Per la maggior Gloria di Nostro Signore cerchiamo persone disponibili ad eventuali Traduzioni da altre lingue verso l'Italiano. per chi si rendesse disponibile puo' scrivere all'indirizzo Mail: cruccasgianluca@gmail.com
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

giovedì 17 marzo 2011

Un discorso del generale de Charette … io dichiaro che noi siamo pronti a combattere ed a morire se occorre, per il Papa-Re, per il Potere Temporale, doppio simbolo di ogni legittimità…

Beato Papa Pio IX


La Domenica del 3 luglio anno corrente (1892) celebravasi a Parigi, nella Cappella dei Circoli Operai di Montparnasse, una Messa commemorativa per il centenario della nascita di Pio IX. Il panegirico dell’immortale Pontefice fu pronunziato dal Rev. Padre de Pascal. Dopo la cerimonia religiosa, si tenne un banchetto sotto la presidenza del generale de Charette, già tenente colonnello, comandante in 2.° il glorioso reggimento dei Zuavi Pontificii, l’eroe di Castelfidardo, di Nerola e di Mentana. Alle frutta, il generale barone Atanasio De Charette fece il seguente bellissimo discorso, grandemente ammirato da quanti ebbero la sorte di udirlo:


“Mio Rev. Padre, signori e cari camerati:
è un pericoloso onore quello che mi fate, chiedendomi di parlarvi anch’io dell’amatissimo Pio IX, del Grande Pontefice che ha lasciato nei nostri cuori sì care memorie.
Una parola più eloquente della mia ha ritracciato stamane col più nobile ed elevato linguaggio le grandi linee di quel memorando Pontificato, ed io intendo qui limitarmi a reminiscenze personali, onde comprenderete agevolmente quanto sincero fosse l’affetto ch’egli aveva saputo ispirare a noi tutti e quanto sia viva tuttora la nostra gratitudine.
E voi, signori, che avete la compiacenza di accoglierci fra voi, in questo Circolo di Montparnasse , il quale conta già tanti e sì gloriosi anni di esistenza, permettetemi di trattarvi come Zuavi Pontificii e di entrare nell’argomento senza altri preamboli.
Io lasciai Roma nel settembre del 1870 e non vi ritornai che dopo la morte di Pio IX.
Come narrarvi le mie impressioni nel rientrare nell’antico Patrimonio di S. Pietro, per Passo Cerose, nel rivedere Monterotondo, Porta Pia, S. Giovanni in Laterano, S. Lorenzo.
Ciascuno di questi luoghi mi ricordava qualche fatte d’arme, qualche compagno gloriosamente caduto, e nei giorni felici taluna di quelle feste che lasciano in cuore indelebile rimembranza.
Ma di tutte queste impressioni la più forte fu quella che provai nel passare presso il cimitero di S. Lorenzo, ove riposano nelle Catacombe tanti esseri carissimi.
Pio IX, sdegnando la sontuosa tomba di Maria Maggiore, ch’eragli destinata, volle essere sepolto in quelle stesse Catacombe, in mezzo ai suoi Zuavi, come per dare loro una ultima arra di amore e di speranza.
La mia prima visita fu per S. Pietro. Era di sera: io m’incamminai verso un lumicino, tremolante come quelli che si pongono dinanzi alle Madonne. Quale scossa non sentii nell’animo, leggendo sul monumento in cui riposano tutti Papi prima di ricevere la lo loro sepoltura definitiva, queste parole Pius IX Pontifex Maximus! Caddi in ginocchio, pregai e piansi. Ma il Papa non muore ed era appunto venuto il momento di andare ad offrire a Leone XIII l’inalterabile devozione degli Zuavi Pontificii.
Voi sentite, non è vero? signori, ciò che avveniva allora nel mio cuore tutto pieno della memoria di Pio IX, e come non potessi senza indicibile commozione andare a prostrarmi ai piedi del suo Successore.
Quando si è consacrato tutto il proprio cuore ad un Sovrano come quello dì cui celebriamo oggi il centenario, si ha l’anima invasa da una specie di angoscia. Proverò io gli stessi sentimenti per Colui che occupa ora quel medesimo treno, dinanzi al quale m’inchinava con tanto amore?
Ma, dopo essere stato introdotto in quella stanza ov’ero stato sì spesso ricevuto da Pio IX, quando risollevai il capo, dopo le tre genuflessioni d’uso, e vidi il Vegliardo dalla bianca sottana assiso sul trono presso il quale io mi era tante volte inginocchiato, compresi come il Papato non muoia mai, ed offrii la mia persona, il mio cuore e la mia vita al Successore di Pio IX. 
Il Sovrano Pontefice mi colmò di onori, e donò a quanti avevano degnamente portato la tunica dello Zuavo sotto Pio IX la medaglia Benemerenti, massimo onore che ci fosse date di ambire. 
Non dimenticherò mai Leone XIII nell’atto di stringersi al cuore il mio unico figlio, o di fargli fare la prima Comunione.
Alla prima udienza ch’io ebbi il bene di ottenere da Pio IX, egli ci diresse queste memorande parole: «Andate a testa alta, non temete; perché servite al diritto, alla giustizia, alla verità.» E noi andammo giubilanti a Castelfidardo.
Formavamo appena una compagnia, quando Mons. De Merode ci mandò a scortare il Papa in una visita a S. Agnese. Ciascuno di noi ne ebbe una medaglia ed una Benedizione.
Vi sovviene, cari camerati, del campo di Porto d’Anzio, nell’aprile 1862? Noi avemmo la felicità di restare per un mese colle truppe pontificie a formare una guardia d’onore al Santo Padre, sotto gli ordini del generale Kanzler. Rammentate la bella festa della distribuzione delle bandiere?
La bandiera consegnataci in quel giorno ha vedute molte battaglie, e quando, il 22 settembre 1870, il reggimento fu disciolto e rimpatriato secondo le diverse nazionalità, ciascuno ne portò seco un brandellino, come memoria del passato e più ancora come pegno dell’avvenire.
Non vi fu mai uomo più seducente di Pio IX: il suo cuore, prescindendo anche dal carattere sacerdotale, raggiava di bontà e carità. Il suo aspetto fisico stesso aumentava il fascino che da vicino o da lontano subivano tutti coloro che lo hanno conosciuto: maestà impareggiabile, nata da ineffabile semplicità; grande intelligenza, che non escludeva una grande finezza; eloquenza notevole, soavissima all’anima; facili scatti di carattere vivace ed impetuoso, corrotti subito da sentimenti di bontà sgorganti dal cuore.
Ho detto che Pio lX aveva notevole eloquenza; ma non basta: era un grande oratore. Possedeva tutto: la prestanza, il gesto, la voce - a Roma non eravene altra più bella - il tatto, l’argutezza, l’amplitudine, la fiamma. Ammaliava, soggiogava, trasportava l’uditorio. Il Cardinale Place, che aveva avuto l’onore di essere consacrato da Pio IX, dal quale era particolarmente e da gran tempo conosciuto, mi raccontava, or non ha molto, come un protestante, ministro a Ginevra, uomo ragguardevole ed intelligentissimo, il quale aveva passato molti anni in Italia ed a Roma, gli dicesse un giorno dopo un discorso di Pio IX a S. Andrea della Valle: Ho udito i principali predicatori ed oratori dell’Italia e di Roma (il P. Ventura era allora all’apice della sua fama): quanto Ventura mi è sembrato superiore agli altri oratori, altrettanto Pio IX è superiore a Ventura.»
Si poteva riassumere in una parola l’impressione ch’egli produceva a prima vista e che andava crescendo dì mano in mano che lo si conosceva meglio: era un grande affascinatore; affascinava tutti coloro che lo avvicinavano.
Amava il suo reggimento di un amore sconfinato. Noi gli avevamo mandato nel 1877, per il giorno della sua festa - l’ultima, ahimè! - una statuetta d’argento, rappresentante un Zuavo che porta la bandiera del Sacro Cuore. Egli disse ad un Zuavo presente quanto fosse felice di possedere quella statuetta, che teneva sempre sulla sua scrivania. «E’ bella!» osservò, e, rigirando l’occhio al Zuavo, aggiunse con quel sorriso sì buono, sì penetrante, si espressivo, che tutti conosciamo: «Tutti gli Zuavi sono belli, o almeno quasi tutti.» Lo Zuavo, che mi raccontava questo aneddoto, diceva poi: «Non cambierei questa divisa con tutti i titoli di nobiltà del mondo».
Bisognerebbe scrivere volumi per narrare la vita dì questo grande e santo Pontefice; ma lasciatemi terminare col racconto dello spettacolo più grandioso ch’io abbia veduto in vita mia.
Era il 19 settembre 1870. Le truppe italiane avevano completato l’investimento della città eterna, e l’ultimo atto del dramma cominciato nel 1859 stava per recitarsi; il sacrifizio stava per consumarsi. Sempre fedeli alla nostra divisa, noi speravamo contro ogni speranza, domandavamo a Dio un miracolo! Io aveva ricevuto il comando alla porta di S. Giovanni in Laterano, quando fui avvertito che il Santo Padre entrava alla Scala Santa.
Non esagero: sembravami che intorno alla fronte del nostro augusto Pontefice risplendesse l’aureola dei Santi e dei Martiri. Ognuno aveva coscienza che stesse per compiersi alcun che di straordinario. Giunto all’ultimo gradino dopo essersi curvato a baciare la Croce che segna la traccia del Sangue del Salvatore, il Santo Padre, levando le braccia come Mosè alla vista della terra di Canaan, rivolse questa preghiera al Dio degli eserciti:

«O tu, gran Dio, mio Salvatore, tu di cui io sono il servo dei servi, tu di cui io sono l’umile rappresentante, tu supplico, per questo prezioso Sangue, caduto al tuo divin Figlio in questi luoghi stessi, e del quale io sono il supremo dispensatore; ti supplico, pei tormenti, pel supplizio del tuo divin Figlio che salì volontariamente questa scala di obbrobrio, per offrirsi in olocausto dinanzi a Cesare, dinanzi a quel popolo che lo insultava e pel quale andava a morire sopra una croce infame , oh! ti prego, abbi pietà del tuo popolo e della tua Chiesa, tua diletta figlia. Sospendi il tuo corruccio, la tua giusta ira. Non permettere a mani infami di venire a contaminare la tua dimora. Perdona al mio popolo, che è tuo, che ha fatta rossa del suo sangue questa terra benedetta. E se una vittima si richiede, o mio Dio! prendi il tuo indegno servo, il tuo indegno rappresentante!
Pietà, mio Dio! pietà, te ne prego; mi checché avvenga, sia fatta la tua santa volontà!».

Noi tutti piangevamo. Mai più non assisterò ad una scena tanto sublime e straziante ad un tempo. Aspettai il Santo Padre sulla porta, e, avendo fatto schierare i miei in ordine di battaglia, pregai il Pontefice di benedirci... Le donne del popolo gli afferravano le mani, sì avvinghiavano alla sua sottana, gridando: «Coraggio, Santo Padre coraggio!»
Il 20 settembre, mentre noi sfilavamo per un’ultima volta sulla piazza di S. Pietro col cuore infiammato d’ira e coll’anima in lutto, ma serbando sempre una suprema speranza, quando il nostro ultimo grido di Viva Pio IX, Papa e Re! andò a spirare ai suoi piedi, Pio IX svenne fra le braccia dei suoi camerieri.
Ah! credetemi, ad una parola di tal uomo giubilando incontro alla morte!
In nome di tutti i miei camerati, io dichiaro che noi siamo pronti a combattere ed a morire se occorre, per il Papa-Re, per il Potere Temporale, doppio simbolo di ogni legittimità; locché non ci ha impedito e non impedirà di fare, all’uopo, il nostro dovere di patrioti e di Francesi”.

(Da: Pio IX ad Imola e Roma. Memorie inedite di Francesco Minocchieri, pubblicate ed illustrate a cura di Antomaria Bonetti, Napoli 1892, Stab. Tip. Librario di A. & Salv. Festa, pagg.178-185)

1 commento:

  1. 150° Anniversario.

    Senza inutili fanatismi ho fatto il giro dei blog tradizionali. Bandiere ovunque.
    Ma per che cosa? Il saggio della Pellicciari nn basterebbe? E le conseguenze di questa bandiera?
    Ho guardato anche al mio paese, una delle case piu' imbandierate era una famiglia socialista, un altra di un liberale. Deprimente il francobollo Italia-Vaticano e le parole del Pontefice sul risorgimento. Tuttavia nulla e' eterno. Qui in Svizzera ancora oggi un articolo sulla crisi irreversibie dell'euro, assenza politica della stessa, debiti impagabili, se non con stampa moneta e confisca dei risparmi famigliari. Ondata prossima di emigranti dalla Libia.
    La sinistra che cavalca la bandiera, e' la prova del nove che quella bandiera e' anche il simbolo di una rivoluzione che continua sino a spezzare le ultime luci di Fede.

    L'Italia ha bisogno di rinnovare una unita' attorno ai culti popolari. Ritrovare la propria anima e non correre presso ad idee passatiste, piu' o meno rinverdite.

    La tragedia di un cattolicesimo liberale ci spinge ad una mancanza di vedute.

    Oltre che a ripensare se' stessa sull'onda della crisi economica (il Nord guarda economicamente verso il centro europa e l'est ) dovra' anche ripensare la sua collocazione e il suo progetto di europa, perche' e' ovvio che questa e' fallita' economicamente, politicamente ed eticamente.

    un nuovo ordine legittimo e' piu' che mai urgente.

    quali forme possa avere nn lo so'.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.