calvario. Anche la formula «Memoriale Passionis et Resurrectionis Domini»  è inesatta, essendo la Messa il memoriale del solo Sacrificio, che è redentivo in sé stesso, mentre la Resurrezione ne è il frutto conseguente. Vedremo piú avanti con quale coerenza, nella stessa formula consacratoria e in generale in tutto il Novus Ordo, tali equivoci siano rinnovati e ribaditi....

Tutte le novità prescritte rispecchiano questa concezione, più vicina alla concezione protestante che a quella cattolica. Le dichiarazioni dei protestanti,  che hanno contribuito a questa riforma, illustrano in modo tristemente ingenuo questa verità.
È più che legittimo domandarsi allora se, scomparendo insensibilmente la fede cattolica nelle verità essenziali della Messa, la validità delle Messe non scompaia con essa. L'intenzione del celebrante si fonderà d'ora innanzi sulla nuova concezione della Messa, che ben presto non sarà diversa dalla concezione protestante. A questo punto la Messa non sarà più valida.
Ora, dobbiamo essere ben persuasi che la Messa non è solo il più importante atto religioso, ma che è la sorgente stessa di tutta la dottrina cattolica, la sorgente della fede e della morale: individuale, familiare, sociale. Dal Sacrificio della croce perpetuato sull'altare derivano tutte le grazie che consentono alla società cristiana di vivere e di svilupparsi. Inaridire la sorgente significa annullarne tutti gli effetti.
Tali effetti - che sono i frutti dello Spirito Santo descritti così eloquentemente da san Paolo ai Gàlati (5,22) - sono sul punto di scomparire dalla società. Le famiglie sono divise, gli ordini religiosi e le parrocchie sono colpiti dal virus della discordia. E ne sono colpiti anche gli stessi vescovi e i cardinali.
La Messa cattolica ha sempre avuto, e ha ancora, l'effetto di elevare gli uomini verso la croce, di unirli in Gesù Cristo crocifisso, Nostro Signore, di attenuare in loro i fermenti del peccato da cui hanno origine le divisioni. Se la croce di Nostro Signore sparisse, se il Suo corpo e il Suo sangue non fossero più resi presenti, gli uomini finirebbero col ritrovarsi intorno a una tavola deserta e senza vita. Nulla più li unirebbe.
Di qui, senza dubbio, quello scoraggiamento, quella noia, quella cupa tetraggine che cominciano a diffondersi ovunque. Di qui la crisi delle vocazioni, che non hanno più motivo. Di qui quella secolarizzazione e profanazione del sacerdote che non trova più la sua ragion d'essere. Di qui quell'appetito mondano. Per colpa di questa concezione protestante della Santa Messa, Gesù abbandona a poco a poco le chiese, così spesso profanate.

Una riforma attuata in modi mai visti prima nella storia della Chiesa

Guardiamo ai fatti: la concezione di questa riforma; il modo nel quale è stata emanata in una serie di edizioni successive indebitamente modificate; i mezzi con i quali la si è resa obbligatoria, spesso tirannicamente, come per esempio in Italia; la modifica della definizione della Messa data dall'articolo 7 della costituzione che precede il nuovo messale, concepita però in modo da lasciare inalterato il rito stesso. È una serie di circostanze senza precedenti nella Tradizione della Chiesa romana, che ha sempre proceduto cum Consilio et sapientia: con prudenza e saggezza.

Una sola conclusione possibile: restare fedeli alla Messa tradizionale

Tutte queste constatazioni ci autorizzano a mettere in dubbio la validità di questa legislazione e dunque di conformarci al canone 23 del Codice di diritto canonico di Benedetto XV: « In caso di dubbio, non è presunta la revoca di una legge, bensì la legge posteriore deve essere ricondotta alla precedente e, per quanto è possibile, con essa conciliata». Sussiste dunque un dovere assoluto, un assoluto diritto: la preservazione della fede. La Santa Messa ne è l'espressione vivente e la sorgente divina. Di qui la sua primordiale importanza.

2 commenti:

  1. «Ubi sunt duo vel tres congregati in nomine meo, ibi sum in medio eorum» (Mt. 18, 20)

    "Ma gli scismatici non si facciano illusioni! Essi - infranta la pace e l'unità della Chiesa - hanno avuto l'empio ardire di radunare delle conventicole irreligiose, contrapponendole alla Chiesa; proprio non avevano assolutamente capito il detto del Signore: Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, dissipa . Non dice di trovarsi insieme a due o tre di tal risma, perché essi vanno contro la pace e l'unità della Chiesa: ha assicurato di essere presente di persona dove vi sono due o tre riuniti nel suo nome, ma con quelli che vivono nella carità e nella concordia della Chiesa; con quelli che si riuniscono, unanimi e concordi, nel nome del Signore. Gli scismatici possono ben appropriarsi del detto del Signore: dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono anch 'io, in mezzo a loro."San Cromazio di Aquileia – commento al Vangelo di Matteo- Trattato 59 Mt 18:19-35

    Ma ce ne sono altre....
    CVCRCI

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  2. Altre analisi che vanno dritte al cuore del problema e colpiscono la mente logica. Meglio non chiedersi come non possano capire, vescovi e papa, di questa rovina ed il perchè, tanto è logico...Si finirebbe per capire, noi che ci chiediamo,che hanno capito anche loro,ma non reagiscono. Perchè non reagiscono? Tristemente mi sorge una sola risposta

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