The Remnant riferisce quanto mons. Fellay, Superiore Generale della Fraternità S. Pio X, ha narrato nel corso di una recente conferenza. Del lungo articolo, in inglese, riportiamo ampio estratto, con le informazioni e i retroscena riferiti dal vescovo lefebvriano. Ci auguriamo che le parole di Fellay e le considerazioni dell'articolista Brian McCall aiutino a comprendere meglio la delicata situazione in cui si trova costretto ad operare il Papa. Non possiamo che far nostro l'appello finale alla preghiera per il Santo Padre.
Al cuore del recente convegno indetto dalla Angelus Press per celebrare il 40° anniversario della fondazione della Fraternità S. Pio X, Sua Eccellenza Mons. Bernard Fellay ha tracciato un'incoraggiante ed esauriente valutazione dello stato della Fraternità, sia passato che futuro. Egli ha dedicato l'ultima mezz'ora del suo discorso ad un esame delle relazioni politiche e legali della FSSPX con le autorità in Roma.
Sua Eccellenza ha fissato il contesto descrivendo la politica del Vaticano come un processo di "contraddizioni". Ha descritto la recente storia delle relazioni S. Sede - FSSPX come un processo consistente nel dire una cosa in pubblico, ma essere costretti a parlare ed agire diversamente all'atto pratico. Ha dato l'impressione di voler mettere sull'avviso i suoi ascoltatori: c'è da aspettarsi che questa dinamica contraddittoria continui in futuro, almeno per quanto è possibile prevedere.
Per aiutarci a capire questa dinamica (posizione ufficiale contro posizione effettiva), Fellay l'ha paragonata all'atteggiamento tenuto dal Vaticano nei confronti della più ampia crisi che ha colpito la Chiesa a partire dal Concilio Vaticano II. La posizione ufficiale è rimasta costante negli ultimi 40 anni: nessuna crisi, stiamo vivendo la "primavera" del Vaticano II. E tuttavia, come documentato da Sua Eccellenza, nelle personali osservazioni di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, possiamo vedere l'implicito riconoscimento da parte del Vaticano di una crisi senza precedenti nella storia della Chiesa, un'apostasia di massa. Ad esempio, Fellay ha additato la recente fondazione del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione come una presa d'atto da parte del Papa di una crisi de facto della fede, malgrado la linea di pensiero ufficiale sia che tutto va bene nella Chiesa postconciliare.
Riferendosi nello specifico alla FSSPX, Fellay ha spiegato che la S. Sede ha sempre seguito, negli anni, una linea di condotta "bicipite": una condotta ufficiale de jure contraddetta da azioni concrete de facto. Ha osservato che la linea ufficiale si trova esemplificata nel documento rilasciato dalla Segreteria di Stato dopo il decreto del 2009 di revoca delle scomuniche dei vescovi della Fraternità. Secondo questo documento, non firmato, la Fraternità non esiste dal punto di vista legale e "non gode di alcun riconoscimento canonico nella Chiesa Cattolica", ed i sacerdoti della FSSPX esercitano il loro ministero "illecitamente". Eppure, il Santo Padre dice parole e compie gesti che vanno nella direzione opposta, al punto di riconoscere spesso come validi e legali l'esitenza ed il ministero dei sacerdoti della Società. [..]
Mons. Fellay ha illustrato l'applicazione di questo "principio di azione" nei confronti della Fraternità mediante una serie di casi reali, alcuni dei quali finora non divulgati.
In primo luogo, ha menzionato la questione delle confessioni amministrate dalla FSSPX. Come molti cattolici sanno, esistono determinati gravi peccati la cui remissione è riservata alla S. Sede. Secondo la legge della Chiesa, un prete che ascolta la confessione di qualcuno che ha commesso uno di questi particolari peccati ha l'obbligo di fare rapporto alla S. Sede entro trenta giorni, per poi ricevere il permesso di dare l'assoluzione ed indicazioni sulla penitenza appropriata da irrogare. Sua Eccellenza ha fatto presente che, di quando in quando, preti della FSSPX hanno udito confessioni di questo tipo, e la notifica richiesta è stata inviata in tutti i casi alla S. Sede. In ciascuno di questi casi, il responso del Vaticano è stato che "tutto era buono e lecito" ed il permesso di assolvere è stato accordato al sacerdote della Fraternità.
Cosa dobbiamo dedurne? Ovviamente, che i preti della FSSPX possono confessare validamente. Se a loro mancasse ogni forma di giurisdizione necessaria per udire confessioni, la S. Sede avrebbe risposto che il penitente aveva bisogno di confessarsi con un sacerdote in possesso della giurisdizone legale per confessare. Per definizione, abbiamo qui a che fare con materia grave e quindi con peccato mortale (ammesso che siano in essere tutte le altre condizioni). Eppure la S. Sede ha replicato che "tutto è buono e lecito". Essa ha così riconosciuto de facto che la FSSPX ha la giurisdizione necessaria per confessare, una posizione che la Fraternità ed un certo numero di esperti di diritto canonico mantengono da anni nell'ambito di quella che è obiettivamente una situazione difficile dal punto di vista legale.
Il secondo esempio citato da Fellay riguarda i sacerdoti che hanno lasciato la FSSPX dopo aver ricevuto l'ordinazione da uno dei suoi vescovi. Secondo la legge e la prassi della Chiesa, un sacerdote che riceve gli Ordini Sacri fuori della Chiesa (ossia da un vescovo che, pur possedendo validamente i poteri episcopali, si è separato dalla Chiesa) è diffidato per sempre, al suo ritorno nella Chiesa, dall'esercitare le facoltà sacerdotali conferitegli nella sua illecita ordinazione. Egli ritiene il carattere indelebile del sacerdozio, ma gli è permanentemente fatto divieto di esercitare le relative facoltà.
Eppure, ha spiegato Fellay, ogni volta che un prete ordinato da un vescovo della Società ha lasciato la Fraternità stessa volendo rimanere sacerdote, la S. Sede gli ha consentito di esercitare il ministero sacerdotale. Ancora una volta, la conclusione legale è inevitabile: i sacerdoti FSSPX non erano stati ordinati "fuori della Chiesa". Anche se non ha fatto nomi, conosciamo i casi dei fondatori della Fraternità S. Pietro, dei preti dell'Istituto del Buon Pastore, dei preti di S. Giovanni Vianney a Compos, Brasile, senza contare la lunga lista di singoli preti ordinati da un vescovo della FSSPX: tutti hanno avuto il permesso di utilizzare i poteri sacerdotali. [..]
Il terzo esempio riferito da Sua Eccellenza era relativo alle ordinazioni programmate in Germania per il Marzo 2009. A quel tempo, i vescovi tedeschi stavano approfittando del tentativo dei media di sabotare la revoca della scomunica ai vescovi della FSSPX con la messa in onda dell'ormai famosa intervista al vescovo Williamson ("casualmente" avvenuta proprio il giorno prima dell'annuncio della storica decisione del Santo Padre). La S. Sede comunicò a Fellay la richiesta che le ordinazioni fossero trasferite in un’altra sede, per allentare la tensione tra il Vaticano e i vescovi di Germania. Nel suo discorso al convegno della Angelus Press, Fellay ha rivelato ulteriori dettagli di questo intervento straordinario.
Il Vaticano chiese a Fellay di trasferire le ordinazioni fuori dalla giurisdizione dei vescovi tedeschi. Se Fellay avesse acconsentito, la Fraternità "sarebbe stata legalmente riconosciuta fino alla Pasqua": questo il patto offerto da un Cardinale del Vaticano , allo scopo di coprire il periodo di due settimane nel quale sarebbero avvenute le ordinazioni. Fellay ha spiegato di aver chiesto al Cardinale il perché di una simile richiesta, dato che, stando ad un documento allora da poco emesso dalla Segreteria di Stato, la FSSPX "non esisteva nemmeno da un punto di vista legale". Il Cardinale replicò: "il Papa non è di questo avviso".
Come sappiamo, Fellay acconsentì alla richiesta vaticana di trasferire le ordinazioni (dimostrando una volta di più la sua volontà di obbedire al Papa). C'è stata una stupefazione generale nella sala quando ha raccontato questa storia. [..] Gli ho chiesto: "Che senso ha tutto questo? Non c'è precedente di una simile disposizione. Come si può essere legali per due settimane, e poi di nuovo illegali?" Fellay ha scrollato le spalle, e ha risposto che questo aveva detto il Cardinale.
Ah, vivere in tempi interessanti!
Come possiamo interpretare questo evento? Innanzitutto, abbiamo un Cardinale in Vaticano che afferma che il Papa non condivide le affermazioni di un documento che risulta promanato da un organo ufficiale del Vaticano. Il documento rilasciato dalla Segreteria di Stato dice che la FSSPX non esiste nella Chiesa, eppure il Papa è convinto che esista. Indi, il Vaticano accetta di riconoscere temporaneamente la Società in cambio del trasferimento di sede di un rito di ordinazione. Come può il Papa prendere sul serio questa mancanza di riconoscimento legale, se essa può essere offerta come moneta di scambio in questo modo?
Fellay ha provato a dare un senso a queste contraddizioni, ma tutto ciò che ci ha potuto dire è che questa è la realtà che dobbiamo accettare al momento presente. Quella del Vaticano appare una condotta contraddittoria, che oscilla tra "condanna ed ammirazione", ha rimarcato Sua Eccellenza. Egli si mostra convinto che, dove sono in gioco i sentimenti personali di Benedetto XVI, la parola d'ordine è ammirazione per la FSSPX. Ci ha illustrato che, nel suo primo incontro con Papa Benedetto, Sua Santità per due volte ha fatto riferimento a Mons. Lefebvre: la prima al "venerato Arcivescovo Lefebvre" e poi, più avanti nella conversazione, all'"Arcivescovo Lefebvre, quel grand'uomo della Chiesa universale".
Dobbiamo perciò credere che il Papa ritenga venerabile, e grande uomo della Chiesa universale, uno scismatico scomunicato? Sarebbe un nonsenso. L'unica spiegazione logica è che il Papa riconosce nell'Arcivescovo quel fedele figlio della Chiesa che Lefebvre è stato. Stando a Sua Eccellenza, anche il Cardinale Castrillòn Hoyos ha manifestato lo stesso atteggiamento quando, riferendosi all'operato della Società, ha detto: "i frutti sono buoni, quindi lì c'è lo Spirito Santo".
Ora, noi sappiamo che Nostro Signore ci ha lasciato queste parole su chi è e chi non è nella Chiesa: "dai loro frutti li riconoscerete". Lo Spirito Santo non può essere fuori della Chiesa; perciò, se Egli è con la Fraternità, la Fraternità è nella Chiesa. La logica è inconfutabile.
Com'è possibile che il Papa e il Vaticano tengano questa linea: dire una cosa ma farne un'altra? [..] La risposta che ci ha suggerito Sua Eccellenza è che, per ragioni politiche, Benedetto XVI è del parere che, data la situazione della Chiesa di oggi, ed i "lupi" che vi si trovano all'interno, egli non possa riconoscere la FSSPX de jure; però, sapendo che la Fraternità è "dentro la Chiesa" e "portatrice di buoni frutti", egli cerca di riconoscerne la legittimità de facto, per quanto gli è possibile. Come sottolineato da Padre Scott Gardner nella sua precedente conferenza, è l'errore della collegialità che ha impedito la correzione degli errori e degli abusi prodotti dal Concilio. Padre Gardner ha riferito che un Cardinale d'alto rango, parlando con lui, ha ammesso che la collegialità ha effettivamente reso la Chiesa "ingovernabile".
Un cardinale americano ha ammesso con me la stessa cosa, in un colloquio privato a maggio del 2010. Benedetto XVI ha appreso per esperienza personale che, se si spingerà troppo oltre nel "fare la cosa giusta", perderà quella poca influenza che ha sui vescovi di quasi tutto il mondo, riuniti nella loro collegiale disubbidienza e nella mancanza di riguardo per la sua autorità.
Fellay ha illustrato questo punto con esempi concreti. Ha raccontato come, nel 2003, un gruppo di cardinali, incluso Joseph Ratzinger, si incontrò per decidere che cosa fare in merito alla FSSPX e alla Tradizione. Concordarono che si dovesse istituire una amministrazione apostolica per dare legalità canonica e indipendenza ai gruppi tradizionalist. C'era diversità di opinioni se la Fraternità dovesse formare la 'spina dorsale' di questa struttura con altri gruppi uniti ad essa, o se dovesse essere costituita indipendente tra le esistenti comunità Ecclesia Dei.
Quando Benedetto XVI è stato eletto nel 2005, ha iniziato ad applicare questo piano. Fellay ha rivelato maggiori dettagli del suo primo incontro con Sua Santità. L'incontro vedeva la partecipazione anche del Cardinale Castrillon Hoyos e di Padre Schmidberger. Il Papa chiese a Castrillon: "A che punto siamo?" Il cardinale rispose: "Può riconoscere la Fraternità S. Pio X anche oggi. Le ho inviato un documento apposito". Il Papa replicò che aveva ricevuto il documento e lo aveva inoltrato al Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, per determinare se era "corretto per la Chiesa". Fellay ha osservato che esso doveva contenere qualcosa d'insolito, se era necessario esaminarlo così. Per un qualche motivo, il Papa fu evidentemente ostacolato e fino ad oggi questo documento non ha visto la luce. Perché?
Fellay ha spiegato che nel 2006 i vescovi tedeschi si recarono in Vaticano e si opposero vigorosamente al progetto. E allora cos'ha fatto il Papa? Ha liberalizzato la Messa antica e rimosso la scomunica dei vescovi della FSSPX. Tutti ricordiamo cos'è accaduto al Papa dopo. Letteralmente, l'inferno si è scatenato. Il mondo gli si è girato contro.
Alla conferenza, Mons. Fellay ha pure attirato la nostra attenzione sulla nomina del conservatore Gerhard Maria Wagner come vescovo [ausiliare] di Linz, Austria. Il Papa fu nuovamente attaccato dai media per questa nomina "ultraconservatrice". Evidentemente, il Papa è giunto alla conclusione che provocare la disobbedienza e la ribelione dei vescovi del mondo è un prezzo troppo alto da pagare per dare un riconoscimento de jure alla FSSPX. L'unica soluzione è concedere un riconoscimento de facto, mentre procedono i colloqui Vaticano/FSSPX.
Per inciso, i retroscena di questo incontro del 2005 e del misterioso "documento di riconoscimento" che ne era risultato, mettono a tacere un argomento che è stato usato da molti avversari della Fraternità, i quali sostengono che, benché la Fraternità abbia avuto a suo tempo una giurisdizione di supplenza, l'ha persa quando essa ha "rifiutato l'offerta di giurisdizione ordinaria". Ho sentito questo argomento più di una volta.
Mons. Fellay ha precisato che non gli è mai stata mostrata o presentata una concreta offerta di giurisdizione in occasione di quell'incontro. Ovviamente, non aveva nemmeno visto il documento che il Papa aveva inviato per il controllo. Ci ha detto che quel documento "deve essere stato" inusuale, indicando che ogni conoscenza del suo contenuto era solo deduttiva. Come può qualcuno rifiutare un'offerta di giurisdizione che non gli è mai stata proposta, e che è ora perduta nei recessi di un procedimento vaticano di controllo, grazie all'intervento dell'episcopato tedesco? Quindi, quell'argomento salta. Non è stato mons. Fellay a 'rifiutare di accettare' la giurisdizione ordinaria. Sono i vescovi sleali del mondo che hanno forzato la mano del Papa, impedendogli di firmarla.
Mons. Fellay ha anche attirato l'attenzione su un'indicazione che è possibile cogliere tra le righe del paragrafo conclusivo del decreto di revoca delle scomuniche della FSSPX:
In base alle facoltà espressamente concessemi dal Santo Padre Benedetto XVI, in virtù del presente Decreto, rimetto ai Vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta la censura di scomunica latae sententiae dichiarata da questa Congregazione il 1° luglio 1988, mentre dichiaro privo di effetti giuridici, a partire dall'odierna data, il Decreto a quel tempo emanato.
Malgrado la prima frase menzioni solo quattro dei sei vescovi colpiti dal precedente decreto, la frase finale afferma chiaramente che esso è ormai "privo di effetti giuridici". Se il decreto che commina la scomunica a Lefebvre e de Castro Mayer non ha più effetti giuridici, la scomunica è revocata anche a loro, senza bisogno di menzionarli per nome (altrimenti si sarebbe potuto specificare: "per questi soli quattro vescovi" o "con l'eccezione dell'Arcivescovo Lefebvre e del Vescovo de Castro Mayer") . Si è così evitata un'altra, più che probabile, ribellione dei vescovi.
Evidentemente, sono acque pericolose quelle attraverso cui il nostro S. Padre conduce la Barca di Pietro!
Che cosa ci dicono tutte queste nuove informazioni? Ho avuto la netta impressione che Sua Eccellenza stesse sforzandosi di aiutare i fedeli ad essere realistici nelle loro aspettative. Il nostro aiuto è nel nome del Signore, non in un documento legale dal Vaticano, che ha largamente perso il controllo del governo della Chiesa. Nondimeno il Papa sta facendo quello che può per rassicurare i suoi figli più leali ed esortarli a mantenere la rotta. In fatti e parole sta dando continuamente manifestazione della sua volontà. "I frutti sono buoni, quindi lì c'è lo Spirito Santo".
E quindi, mentre infuria la tempesta intorno a lui, il Santo Padre tira diritto. Contro la linea di condotta ufficiale richiesta dai vescovi liberali di tutto il mondo, il Papa va avanti, nelle parole e nei fatti (rimozione della scomunica, convalida delle confessioni, permesso ai sacerdoti ex-FSSPX di continuare ad esercitare il loro ministero, "riconoscimento" della Società per due settimane) come se i sacerdoti della FSSPX fossero validamente e lecitamente impegnati nella cura delle anime per il bene della Chiesa. Non sarebbe più semplice se il Papa riconoscesse ufficialmente per iscritto ciò che ha già manifestato implicitamente? Forse, ma è facile per noi dirlo, nel comodo dei nostri salotti da qualche parte nel mondo.
Ciò che Fellay sta cercando di render chiaro è che vivere con questa dicotomia vaticana di pubblica condanna e silenziosa approvazione, è il sacrificio che Dio sta chiedendo di sopportare oggi ai sacerdoti della Fraternità. [..]
Benedetto XVI sembra chiedere ai vescovi e preti della Fraternità di consentirgli di simulare una pubblica "discordia" con loro, per aiutarlo a trattare con un'intrattabile risma collegiale di vescovi.
La mia impressione è che mons. Fellay abbia accettato di continuare a portare questo pubblico stigma. Cosa può fare il fedele in una simile circostanza? Pregare ed offrire sacrifici affinché preti e vescovi possano sopportare questo per il bene delle anime, della Chiesa intera, e del S. Padre. Quanto tempo durerà? Solo Dio lo sa, ma le circostanze dell'ultimo atto sono chiare: quando il Papa potrà di nuovo governare liberamente la Chiesa e cessare di essere un "prigioniero dei vescovi". Quando quel giorno si leverà, credo che mons. Fellay sia convinto che il papa verserà lacrime di gioia per poter pubblicamente abbracciare i suoi figli leali.
I fedeli possono fare un'altra cosa. Pregare per questo Papa. Pregare che abbia la forza di non scappare davanti ai lupi, come ci ha chiesto di fare nelle sue prime parole come Papa. E' già sotto intenso attacco per il suo riconoscimento de facto della Fraternità. Chiaramente, ha bisogno di ancor più preghiere che mai se dovesse farlo de iure.
[..] Credere che Bernard Fellay voglia "vendere la Tradizione" per trenta pagine di testo legale di riconoscimento de iure è enorme come pretendere che Marcel Lefebvre cercasse di "vendere la Tradizione" quando anche lui andava a Roma, in continuazione in effetti, e su richiesta del Vaticano, per cercare di risolvere il problema canonico della sua Fraternità in una Chiesa già in crisi un quarto di secolo fa.
Sarebbe dunque chiaro definitivamente perchè vi sia questa "schizofrenia" di modi da parte del papa. Quindi lui avrebbe pure capito gli errori che hanno contraddistinto le sue azioni al concilio Vaticano II. Quindi le sue azioni sono volte ad evitare uno scisma di proporzioni enormi per la Chiesa.QUINDI NON RIMANE CHE PREGARE PER IL PAPA COME FATTO FINORA.Queste informazioni sono estremamente importanti per i fedeli cattolici che vogliano capire il perchè di certe posizioni ambivalenti del papa.
RispondiElimina