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martedì 7 agosto 2012

BENEDICTO “UNA CUM” CAIFA.

Nostro Signore Gesù Cristo, parlando della distruzione di Gerusalemme dice: «Gerusalemme, Gerusalemme che uccidi i profeti e lapidi i mandati a te, quante volte ho voluto radunare i tuoi figli come la gallina raduna i suoi pulcini sotto le ali, e non hai voluto! Ecco vi sarà lasciata deserta la vostra casa» (Mt 23, 37-38), «perché non conoscesti il tempo della tua visita» (Lc 19, 44).
  
Scrive perciò Sant'Agostino, evidentemente nella luce dei testi evangelici e non come fà Ratzinger, di cui sotto riportiamo le gravi affermazioni: «I giudei volevano volgere tutta l'iniquità di quel delitto in un giudice uomo; ma potevano forse ingannare il Giudice Dio? Pilato, facendo quel che fece, fu certo partecipe del male, ma, in cofronto a loro, molto meno reo. Insistette per verità, come poté per liberare Gesù dalle loro mani, e con questo medesimo intendimento lo lasciò flagellare. Non per perseguitare il Signore lo flagellò, ma come per saturare il furore giudaico, sperando che a quella vista cedessero le ire, e non volessero più uccidere chi vedevano flagellato. Ma, perseverando coloro, egli si lavò le mani, dichiarandosi mondo della Sua morte. Nondimeno, lo condannò. Ora, se è reo colui che lo condannò invito, sono forse innocenti quelli che lo sforzarono perché lo condannasse? Nient'affatto! Ma egli proferì contro Gesù la sentenza e comandando che fosse crocifisso, quasi egli stesso lo uccise. E voi, o giudei, altresì lo uccideste. Come lo uccideste? Con la spada della lingua. Aguzzaste difatto le vostre lingue, e lo uccideste gridando: «Crocifiggilo, crocifiggilo»!

Ora leggere da parte di chi dovrebbe custodire fedelmente il deposito della fede la reinterpretazione in chiave (massonica ebraica modernista, "Nostra Aetate") i Santi Vangeli, fà veramentre scalpore. Qui si và chiaramente contro 1958 anni di dottrina della Chiesa per abbracciare la "nuova" dottrina contenuta nel diabolico documento Nostra Aetate.
Comunque sia oramai non ci stupiamo più di queste dichiarazioni eterodosse da parte dei Pontefici conciliari e post conciliari, ma se ancora non si fosse convinti dell'asservimento dei gerarchi modernisti attuali, (che hanno occupato abusivamente la Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo durante il conciliabolo, con gli ebrei massoni Deicidi), basta leggere questo piccolo articolo "Pio XII chiuso ai turisti", per comprendere il perchè dei pontefici osino reinterpretare i Vangeli a proprio uso e consumo modernista, quindi eretico...
 Nella prima parte dell'articolo si espone la dottrina di Sant'Agostino sui Deicidi ebrei, nella seconda parte si possono leggere gli stafalcioni di Ratzinger, nella terza parte proponiamo degli studi che spiegano con sufficienza il cosidetto fenomeno del Deicidio e chi ne sia stato l'autore...

Sant'Agostino: "I giudei responsabili della morte di Cristo".
4. [v 4.] Hanno affilato come una spada le loro lingue. I figli degli uomini, i loro denti sono armi e frecce, e la loro lingua è una spada tagliente 9. Come si dice in un altro salmo, così qui: Hanno affilato come spade le loro lingue. Non dicano i giudei: " Noi non abbiamo ucciso Cristo ". Infatti, se lo consegnarono al giudice Pilato, fu proprio per apparire innocenti della sua morte. Quando Pilato disse loro: Uccidetelo voi, essi risposero: A noi non è permesso di uccidere nessuno 10. Volevano riversare l'iniquità del loro delitto sul giudice umano; ma potevano forse ingannare il giudice divino? Pilato pose certo delle azioni e, per quello che fece fu, sia pure in misura ridotta, responsabile del delitto; ma a paragone di costoro egli fu di gran lunga più innocente. Lo vediamo infatti insistere nei limiti del possibile per liberare Gesù dalle loro mani; e fu per questo che lo presentò loro dopo averlo fatto flagellare. Non lo flagellò per infierire su di lui, ma nel tentativo di soddisfare il loro furore, affinché divenissero più miti e desistessero dal volerlo uccidere vedendolo flagellato 11 li. Anche questo egli fece. Ma, seguitando gli altri a reclamarne la condanna, egli - come sappiamo - si lavò le mani e disse che non era lui a compiere il delitto e che si considerava innocente della sua morte 12. Tuttavia il delitto lo commise. Ma, se è colpevole uno che al delitto concorse contro voglia, saranno forse innocenti coloro che ve lo costrinsero? Certamente no. Ma lui pronunziò la sentenza contro il Signore e diede l'ordine di crocifiggerlo, e così, in certo qual modo, fu lui che personalmente lo uccise. Ma anche voi, o giudei, lo avete ucciso 13! E con che cosa lo avete ucciso? Con la spada della lingua: avete infatti affilato le vostre lingue. E quando lo avete colpito, se non quando gridaste: Crocifiggilo, crocifiggilo 14.
L'ora della crocifissione.
5. Affinché nulla vi venga a turbare nella lettura dei Libri sacri, non dobbiamo passare sotto silenzio, ora che mi viene in mente, il fatto che un evangelista dice che il Signore fu crocifisso all'ora sesta  e un altro all'ora terza 16. Veramente, se non capiamo bene, potremmo rimanerne turbati. Uno dice che Pilato sedette in tribunale all'inizio dell'ora sesta, mentre, in verità, doveva essere l'ora sesta quando il Signore fu inchiodato alla croce. L'altro, però, mirando all'animo dei giudei, che volevano apparire innocenti della morte del Signore, nella sua narrazione mostra come essi fossero i veri responsabili del crimine. Dice infatti che il Signore fu crocifisso all'ora terza. Se consideriamo tutte le circostanze della narrazione e tutti i fatti che poterono verificarsi quando il Signore era accusato dinanzi a Pilato, al fine di farlo crocifiggere, troviamo che poteva essere proprio l'ora terza, quando i giudei gridarono: Crocifiggilo, crocifiggilo. Effettivamente, essi lo uccisero in quel preciso istante, quando gridarono. Gli esecutori della sentenza lo crocifissero all'ora sesta; i violatori della legge gridarono all'ora terza. Ciò che i primi eseguirono con le mani all'ora sesta, i secondi avevano già perpetrato con la lingua all'ora terza. E questi che incrudelivano gridando sono certo più colpevoli di quelli che obbedendo eseguivano la sentenza. È questa tutta l'astuzia giudaica; questa è la loro grande trovata: " Uccidiamolo, però non uccidiamolo; uccidiamolo in modo da non essere ritenuti suoi assassini ". Hanno affilato come una spada le loro lingue.
Cristo agnello immacolato.
6. [v 5.] Hanno teso l'arco, oggetto velenoso. Chiama " arco " le insidie. Perché chi combatte da vicino con la spada, combatte apertamente; chi invece scaglia una freccia ferisce a tradimento. La freccia infatti colpisce prima che ci si accorga di essere feriti. Ma, a chi sono nascoste le insidie del cuore umano? Forse anche al Signore nostro Gesù Cristo, il quale non aveva bisogno che alcuno gli rendesse testimonianza riguardo all'uomo, poiché sapeva che cosa c'è nell'uomo, come attesta l'Evangelista 17? Ascoltiamoli tuttavia e vediamo come lavorino per attuare ciò che hanno tramato, quasi che il Signore non sapesse niente. Hanno teso l'arco, attrezzo velenoso, per scagliare di nascosto le frecce contro l'innocente. Le parole: Hanno teso l'arco, sottintendono le altre: Di nascosto. E significano: Tendono insidie per ingannare. Voi sapete infatti di quali inganni essi si sono serviti: come corruppero con il denaro il discepolo che seguiva il Signore affinché lo consegnasse nelle loro mani 18; come si procurarono dei falsi testi; quali tranelli e quali inganni insomma usarono per scagliare di nascosto le frecce contro l'innocente. Grande delitto! Ecco, di nascosto viene la freccia che colpisce l'innocente: un innocente che non aveva la benché minima macchia, nemmeno così grossa che vi si potesse conficcare la punta della freccia! Egli infatti era l'agnello immacolato, tutto immacolato, sempre immacolato. Né immacolato perché gli erano state tolte le macchie, ma proprio perché non aveva mai contratto alcuna macchia. Perdonando i peccati egli ha fatto sì che molti fossero immacolati; ma, quanto a lui personalmente, egli era immacolato perché mai aveva avuto peccati. Per scagliare di nascosto le frecce contro l'innocente.
7. [v 6.] D'improvviso scaglieranno le frecce contro di lui e non avranno timore. Oh, durezza di cuore! Voler uccidere un uomo che risuscitava i morti! D'improvviso, cioè, insidiosamente, inopinatamente, senza preavviso. Il Signore si diportava come uno che non sapesse nulla, in mezzo a quella gente che realmente ignorava che cosa egli sapesse e che cosa non sapesse, o meglio, che non sapeva come egli niente ignorava e tutto sapeva, ed era venuto proprio perché gli facessero ciò che essi credevano di potergli liberamente fare. D'improvviso scaglieranno le frecce contro di lui e non avranno timore.
I nemici di Cristo danneggiarono se stessi.
8. Si sono confermati nel la parola malvagia. Si sono confermati: tanti miracoli erano stati compiuti, ma non se ne lasciarono impressionare, anzi si ostinarono nella decisione della malvagia parola. Egli era già trascinato dinanzi al giudice. Trema il giudice, e non tremano coloro che lo hanno tradotto dinanzi al giudice; trema l'autorità, e non trema la scelleratezza; quello vuole lavarsi le mani, e questi avvelenano le lingue. Ma perché? Perché si sono confermati nel la parola malvagia. Quante cose cercò di fare Pilato? Quante ne escogitò per frenarli? Che cosa non disse? Che cosa non fece? Ma essi si sono confermati nella parola malvagia: Crocifiggilo, crocifiggilo! La ripetizione indica conferma della parola malvagia. Vediamo come si sono confermati nel la parola malvagia. Crocifiggerò il vostro re? Risposero: Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare 19! Hanno confermato la parola malvagia. Il giudice offriva loro come re il Figlio di Dio; essi ricorrevano all'uomo: degni di aver questo e di non aver quello. Ascolta ancora in qual modo si sono confermati nel la parola malvagia. Non trovo niente in quest'uomo - dice il giudice - che sia degno di morte 20. Ma essi, che hanno confermato la parola malvagia, risposero: Il suo sangue sopra di noi e sopra i nostri figli 21! Hanno confermato la parola malvagia. L'hanno confermata non contro il Signore, ma contro loro stessi. Come non l'hanno confermata a loro proprio danno, se dicono: Sopra di noi e sopra i nostri figli? sì, veramente, ciò che hanno confermato l'hanno confermato a tutto loro danno. Come in un altro passo afferma la stessa voce: Hanno scavato dinanzi a me una fossa e vi sono caduti 22. La morte non uccise il Signore; fu anzi lui ad uccidere la morte; ma i suoi nemici furono uccisi dall'iniquità. Quell'iniquità che essi non vollero uccidere in se stessi.

Veniamo ora agli strafalcioni modernisti Ratzingeriani, che sono in netta rottura con 1958 anni di vera Dottrnia della Chiesa Cattolica.

“Gli ebrei non condannarono Gesù″ e anche altro...

Il Papa reinterpreta tre vangeli:

Repubblica.it 06 Agosto 2012
Il volume, intitolato Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione, sarà presentato alla stampa giovedì 10 marzo. Benedetto XVI  affronta i temi più delicati della storia. Dalla figura di Giuda a quella di Ponzio Pilato, dalle date dell’Ultima Cena e della Pasqua, fino alla morte del Nazareno....


CITTA’ DEL VATICANO – Con il suo secondo libro sulla vita di Gesù, Papa Benedetto XVI affronta una nuova analisi dei vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca) e reinterpreta da teologo i temi più importanti della sua storia. Dalla figura di Giuda, a quella di Ponzio Pilato, dalle date dell’Ultima Cena fino alla morte del Nazareno e alla responsabilità del popolo ebreo sulla morte del redentore. Punto cruciale della nuova esegesi del Pontefice è proprio il ruolo avuto dal popolo ebraico sulla crocifissione. Non furono gli ebrei in quanto tali a volere la morte di Gesù. Il Papa smentisce l’interpretazione ‘deicida’ del Vangelo e in un capitolo anticipato oggi dalla sala stampa della santa sede d’intesa con l’editore Herder di Friburgo, che ha curato l’edizione principe del volume, contesta una lettura “razzista” della morte di Cristo.
Quando il Vangelo di Matteo parla di “tutto il popolo”, attribuendo ad esso la richiesta della morte di Gesù, “sicuramente non esprime un fatto storico: come avrebbe potuto essere presente in tale momento tutto il popolo e chiedere la morte di Gesù?”. Per Benedetto XVI è “fatale nelle sue conseguenze” l’interpretazione che è stata data di questa frase di Matteo. “La realtà storica – spiega – appare in modo sicuramente corretto in Giovanni e in Marco. Il vero gruppo degli accusatori – infatti – sono i circoli contemporanei del tempio e, nel contesto dell’amnistia pasquale, si associa ad essi la ‘massa’ dei sostenitori di Barabba”. Il volume, intitolato Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione (Libreria Editrice Vaticana), sarà presentato alla stampa giovedì 10 marzo alla presenza del cardinale Marc Ouellet, prefetto della congregazione per i vescovi, e Claudio Magris, scrittore e germanista.

Il popolo d’Israele. Riguardo agli accusatori di Gesù, “secondo Giovanni – scrive il Papa – essi sono semplicemente i ‘Giudei’”. Ma questa espressione “non indica affatto come il lettore moderno forse tende a interpretare – il popolo d’Israele come tale, ancor meno essa ha un carattere ‘razzista’”. In definitiva, infatti, “Giovanni stesso, per quanto riguarda la nazionalità, era Israelita, ugualmente come Gesù e tutti i suoi”. Così come “l’intera comunità primitiva era composta da Israeliti”. In Giovanni, dunque, “tale espressione ha un significato preciso e rigorosamente limitato: egli designa con essa l’aristocrazia del tempio”.  Invece in Marco, “il cerchio degli accusatori – che risposero alla domanda se liberare Barabba o Gesù – appare allargato”. Secondo Matteo poi “tutto il popolo avrebbe detto: ‘Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli’”. Letta nella prospettiva della fede, (ma quale fede? Forse quella deicida ebraica? Sconcertante, perchè questa non è fede cattolica) essa significa che tutti noi abbiamo bisogno della forza purificatrice dell’amore, e tale forza è il suo sangue. Non è maledizione, ma redenzione, salvezza”. E dunque “soltanto in base alla teologia dell’Ultima Cena e della croce presente nell’intero Nuovo Testamento la parola di Matteo circa il sangue acquisisce il suo senso corretto”.
La guerra. “Con la potenza militare, da sola, non si può stabilire nessuna pace”, dice Papa Benedetto XVI nel suo libro. “Se il potere, e precisamente il potere militare, è caratteristico per la regalità e il regno – niente di ciò si trova in Gesù. Per questo non esiste neanche una minaccia per gli ordinamenti romani. Questo regno è non violento. Non dispo ne di alcuna legione”. Il regno di Gesù è fondato sulla “verità“. Ma in che modo la verità può essere fondamento di un “potere”?, si chiede Ratzinger. “Verità e opinione errata, verità e menzogna – scrive il pontefice – nel mondo sono continuamente mescolate in modo quasi inestricabile. La verità in tutta la sua grandezza e purezza non appare. Il mondo è ‘vero’ nella misura in cui rispecchia Dio, il senso della creazione”.
E se oggi la scienza sembra aver reso il mondo intellegibile e quindi aver rivelato la ‘verita su di esso, Benedetto XVI ribatte che è solo la “verità funzionale sull’uomo” a essere “diventata visibile. Ma la verità su lui stesso non si può leggere in tal modo” Di qui, la riflessione del Pontefice su Pilato: “La grande verità, di cui aveva parlato Gesù, gli è rimasta inaccessibile; la verità concreta di questo caso, però, Pilato la conosceva bene. Sapeva che questo Gesù non era un delinquente politico e che la regalità rivendicata da lui non costituiva alcun pericolo politico – sapeva quindi che era da prosciogliere. Come prefetto egli rappresentava il diritto romano su cui si basava la pax romana – la pace dell’impero che abbracciava il mondo. Questa pace, da una parte, era assicurata mediante la potenza militare di roma. Ma con la potenza militare, da sola, non si può stabilire nessuna pace”. Infatti, scive il papa, “la pace si fonda sulla giustizia”.
Gesù e Barabba. “Gesù non è un rivoluzionario politico, il suo messaggio e il suo comportamento non costituiscono un pericolo per il dominio romano”, scrive Benedetto XVI nel terzo capitolo intitolato “Gesù davanti a Pilato” diffusa dalla sala stampa vaticana. Nello stesso capitolo il Papa parla anche di Barabba spiegando che “Giovanni qualifica Barabba, secondo le nostre traduzioni, semplicemente un ‘brigante’. Ma nel contesto politico di allora – specifica – la parola greca da lui usata aveva assunto il significato di ‘terrorista’, ovvero di ‘combattente della resistenza’”
Giuda. La figura più controversa degli apostoli, il traditore, nell’analisi di Benedetto XVI viene umanizzata, in parte, deresponsabilizzata. Nella seconda parte del libro Giuda viene descritto come “tesoriere del gruppo dei discepoli”, accecato dal denaro, tradito egli stesso dagli altri discepoli (Tradito da chi?? Affermazione assurda, perchè priva di ogni fondamento). Soprattutto posseduto dal demonio. “Ciò che a Giuda è accaduto – commenta Joseph Ratzinger – per Giovanni non è più psicologicamente spiegabile. E’ finito sotto il dominio di qualcun altro: chi rompe l’amicizia con Gesù, chi si scrolla di dosso il suo ‘dolce giogo’, non giunge alla libertà, non diventa libero, ma diventa invece schiavo di altre potenze, o piuttosto: il fatto che egli tradisce questa amicizia deriva ormai dall’intervento di un altro potere, al quale si è aperto”. Ma Giuda cerca un’ultima redenzione, lo fa mentre dice “ho peccato” ai suoi committenti, e “cerca di salvare Gesù, ridandogli il denaro”. Il suo pentimento diventa disperazione. E poi morte, autoinflitta. Questo pentimento tuttavia non è il vero pentimento. “Fa parte del giusto pentimento la certezza della speranza – una certezza che nasce dalla fede nella potenza maggiore della Luce fattasi carne in Gesù″. Alla fine Gesù lo salverà? In proposito Benedetto XVI cita la famosa affermazione di Pascal per il quale “la sofferenza di Gesù, la sua agonia, perdura sino alla fine del mondo”, sottolineando che questa verità possiamo esprimerla “anche dal punto di vista opposto: Gesù in quell’ora si è caricato del tradimento di tutti i tempi, della sofferenza che viene in ogni tempo dall’essere traditi, sopportando così fino in fondo le miserie della storia”.
La data dell’Ultima Cena. Sulla data dell’Ultima Cena ha ragione il Vangelo di Giovanni e torto i sinottici: “Al momento del processo di Gesù davanti a Pilato, le autorità giudaiche non avevano ancora mangiato la Pasqua e per questo dovevano mantenersi ancora culturalmente puri”. E dunque “la crocifissione non è avvenuta nel giorno della festa, ma nella sua vigilia”, scrive Benedetto XVI nella seconda parte del volume. “Gesù – scrive il Papa – è morto nell’ora in cui nel tempio venivano immolati gli agnelli pasquali. Che i cristiani in ciò vedessero in seguito più di un puro caso, che riconoscessero Gesù come il vero Agnello, che proprio così trovassero il rito degli agnelli portato al suo vero significato – tutto ciò è poi solo normale”. Non è chiaro perché i sinottici abbiano parlato di una cena pasquale. Secondo il Pontefice infatti nel racconto vero e proprio dell’ultima cena non si menzionerebbe la Pasqua” (quale sarebbe questo racconto vero e proprio? In quale fantomatico testo avrebbe letto queste scelleratezze? Ma questi che Vangelo  hanno letto? Noi ci riferiamo ai Vangeli canonici, e non certo ad altre fantomatiche letture: 
"Santo Vangelo secondo Luca cap 22"
[7]Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la vittima di Pasqua. [8]Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: «Andate a preparare per noi la Pasqua, perché possiamo mangiare». [9]Gli chiesero: «Dove vuoi che la prepariamo?». [10]Ed egli rispose: «Appena entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d'acqua. Seguitelo nella casa dove entrerà [11]e direte al padrone di casa: Il Maestro ti dice: Dov'è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli? [12]Egli vi mostrerà una sala al piano superiore, grande e addobbata; là preparate». [13]Essi andarono e trovarono tutto come aveva loro detto e prepararono la Pasqua.

La cena pasquale

[14]Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, [15]e disse: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, [16]poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». [17]E preso un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e distribuitelo tra voi, [18]poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio»).
Se non sapessimo chi è la persona che ha scritto queste cose penseremo di certo che non è nemmeno cristiano...
http://www.agerecontra.it/public/press20/?p=12208

 Daltronde da un modernista che altro ci si può aspettare? per concludere questo articolo sugli strafalcioni di Ratzinger riportiamo ciò che scrisse il medesimo sull'Eucarestia. Ci stà da rimanere basiti:
Da Teologia e Liturgia di Joseph Ratzinger (“Opera omnia. Teologia della liturgia”, LEV 2010, p. 308)

"Ancora qualche anno fa sembrava che il tema della “transustanziazione” anche nella teologia cattolica suscitasse ormai poco interesse. Non si contestava il dogma tridentino, ma nella discussione teologica si preferiva evitarlo aggirandolo rispettosamente da lontano, e questo per molteplici motivi. Già la sola parola sembrava suscitare troppo il ricordo di un tipo di teologia vicina a trasformarsi in pura filosofia dimenticando, a causa di litigi fatti di sofistiche discussioni concettuali, il suo vero compito: l’assimilazione della Parola rivelata mediante la sua comprensione, in funzione dell’annuncio del messaggio di salvezza. Affiorava, per giunta, con la parola “transustanziazione” il ricordo di quell’autoalienazione della dottrina eucaristica, ampiamente dominante fino al Novecento inoltrato, in cui il fulcro interiore del Sacramento si spostò dall’attivo stare insieme con il Signore risorto che ci offre la comunione conviviale con se stesso, verso una visione statico-ontologica, in base alla quale, in un atteggiamento spirituale di forte tendenza monofisitica e tralasciando l’umanità di Gesù Cristo, l’ostia venne interpretata semplicemente come il luogo della presenza di Dio, come il trono terreno di Dio, davanti al quale si compie l’atto di adorazione, quasi dimenticando, in contrasto con il senso originario dell’istituzione, l’invito alla comunione conviviale».

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  Dal Vangelo secondo Matteo: «In quel tempo, Gesù raccontò alla folla dei giudei e ai capi dei sacerdoti questa parabola: «Un padre di famiglia piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò in essa un frantoio e vi edificò una torre. Chiamati a lavorare dei vignaioli, partì per un paese lontano. Quando venne la stagione dei frutti, mandò i suoi servi dai coloni per esigere la parte che gli spettava. Ma i contadini, presi i servi, alcuni li percossero, altri li uccisero e altri li lapidarono. Il padrone mandò nuovamente dei servi più numerosi di prima, ma i vignaioli li trattarono allo stesso modo. Alla fine, inviò ad essi il figlio suo, dicendo: «Avranno almeno rispetto per mio figlio». Ma quelli, visto il figlio, dissero tra loro: «Ecco l'erede; uccidiamolo, e i suoi beni li erediteremo noi». Ed impadronitisi di lui, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Ora, che cosa farà, secondo voi, al suo ritorno il padrone della vigna a quei vignaioli»? «Farà perire - gli risposero - senza pietà quei malvagi e affiderà la vigna ad altri lavoratori i quali gli daranno a suo tempo la parte di raccolto che gli spetta». Gesù riprese: «Non avete mai letto la  Scrittura: «La pietra che i costruttori rifiutarono di adoperare, è diventata la pietra angolare. Dal Signore è stata fatta questa cosa, ed è mirabile ai nostri occhi». è per questo che io vi dico: voi non farete più parte del regno di Dio, il quale invece sarà dato ad un popolo che saprà produrre frutti e chi cadrà su questa pietra, andrà in pezzi e se la pietra cadrà su qualcuno, lo stritolerà». All'udire questa ed altre parabole, i capi dei sacerdoti ed i farisei compresero che Gesù parlava di loro, e pur cercando di impadronirsi di lui, avevano paura della folla che lo considerava profeta». 

  
PRIMA OMELIA:
2 - Invero non stupitevi se ho definito miseri i Giudei. Infatti sono ben sventurati e disgraziati poiché hanno ricevuto nelle loro mani tanti beni e li hanno ripudiati, ed hanno respinto i tesori che erano loro offerti. È sorto per loro il sole della giustizia ed essi, rifiutati i suoi raggi, stanno nelle tenebre: mentre noi che eravamo nelle tenebre, abbiamo attirato a noi la luce e ci siamo liberati dall’ombra dell’errore. Essi erano i rami della radice sacra (Rom. XI, 16 - 17) ma sono stati spezzati; noi non eravamo parte della radice, eppure abbiamo portato il frutto della pietà. Essi hanno letto i Profeti sin dalla più tenera età ed hanno crocifisso Colui che dai Profeti era stato annunziato. Noi che non avevamo mai udito parlare delle Sacre Scritture, noi abbiamo adorato questo stesso crocifisso. Perciò essi sono miseri, perché hanno respinto i beni che erano loro inviati mentre altri li hanno presi per sé, portandoli loro via. Ma essi, chiamati ad essere adottati come figli, si sono abbassati alla condizione di cani: noi che eravamo nella condizione di cani, con l’aiuto della grazia divina abbiamo potuto spogliarci di questa indole bruta ed elevarci alla dignità di figli. Cosa lo fa manifesto? Cristo ha detto alla donna di Canaan "Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cuccioli" (Mt. XV, 26), designando come figli i Giudei e come cani i gentili. Vedete quindi come l’ordine è stato invertito, i Giudei sono diventati cani e noi figli. "Guardatevi dai cani, dice Paolo, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi dai circoncisi.Siamo noi i circoncisi" (Filipp. III, 2-3). Vedete dunque come quelli che prima erano figli sono caduti nella condizione di cani? Volete sapere in qual modo noi che eravamo nella condizione di cani siamo diventati figli? "Invero, a tutti coloro che lo hanno ricevuto, Egli ha dato il potere di diventare figli di Dio" (Gv. I, 12).

Nulla è più miserabile di questi Giudei che da ogni parte vanno in senso contrario alla loro salvezza. Quando bisognava osservare la Legge, essi l’hanno calpestata: adesso che la Legge è stata abrogata, con insistenza essi vogliono che sia osservata. Che cosa ci potrebbe essere di più miserabile di costoro che dispiacciono a Dio non soltanto quando trasgrediscono la Legge ma anche quando la osservano? Per questo è detto: "Duri di cervice e incirconcisi di cuore, voi sempre resistete allo Spirito Santo" (Atti VII, 51): non soltanto violando le leggi, ma anche volendole osservare a sproposito. "Duri di cervice": giustamente sono stati chiamati così, perché non hanno voluto portare il giogo di Cristo per quanto dolce e benché non avesse nulla di pesante o di spiacevole. Egli dice: "Imparate da me che sono dolce ed umile di cuore (Mt. I, 29 - 30) e prendete il mio giogo su di voi poiché esso è dolce ed il mio fardello leggero". Essi però non lo sopportavano a causa della loro testardaggine, anzi non soltanto non lo hanno sopportato ma lo hanno rotto e fatto a pezzi. "Sin dall’inizio hai spezzato il tuo giogo, hai rotto i tuoi legami" (Ger. II, 20; V, 5; Sal. II, 3). È un profeta, non Paolo che dice queste parole indicando il giogo ed i legami come segni distintivi del potere: perché i Giudei avevano respinto il potere di Cristo quando avevano detto: "Non abbiamo altro re che Cesare" (Gv. XIX, 15). Avete spezzato il giogo, rotto i legami, vi siete esclusi dal regno dei cieli e vi siete sottomessi al potere dell’uomo. Vorrei che esaminaste con quanta abilità il Profeta ha espresso la sregolatezza del loro animo. Infatti non dice: avete deposto il giogo, bensì: l’avete spezzato, atto proprio della brutalità animale, dei vizi sfrontati che respingono ogni freno e non sopportano alcun potere. Da dove proviene questa loro durezza? Dalla gozzoviglia e dalla intemperanza. Chi lo dice? Mosè stesso. "Israele mangiò ed il popolo diletto ingrassò e si rimpinzò.Si rivoltò" (Deut. XXXII, 15). Come gli animali che si nutrono in ricchi pascoli diventano più ostinati ed indocili e non sopportano più né giogo né freno né la mano dell’auriga, così il popolo giudeo, spinto nell’abisso della malvagità dall’intemperanza e dalla troppa abbondanza materiale ha vissuto licenziosamente e non ha sopportato il giogo di Cristo, né trascinato l’aratro della sua dottrina. È quanto un altro Profeta aveva espresso con le parole: "Israele si comporta da pazzo, come una giovenca eccitata da un tafano" (Osea IV, 16). Un altro definisce questo popolo: vitello non istruito a sopportare il giogo (Ger. III, 18). Animali come quelli, incapaci di lavorare vanno bene per essere sacrificati. Lo stesso è stato per il popolo dei Giudei: essendosi resi da soli incapaci di agire, sono diventati adatti ad essere uccisi. Perciò Cristo ha detto: "Portate qui i miei nemici, quelli che non hanno voluto che io regnassi sopra di loro ed immolateli" (Lc. XIX, 27). È allora, o Giudeo, che dovevi digiunare, quando la tua intemperanza ti stava conducendo a questi mali, quando i tuoi eccessi ti portavano all’empietà, non adesso. Adesso il digiuno è inopportuno ed abominevole. Chi lo dice? Isaia che a gran voce esclama: "Non ho scelto io questo digiuno" (Is. LVIII, 4-5). Perché dice così? "Perché voi digiunate per intentare azioni giudiziarie e liti, e prendete a pugni coloro che stanno sotto di voi".
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P. ISIDORO DA ALATRI o.f.m.
 «Non dicano i giudei: «Non abbiamo ucciso Cristo»!
Sant'Agostino
(cfr. Enarratio in Psalm. 63)

    Questo libretto, scritto ad appena due anni dall'apertura del Concilio Vaticano II (1962-1965), intendeva arginare quegli errori che già serpeggiavano in certi ambienti cattolici agli inizi degli anni '60, e che di lì a poco si sarebbero manifestati in tutta la loro virulenza con la promulgazione della Dichiarazione conciliare Nostra Ætate, riproponendo magistralmente l'autentica e plurisecolare dottrina cattolica a riguardo del delitto più importante e carico di conseguenze per la Storia dell'umanità. Poggiando sull'autorità della Sacra Scrittura, dei Padri della Chiesa, di San Tommaso d'Aquino, e di molti esegeti, teologi e scrittori universalmente accettati e riconosciuti come colonne portanti del comune sentire cattolico, l'Autore dimostra in modo incontrovertibile sia la responsabilità ebraica nell'uccisione di Cristo, che la conseguente fine dell'Antica Alleanza. Ad appena quattro anni dalla stampa di questo libretto, uscito con l'Imprimatur di Mons. Carlo Livraghi, Vescovo di Frosinone, i vertici della Chiesa, cedendo alle pressioni del giudaismo internazionale (rappresentato principalmente dall'ebreo francese Jules Marx Isaac, il quale sosteneva la non-storicità dei Vangeli!) avrebbero approvato un documento ufficiale (e quindi facente parte del Magistero ordinario universale) che negava queste immutabili verità scagionando gli ebrei dal delitto di deicidio. Tale nuovissima dottrina, che non poggia né sulla Scrittura, né sulla Tradizione, è stata poi ripresa ed adottata anche dal recente Catechismo della Chiesa cattolica, promulgato da Giovanni Paolo II, ed è divenuto uno dei punti fermi nel dialogo in atto tra i rappresentanti del Vaticano e quelli della Sinagoga. Facendo dire al Vangelo l'esatto contrario di ciò che esso più volte afferma, si sostiene che Gesù  Cristo non sarebbe stato ucciso dagli ebrei (cfr. Nostra Ætate, § 4; Catechismo della Chiesa cattolica, § 598), ma che, in realtà, Egli sarebbe stato materialmente ucciso dai romani e dai nostri peccati. La lettura serena e pacata di questo opuscolo non può non convincere dell'assoluta falsità e gratuità di questa affermazione che scalza alla radice la stessa religione cattolica.

   Da qualche tempo, si vanno dicendo e scrivendo cose inesatte, equivoche ed infondate; anzi, addirittura opposte alle affermazioni del Vangelo e alla Tradizione del pensiero cristiano-cattolico intorno alla responsabilità che grava sopra i giudei, nel chiedere ed esigere, con insistenza e prepotenza inaudita, la morte di croce di Nostro Signore Gesù Cristo 1. È evidente che un tal modo di parlare e di scrivere, minimizzando il terrificante dramma della Passione e Morte di Cristo, non può non ingenerare confusione, errore e perplessità nella mente di coloro che ascoltano e leggono; specie se giovani e non ancora ben formati e consolidati alla scuola del pensiero cattolico, che trova il suo fondamento più saldo ed incrollabile, oltreché nella parola ispirata dei Libri Santi, in tutti i Padri e Maestri di esegesi biblica più illuminati e sicuri. Il presente opuscolo, pertanto, mira a ristabilire, e nel caso a ribadire, l’evangelica e storica verità intorno al delitto orrendo dei capi e del popolo ebraico nel giorno in cui, di fronte a Pilato, che si lava le mani e grida: «Io sono innocente del sangue di questo giusto: pensateci voi»; essi rispondono: «Il suo sangue ricada sopra noi e sopra i nostri figli» (Mt 27, 25). Mi dispiace se, scrivendo, dovrò oppormi al pensiero di altri, che pur stimo e penso che, soltanto in buona fede e con retta intenzione, abbiano potuto dire e pubblicare idee non conformi a quella verità, alla quale ciascuno deve rendere testimonianza e di cui tutti siamo servi. Mi rassicura tuttavia il pensiero che soprattutto in una questione tanto importante debba valere il motto: «Amicus Pilato, sed magis amica veritas». Il qual motto, è quasi superfluo rilevarlo, diviene imperativo divino quando si tratta di Cristo, la cui missione è essenzialmente missione di verità e di vita (Gv 18, 27). Tutto peraltro sia a gloria di Colui dinanzi al quale deve piegare il ginocchio il cielo, la terra e l’inferno (Fil 2, 9). Né posso pensare altrimenti, poiché chiunque parli e scriva da cristiano non può non farlo a maggior gloria di Nostro Signore Gesù Cristo: «Nel nome del Quale conviene che sia fatta e detta ogni cosa» (Col 3, 17), perché infine «non c’è sotto il cielo alcun altro nome dato agli uomini, dal quale possiamo aspettarci d’esser salvati» (At 4, 12), è con i sensi della pietà più viva, pertanto, che mi accingo a riproporre all’attenzione del mondo cristiano ed ebraico il dramma delle pene e della morte di Nostro Signore Gesù Cristo; onde vedere con chiarezza quale sia stata la responsabilità dei capi e del popolo ebraico, in simile circostanza. Unica preoccupazione in un problema così importante: non tradire, anzi dire tutta la verità.
                                                                   Padre Isidoro da Alatri o.f.m.
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(don Curzio Nitoglia): In questo studio mons. Brunero Gherardini - postulatore della causa di beatificazione del B. Pio IX - si attesta sulla questione ebraica unicamente per lumeggiare le implicazioni teologiche di questo tema per la Chiesa. Non intende per questo essere tacciato di antisemitismo: questo studio non è volto in nessun modo a compromettere i valori del rispetto e della stima verso gli Ebrei, quanto piuttosto a precisare dogmaticamente il loro ruolo nei confronti dell'Alleanza di Dio con il suo popolo e in particolare nei confronti di Gesù e della sua morte. Analizzando i testi, se ne deduce che, seppur condivisa con quella d'altri soggetti (Giuda ed i Romani), la responsabilità degli Ebrei è fuori discussione: non solo "i grandi sacerdoti e gli anziani persuasero il popolo a chiedere (la salvezza di) Barabba e la morte di Gesù" (Mt 27,20), ma la folla stessa urla che "il sangue di Lui ricada su di noi ed i nostri figli" (Mt 27,25). E quando Pilato "se ne lava le mani" e si dichiara "innocente" del sangue di Cristo, rimette ogni decisione alla discrezione degli Ebrei: "Pensateci voi" (Mt 27,24). Il loro verdetto è allora: "Sia crocifisso" (Mt 27,23)! La responsabilità ebraica della crocifissione non è certo inferiore rispetto a quella romana ed a quella personale di Giuda.

L'eminente studioso con questo articolo ci offre una profonda riflessione inerente ad una tematica teologica particolarmente delicata, ma che oggi è estremamente importante affrontare, soprattutto senza pregiudizi ideologici.


La questione ebraica si riaccende spesso e non di rado divampa, assumendo toni d'intolleranza intimidatoria e ricattatoria, per colpa di qualche cattolico estremista, o dei c.d. gruppi fondamentalisti, ma anche - e più frequentemente di quel che si creda - per colpa degli stessi Ebrei.
Sull'argomento intervengo con la stessa serenità con cui, a suo tempo, presi posizione favorevole alla tesi di R. Martin-Achard1 circa «l'universalismo» d'Israele2, e con lo stesso spirito che, ancor prima, da prete novello, m'inclinò verso un'associazione internazionale di preghiere per il mondo ebraico e successivamente verso l'«Amicizia ebraico-cristiana». Spero che tali precedenti allontanino del tutto dalla mia persona il sospetto della prevenzione.
Ovviamente, non intervengo sulla complessità ed i vari aspetti della questione ebraica: non ne ho la competenza, né dispongo dello spazio necessario per un compito di sì vasto respiro. M'auguro pure che nessuno, ragionevolmente dissentendo da quanto sto per dire, veda nella mia posizione un ennesimo rigurgito d'antisemitismo: sarebbe un non-senso, sia perché semitismo ed antisemitismo attengono all'aspetto razziale della questione - al quale mi sento assolutamente estraneo - sia perché l'interesse teologico, l'unico dal quale son mosso, trascende i limiti della razza e perfino della stessa natura: "Non est Judaeus neque Graecus, non est servus neque liber, non est masculus neque femina" (Gal 3,28).
L'aspetto della questione ebraica che desidero metter a fuoco ha due lati: l'uno si ricollega direttamente alla morte di Cristo, l'altro alla continuità/discontinuità tra sinagoga e Chiesa, o meglio tra religione ebraica e Cristianesimo....

1 commento:

  1. Ecco un altro svelamento di Ratzinger, il fedele custode dell'ortodossia sulla Shoà e sulle eresie anticattoliche di Woytila.

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