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giovedì 17 marzo 2011

Mentre il Vaticano modernista festeggia con la Repubblica massonica Italiana, noi preghiamo con Pio XI...

Preghiera Per L'Italia di 
Papa Pio XI

Esultate ossa glorificate di quei grandi fra gli amici e gli apostoli di Cristo, che hanno onorato e santificato questa Italia con la loro presenza, con la loro opera, con il loro glorioso martirio, con la porpora del loro nobilissimo sangue; esultate in questo memorabile giorno, che ci ricorda ridato Dio all’Italia, e ridata l’Italia a Dio, auspicio ottimo di benedetto avvenire.

E in presenza di tale auspicio, anche voi, ossa sacre e gloriose, come quelle dell’antico Giuseppe, profetate... Profetate la perseveranza di questa Italia nella fede da voi predicata e suggellata col vostro sangue: ossa sante, profetate una perseveranza intera e ferma contro tutte le scosse e tutte le insidie, che, da lontano e da vicino, la minacciano e la combattono; profetate, ossa sante, la pace, la prosperità, l’onore, sopratutto l’onore di un popolo cosciente della sua dignità e responsabilità umana e cristiana; profetate, ossa venerate e care, profetate l’avvento o il ritorno alla vera Fede a tutti i popoli, a tutte le nazioni, a tutte le stirpi, congiunte tutte e tutte consanguinee nel comune vincolo della grande famiglia umana; profetate, ossa apostoliche, l’ordine, la tranquillità, la pace, la pace, la pace a tutto questo mondo, che, pur sembrando preso da una follia omicida e suicida di armamenti, la pace vuole e con noi dal Dio della pace la implora e spera d’averla. Cosi sia!

Pio XI



Per chi volesse approfondire: La Chiesa e la questione risorgimentale italiana



Chi esalta i criminali è anche lui un criminale

Riceviamo e pubblichiamo:

I rappresentanti del Governo, con in testa il presidente di questa repubblica, oggi 17 marzo hanno attribuito gli onori ai garibaldini ungheresi. E’ davvero una cosa vergognosa far finta di non sapere cosa hanno fatto questi criminali nella Napolitania.
Ecco gli episodi più significativi:

Nel 1859 si rifugiano a Torino i massoni ungheresi Gyorgy Klapka, Jhasz, Alessandro Teleki, Stefano Türr e anche Eber, Erbhardt, Tukery, Teloky, Magyarody, Figgelmesy, Czudafy, Frigyesy e Winklen con un folto gruppo di ungheresi, circa 3.000 che costituiscono una legione poi utilizzata dai Savoja per l’invasione delle Due Sicilie colla spedizione garibaldesca. Tra gli episodi più rilevanti sono da ricordare:

Il 26 settembre 1860, il Garibaldi invia il gruppo dell’ungherese Türr formato da 1.500 armati ad assalire Ariano Irpino sguarnita di soldati napolitani. Gli ungheresi, massacrato un centinaio di abitanti, saccheggiano la cittadina e ne incendiano le case.

Il 9 luglio 1861, un gruppo di 500 partigiani napoletani comandato dal La Gala costringe le truppe piemontesi a sgomberare dal beneventano, ma due colonne formate da 200 mercenari ungheresi, dotati di quattro cannoni rigati, un battaglione piemontese e 800 guardie nazionali assaltano nuovamente Montefalcione. La cittadina è circondata e dopo un’accanita resistenza è presa, saccheggiata e data alle fiamme. Sono assassinati oltre 150 abitanti, altre centinaia sono deportati. Il maggiore ungherese Girczy, comandante del reparto, è decorato con la croce di cavaliere dell’ordine militare di Savoja e la medaglia di bronzo al valor militare. A quattro ufficiali piemontesi è data la medaglia d’argento.

L’11 luglio 1861 le truppe ungheresi sono inviate a Lapio, Montemiletto e Montefusco: anche qui fanno uccisioni, saccheggi e incendi. Numerosi abitanti riescono a salvarsi con la fuga verso le vicine montagne. A Volturara impiccano un popolano lo lasciano appeso per molti giorni nella piazza del paese per ammonimento.

Il 4 agosto 1861 ad Auletta, per sedare la rivolta, gli ungheresi uccidono 45 persone, tra le quali quattro sacerdoti, seviziati con coltelli. Altri 100 sono deportati nelle carceri di Salerno. Il paese è saccheggiato e dato alle fiamme.

All'alba del 14 agosto 1861, gli ungheresi partecipano alla strage di Pontelandolfo. Con i bersaglieri piemontesi, fucilano chiunque capiti a tiro: preti, uomini, donne, bambini. Le case sono saccheggiate e tutto il paese dato alle fiamme e raso al suolo. Particolarmente feroci sono le truppe ungheresi che compiono vere e proprie atrocità.

Antonio Pagano

SCOMUNICA MAGGIORE AI SAVOIA
Lanciata dal Sommo Pontefice Pio IX il 26 Marzo del 1860.


Dichiaro che tutti coloro, i quali hanno perpetrata la nefanda ribellione nelle provincie dello Stato Pontificio, e la loro usurpazione, occupazione ed invasione ed altre cose simili, di cui ho fatto querela nelle mentovate Allocuzioni, oppure hanno commesso alcuni tali cose, come pure i loro mandanti, fautori, aiutatori, consiglieri, aderenti o altri quali si siano, che hanno procurato sotto qualsiasi pretesto e in qualsivoglia modo l'esecuzione delle cose predette, ovvero le hanno per sè medesimi eseguite, hanno incorso LA SCOMUNICA MAGGIORE, e le altre CENSURE e pene ecclesiastiche inflitte dai Sacri Canoni, dalle Costituzioni apostoliche, e dai decreti dei Concili Generali, e se fa bisogno di bel nuovo li Scomunico ed Anatematizzo.
Parimente dichiaro, aver essi con ciò stesso incorso egualmente le pene della perdita di tutti e di qualunque siansi i privilegi, grazie ed indulti loro in qualsivoglia modo concessi dai Romani Pontefici Miei predecessori; e non poter eglino essere assolti e liberati da siffatte censure DA NESSUNO; ed inoltre esser eglino inabili ed incapaci di conseguire il beneficio dell'assoluzione, fino a tanto che non abbiano pubblicamente ritrattato, rivocato, cassato ed abolito tutti gli attentati in qualsivoglia modo commessi, e reintegrata ogni cosa pienamente ed efficacemente nello stato di prima, o prestata in altra maniera la dovuta e condegna soddisfazione nelle cose predette alla Chiesa e a questa Santa Sede, ma che sempre saranno e sono a tali cose obbligati, affine di potere conseguire il beneficio dell'assoluzione.
Comando che copie delle stesse lettere anche stampate e sottoscritte dalla mano di qualche pubblico Notaio, e munite del sigillo di qualunque persona costituita di dignità ecclesiastica, si presti la fede medesima in tutti i luoghi ed in TUTTE LE NAZIONI, tanto in giudizio, quanto fuori di esso, quale si presterebbe ad esse presenti, se fossero esibite o mostrate.

Dato in Roma presso S. Pietro sotto l'anello del Pescatore il giorno 26 Marzo del 1860 del Pontificato l'anno decimoquarto.

Pio Papa IX

8 commenti:

  1. Vorrei ricordare a coloro che oggi festeggiano l'unità d'Italia, gerarchia ecclesiastica in primis, che il santo padre Papa Pio IX scomunicò ed anatemizzò non solo i fautori della falsa e violenta unità, ma anche i loro seguaci e successori e che questa scomunica è ancora valida.
    Leggete "Cum catholica Ecclesia" per rendervene conto.
    Patrizia

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  2. Un discorso del generale de Charette

    … io dichiaro che noi siamo pronti a combattere ed a morire se occorre, per il Papa-Re, per il Potere Temporale, doppio simbolo di ogni legittimità….


    La Domenica del 3 luglio anno corrente (1892) celebravasi a Parigi, nella Cappella dei Circoli Operai di Montparnasse, una Messa commemorativa per il centenario della nascita di Pio IX. Il panegirico dell’immortale Pontefice fu pronunziato dal Rev. Padre de Pascal. Dopo la cerimonia religiosa, si tenne un banchetto sotto la presidenza del generale de Charette, già tenente colonnello, comandante in 2.° il glorioso reggimento dei Zuavi Pontificii, l’eroe di Castelfidardo, di Nerola e di Mentana. Alle frutta, il generale barone Atanasio De Charette fece il seguente bellissimo discorso, grandemente ammirato da quanti ebbero la sorte di udirlo:


    “Mio Rev. Padre, signori e cari camerati:
    è un pericoloso onore quello che mi fate, chiedendomi di parlarvi anch’io dell’amatissimo Pio IX, del Grande Pontefice che ha lasciato nei nostri cuori sì care memorie.
    Una parola più eloquente della mia ha ritracciato stamane col più nobile ed elevato linguaggio le grandi linee di quel memorando Pontificato, ed io intendo qui limitarmi a reminiscenze personali, onde comprenderete agevolmente quanto sincero fosse l’affetto ch’egli aveva saputo ispirare a noi tutti e quanto sia viva tuttora la nostra gratitudine.
    E voi, signori, che avete la compiacenza di accoglierci fra voi, in questo Circolo di Montparnasse , il quale conta già tanti e sì gloriosi anni di esistenza, permettetemi di trattarvi come Zuavi Pontificii e di entrare nell’argomento senza altri preamboli.
    Io lasciai Roma nel settembre del 1870 e non vi ritornai che dopo la morte di Pio IX.
    Come narrarvi le mie impressioni nel rientrare nell’antico Patrimonio di S. Pietro, per Passo Cerose, nel rivedere Monterotondo, Porta Pia, S. Giovanni in Laterano, S. Lorenzo.
    Ciascuno di questi luoghi mi ricordava qualche fatte d’arme, qualche compagno gloriosamente caduto, e nei giorni felici taluna di quelle feste che lasciano in cuore indelebile rimembranza.
    Ma di tutte queste impressioni la più forte fu quella che provai nel passare presso il cimitero di S. Lorenzo, ove riposano nelle Catacombe tanti esseri carissimi.
    Pio IX, sdegnando la sontuosa tomba di Maria Maggiore, ch’eragli destinata, volle essere sepolto in quelle stesse Catacombe, in mezzo ai suoi Zuavi, come per dare loro una ultima arra di amore e di speranza.
    La mia prima visita fu per S. Pietro. Era di sera: io m’incamminai verso un lumicino, tremolante come quelli che si pongono dinanzi alle Madonne. Quale scossa non sentii nell’animo, leggendo sul monumento in cui riposano tutti Papi prima di ricevere la lo loro sepoltura definitiva, queste parole Pius IX Pontifex Maximus! Caddi in ginocchio, pregai e piansi. Ma il Papa non muore ed era appunto venuto il momento di andare ad offrire a Leone XIII l’inalterabile devozione degli Zuavi Pontificii.
    Voi sentite, non è vero? signori, ciò che avveniva allora nel mio cuore tutto pieno della memoria di Pio IX, e come non potessi senza indicibile commozione andare a prostrarmi ai piedi del suo Successore.
    Quando si è consacrato tutto il proprio cuore ad un Sovrano come quello dì cui celebriamo oggi il centenario, si ha l’anima invasa da una specie di angoscia. Proverò io gli stessi sentimenti per Colui che occupa ora quel medesimo treno, dinanzi al quale m’inchinava con tanto amore?
    Ma, dopo essere stato introdotto in quella stanza ov’ero stato sì spesso ricevuto da Pio IX, quando risollevai il capo, dopo le tre genuflessioni d’uso, e vidi il Vegliardo dalla bianca sottana assiso sul trono presso il quale io mi era tante volte inginocchiato, compresi come il Papato non muoia mai, ed offrii la mia persona, il mio cuore e la mia vita al Successore di Pio IX.
    Il Sovrano Pontefice mi colmò di onori, e donò a quanti avevano degnamente portato la tunica dello Zuavo sotto Pio IX la medaglia Benemerenti, massimo onore che ci fosse date di ambire.

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  3. Non dimenticherò mai Leone XIII nell’atto di stringersi al cuore il mio unico figlio, o di fargli fare la prima Comunione.
    Alla prima udienza ch’io ebbi il bene di ottenere da Pio IX, egli ci diresse queste memorande parole: «Andate a testa alta, non temete; perché servite al diritto, alla giustizia, alla verità.» E noi andammo giubilanti a Castelfidardo.
    Formavamo appena una compagnia, quando Mons. De Merode ci mandò a scortare il Papa in una visita a S. Agnese. Ciascuno di noi ne ebbe una medaglia ed una Benedizione.
    Vi sovviene, cari camerati, del campo di Porto d’Anzio, nell’aprile 1862? Noi avemmo la felicità di restare per un mese colle truppe pontificie a formare una guardia d’onore al Santo Padre, sotto gli ordini del generale Kanzler. Rammentate la bella festa della distribuzione delle bandiere?
    La bandiera consegnataci in quel giorno ha vedute molte battaglie, e quando, il 22 settembre 1870, il reggimento fu disciolto e rimpatriato secondo le diverse nazionalità, ciascuno ne portò seco un brandellino, come memoria del passato e più ancora come pegno dell’avvenire.
    Non vi fu mai uomo più seducente di Pio IX: il suo cuore, prescindendo anche dal carattere sacerdotale, raggiava di bontà e carità. Il suo aspetto fisico stesso aumentava il fascino che da vicino o da lontano subivano tutti coloro che lo hanno conosciuto: maestà impareggiabile, nata da ineffabile semplicità; grande intelligenza, che non escludeva una grande finezza; eloquenza notevole, soavissima all’anima; facili scatti di carattere vivace ed impetuoso, corrotti subito da sentimenti di bontà sgorganti dal cuore.
    Ho detto che Pio lX aveva notevole eloquenza; ma non basta: era un grande oratore. Possedeva tutto: la prestanza, il gesto, la voce - a Roma non eravene altra più bella - il tatto, l’argutezza, l’amplitudine, la fiamma. Ammaliava, soggiogava, trasportava l’uditorio. Il Cardinale Place, che aveva avuto l’onore di essere consacrato da Pio IX, dal quale era particolarmente e da gran tempo conosciuto, mi raccontava, or non ha molto, come un protestante, ministro a Ginevra, uomo ragguardevole ed intelligentissimo, il quale aveva passato molti anni in Italia ed a Roma, gli dicesse un giorno dopo un discorso di Pio IX a S. Andrea della Valle: Ho udito i principali predicatori ed oratori dell’Italia e di Roma (il P. Ventura era allora all’apice della sua fama): quanto Ventura mi è sembrato superiore agli altri oratori, altrettanto Pio IX è superiore a Ventura.»
    Si poteva riassumere in una parola l’impressione ch’egli produceva a prima vista e che andava crescendo dì mano in mano che lo si conosceva meglio: era un grande affascinatore; affascinava tutti coloro che lo avvicinavano.
    Amava il suo reggimento di un amore sconfinato. Noi gli avevamo mandato nel 1877, per il giorno della sua festa - l’ultima, ahimè! - una statuetta d’argento, rappresentante un Zuavo che porta la bandiera del Sacro Cuore. Egli disse ad un Zuavo presente quanto fosse felice di possedere quella statuetta, che teneva sempre sulla sua scrivania. «E’ bella!» osservò, e, rigirando l’occhio al Zuavo, aggiunse con quel sorriso sì buono, sì penetrante, si espressivo, che tutti conosciamo: «Tutti gli Zuavi sono belli, o almeno quasi tutti.» Lo Zuavo, che mi raccontava questo aneddoto, diceva poi: «Non cambierei questa divisa con tutti i titoli di nobiltà del mondo».
    Bisognerebbe scrivere volumi per narrare la vita dì questo grande e santo Pontefice; ma lasciatemi terminare col racconto dello spettacolo più grandioso ch’io abbia veduto in vita mia.

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  4. Era il 19 settembre 1870. Le truppe italiane avevano completato l’investimento della città eterna, e l’ultimo atto del dramma cominciato nel 1859 stava per recitarsi; il sacrifizio stava per consumarsi. Sempre fedeli alla nostra divisa, noi speravamo contro ogni speranza, domandavamo a Dio un miracolo! Io aveva ricevuto il comando alla porta di S. Giovanni in Laterano, quando fui avvertito che il Santo Padre entrava alla Scala Santa.
    Non esagero: sembravami che intorno alla fronte del nostro augusto Pontefice risplendesse l’aureola dei Santi e dei Martiri. Ognuno aveva coscienza che stesse per compiersi alcun che di straordinario. Giunto all’ultimo gradino dopo essersi curvato a baciare la Croce che segna la traccia del Sangue del Salvatore, il Santo Padre, levando le braccia come Mosè alla vista della terra di Canaan, rivolse questa preghiera al Dio degli eserciti:

    «O tu, gran Dio, mio Salvatore, tu di cui io sono il servo dei servi, tu di cui io sono l’umile rappresentante, tu supplico, per questo prezioso Sangue, caduto al tuo divin Figlio in questi luoghi stessi, e del quale io sono il supremo dispensatore; ti supplico, pei tormenti, pel supplizio del tuo divin Figlio che salì volontariamente questa scala di obbrobrio, per offrirsi in olocausto dinanzi a Cesare, dinanzi a quel popolo che lo insultava e pel quale andava a morire sopra una croce infame , oh! ti prego, abbi pietà del tuo popolo e della tua Chiesa, tua diletta figlia. Sospendi il tuo corruccio, la tua giusta ira. Non permettere a mani infami di venire a contaminare la tua dimora. Perdona al mio popolo, che è tuo, che ha fatta rossa del suo sangue questa terra benedetta. E se una vittima si richiede, o mio Dio! prendi il tuo indegno servo, il tuo indegno rappresentante!
    Pietà, mio Dio! pietà, te ne prego; mi checché avvenga, sia fatta la tua santa volontà!».

    Noi tutti piangevamo. Mai più non assisterò ad una scena tanto sublime e straziante ad un tempo. Aspettai il Santo Padre sulla porta, e, avendo fatto schierare i miei in ordine di battaglia, pregai il Pontefice di benedirci... Le donne del popolo gli afferravano le mani, sì avvinghiavano alla sua sottana, gridando: «Coraggio, Santo Padre coraggio!»
    Il 20 settembre, mentre noi sfilavamo per un’ultima volta sulla piazza di S. Pietro col cuore infiammato d’ira e coll’anima in lutto, ma serbando sempre una suprema speranza, quando il nostro ultimo grido di Viva Pio IX, Papa e Re! andò a spirare ai suoi piedi, Pio IX svenne fra le braccia dei suoi camerieri.
    Ah! credetemi, ad una parola di tal uomo giubilando incontro alla morte!
    In nome di tutti i miei camerati, io dichiaro che noi siamo pronti a combattere ed a morire se occorre, per il Papa-Re, per il Potere Temporale, doppio simbolo di ogni legittimità; locché non ci ha impedito e non impedirà di fare, all’uopo, il nostro dovere di patrioti e di Francesi”.

    (Da: Pio IX ad Imola e Roma. Memorie inedite di Francesco Minocchieri, pubblicate ed illustrate a cura di Antomaria Bonetti, Napoli 1892, Stab. Tip. Librario di A. & Salv. Festa, pagg.178-185)
    Patrizia

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  5. La Chiesa festeggia l'unità d'Italia!

    Raglio d'asino non sale al cielo.

    Mentre la chiesa conciliare festeggia questa repubblica d'ispirazione massonica, la Chiesa Cattolica e i suoi fedeli non dimenticano ciò che è stato.
    Il 17 marzo festeggeremo quindi San Patrizio e listeremo a lutto i nostri cuori al grido di Viva il Papa Re! E che Papa Pio IX preghi per noi e per la nostra povera Italia.

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  6. Brava Patrizia!!! Hai avuto il mio stesso pensiero! Ricordare la bellissima Enciclica del Grande Beato ( SANTO senza se e senza ma) Papa Pio IX, che SCOMUNICA i fautori dell'unità d'Italia. Chi della gerarchia odierna e la festeggia conoscerà tale scomunica? e se si come si giustificheranno davanti a Dio?

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  7. Cara Raffaella, difficile credere che la gerarchia conciliare non la conosca, mentre diverso è il discorso per la gente comune, quante persone conosceranno l'importanza storica e religiosa di questo grande Papa, il Papa del dogma dell'Immacolata Concezione? Temo ben poche. La buonafede in certe azioni dovrebbe essere sempre fatta salva, ma se contrasta la ragione o l'evidenza dei fatti, è moralmente sbagliato e controproducente sostenerla. Lasciamo comunque ogni giudizio a Dio, sarà dura anche per noi giustificarci.
    Patrizia

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  8. Riguardo agli aneddoti sul papa Pio IX non sapevo nulla ed ora sono un po' più erudito.Sugli ungheresi emigrati allora non ho dubbi poichè ho letto recentem,ente un libretto scritto da medico romeno che descriveva il terrore delle popolazioni romene all'arrivo degli ungheresi comunisti in Romania alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Ungheresi conosciuti come crudeli e sanguinari.Questa era ed è la sensazione dei romeni verso gli ungheresi. Figuriamoci quindi dei rifugiati al soldo di un governo anticattolico..

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