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Numero CCXXXI (231) | www.dinoscopus.org | 31 Dicembre 2011 |
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IL COMPIMENTO DELLA GLOBALIZZAZIONE: 2011 SECONDA FASE ‘MONDIALISTA’DELLA SVOLTA GIUDEO-CRISTIANIZZANTE |
Globalizzazione finanziaria liberista o la ‘Repubblica universale’ ![]() ● Giovanni Paolo II nel Discorso al Corpo diplomatico del 24 febbraio 1980 aveva iniziato a gettare esplicitamente le basi della costruzione del Nuovo Ordine Mondiale dicendo: “Giustizia e sviluppo vanno per mano con la pace. Sono parti essenziali di un Nuovo Ordine Mondiale ancora da edificare. Sono una strada che conduce verso un futuro di felicità e di dignità umana”. ● Benedetto XVI nella sua enciclica Caritas in veritate n. 67 (200*) ha iniziato a mettere in pratica il disegno pubblico del suo predecessore. Infatti ha scritto: “Per il governo dell’economia mondiale, per risanare le economie colpite dalla crisi, […] urge la presenza di una vera Autorità Politica Mondiale”. ● Il 24 ottobre del 2011 il Documento del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace a nome di Benedetto XVI ha auspicato la creazione di una Banca Centrale Mondiale scrivendo: “Esistono le condizioni per il definitivo superamento di un ordine internazionale nel quale gli Stati sentono la necessità della cooperazione. […]. Certo, questa trasformazione si farà al prezzo di un trasferimento graduale ed equilibrato di una parte delle attribuzioni nazionali ad un’Autorità Mondiale”. ● Il 13 dicembre 2011 l’Agenzia Sir ha riportato che il rabbino capo delle ‘Congregazioni Ebraiche Unite’ del Commonwealth Jonathan Saks la sera precedente (12 dicembre) era stato ricevuto in privato da Benedetto XVI e poi in pubblico presso l’Università Gregoriana ha esposto il piano concreto di una nuova forma di partenariato tra cristiani ed ebrei per “un’etica economica fondata sulle radici ebraico-cristiane”. In breve egli ha preso atto che la prima svolta ebraico-cristiana ha avuto luogo durante il Concilio Vaticano II e il primo post-concilio, ma essa era solo una svolta teologica; ora si tratta di operare una nuova e definitiva svolta pratica, politico-finanziaria simile a quella che hanno messo in atto i “leader politici d’Europa per cercare di salvare l’euro”. Il rabbino ha detto che dopo il Vaticano II è giunta l’ora di “iniziare un nuovo capitolo nelle relazioni ebraico-cristiane”. Dalle relazioni teologiche “faccia a faccia” occorre passare alle relazioni pratiche politico-finanziare “fianco a fianco”. Egli ha auspicato, rifacendosi a Benedetto XVI, che ebrei e cristiani possano essere “assieme” una “minoranza creativa” di un Nuovo Ordine Mondiale contro le forze radicalmente e aggressivamente secolarizzanti. ● Come si vede (“contro il fatto non vale l’argomento”) siamo in piena seconda fase o all’inizio della realizzazione del mondialismo. Dove ci porterà questa seconda tappa? Solo Dio lo sa con certezza. Tuttavia si può ricorrere a qualche autore, che aveva studiato e previsto il problema. Uno (Orwell) l’ho citato all’inizio, un altro (Benson) lo cito adesso. |
Il cedimento della Chiesa, programmato e imposto dagli ebrei, è accettato e fatto proprio dalla vile accondiscendenza dei "buoni", che i fatti denunciano come lupi e traditori di quel Gesù che, sull'esempio di Giuda, baciano per venderlo ai nemici. Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione |
Scrive De Poncins: «Il professor Jules Isaac nel 1959 diede una conferenza alla Sorbona [Parigi] sulla necessità di rivedere l’insegnamento cristiano sui giudei chiudendolo con un appello al senso di giustizia ed amore della verità di Papa Giovanni [XXIII]. Poco tempo dopo incontrò vari prelati della Curia Romana, in particolare i cardinali Tisserant, Jullie, Ottaviani, ed il cardinale Bea; ed il 13 giugno 1960 gli fu concessa un’udienza dal Papa (Giovanni XXIII), a cui chiese di condannare ‘l’insegnamento del disprezzo’ (1), suggerendogli di predisporre una sottocom-missione per studiare specificamente il problema. Dopo qualche tempo Jules Isaac ‘apprese con gioia che i suoi suggerimenti erano stati presi in considerazione dal Papa e passati al cardinale Bea (2) per essere Esaminati’. Quest’ultimo costituì uno speciale gruppo di lavoro per studiare le relazioni tra la Chiesa ed Israele, che finalmente produssero il voto del Concilio del 20 novembre 1964». (3) «Egli [Isaac] chiedeva, o piuttosto insisteva, che il Concilio: -Condannasse e sopprimesse tutte le discriminazioni razziali, religiose o nazionali riguardo ai giudei; -modificasse o sopprimesse le preghiere liturgiche concernenti i giudei, specialmente quelle del Venerdì Santo; -dichiarasse che i giudei non sono in alcun modo responsabili per la morte di Cristo, per la quale si deve biasimare l’intera umanità; -sopprimesse i passaggi degli Evangelisti, e principalmente quello di san Matteo, che Jules Isaac descrive lividamente come un mentitore e pervertitore della verità, nei quali essi riportano la storia cruciale della Passione; -dichiarasse che la Chiesa è sempre stata degna di biasimo per questo stato di guerra latente che è persistito per duemila anni tra i giudei, i cristiani e il resto del mondo; -Promettesse che la Chiesa avrebbe definitivamente cambiato la sua attitudine in uno spirito di umiltà, contrizione e ricerca di perdono riguardo ai giudei, e che avrebbe fatto ogni sforzo per riparare i torti che essa ha fatto loro, rettificando e purificando il suo tradizionale insegnamento secondo i dettami indicati da Jules Isaac. Nonostante l’insolenza del suo ultimatum e delle virulente accuse agli Evangelisti e all’insegnamento dei Padri della Chiesa, fondato sulle parole stesse di Cristo, Jules Isaac ricevette forte supporto dal clero, anche a Roma, e da molti membri dell’Amitié Judéo-chrétienne». (4) |
Prima di inoltrarci nella vicenda Seelisberg, conviene rilevare che il giudaismo attuale, ancor più di quello del tempo della Madonna e di Gesù, non ha nulla a che vedere con le Sacre Scritture e la Legge dell’Antico Testamento (ovvero la Torah), che erano tuttavia allora, sia pur da pochi, ancora conosciute, e talvolta spiritualmente applicate come regola morale. Esse sono oggi totalmente ignorate dagli odierni giudei. Il giudaismo infatti non inizia con Abramo, come molti credono. La religione del giudaismo sorge a Babilonia, oltre duemila anni dopo, durante la «cattività di Babilonia» (721-538 avanti Cristo). E’ là che, in assenza del «tempio» distrutto nel 586 si sviluppa la «sinagoga». Il «libro» per cui il giudaismo si fa chiamare religione del libro non è affatto la Bibbia, non è per nulla la Torah, ma bensì «l’arcipelago» orale del Talmud che sarà infine messo per iscritto solo intorno al VI secolo dopo Cristo. Come ha scritto giustamente rabbi Ben Zion Boxer, «il Giudaismo non è la religione della Bibbia». (5) «Questa non è una impressione insolita e la si trova a volte tra i giudei, come anche tra i cristiani, che il giudaismo cioè sia la religione della Bibbia ebraica. Si tratta naturalmente di una impressione fallace. [...] Chiunque cercasse di paragonare la tradizione ebraica classica col mondo biblico della fede e della vita troverebbe dei sorprendenti contrasti. [...] Molto di ciò che esiste nel giudaismo è assente nella Bibbia, e molto di ciò che si trova nella Bibbia non può esser trovato nel giudaismo». (6) |
Numero CCXXXI (231) | www.dinoscopus.org | 17 Dicembre 2011 |
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ROMA INSISTE
All’incirca nello stesso periodo in cui Mons. Fellay faceva sapere che la FSSPX chiederà dei chiarimenti sul Preambolo Dottrinale, la risposta ai colloqui dottrinali svoltisi dal 2009 alla primavera di quest’anno, uno dei quattro teologi romani che presero parte a questi colloqui, Mons. Fernando Ocáriz, ha pubblicato un articolo, “Sull’adesione al Concilio Vaticano II”. Il suo tempismo dimostra che non siamo fuori dai guai, al contrario! Ma veniamo ai suoi argomenti, che almeno sono chiari.
Nella sua introduzione egli sostiene che il Concilio “pastorale” è stato comunque dottrinale. Ciò che è pastorale è basato sulla dottrina. Ciò che è pastorale intende salvare le anime, il che implica la dottrina. I documenti del Concilio contengono parecchia dottrina. Bene! Quanto meno, il Monsignore non cerca di schivare le accuse dottrinali rivolte al Concilio, dicendo che non fu dottrinale, come hanno fatto molti difensori di questo Concilio. In seguito, circa il Magistero della Chiesa in generale, egli sostiene che il Vaticano II fu condotto da vescovi cattolici che hanno “il carisma della verità, l’autorità di Cristo e la luce dello Spirito Santo”. Negarlo, egli dice, “significa negare qualcosa dell’essenza stessa della Chiesa”. Ma, Monsignore, che dire allora della massa dei vescovi cattolici che seguirono l’eresia ariana sotto Papa Liberio? Eccezionalmente, perfino la quasi totalità dei vescovi cattolici può andare dottrinalmente fuori strada. Se è successo una volta, può succedere ancora. È successo col Vaticano II, come dimostrano i documenti. Continua quindi, sostenendo che gli insegnamenti non dogmatici e non definiti del Concilio richiedono nondimeno l’ossequio dei cattolici, “ossequio religioso della volontà e dell’intelletto”, che costituisce “un atto di obbedienza, radicata nella fiducia nell’assistenza divina al Magistero”. Monsignore, ai vescovi conciliari, come ai vescovi ariani, Iddio offrì indubbiamente tutta l’assistenza di cui avevano bisogno, ma essi la rifiutarono, com’è dimostrato nel caso di Vaticano II dall’allontanamento dei loro documenti dalla Sua Tradizione. Infine, Mons. Ocáriz dà per scontato che dal momento che il Magistero cattolico è in continuità e il Vaticano II è stato Magistero, i suoi insegnamenti possono essere solo in continuità col passato. E se appaiono in rottura col passato, la cosa che il cattolico deve fare è interpretarli come se non vi sia alcuna rottura, come fa per esempio “l’ermeneutica della continuità” di Benedetto XVI. Ma, Monsignore, questi argomenti possono essere ribaltati. In effetti, vi è rottura dottrinale, come risulta dall’esame degli stessi documenti conciliari. (Per esempio, vi è (Vaticano II), o non vi è (Tradizione) un diritto umano a che non venga impedita la diffusione dell’errore?). ![]() Pertanto, il Vaticano II non è vero Magistero della Chiesa, tale che la cosa che il cattolico deve fare è mostrare che c’è davvero rottura con la Tradizione, come fece Mons. Lefebvre, invece di far finta che tale rottura non ci sia. Per ultimo il Monsignore afferma che solo il Magistero può interpretare il Magistero. Il che ci riporta punto e a capo. Cari lettori, Roma non è affatto fuori dai guai. Che il Cielo ci aiuti. Kyrie eleison. |