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sabato 31 marzo 2012

«Si trovano quindi in un pericoloso errore quelli che ritengono di poter aderire a Cristo, Capo della Chiesa, pur non aderendo fedelmente al suo Vicario in terra. Sottratto infatti questo visibile Capo e spezzati i visibili vincoli dell’unità, essi oscurano e deformano talmente il Corpo mistico del Redentore, da non potersi più né vedere né rinvenire il porto della salute eterna» (Pio XII, Mystici Corporis).

Ciò che dice Pio XII è sacrosanto, ma nel caso che un Pontefice vada pubblicamente contro la dottrina Cattolica, mantiene la sua autorità datagli da Dio? Subito sotto possiamo leggere le affermazioni non ortodosse di Benedetto XVI riguardo l'ecumenismo...

Ed ora chiediamoci: che cosa significa ristabilire l'unità di tutti i cristiani? Sappiamo tutti che esistono numerosi modelli di unità e voi sapete anche che la Chiesa cattolica si prefigge il raggiungimento della piena unità visibile dei discepoli di Gesù Cristo secondo la definizione che ne ha dato il Concilio Ecumenico Vaticano II in vari suoi documenti (cfr Lumen gentium, nn. 8;13; Unitatis redintegratio, nn. 2; 4 ecc.). Tale unità, secondo la nostra convinzione, sussiste, sì, nella Chiesa cattolica senza possibilità di essere perduta (cfr Unitatis redintegratio, n. 4); la Chiesa infatti non è scomparsa totalmente dal mondo. D'altra parte questa unità non significa quello che si potrebbe chiamare ecumenismo del ritorno: rinnegare cioè e rifiutare la propria storia di fede. Assolutamente no! Non significa uniformità in tutte le espressioni della teologia e della spiritualità, nelle forme liturgiche e nella disciplina. Unità nella molteplicità e molteplicità nell'unità...

Vediamo ora come la Madonna ci viene in soccorso rispetto al problema dell'autorità del Papa nel caso in cui proferisca delle autentiche concezioni teologiche eterodosse:
Il Papa, nel tempo di Santa Brigida, stava facendo molti e gravi peccati e questo frate confessore subiva pressioni da alcune persone che gli dicevano che per tali motivi il sedente non era più Papa.
Attanagliato forse dalla condizione palesemente grave di tale Sovrano, cominciano a sorgere in lui dei dubbi.
La Madonna prontamente fornisce a Santa Brigida la risposta CATTOLICA per liberare il frate da quel problema, oltre a dargli altri consigli e rasserenazioni su altre questioni sue personali.
Scrive Santa Brigida:
“Onore e grazie siano date all’Onnipotente Iddio ed alla Beata Vergine Maria, la sua degna Madre! Mi è sembrato, quale persona indegna qual sono, che mentre ero assorbita in preghiera, la Madre di Dio abbia detto a me, una peccatrice, le seguenti parole:
Dì al mio amico il frate, che tramite te mi ha rivolto le sue suppliche [...]
Digli anche, in nome mio, che egli dovrà rispondere a quelli che dicono che il papa non è vero papa… Egli deve rispondere a questi eretici in questa maniera: “Voi avete voltato le spalle a Dio, e per questo non lo vedete. Porgete a lui i vostri volti, e allora sarete in grado di vederlo”. Perché è la vera e Cattolica fede che un Papa che non fa pubblica defezione dalla Fede non è mai così malizioso che come risultato di questi peccati e delle sue altre opere cattive non ci sia sempre in lui la pienezza dell’autorità e il completo potere per legare e sciogliere le anime – non importa quanto sia macchiato con altri peccati. Egli possiede questa autorità attraverso il beato Pietro e l’ha acquisita da Dio. Prima di Papa Giovanni si sono susseguiti molti supremi Pontefici che ora sono all’inferno…” (Rivelazioni, libro 7, cap. 7).
 
Il Papa e i sacerdoti benché peccatori non perdono la facoltà di assolvere dai peccati
Volgi dunque il capo a Dio, e lo vedrai; non avendo il Papa commesso eresia, (quello del tempo di Santa Brigida) la vera fede è credere che, malgrado i numerosi peccati che ha commesso, egli ab­bia comunque la piena facoltà e autorità di unire e as­solvere le anime, poiché tale potere gli è stato dato da San Pietro e affidato da Dio... Similmente affermo che, malgrado i loro peccati li rendano indegni davanti al Dio di gloria, i sacerdoti sono veri sacerdoti - e quindi consacrano, somministrano l'eucarestia e gli altri sacra­menti ai fedeli e con le loro mani sull'altare innalzano e toccano realmente il corpo di Cristo - purché non siano eretici. ((Rivelazioni, libro 7)

 Nella Bolla “Cum ex Apostolatus Officio” di S.S. Paolo IV si può leggere:
File:Paolo IV.jpg“Qualsiasi ufficio sarà vacante ipso facto [per il fatto stesso] per tacita rinuncia e senza che sia richiesta alcuna dichiarazione, … §4 per pubblica defezione dalla Fede Cattolica;… (Ob tacitam renuntiationem ab ipso iure admissam quaelibet officia vacant ipso facto et sine ulla declaratione, si clericus: … 4. A fide catholica publice defecerit;…)” La lunghezza temporale è un castigo per i peccati commessi contro la Fede, che si ripercuote su tutti, ma che non implica affatto la decadenza del “non prevalaebunt”, che rimane il faro della Speranza per i cattolici. La Chiesa Cattolica rimane e rimarrà sempre laddove vi sia chi fa ciò che Essa intende. E, nonostante la crisi senza precedenti che stiamo vivendo, la Provvidenza divina ci fornisce esempi edificanti di questo, pur nella visibilità ridotta della Chiesa stessa.





A tal proposito, pur mantenedo una grande prudenza sull'aspetto dell'autorità Divinamente assisitita, l’ Arcivescovo Marcel Lefebvre ebbe a scrivere, il 29 giugno 1976, in occasione della “sospensione a divinis” comminatagli da Paolo VI:
La Chiesa Conciliare è una Chiesa scismatica, perché rompe con la Chiesa Cattolica quale è sempre stata. Essa ha i suoi nuovi dogmi, il suo nuovo sacerdozio, le sue nuove istituzioni, il suo nuovo culto, tutti già condannati dalla Chiesa in molti documenti, ufficiali e definitivi.
“Questa Chiesa Conciliare è scismatica, perché ha preso per base per il suo aggiornamento, principi opposti a quelli della Chiesa Cattolica, come la nuova concezione della Messa espressa ai numeri 5 della Prefazione al [decreto] Missale Romanum e 7 del suo primo capitolo, che attribuisce all’assemblea un ruolo sacerdotale che non può esercitare; come similmente il naturale — vale qui a dire divino — diritto di ogni persona e di ogni gruppo di persone alla libertà religiosa.
“Questo diritto alla libertà religiosa è blasfemo, perché attribuisce a Dio scopi che distruggono la Sua Maestà, la Sua Gloria, la Sua Regalità. Questo diritto implica libertà di coscienza, libertà di pensiero, e tutte le libertà massoniche.
La Chiesa che afferma tali errori è al tempo stesso scismatica ed eretica. Questa Chiesa Conciliare è, pertanto, non cattolica. Nella misura in cui Papa, vescovi, preti e fedeli aderiscono a questa nuova Chiesa, essi si separano dalla Chiesa Cattolica.
 In definitiva si potrebbe asserire che se un Papa compie peccati, anche gravi, ma che non riguardino la fede nella sua genuinità - è dottrina pre-conciliabolo - mantiene l'autorità divinamente assistita, ma nel caso che un Papa si macchi di peccati contro la fede, quindi di eresia, egli perde la sua autorità.
 Questo è un argomento complesso e molto delicato per tutta la Chiesa da almeno 50 anni; certo che leggendo le parole della Madonna a Santa Brigida e la dottrina di Paolo IV un brivido corre lungo tutta la schiena. Noi di questo Blog, nonostante le accuse, da parte di ignoranti, per adesso manteniamo una posizione prudenziale, seguendo l'esempio di quel grande Vescovo che è stato Monsignor Lefebvre:
 

"Come un successore di Pietro ha potuto, in così poco tempo, causare più danni alla Chiesa che la Rivoluzione dell' ' 89? (... ). Abbiamo veramente un papa oppure un intruso seduto sulla cattedra di Pietro? Beati coloro che sono vissuti e che sono morti senza doversi porre una simile questione!".
Tale è l'interrogativo che si pone mons. Lefebvre in Cor Unum, bollettino interno della Fraternità, l'8 novembre 1979. Si tratta del defunto papa Paolo VI - come già nell'estate calda del 1976 - ma si tratterà anche ben presto di Giovanni-Paolo II.
"Come può avvenire, date le promesse di Nostro Signore Gesù Cristo al suo Vicario, che questo medesimo Vicario possa nello stesso tempo, da sé o per mezzo di altri, corrompere la fede dei fedeli?".
Alcuni dicono: professa delle eresie, ha promulgato la libertà religiosa, ha firmato l'art. 7 del Novus Ordo Missae; ora una eretico non può essere papa, dunque non è papa, dunque non gli si deve l'obbedienza. Si tratta di una logica semplice e comoda che riposa su di una opinione teologica che degli autori seri hanno sostenuto in astratto. Ma, in concreto, si può affermare l'eresia formale di un papa? Chi avrà l'autorità per farlo? Chi farà al pontefice le monizioni necessarie per constatarlo? Inoltre questo ragionamento, in pratica, "mette la Chiesa in una situazione inestricabile. Chi ci dirà dov'è il futuro papa? Come potrà essere designato, dal momento che non vi sono più cardinali" poiché il papa non è papa? "Questo spirito è uno spirito scismatico". D'altra parte "la visibilità della Chiesa è troppo necessaria perché Dio possa ometterla per dei decenni".
Alla "logica teorica" di un Padre Guérard des Lauriers, mons, Lefebvre preferisce "una sapienza superiore: la logica della carità e della prudenza".
"Forse un giorno, fra trenta o quarant’anni, una sessione di cardinali riunita da un futuro papa studierà e giudicherà il pontificato di Paolo VI; forse dirà che vi sono elementi che avrebbero dovuto saltare agli occhi dei contemporanei, delle affermazioni di questo papa assolutamente contrarie alla Tradizione.
Preferisco, sino ad ora, considerare come papa colui che, per lo meno, è sul soglio di Pietro; e se un giorno si scoprisse in modo certo che questo papa non era papa, avrò tuttavia fatto il mio dovere.
Al di fuori dei casi in cui usa del suo carisma di infallibilità, il papa può errare. Perché dunque scandalizzarci e dire: "Allora non è più papa", come Ario si scandalizzava delle umiliazioni del Signore che durante la sua Passione diceva "Mio Dio perché mi hai abbandonato?" e ragionava: "Allora non è Dio!". Non sappiamo fino a dove un papa "trascinato da non so quale spirito o da quale formazione, sottomesso a quali pressioni o per negligenza" possa condurre la Chiesa a perdere la fede; ma "noi constatiamo i fatti. Preferisco partire da questo principio: dobbiamo difendere la nostra fede; su questo punto il nostro dovere è fuor di dubbio".

(Tratto da Marcel Lefebvre: una vita, di mons. Bernard Tissier de Mallerais, Clovis, Etampes, 2002, p. 532 s.)

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 "Credo la Chiesa «Una»" - Riflessioni in merito al concetto di piena e non piena comunione...

Don Davide Pagliarani
È ormai nel vocabolario comune l’espressione di “comunità cristiane” in “non piena comunione” con la Chiesa e attraverso questo concetto vengono giustificate le innumerevoli iniziative ecumeniche a cui assistiamo. Ma esaminandolo alla luce della dottrina tradizionale, ci accorgiamo che esso è incompatibile con la natura stessa della Chiesa.

Tra gli elementi più significativi introdotti dall’ecclesiologia del Concilio Vaticano II vi è, com’è noto, una nozione “analogica” del concetto di comunione con la Chiesa; ci riferiamo a quella concezione che ammette la possibilità di unione con la Chiesa Cattolica a vari gradi o livelli: si avranno così una piena comunione e una non piena comunione, il che poi, se traiamo le più logiche conseguenze di questo principio, può essere declinato in mille modi: una comunione imperfetta, una comunione “ai margini”, una comunione crescente, una comunione virtualmente esistente, etc…
Questo elemento, lungi dal rivestire un interesse puramente accademico, è in realtà indispensabile per assicurare dinamismo al movimento ecumenico e soprattutto per dare un fondamento ecclesiologico alle convergenze(1) su cui esso si fonda e che intende stimolare: siamo persuasi che proprio in questo punto si trovi principalmente l’elemento dottrinale più necessario e funzionale a tale scopo. Infatti tutti gli elementi cristiani presenti nelle false chiese (la definizione è ovviamente incompatibile con la nuova ecclesiologia) vengono presentati come un richiamo all’unità di cui la Chiesa Cattolica avrebbe la pienezza. In questo senso essi sarebbero già operanti e in qualche modo si delineerebbero già positivamente come fondamento di una certa unità: la comunione è già presente anche se non è ancora piena; è la non piena comunione, ma comunque comunione.
Per fare un esempio, in questa prospettiva il sacramento del battesimo amministrato nelle chiese luterane o la fede in Cristo Salvatore, essendo materialmente elementi comuni con il Cattolicesimo, sarebbero già fondamento di una certa unità in nome della quale si può già pregare insieme o si possono organizzare incontri ecumenici.
Notiamo, per il momento, che in questo dinamismo non c’è spazio per la conversione, ma solo per una presunta convergenza comune che deve essere stimolata  sempre più per ricostruire l’Unità originaria distrutta dal peccato di tutti.
Notiamo pure – con un pizzico di comprensibile ironia – che gli stessi “lefebvriani” sarebbero in questo stato di non piena comunione con la Chiesa, ma comunque in comunione.
In realtà per essere fedele alla Tradizione costante della Chiesa, un “lefebvriano” come ogni cattolico si vede costretto a rifiutare l’impiego di questa nozione. La comunione con la Chiesa Cattolica è per natura una realtà univoca e indeclinabile: o si è in comunione o non lo si è. O si appartiene alla Chiesa o non vi si appartiene. Nelle riflessioni che seguono cercheremo di illustrare perché.

Il nuovo orientamento ecclesiologico
 
Prima di entrare nel vivo delle nostre considerazioni, ci sembra opportuno spendere una ulteriore parola sull’attuale orientamento ecclesiologico circa questo punto cruciale.
Si tenga ben presente che l’analisi della teologia contemporanea del fenomeno delle divisioni tra cristiani si basa su criteri prettamente storicistici e naturalisti. Le separazioni sarebbero frutto di gelosie, di litigi, di capricci, di peccato, di cui tutti i cristiani si sarebbero macchiati nel corso dei secoli. Di conseguenza il movimento ecumenico vorrebbe ricomporre l’Unità proprio ripartendo da un’autentica purificazione
della memoria per cancellare le vestigia del peccato che ancora permangono. Di questo peccato si sarebbe macchiata in qualche modo anche la Chiesa Cattolica al pari degli altri: questo primo elemento ci fornisce già un’utile chiave di lettura per i clamorosi meaculpismi  di cui siamo stati spettatori negli ultimi anni, in cui è l’istituzione ad essere stata coinvolta e colpevolizzata.
Diciamo subito che questo status quaestionis è inaccettabile e soprattutto presuppone una nozione di Unità che non è cattolica. Il peccato contro l’Unità è un peccato contro la Chiesa Cattolica ed è inammissibile che Questa sia, più o meno direttamente, trascinata sul banco degli imputati allorché non è altro che l’unica vittima di tutti gli scismi e di tutte le divisioni tra cristiani che la Storia ha conosciuto. Il vero peccato di cui bisogna purificarsi per rientrare nell’Unità si chiama “scisma” e per definizione si tratta di un peccato che non può essere stato compiuto dalla Chiesa(2) né da chi resta membro della Chiesa, poiché nel momento in cui è commesso vi è separazione dalla Chiesa stessa. È il peccato di separazione dei “fratelli separati” e, necessariamente, non può essere che loro (3).
Non dimentichiamo che il movimento ecumenico nasce e si sviluppa in ambiente protestante, ben prima del Concilio; averne accettato le regole del gioco, proprio a partire dal Concilio, presuppone un inammissibile disprezzo per la Chiesa del passato, considerata in qualche modo colpevole, e per l’opera generosa di schiere di Papi e di Santi che si sono prodigati per richiamare all’unico ovile i “fratelli separati”, attraverso la riconversione al Cattolicesimo.
Notiamo pure che in questo contesto la nozione classica di “scisma” perde in pratica il suo significato tradizionale; il peccato contro l’Unità della Chiesa diventa piuttosto il peccato di chi rifiuta l’ecumenismo e la tipologia di ricomposizione che esso propone: questa ricomposizione però tende ad una forma di unità assurda e improponibile alla coscienza cattolica.
È assolutamente insostenibile il principio che l’Unità debba essere ricomposta: è doveroso invece compiere ogni sforzo per riaccogliere i “separati” nell’Unità che la Chiesa non ha mai perso e non perderà mai.
– 1 –
La Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo

Innanzitutto non dobbiamo dimenticare che la peculiarità della Chiesa è di essere una società essenzialmente soprannaturale in cui si incontrano e si armonizzano l’elemento umano e l’elemento d’origine divina. Questo presuppone, nella questione che ci occupa, dei criteri di valutazione diversi da quelli comunemente utilizzati nell’esaminare una società puramente naturale.
Per ben impostare il problema dobbiamo quindi focalizzare l’attenzione sul fatto che la Chiesa è, nella Storia e attraverso la Storia, la continuazione dell’opera dell’Incarnazione, senza la quale Essa sarebbe impensabile. Poiché il Verbo ha assunto una natura umana completa ed ha unito in modo perfetto nella Sua persona le due nature umana e divina, la continuazione nel tempo di questa opera si realizza nell’istituzione che Egli ha fondato e che lo rappresenta ad un titolo unico ed esclusivo, nella quale – e solo nella quale – gli uomini trovano e assumono tutti quegli elementi soprannaturali necessari alla loro santificazione e alla loro incorporazione a Cristo stesso, del cui Corpo Mistico diventano membri attraverso il Battesimo.
Una volta incorporati a Cristo, gli uomini, pur rimanendo tali, sono rivestiti della grazia e dei doni dello Spirito Santo, cioè di elementi prettamente soprannaturali: in questo senso la Chiesa è la continuazione dell’Incarnazione nella Storia.
Soprattutto dobbiamo notare come l’unione delle due nature nella Persona del Verbo rappresenti ciò che di più unico, inseparabile e indivisibile potesse essere realizzato e questo per una ragione ben precisa. La persona infatti è “l’irripetibile”, per usare un termine caro alla stessa filosofia moderna. Questo significa che non può esistere una unità più  una della persona stessa, ulteriore ad essa, in quanto nella persona è raggiunto l’apogeo dell’unità. Questa unicità è talmente assoluta che ogni persona rappresenta una realtà unica, perfetta e completa. Se possono esistere nel creato più gatti o più cavalli, esiste un solo Giulio Cesare o un solo Roberto Bellarmino: la persona è quindi un unicum irripetibile e incomunicabile.
Di conseguenza una persona che fosse divisa nelle parti essenziali che la compongono, come l’anima e il corpo, o che per assurdo fosse ripetuta, come se ci fossero due Giulii Cesari, cesserebbe semplicemente di essere persona.
Ma se questo è vero di una persona umana, quanto più questo è vero di una persona divina e – analogicamente – del suo Corpo Mistico(4) che ne continua la missione nei secoli?
Di conseguenza e per analogia, le membra di questo Corpo il cui Capo è Nostro Signore, non possono essere attaccate parzialmente alla testa: o esse sono parte integrante del corpo o non sono più parte del corpo in nessun modo; o esse esistono nel suo Corpo Mistico Perfetto o esse non possono esistere altrove, come se fossero sue membra imperfettamente unite.
Lo constatiamo nella realtà: per un membro non esiste uno stato intermedio in cui esso allo stesso tempo appartiene e non appartiene al nostro corpo; questo deve essere assolutamente ammesso, pena la perdita o la diminuzione di quella perfezione assoluta e intrinseca della Chiesa che si chiama Unità: la comunione con la Chiesa è una sola, perché se l’Unità della Chiesa potesse essere declinata in modalità imperfette cesserebbe semplicemente di essere Unità.
Infatti ciò che per essenza e per definizione è perfetto – e quindi unico e assoluto – non sussisterebbe più, cioè cesserebbe di esistere, nel momento in cui gli venisse meno la perfezione unica ed inamissibile che lo specifica e lo caratterizza: in tale caso incomincerebbe ad essere un’altra cosa, con altre caratteristiche (5).

I precedenti storici

L’ecclesiologia contemporanea a cui facciamo riferimento è decisamente nuova. Tuttavia la radice dell’errore che vi soggiace non è per nulla nuova e storicamente ha coinciso con la più grande disputa cristologica che la Storia abbia conosciuto. Infatti sin dai primi secoli dell’era cristiana il demonio ha cercato di attentare al dogma fondamentale espressione della verità fondamentale attraverso cui è stato sconfitto: l’Incarnazione, ovvero l’unione delle due nature nella Persona del Verbo. Questo duello storico, che ha conosciuto mille diversificazioni e traversie, ha raggiunto il suo apogeo nello scontro tra san Cirillo di Alessandria e Nestorio nel quinto secolo.
Non ci deve quindi stupire se l’Unità, quale prerogativa unica e inderogabile della Chiesa Cattolica, Corpo Mistico del Verbo Incarnato, sia oggi il dogma più attaccato e offuscato dalle nuove concezioni ecclesiologiche. Come nel quinto secolo fu attaccata l’Unità nella Persona del Verbo, così oggi essa è attaccata nella Sua Chiesa.

La conversione non è un risultato aritmetico

Prima di procedere oltre, intendiamo precisare che le nostre considerazioni hanno per oggetto i  gruppi cristiani non cattolici, ai quali viene riconosciuta una qualche ecclesialità o comunque uno statuto legittimo di comunità costituita; restando quindi su un piano strettamente ecclesiologico, non entriamo in considerazioni legate ai personali percorsi di conversione che possono aver luogo nell’uno o nell’altro individuo appartenente a una di queste comunità (6).
Inoltre intendiamo fare chiarezza su di un punto che toccheremo ancora nel corso delle nostre riflessioni: si tratta dei numerosi elementi comuni che il cattolicesimo ha con le differenti confessioni cristiane. È innegabile ad esempio che la Chiesa abbia molto in comune con gli ortodossi e di conseguenza sembrerebbe evidente una non piena ma significativa comunione ecclesiale(7). Come primo e fondamentale elemento di risposta teniamo presente che questa comunanza si basa unicamente sulla presenza di elementi comuni considerati nella loro materialità; le nostre riflessioni invece intendono evidenziare il valore formale di questi elementi in relazione alla Chiesa e alla sua particolare natura.
La portata di questa distinzione può essere evidenziata con un esempio concreto: non è affatto scontato che chi ha in comune, a livello materiale, un gran numero di elementi con la Chiesa cattolica si converta più facilmente e più rapidamente di chi invece ne è privo. Ad esempio un non cristiano potrebbe convertirsi più facilmente di un ortodosso, benché quest’ultimo abbia certamente “in comune” con la Chiesa molto di più. Anzi, si può forse affermare il contrario: chi ha poco o nulla in comune con la Chiesa può convertirsi più facilmente di chi, in teoria, con il cattolicesimo condivide quasi tutto, ma ha quella pregiudiziale ostilità verso la Chiesa tipica di chi si è macchiato del peccato di scisma.
E la Storia è lì a dimostrarlo: nell’ultimo millennio la Chiesa è riuscita a convertire milioni di pagani, mentre il numero di riconvertiti dallo scisma d’Oriente è sempre stato esiguo.
Perciò fondare la “ricostruzione” dell’Unità sulla base della quantità di elementi in comune tra le diverse confessioni cristiane presi esclusivamente nel loro aspetto numerico, significa analizzare il problema su un piano puramente materiale e non tenere conto della realtà dei fatti e della vera natura del problema.
– 2 –
La Chiesa è la Sposa di Cristo
Ben conosciuta è l’analogia che san Paolo stesso(8) utilizza per definire la Chiesa come Sposa di Cristo.
In realtà già nel Vangelo Nostro Signore utilizza spesso il tema del banchetto nuziale per presentare il mistero della Chiesa; questa immagine ricorrente trova la sua espressione più solenne e definitiva nell’Apocalisse di Giovanni, in cui l’eternità beata è illustrata attraverso l’icona delle nozze tra la Chiesa e l’Agnello(9).
Perché il Nuovo Testamento ha privilegiato questa analogia, in mezzo a tante altre, ad un titolo particolare?
Matrimonio significa innanzitutto unione stabile e definitiva, esattamente ciò che Nostro Signore vuole realizzare con la Sua Chiesa e attraverso di Essa con le anime membra del suo Corpo Mistico. È evidente che le due figure della Sposa e del Corpo Mistico si intersecano: laddove  esiste autentica unione sponsale, gli sposi diventano una sola cosa.
Ora, un matrimonio per essere valido deve innanzitutto essere votato alla perpetuità e alla fedeltà assoluta e reciproca: senza questi presupposti semplicemente non c’è vero matrimonio.
Soprattutto notiamo come l’impegno alla fedeltà assoluta e reciproca esprima e protegga la sacralità del legame coniugale a tal punto che una sola ombra contraria a questo impegno ripugna e appare incompatibile con il legame sponsale stesso: qui più che in qualsiasi altro elemento troviamo significata la natura del legame che Cristo vuole con la Sua Chiesa.
Questo legame è unico per due ordini di ragioni. Innanzitutto esso può esistere validamente in un solo caso: così come la comunione tra due sposi può esistere solo in un caso unico e specifico, in quanto un matrimonio è impedimento ad un secondo matrimonio, così l’unione tra Cristo e la Chiesa può esistere solo in un unico caso preciso. In secondo luogo questo legame, laddove esiste, non può essere declinato – o diluito –  in forme diverse: esso esiste solo in una modalità assoluta e perfetta.
Così come l’unione vera e legittima tra coniugi esiste solo nel matrimonio e non può esistere tra due falsi “coniugi” che rifiutano – ad esempio – gli obblighi del matrimonio, così l’unione tra Cristo e la Chiesa esiste solo nella sua forma perfetta ovvero nell’unica Chiesa da Lui voluta e fondata(10). In termini più semplici un matrimonio o è valido o invalido; se è valido è necessariamente perfetto (11).
In questa prospettiva – che è l’unica ammissibile – il concetto di unità parziale, di non piena comunione delle false chiese o comunità, appare piuttosto come il tentativo di legittimazione di una unione spuria o di un matrimonio falso: ancora più assurdo appare il tentativo di valorizzare questo tipo di unione come elemento positivo e intrinsecamente valido per giungere alla perfetta unione con Cristo nella Chiesa.
Non lo ripeteremo mai abbastanza: sia sul piano teologico che sul piano storico una falsa chiesa non è un mezzo per giungere alla “piena comunione”, ma uno strumento funzionale a tenere lontano le anime dall’unica vera Chiesa(12).
Soprattutto la prospettiva creata dal concetto di non piena comunione pretende di imporre a Nostro Signore delle “spose” di secondo rango che non si è scelto e che non può accettare come tali.
Ancora una volta solo l’ideologia ecumenica poteva produrre un errore di tale portata, con il solo risultato di provocare confusione e diminuzione della fede nella Unità e Unicità della Chiesa Cattolica e – conseguentemente – oscurando agli occhi degli erranti la necessità assoluta di appartenere alla Medesima o di riconvertirsi ad Essa.
– 3 –
L’Unità della Chiesa si fonda sull’adesione soprannaturale all’Unico Vero Dio.

Ci dobbiamo ora interrogare sugli elementi che assicurano l’Unità della Chiesa per poi applicare le debite conclusioni al problema che ci interessa.
Come è insegnato dalla dottrina classica esistono nella Chiesa tre fattori di unità: l’unità di fede, l’unità di governo e l’unità di culto. Questo significa che nella Chiesa deve esistere una unica fede, un unico governo ed un’unica liturgia con gli stessi sacramenti e con riti sostanzialmente equivalenti. Questi tre fattori ovviamente rappresentano un unicum e non è possibile sceglierne uno escludendone un altro.
Ciò nonostante la fede ha una priorità logica sugli altri due elementi, in quanto fondamento della vita cristiana, porta e presupposto fondamentale di tutte le altre virtù soprannaturali. Non a caso la fede è la prima cosa che il battezzando chiede alla Chiesa. La fede procura la vita eterna: è la seconda affermazione del battezzando. I sacramenti non faranno altro che far fruttificare il germe delle fede seminato con il battesimo e il governo stesso della Chiesa non avrà altro fine se non quello di condurre le anime alla vita eterna. In questo unicum la fede ha quindi una priorità logica. Focalizzeremo dunque la nostra attenzione sulla professione di fede cattolica intesa come fattore fondamentale di unità: questo ci permetterà di dissipare alcuni gravi equivoci a cui abbiamo già accennato e che evidenziamo subito.
Se infatti si è uniti nel professare la stessa fede, con tutti i suoi dogmi, sembrerebbe che esista realmente una certa unità con la professione di fede luterana (solo per fare un esempio), in quanto crediamo entrambi alcuni dogmi: la divinità di Cristo, la vita eterna, la necessità del battesimo, l’inferno, etc… Ebbene, sostengono i fautori dell’ecumenismo, è su questi punti comuni di elementi essenziali che bisognerebbe far leva per ricostruire l’unità perduta a causa del peccato. In questo senso i luterani sarebbero in una certa comunione con la Chiesa. Ancor più lo sarebbero gli anglicani e ancor più gli ortodossi, in quanto condividono con noi quasi tutti i dogmi.
Purtroppo la prospettiva è sbagliata e riduce la fede ad un insieme di enunciati più o meno condivisi dalle diverse confessioni. Si tratta di una visione decisamente “orizzontale” e materiale di dati che dovrebbero invece essere presi in considerazione restando su un piano soprannaturale che rispetti la natura intrinseca della virtù teologale di fede: è la “fede” vista da chi non ha più la fede o la sta perdendo.
Da un punto di vista formale l’Unità che contraddistingue chi professa la vera fede non si basa semplicemente su una somma più o meno identica di dogmi, ma sul fatto che ci si sottomette all’autorità di Dio che si rivela e che parla attraverso la Chiesa: è questo il motivo fondamentale di Unità per chi professa la fede cattolica. Ora, l’autorità di Dio che si rivela non può che essere Una perché Dio è Uno (ovviamente con tali premesse i contenuti dogmatici non possono che essere assolutamente identici).
Di conseguenza chi crede a qualcosa o anche a quasi tutti i dogmi cattolici, non potrà farlo per lo stesso motivo che abbiamo indicato, ma in base a persuasioni o convinzioni di altra natura, il che esclude qualunque tipo di comunione nel senso formale del termine. Rimane solo una comunanza, più o meno estesa, di tipo materiale e fenomenologico(13).
In termini più semplici: qualcuno che condividesse tutte le verità insegnate della Chiesa eccetto anche una sola, di fatto anche nel credere a tutte le altre lo farebbe non per obbedienza alla Chiesa, ma solo alla propria ragione. Quindi anche se sul piano quantitativo e materiale avrebbe molto in comune con il cattolicesimo, sul piano della fede (che come abbiamo visto è quello fondativo di tutti gli altri) non si distinguerebbe sostanzialmente da chi ne rifiuta tutti i dogmi.
– 4 –
Il fine della Chiesa è la salvezza delle anime

Infine ci dobbiamo interrogare sulla finalità specifica della comunione con la Chiesa. Infatti anche su questo punto esistono gravi equivoci: l’appartenenza alla Chiesa è spesso ridotta ad un mero segno di identità culturale o religiosa, legittimato soprattutto dalla tradizione locale propria ai paesi cattolici, il che giustifica di fatto qualunque percorso alternativo.
In realtà il problema è decisamente più grave e va valutato in relazione alla missione della Chiesa, fuori della Quale non c’è salvezza.
L’appartenenza alla Chiesa è quindi postulata da questa verità dogmatica e lo sarà in termini proporzionali alla portata di questa stessa verità.
Ora, la salvezza come tale rappresenta al contempo il fine ultimo della vita di ogni uomo e la ragion d’essere della Chiesa. È una realtà che non può essere né declinata né diluita: formalmente parlando non è possibile essere in uno stato di quasi salvezza, di non piena salvezza, di parziale salvezza, né avrebbe senso proporre a qualcuno una salvezza imperfetta come un bene per la sua anima. Purtroppo l’unica alternativa alla salvezza è la dannazione, senza alcuna sfumatura intermedia.
Di conseguenza il legame con la Chiesa (la comunione), attraverso cui la salvezza è veicolata, non può in nessun caso essere parziale senza essere assurdo e quindi inesistente.

La preghiera di Gesù per l’Unità(14)

 
Intendiamo concludere le nostre riflessioni con qualche considerazione sulla celebre preghiera di Nostro Signore per l’Unità. Si tratta del noto passaggio del Vangelo di San Giovanni (17, 11-21) in cui Gesù prega il Padre affinché conceda il dono dell’Unità agli apostoli e ai credenti. Il celebre passaggio è sistematicamente utilizzato per giustificare il movimento ecumenico, il quale si autocertifica come risposta fedele all’insegnamento e alla volontà esplicita di Gesù espressa in questa stessa preghiera. In realtà, paradossalmente proprio questa preghiera di Gesù smonta e condanna tale movimento.
Infatti, quando Gesù chiede qualcosa al Padre, la sua preghiera è sempre infallibile, cioè ottiene sempre ciò che chiede(15): Gesù è Sommo Sacerdote e quindi Sommo Mediatore, stabilito come tale dal Padre. Questo accade sempre e necessariamente a meno che la preghiera stessa sia condizionale, come accade nel Getsemani, quando Gesù sottomette alla volontà del Padre l’esito della sua richiesta. Nella preghiera per l’Unità questo non accade: Gesù chiede l’Unità per la Sua Chiesa come un bene assoluto e necessario. Di conseguenza Egli non può che ottenerla e il Padre non può che concederla. Si tratta dell’Unità assoluta, prerogativa inamovibile, di cui abbiamo trattato, che la Chiesa Cattolica non potrà mai perdere e che non può esistere né essere ricercata, né essere ricomposta al di fuori di Essa.

(1) «Convergenza» è il termine impiegato da Teilhard de Chardin – e da lui in poi fatto proprio da buona parte dei teologi contemporanei – per sostituire il tradizionale concetto di  conversione, considerato obsoleto. Si tratterebbe, in sintesi, di fare appunto “convergere” tutte le confessioni cristiane evidenziando ciò che hanno in comune invece che ciò che le separa, “bypassando” in questo modo il problema della conversione con tutto ciò che essa comporta.

(2) Cfr. Sillabo, proposizione condannata 38: «Alla divisione della chiesa in orientale e occidentale, hanno contribuito gli eccessivi arbitri dei romani pontefici».

(3) Non intendiamo nascondere il fatto che anche componenti linguistiche, storiche ed umane siano entrate in gioco, ma nessuna di queste, neppure considerate nel loro insieme, possono essere considerate motivo sufficiente di un atto tanto grave quale quello della separazione dalla Sede Apostolica. Sia per quanto riguarda le chiese vetero-orientali che quelle ortodosse, la storiografia contemporanea minimizza il problema dogmatico, accentuando molto le incomprensioni linguistiche e le reciproche tendenze prevaricatrici. Il problema essenziale resta invece il seguente: «Non basta accettare con docilità gli antichi documenti del magistero ecclesiastico, ma occorre in più abbracciare con fedele sottomissione di cuore tutte quelle definizioni che dalla Chiesa in forza della sua suprema autorità di tempo in tempo ci siano proposte a credere» (Pio XII, Orientalis Ecclesiae). Ne è prova il fatto che dopo la Dichiarazione cristologica comune tra la Chiesa cattolica e la chiesa assira d’Oriente, firmata nel 1994 rispettivamente da Giovanni Paolo II e Mar Dinkha IV, la chiesa assira persiste in una situazione di scisma, segno evidente che altro è accettare una definizione ed altro accettarla in forza dell’autorità della Sede Apostolica.

(4) La Chiesa, per essere precisi, non è una persona ma una societas. Tuttavia, al pari della persona, la Chiesa è Una.

(5) Questa conclusione può facilmente essere suffragata da un semplice argomento filosofico. Laddove esiste un movimento verso una perfezione ultima esiste necessariamente uno stato attuale di imperfezione. Più precisamente: laddove sussiste una potenza a qualche perfezione, significa che quest’ultima non è perfettamente in atto. Se quindi l’Unità della Chiesa potesse sussistere anche in forme non perfette, in cammino verso un progressivo perfezionamento, significherebbe attribuire all’Unità stessa della Chiesa una imperfezione inammissibile.

(6) Pertanto esula dalle nostre riflessioni la questione del battesimo in voto.

(7) Vale la pena spendere qualche riga su questo punto. Il Vicario di Cristo in terra, cioè il legittimo successore di san Pietro, non è un “elemento aggiunto” con o senza il quale la Chiesa resta la stessa. Il Sommo Pontefice è il vincolo visibile di unità, come la testa lo è per l’intero corpo. Pertanto, tolto questo vincolo, non abbiamo più un corpo, ma un insieme di membra decerebrate. Lo affermava chiaramente Pio XII: «Si trovano quindi in un pericoloso errore quelli che ritengono di poter aderire a Cristo, Capo della Chiesa, pur non aderendo fedelmente al suo Vicario in terra. Sottratto infatti questo visibile Capo e spezzati i visibili vincoli dell’unità, essi oscurano e deformano talmente il Corpo mistico del Redentore, da non potersi più né vedere né rinvenire il porto della salute eterna» (Pio XII, Mystici Corporis). Analogamente sostenere un’ecclesiologia che esplicitamente rifiuti il primato petrino significa non solo negare un punto dottrinale, bensì sfigurare l’intera dottrina ecclesiologica. Il fatto che gli ortodossi non percepiscano la dottrina del primato petrino (nei suoi successori) come appartenente all’insegnamento di Nostro Signore ha perciò delle ripercussioni in tutta la dottrina sulla Chiesa, che storicamente li ha condotti ad un accentuato cesaropapismo ed al reale problema di sintonia tra i diversi patriarcati.

(8) Cfr. 1 Cor 6, 15-17; 2 Cor 11, 2.

(9) Cfr Ap 22, 17; Ef 1, 4; 5, 27.

(10) Lo sviluppo dell’analogia può ulteriormente corroborare il concetto. I due sposi, dopo il matrimonio, sono  una sola carne (cfr. Mt 19, 6). Sul piano ontologico, dunque, tra un momento prima e un momento dopo il matrimonio c’è una differenza abissale. Viceversa, nel corso del fidanzamento c’è senz’altro una lunga maturazione che, tra l’inizio e il periodo finale immediatamente precedente al matrimonio, porta, a livello umano, i due fidanzati ad una conoscenza molto maggiore. Però, a livello ontologico, nulla cambia. Che i due fidanzati si conoscano appena o che si conoscano già perfettamente (come il giorno prima del nozze), la loro unione sponsale finché non si sposano è ontologicamente sempre la stessa: cioè è nulla, semplicemente non esiste; soprattutto notiamo come i due fidanzati in ogni momento siano privi di qualunque vincolo.
Una distinzione analoga può essere applicata alla relazione che intercorre tra le comunità acattoliche e la Chiesa. Tra una comunità calvinista e una “chiesa” ortodossa c’è certamente grande differenza sul piano materiale, ma su quello ontologico nessuna: entrambe non hanno nessuna unione formale con la Chiesa; proprio come due fidanzati non hanno nessuna unione matrimoniale tanto un anno quanto un giorno prima del matrimonio: non possono essere “imperfettamente sposati” o in stato di “non pieno matrimonio”! Ontologicamente, dunque, l’unione o sussiste nella sua forma completa o non sussiste affatto.

(11) Il nostro ragionamento si muove naturalmente entro il piano ontologico, in cui ciò che fa la validità è l’insieme e la perfezione dei requisiti, a prescindere dai limiti e dalle difficoltà umane e psicologiche che investono invece il piano personale e fenomenologico.

(12) È superfluo ripetere che questo vale per le false religioni in quanto tali, a prescindere dalle disposizioni soggettive di chi ne fa parte. In quanto tali, infatti, non possono mai essere degli strumenti di salvezza, caratteristica propria solo della religione
cattolica e questo per istituzione divina.

(13) Si noti inoltre che nella fattispecie non importa l’intensità soggettiva dell’atto di fede; è ben vero che un avventista o un mormone può avere una “fede” molto più intensa (o fanatica) di un cattolico e quest’ultimo può essere tiepido come spesso accade: ciò che stiamo analizzando è la natura intrinseca dell’atto di fede inteso come tale e i requisiti che necessariamente deve avere per poter esistere.

(14) Segnaliamo su questo tema l’ottimo Pier Carlo Landucci, Il vero significato di: «Ut unum sint» (Gv 17, 11.21), in Renovatio, anno XVII, n. 1, 1983.

(15) Somma Teologica, III, Q. 21, art. 4.

16 commenti:

  1. Nel video di cui vi dò il link, avviene l'impensabile, sicuramente lo avrete già visto.
    Nella visita in Germania di Papa Benedetto XVI la maggior parte dei vescovi Suoi subordinati non gli dà la mano di proposito...al VICARIO DI CRISTO.
    UN OFFESA QUASI INFINITA

    Come avrebbe dovuto comportarsi il Papa con autorità in questo caso?

    1 fermandosi innanzi al primo vescovo macchiatosi dell' odioso reato, vescovo sedevacantista aggiungo, perchè questo sono questi verminosi personaggi vestiti di viola a questo punto, avrebbe dovuto non certo soprassedere ma imporre la genuflessione del colpevole, imporgli di chiedere perdono, e farsi baciare la mano.

    Al suo rifiuto, innanzi alle telecamere, fargli sapere immediatamente con rigore dei seri provvedimenti che sarebbero stati presi nei suoi confronti, della sua probabile deposizione immediata dal suo incarico e da ogni funzione religiosa!

    2 dopo una lezione del genere è sicuro che il secondo sedevacantista sarebbe corso dal Papa a fare il baciamano come un cagnolino..e nessuno si sarebbe più permesso di mancare di rispetto al VICARIO DI CRISTO.


    Questo è il dovere di un Papa innanzi all'apostasia e alla ribellione...IL PAPA DEVE COMANDARE con energia.

    Non nascondo che la vista di questo video mi ha dato una pena indicibile nei confronti di Ratzinger.
    Questo video oltre a dimostrare quali serpi siano in seno alla Chiesa di Cristo dimostra che il Papa non vuole utilizzare la sua autorità e arriva fino a queste tristi figure...

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  2. il link

    http://www.youtube.com/watch?v=VR6kEM__f88

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  3. Ho visto il video...
    è uno scandalo! E condivido con Ghergon la profonda pena verso il Papa, trattato in questo in questo indegno ed umiliante modo da Vescovi che meriterebbero di essere ipso facto deposti dal loro incarico episcopale.

    Ed aggiungo che, come dice Ghergon, QUESTI SONO I VERI SEDEVACANTISTI, non quelli che provano dolore a vedere disprezzare il Vicario di Cristo, e che si fanno legittime domande sull'autorità divinamente assistita in questi tempi tanto bui. Anzi, ponendosi simili domande si dimostra di tenere in grande considerazione ed amore il Primato Petrino.

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  4. Ma vogliamo dimenticare di chi stiamo parlando? Tutti vescovi postconciliari, formati sotto le norme del Vaticano II, il 99% di quelli non vogliono neanche che si parli della Chiesa tradizionale, vogliono solo l'ecumenismo, la collegialita' la liberta' religiosa etc.etc. Sappiamo perfettamente che Belgi, Olandesi, tedeschi ed altri stanno ai limiti dello scisma, stanno cercando solo una chiesa libertaria materialista o non so cosa altro. Speriamo che pian piano nei seminari si ricominci a formare veri Sacerdoti Ministri del culto di Dio e della Chiesa Cattolica, dopodiche' avremo vescovi veri successori degli Apostoli. Che lo Spirito Santo per intercessione della Madre SS.ma ascolti le nostre preghiere. Che la notte della Grande Veglia Pasquale risvegli gli animi dei veri cattolici.

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    1. Infatti Berni...
      questi sono i bei frutti della "collegialità" conciliare.... questi signorini, oltre che ad essere degli emeriti maleducati, si sentono alla pari col Pontefice. Quindi finisce che coloro che riconoscerebbero il Primato Petrino più di tutti, cioè i conciliari (a detta dei benpensanti che spesso scrivono anche qui), sono proprio quelli che nei fatti lo negano.

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  5. Povero Papa! Che dispiacere, che dolore vederlo trattato così.

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  6. In effetti, guardando il video, ho provato tanta pietà per lui.

    A questo punto, umanamente, sembrerebbe tutto irrimediabilmente perso. Più ci penso e più provo tanto dolore. Quando penso ai grandi Papi del passato, mi viene da piangere al pensiero di non aver avuto la grazia di avere una guida sicura e forte come S. Pio X a cui affidarmi senza timore.

    Vista la situazione, l'unico pensiero che mi dà conforto è che, pur essendo una semplice fedele e per giunta molto ignorante in materia, nessuno mi potrà mai togliere la certezza che niente è impossibile al Signore e quindi mi affido totalmente a lui. Se volesse potrebbe mandare loro la grazia necessaria per aprire i loro occhi per farli ritornare alla Santa Dottrina di sempre in un attimo. Se lo farà, sia lodato il Signore e se non lo farà sia ugualmente lodato il Signore.
    Cuore Sacerdotale di Gesù, donaci santi sacerdoti.
    Cuore Immacolato di Maria, donaci santi sacerdoti.

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  7. Immagino già che ci sarà chi, rimanendo coerentemente fermo sulle posizioni critiche che il blog assume sempre nei confronti di Benedetto XVI, rimanga perplesso di fronte alle reazioni di pena e dolore qui espresse dai soprascritti....

    La risposta di questi sentimenti, almeno riguardo a me e Gianluca, è contenuta proprio nell'articolo: di fronte alla Dichiarazione di Paolo IV e all'insegnamento di Maria Santissima a Santa Brigida, occorrerebbe concludere con certezza che Benedetto XVI, proferendo quotidianamente dottrine non cattoliche, abbia ormai da tempo perduto l'assistenza Divina dello Spirito Santo, varrebbe a dire che avrebbe smesso da tempo (se mai abbia iniziato)di possedere l'autorità di "sciogliere e legare" tipica del Primato Petrino...
    Tuttavia: al fine di combattere la tentazione di staccare il proprio cuore di cattolici dalla Roma Eterna, noi preferiamo attenerci all'atteggiamento assunto da Mons. Lefebvre, che preferisce "una sapienza superiore: la logica della carità e della prudenza".
    "Forse un giorno, fra trenta o quarant’anni, una sessione di cardinali riunita da un futuro papa studierà e giudicherà il pontificato [...]; forse dirà che vi sono elementi che avrebbero dovuto saltare agli occhi dei contemporanei, delle affermazioni di questo papa assolutamente contrarie alla Tradizione.
    Preferisco, sino ad ora, considerare come papa colui che, per lo meno, è sul soglio di Pietro; e se un giorno si scoprisse in modo certo che questo papa non era papa, avrò tuttavia fatto il mio dovere."

    Pertanto, siccome non siamo Dio e non abbiamo alcuna facoltà né autorità per dichiarare la Sede vacante, Costui è il nostro Papa, ne notiamo la predicazione acattolica, gli atti contrari alla Tradizione, ne proviamo un dolore indicibile perchè credevamo che fosse davvero colui che avrebbe risistemato le cose secondo la Fede di sempre, ma rimane il Papa ed essendo il Vicario di Cristo, vederlo trattare così ci ferisce l'anima come chi vedesse il proprio padre picchiato o maltrattato...

    Un conto è dissentire dall'operato di un Pontefice (cosa intollerabile in vescovi cattolici, che hanno il Voto di obbedienza)un conto è manifestare un comportamento apertamente ostile, di maleducata violenza, lesivo della dignità della persona e del ruolo che gli riconosce chi lo attacca in questo inqualificabile modo.

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    1. Ed oltre che ferirci come cristiani, per la pena di vedere un anziano Consacrato così vilmente umiliato...

      ci ferisce come cattolici nel vedere disprezzato e vilipeso il ruolo del Successore di Pietro, Vicario di Cristo in Terra...dignità più alta al mondo non ne esiste.

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  8. SCUSATE: UN PICCOLO MA DOVEROSO "OT"(fuori tema)...

    Andate a leggere il bellissimo articolo del nostro Stefano/Stettino sui recenti scambi che ha avuto qui nel blog con i neocatecumenali:

    http://lux-hominum.blogspot.it/2012/03/chiarimenti-ad-un-neocatecumenale.html
    :)))

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    1. Sicuramente gli daremo risonanza, pubblicandolo anche qui. :))))

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  9. Ma, capisco la pena di vedere umiliata una figura che solo 50 anni fa rappresentava la Chiesa cattolica ed era ad ogni effetto il Vicario di Cristo!

    Della umiliazione di Benedetto XVI, in Germania, sua patria, avevo già sentito parlare, quandom successe nella visita in Germania mesi fa, e mi ero chiesto se lui avesse capito qualcosa dal fatto che vescovi moderni e modernisti, come lui, rifiutassero di baciare il suo anello simbolo di potere petrino.

    Non è successo nulla poichè, in linea con la sua dottrina ed ideologia conciliare e conciliante con la modernità, si è evidentemente sentito in accordo intimo con questi vescovi...
    Forse è un'illazione questa mia, ma almeno si è comportato coerentemente con la sua linea, non prendendo alcun provvedimento contro questi!

    Che siano poi cosiddetti "sedevacantisti" mi sembra, e mi dispiace, che qualcuno spinto da sdegno si sia fatto prendere la mano.
    Come correttamente osserva Bernardino, sono solo vescovi della nuova scuola vaticanseconda dove, secondo ecumenismo, predicato dallo stesso Benedetto XVI, il papa ha un ruolo di supremazia figurativa, ma non è certo il Vicario di Cristo come lo intendiamo noi e come si intendeva sempre nella Chiesa Cattolica.

    Un ultimo appunto: se non mi sbaglio, i "sedevacantisti" aspettano dei segni da parte papale di ortodossia con la Tradizione per rimettere ancora nelle sue mani ogni autorità di papa.Mi sembra quindi che la sofferenza della situazione vi sia anche in loro, ed affatto nei vescovi moderni ed ecumenisti.

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  10. Mons. Lefebvre preferisce "una sapienza superiore: la logica della carità e della prudenza".
    "Forse un giorno, fra trenta o quarant’anni, una sessione di cardinali riunita da un futuro papa studierà e giudicherà il pontificato [...]; forse dirà che vi sono elementi che avrebbero dovuto saltare agli occhi dei contemporanei, delle affermazioni di questo papa assolutamente contrarie alla Tradizione.
    Preferisco, sino ad ora, considerare come papa colui che, per lo meno, è sul soglio di Pietro; e se un giorno si scoprisse in modo certo che questo papa non era papa, avrò tuttavia fatto il mio dovere."

    Caro mons Lefebvre,di cui tanto avevo dubitato allora, poichè ignorante della situazione in atto !
    Ha parlato molto bene ed agito, pure, ma erano 30 anni fa e più !!!!!

    Ora la situazione non solo non è cambiata, ma è pure peggiorata ed una decisione deve essere presa da qualche vescovo riunito con altri...

    Quale decisione? Chi può avere il coraggio di definire scismatica la Chiesa ex cattolica di Roma?

    Per questo ho dei gran brutti presentimenti che nessuna azione umana possa ormai salvare il salvabile. Ma Il Signore, come rivelato in tante apparizioni mariane, non ci farà un carezza, ma ci darà una bella sberla.
    Se non sbaglio mons Delassus, che analizzò in due volumi "Il problema dell'ora presente" evidenzia come al tempo dei re che comandavano erano puniti solo i re. Ma con la democrazia e la elezione dei rappresentanti di un popolo, tutto un popolo viene punito degli errori.
    Ecco perchè le guerre mondiali in Europa !
    Ecco perchè si preannuncia un'altra guerra ancor più devastante:quanti dei popoli dell'Europa Unita non hanno la facoltà di aborto nella legislazione?
    C'è da riflettere....

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  11. Il fatto è che noi cattolici, amiamo il Papa, amiamo il vicario di Cristo come Cristo stesso, per quello alle volte innanzi alle storture che dobbiamo sopportare si diventa "feroci"...perchè la figura del Papa è intoccabile, e quando vedi un Papa che eretizza è una sofferenza, una blasfemia...il nostro è giusto scandalo, è giusto zelo...noi siamo PAPISTI, come lo devono essere tutti i cattolici, veri.
    D'altronde è possibile per un inferiore in autorità riprendere il superiore se costui sbaglia grossolanamente.
    Certo, è ben vero, che questi Papi probabilmente sono scomunicati ipso facto, ma come diceva giustamente Anna Rita, io lo posso constatare, pensare, affermare, ma non ho l'autorità per avvallare questa cosa, ma soprattutto non ho l'autorità per decidere e intraprendere conseguenze....come posso arrogarmi il diritto di diventare sedeprivazionista, sedevacantista, con quale autorità escludo il Papa dal corpo di Cristo?
    Con nessuna, anche se i fatti sono chiari...è temerarietà.
    Taccio quindi ma non acconsento! E mai acconsentirò. Lo zelo deve rimanere e lo scandalo anche, perchè nel giusto apostolato anche innanzi ad un Papa, questi devono portare buoni frutti!
    E allora viva il deposito di fede e la dottrina di sempre!

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  12. La struttura gerarchica della Santa Chiesa non contempla per natura l'esercizio della democrazia perchè così è stato voluto da Nostro Signore. Punto. Cercando la collegialità, il CVII ha sovvertito quanto stabilito da Gesù e dalla Tradizione millenaria cattolica, ha seminato vento ed ecco, ora raccoglie tempesta, fin nei suoi vertici. Quel filmato è di una tristezza impensabile, è la visione in diretta dei frutti della scelleraggine conciliare, dell'insubordinazione, della disobbedienza di subordinati nei confronti dei superiori, oltre che di una maleducazione degna di essere punita a vergate.
    Nemmeno i sedevacantisti sarebbero arrivati a tanto, visto che l'educazione ed il rispetto non sono un opcional da usare a discrezione.
    Mons. De Lauriers scrisse un breve trattato, "la carità della verità" che consiglio di leggere per capire davvero cosa sia la caritas veritates, un vincolo di perfezione che si presenta sotto molteplici forme, le cui elementari sono: dire il vero, vivere veri, essere vero.
    "Dire il vero" è per prima cosa non mentire e preferire nei confronti di coloro che errano, compreso i capi, la fermezza ed anche una punta di rudezza alla facile adulazione. Per dire il vero bisogna "vivere veri", in quanto si può sentire come la verità misura le cose e le vite, solo se noi stessi viviamo nella verità. Infine "essere vero" significa vivere in Gesù Cristo, essergli fedele e conformarsi alla Sua Verità, in poche parole "siate santi come Io sono Santo." Noi tutti, qui dentro, cerchiamo nel nostro piccolo e e con le limitate capacità concesseci, di applicare e comunicare questi principi. Dio solo potrà giudicare questo sforzo, ma comunque vada, non sarà inutile.
    Patrizia

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  13. Di questo sito mi sorprende, e ne sono contento, la presenza di diverse firme femminili. Questo è dovuto al fatto che vedo il N.O. frequentato dalle donne e disertato dagli uomini.

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