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lunedì 26 dicembre 2011

2011 SECONDA FASE ‘MONDIALISTA’ DELLA SVOLTA GIUDEO-CRISTIANIZZANTE ...

Vi sono oggi pure, e non sono scarsi, coloro i quali, come dice l'Apostolo: "Stimolati nell'orecchio, e non sostenuti da una sana dottrina, ammucchiano le parole dei maestri secondo i propri desideri e dalle verità si sviano e si lasciano convertire dalle parole" (II Tim. IV, 3, 4). Infatti tronfi ed imbaldanziti per il grande concetto che hanno dell'umano pensiero, il quale in verità ha raggiunto, la Dio mercè, incredibili progressi nello studio della natura, alcuni, confidando nel proprio giudizio in ispregio dell'autorità della Chiesa, giunsero a tal punto di temerità che non esitarono a voler misurare colla loro intelligenza perfino le profondità dei divini misteri e tutte le verità rivelate, e a volerle adattare al gusto dei nostri tempi. Sorsero di conseguenza i mostruosi errori del Modernismo, che il Nostro Predecessore giustamente dichiarò "sintesi di tutte le eresie" condannandolo solennemente. Tale condanna, o Venerabili Fratelli, noi qui rinnoviamo in tutta la sua estensione; e poiché un così pestifero contagio non è stato ancora del tutto sradicato, ma, sebbene latente, serpeggia tuttora qua e là, Noi esortiamo che guardisi ognuno con cura dal pericolo di contagio; che ben potrebbe ripetersi di tale peste ciò che di altra cosa disse Giobbe: "È fuoco che divora. fino alla perdizione e che sradica tutti i germi" (Job. XXXI, 12). Né soltanto desideriamo che i cattolici rifuggano dagli errori dei Modernisti, ma anche dalle tendenze dei medesimi, e dal cosiddetto spirito modernistico; dal quale chi rimane infetto, subito respinge con nausea tutto ciò che sappia di antico, e si fa avido e cercatore di novità in ogni singola cosa, nel modo di parlare delle cose divine, nella celebrazione del sacro culto, nelle istituzioni cattoliche e perfino nell'esercizio privato della pietà. Vogliamo dunque che rimanga intatta la nota antica legge: "Nulla si rinnova, se non ciò che è stato, tramandato"; la quale legge, mentre da una parte deve inviolabilmente osservarsi nelle cose di Fede, deve dall'altra servire di norma anche in tutto ciò che va soggetto a mutamento; benché anche in questo valga generalmente la regola: "Non nova, sed noviter".

[Brano tratto dall'enciclica “Ad Beatissimi Apostolorum Principis” di Benedetto XV; Papa dal 1914 al 1922].


d. CURZIO NITOGLIA
20 dicembre 2011
Avanproposito
● Prima del Vaticano II la distinzione e contrapposizione tra Cristianesimo e Giudaismo talmudico o post-biblico era pacifica.
Purtroppo la distinzione non solo pian piano si è affievolita (con Giovanni XXIII) ma è stata ribaltata con Nostra aetate e dall’insegnamento di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Cosi che dalla distinzione si è passati alla confusione e alla omologazione dottrinale e teologica degli opposti (Cristo e anti-cristi).
● Tuttavia restava un passo ulteriore da compiere. L’illustrazione di questo secondo livello è il cuore del presente articolo. Le dichiarazioni del rabbinato e dell’alto clero sono di una gravità inaudita, ma sono reali e bisogna prenderne atto. Dopo la livellazione dottrinale oramai compiuta, bisognava giungere a quella pratica: specialmente politica (1948, Stato d’Israele / 1993, suo riconoscimento da parte del Vaticano) ed economico-finanziaria (crisi del Dollaro e dell’Euro). A partire dal 2001 sino al 2011 abbiamo assistito al costante e progressivo innalzamento (quasi mascherato e non esplicitamente sbandierato) della “Torre di Babele” del ‘Nuovo Ordine Mondiale’ con una ‘Repubblica Universale’ (Usa/Israele) e un ‘Tempio Universale’ (Assisi I-III, 1986-2001). Proprio in questi ultimi mesi si parla apertamente ed esplicitamente di una seconda fase dell’azione congiunta ebraico-cristiana (non più dei soli colloqui), che deve preludere ad un Nuovo Ordine Mondiale economico/politico, il tutto alla luce della shoah e di Nostra aetate, che sono correlative come padre e figlio. Porgo al lettore le seguenti considerazioni con la speranza che i cristiani aprano gli occhi e non cadano vittime della globalizzazione religiosa e economico/politica, la quale è la peggior tirannia, mascherata da “democrazia”, che si possa immaginare.
● L’articolo che segue è un commento di questa seconda fase, partendo da Orwel e giungendo a Benson per mostrare come dalla shoah e Nostra aetate si sia arrivati oramai alla ultima fase di realizzazione economico-finanziaria del Nuovo Ordine Mondiale voluto dai rabbini e dagli ecclesiastici neomodernisti.
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IL COMPIMENTO DELLA GLOBALIZZAZIONE:
2011 SECONDA FASE ‘MONDIALISTA’DELLA SVOLTA GIUDEO-CRISTIANIZZANTE
Globalizzazione finanziaria liberista o la ‘Repubblica universale’
Giovanni Paolo II nel Discorso al Corpo diplomatico del 24 febbraio 1980 aveva iniziato a gettare esplicitamente le basi della costruzione del Nuovo Ordine Mondiale dicendo: “Giustizia e sviluppo vanno per mano con la pace. Sono parti essenziali di un Nuovo Ordine Mondiale ancora da edificare. Sono una strada che conduce verso un futuro di felicità e di dignità umana”.
● Benedetto XVI nella sua enciclica Caritas in veritate n. 67 (200*) ha iniziato a mettere in pratica il disegno pubblico del suo predecessore. Infatti ha scritto: “Per il governo dell’economia mondiale, per risanare le economie colpite dalla crisi, […] urge la presenza di una vera Autorità Politica Mondiale”.
● Il 24 ottobre del 2011 il Documento del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace a nome di Benedetto XVI ha auspicato la creazione di una Banca Centrale Mondiale scrivendo: “Esistono le condizioni per il definitivo superamento di un ordine internazionale nel quale gli Stati sentono la necessità della cooperazione. […]. Certo, questa trasformazione si farà al prezzo di un trasferimento graduale ed equilibrato di una parte delle attribuzioni nazionali ad un’Autorità Mondiale”.
● Il 13 dicembre 2011 l’Agenzia Sir ha riportato che il rabbino capo delle ‘Congregazioni Ebraiche Unite’ del Commonwealth Jonathan Saks la sera precedente (12 dicembre) era stato ricevuto in privato da Benedetto XVI e poi in pubblico presso l’Università Gregoriana ha esposto il piano concreto di una nuova forma di partenariato tra cristiani ed ebrei per “un’etica economica fondata sulle radici ebraico-cristiane”. In breve egli ha preso atto che la prima svolta ebraico-cristiana ha avuto luogo durante il Concilio Vaticano II e il primo post-concilio, ma essa era solo una svolta teologica; ora si tratta di operare una nuova e definitiva svolta pratica, politico-finanziaria simile a quella che hanno messo in atto i “leader politici d’Europa per cercare di salvare l’euro”. Il rabbino ha detto che dopo il Vaticano II è giunta l’ora di “iniziare un nuovo capitolo nelle relazioni ebraico-cristiane”. Dalle relazioni teologiche “faccia a faccia” occorre passare alle relazioni pratiche politico-finanziare “fianco a fianco”. Egli ha auspicato, rifacendosi a Benedetto XVI, che ebrei e cristiani possano essere “assieme” una “minoranza creativa” di un Nuovo Ordine Mondiale contro le forze radicalmente e aggressivamente secolarizzanti.
● Come si vede (“contro il fatto non vale l’argomento”) siamo in piena seconda fase o all’inizio della realizzazione del mondialismo. Dove ci porterà questa seconda tappa? Solo Dio lo sa con certezza. Tuttavia si può ricorrere a qualche autore, che aveva studiato e previsto il problema. Uno (Orwell) l’ho citato all’inizio, un altro (Benson) lo cito adesso.
Dalla shoah al mondialismo realizzato
G. H. Benson, Il padrone del mondo: «siamo quasi perduti e ci stiamo dirigendo verso una catastrofe alla quale dobbiamo essere preparati […] finché non tornerà il Signore» (Milano, Jaca Book, 2008, p. 12).
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Premessa
● Scrivo il presente articolo, riprendendo – in parte – argomenti già trattati in questo stesso sito, per evidenziare la gravità, oramai “terminale”, della situazione in cui ci troviamo a vivere da circa un anno (rivolte arabe, crisi del dollaro e dell’euro assommate, affrontamento di Usa/Israele e Russia/Cina/Iran nella regione della Siria, Palestina e Libano).
● La situazione può essere definita apocalittica a partire da quanto recentemente è stato detto – come citerò in basso – sia da autorità rabbiniche che da autorità ecclesiali.
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1946 UNA ‘PREDIZIONE’ DELLA GLOBALIZZAZIONE: ORWELL “1984
 
Prologo
● George Orwell, nel 1946 inizia la stesura del suo ultimo romanzo “1984” che avrebbe voluto intitolare “L’ultimo uomo in Europa”; lo finisce poco prima di morire a Londra il 21 gennaio del 1950. Egli ha intuito che la società si stava avviando verso una omologazione e omogeneizzazione mondialista e globalizzante. I tratti che per Orwell caratterizzano la società mondialista del futuro “1984” sono il totalitarismo, la perdita della memoria storica, la falsificazione di ogni traccia storica, la perdita del contatto col reale, la corruzione del linguaggio tramite barbarismi e neologismi di pessimo gusto, l’annullamento della identità dell’individuo, che si perde nella società universale. Tuttavia resta un ultimo uomo libero, che però verrà annientato dal potere anonimo del “Nuovo Ordine Mondiale” e dalla massificazione totalitarista.
La prima edizione italiana del suo romanzo risale al 1950 a cura della Mondadori di Milano e l’ultima è del 2009 sempre a cura della Mondatori ed è questa che cito nel presente articolo.
La globalizzazione collettivista
La prima figura del romanzo è quella del “Grande Fratello”, che si trova affissa in forma di gigantografia in ogni parte del mondo e scruta coi suoi occhi che si muovono tutti i movimenti dei cittadini. La figura è accompagnata dalla scritta “Il Grande Fratello vi guarda” (p. 5). Inoltre in ogni casa vi è una specie di teleschermo che spia ogni movimento, ogni respiro dei suoi abitanti. Nulla sfugge al potere centrale del “Grande Fratello”, il quale si serve di una “psicopolizia” per perseguire soprattutto i reati di opinione anche non espressi esplicitamente, ma intuiti tramite lo schermo onnipresente e dalle “spie” che occupano quasi ogni spazio del “nuovo mondo”(p. 6). La filosofia della società globalizzata è un inno alla guerra continua, alla schiavitù e alla ignoranza, contro la pace, la libertà e la fortezza d’animo (p. 9). Tuttavia il personaggio principale del romanzo, Winston Smith, o “l’unico uomo libero in Europa”, inizia a scrivere un diario, che lo porterà a prendere coscienza della sua realtà individuale, intelligente e libera. Tutto ciò lo condurrà alla persecuzione e alla distruzione da parte del Partito, che vuol schiacciare ogni uomo intelligente, libero e responsabile dei suoi atti, che voglia mantenere un granello di personalità umana per renderlo un automa agli ordini del Partito (p. 10). Il mondo è diviso, ancora per poco, in tre immensi super-Stati: l’Oceania (Stati Uniti e Impero Britannico), l’Eurasia (Europa e Russia) e l’Estasia (Cina e India). L’Oceania, con capitale Londra, è governata dal “Grande Fratello” secondo i principi del socialismo inglese (“Socing”, nella neo-lingua), per il quale tutto è apparentemente permesso, nulla è esplicitamente proibito, tranne pensare col proprio cervello. Il “Grande Fratello” è presentato come una sorta di nuovo “Salvatore” (p. 19), ma malvagio, che fa pensare vagamente all’Anticristo di Benson, del quale, però, non ha nessuno dei tratti umanitaristici. La caratteristica dei personaggi del “nuovo mondo” globalizzato è la «stupidità sconfortante, l’entusiasmo imbecille, la cieca obbedienza al Partito» (p. 25). Solo così essi possono vivere indisturbati in un mondo tanto piatto e contraddittorio, che non ha di mira la salvezza eterna nell’aldilà, ma unicamente l’instaurazione di un regno messianico terreno e materiale nell’aldiquà. Cercare di pensare e di voler essere liberi e responsabili delle proprie azioni umane è considerato uno “psicoreato”, punibile prima con la tortura psicologica atta ad annientare la coscienza personale e poi con la morte fisica (p. 37). Winston Smith avendo iniziato a scrivere un diario personale è già un uomo morto psicologicamente e, fisicamente, prossima preda della “psicopolizia”. La propaganda del Partito è volta a sconfiggere la memoria individuale per controllare la realtà e indurre l’uomo ad una sorta di “bipensiero”: credere fermamente di dire la verità, mentre pronuncia le menzogne più artefatte, ritenere valide due affermazioni che si contraddicono e si annullano a vicenda, fare uso sofistico della logica contro la logica, negare la morale proprio nell’atto stesso di affermarla (p. 38). Il passato, la storia non solo sono stati modificati, ma distrutti completamente. La “menzogna di Ulisse” è costante e continua, senza termine. L’unico spazio in cui ci si può rifugiare è la propria memoria, la quale però è messa a dura prova dagli schermi onnipresenti attraverso i quali il “Grande Fratello” osserva ogni minimo gesto che possa riflettere un pensiero autonomo: il minimo guizzo negli occhi è un “voltoreato” e come tale può essere fatale (p. 39). L’importante è non pensare, essere “persone al di sotto di ogni sospetto” poiché al di sotto della natura umana, intelligente e libera. Questo è l’unico modo di poter continuare a vivere nella “Repubblica universale”. Per distruggere le capacità intellettive dell’uomo il Partito ha inventato una “neolingua” ridotta all’osso, che aiuta a non avere opinioni proprie le quali erano veicolate, invece, dall’ “archeolingua” troppo ricca di sfumature e quindi psicologicamente e socialmente pericolosa. L’ortodossia del Partito significa non pensare, non aver bisogno di pensare, ossia totale inconsapevolezza ed ebetudo mentis (p. 57): “Chi capisce troppe cose, parla con troppa chiarezza, non piace al Partito e un giorno sparirà” (p. 57). L’ortodossia di Partito impone mancanza assoluta di autocoscienza; quindi è meglio non leggere e tacere. In mezzo a un mondo di lobotomizzati, Winston è attanagliato da qualche dubbio sporadico: “possibile che solo io abbia la memoria? Non è questo l’inizio della pazzia?”. In effetti in un mondo anormale, in un mondo al contrario o sottosopra, il normale è un pazzo, un pericolo da eliminare. Tuttavia Winston riesce ad uscire da questo atroce dubbio in quanto “non lo disturba il pensiero di essere pazzo o eccentrico in tale mondo appiattito, sarebbe più orribile non esserlo, non poter avere opinioni personali: poter ancora pensare che 2 + 2 = 4 anche se il Partito dice che fa 5 oppure 3” (p. 85). Il senso comune, il buon senso costituiscono la grande eresia, non bisogna credere ai propri occhi, alle proprie orecchie, né all’evidenza, ma solo alla voce del “Partito” o del “Grande Fratello”: “Bisogna difendere tutto ciò che è ovvio, sciocco” (p. 86). Persino la predilezione per una certa solitudine, fare due passi da soli, è pericoloso, è segno di “vitimprop” (vita in proprio, in “archeolingua”), ossia di individualismo, eccentricità, senso della realtà (p. 87). Infatti la “neolingua”, che veicola il “bipensiero”, deve aiutare a negare “ogni realtà oggettiva”; l’incapacità di comprendere aiuta a vivere in tranquillità col Partito e la mancanza della più pallida idea di cosa sia l’ortodossia aiuta a mantenersi perfettamente ortodossi ossia acefali; la perdita del senso della realtà è propedeutica all’accettazione pacifica della enormità di quanto viene chiesto dal “Grande Fratello”, per non entrare in conflitto con la propria coscienza è necessaria l’incapacità di comprendonio: guai a porsi domande, a chiedere spiegazioni! (p. 163). Alla fine Winston è scoperto dalla “psicopolizia”: egli è “l’ultimo uomo” (p. 277) che ha cercato di ragionare e volere liberamente e razionalmente, quindi va liquidato. “Tu sei fuori dalla storia, non esisti” gli dice il capo della “psicopolizia”, che, dopo averlo “psicotorturato”, lo annienta “vaporizzandolo” affinché di lui non resti nessuna traccia, nessun ricordo, nessuna memoria. La “psicopolizia” non vuole far martiri, vuole annichilare l’uomo libero.
‘INIZIO’ DELLA GLOBALIZZAZIONE: LA PRIMA SVOLTA ‘TEOLOGICA’ “GIUDAICO-CRISTIANA” DEL 1965
La globalizzazione religiosa o il ‘Tempio universale’
● Prima del Vaticano II la distinzione e contrapposizione tra Cristianesimo (che crede nella divinità di Gesù e nella SS. Trinità) e Giudaismo talmudico o post-biblico (che nega la divinità di Cristo e la Trinità) era pacifica. Tanto per rifarci ai Documenti pontifici più recenti, nell’Atto di Consacrazione al S. Cuore di Gesù scritto da Leone XIII (1900) e reso, per ordine di Pio XI, obbligatorio nella Festa di Cristo Re (1925), da parte dei sacerdoti si legge: “Siate Re di tutti quelli che sono ancora avvolti nelle tenebre dell’idolatria o dell’islamismo […]. Riguardate con occhio di misericordia i figli di quel popolo che un giorno fu il prediletto: scenda anche sopra di loro […] il Sangue già sopra di essi invocato”. Questa preghiera era letta nella Chiesa universale sino al 1962. D’altro canto Pio XI nell’enciclica Mit brennender Sorge del 1937 ha scritto: “Il Verbo avrebbe preso carne da un popolo che poi Lo avrebbe confitto in croce”. Questa era la dottrina comune della Chiesa, contenuta nelle fonti della Rivelazione (Tradizione e Scrittura) ed insegnata costantemente dal Magistero pontificio (v. Le Bolle dei Papi sul giudaismo in questo stesso sito). Purtroppo la distinzione non solo pian piano si è affievolita (con Giovanni XXIII, 1958-1963), ma è stata ribaltata con Nostra aetate di Paolo VI (1965) e dall’insegnamento di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Così che dalla distinzione si è passati alla confusione e alla omologazione dottrinale e teologica degli opposti (Cristo e anti-cristi).
● Tuttavia restava un passo ulteriore da compiere e lo vedremo per esteso nella seconda parte dell’articolo. Dopo la livellazione dottrinale oramai compiuta, bisognava giungere a quella pratica (“vale più la pratica che la grammatica”): specialmente politica (Stato d’Israele, 1948-1993), economico-finanziaria (crisi del Dollaro e dell’Euro). A partire dal 2001 sino al 2011 abbiamo assistito al costante e progressivo innalzamento (quasi mascherato e non esplicitamente sbandierato) della “Torre di Babele” del ‘Nuovo Ordine Mondiale’ con una ‘Repubblica Universale’ (Usa/Israele) e un ‘Tempio Universale’ (Assisi I-III, 1986-2001). Proprio in questi ultimi mesi si parla apertamente ed esplicitamente di una seconda fase dell’azione (non più dei colloqui) ebraico-cristiana, che deve preludere ad un Nuovo Ordine Mondiale economico/politico, il tutto alla luce della shoah e di Nostra aetate, che sono correlative come padre e figlio.
● Il 26 gennaio 2011 su Avvenire (il quotidiano della “Conferenza Episcopale Italiana”), è apparso un articolo della professoressa israelita Anna Foa intitolato “Nel dopoguerra la vera svolta nella teologia” in cui si legge: «Non vi è dubbio che il mutamento dei rapporti tra Chiesa ed ebraismo verificatosi con il Concilio Vaticano II e con la dichiarazione Nostra aetate abbia avuto le sue radici nel trauma della shoah. […]. Nostra aetate fu una svolta radicale, […] che aprì la strada ad una vera e propria rivisitazione teologica del rapporto con l’ebraismo, destinata ad approfondirsi […], introducendo l’idea, per dirla con Giovanni Paolo II nella sua visita in sinagoga del 1986, che la religione ebraica non fosse “estrinseca” ma in un certo qual modo “intrinseca” alla religione cristiana. La presa di coscienza determinata dallo sterminio di sei milioni di ebrei aveva così modificato in profondità non solo i rapporti tra ebrei e cristiani, ma le basi teologiche stesse su cui tali rapporti si fondavano» (p. 26).
● Sempre sul medesimo quotidiano, lo stesso giorno e nella stessa pagina, un articolo del Priore di Bose Enzo Bianchi “Intorno al Concilio la convergenza tra le Fedi” ci spiega che «la svolta storica cui abbiamo assistito in questi ultimi cinquanta anni, svolta cui non è stata certo estranea la tragedia del “male assoluto”» è talmente epocale che «nessun cristiano potrà più invocare l’ignoranza a propria scusante: ciascuno è e sarà responsabile in prima persona di una conferma o di una contraddizione a questa svolta».
● Il povero mons. Richard Williamson (paragonabile al personaggio principale del romanzo di Orwell, Winston Smith, definito “l’unico uomo libero in Europa”) ne aveva già fatto l’esperienza (“torturato” dalla “clero-polizia”) per aver osato opinare, nell’ottobre del 2008, che la “tragedia del male assoluto” non gode di tutte quelle prove storico-scientifiche di cui avrebbe bisogno per imporsi come super-dogma, il quale non ammette ignoranza e che non è lecito né contraddire né ignorare.
● Inoltre Bianchi continua: «Giovanni Paolo II […], il 17 novembre 1980 a Magonza pronuncia una formula inedita, anzi contraddittoria a diciannove secoli di esegesi e teologia cristiana, in cui gli ebrei sono definiti “il popolo di Dio dell’Antica Alleanza che non è stata mai revocata”. […]. Si può notare la novità e l’audacia rispetto a tutto il magistero ecclesiastico precedente. […]. La teologia della sostituzione è così abbandonata per sempre». L’ermeneutica della rottura trova così spazio sulle pagine del quotidiano dell’Episcopato Italiano, il cui Primate è il Papa, che, però, sostiene, ma non dimostra[1], l’ermeneutica della continuità.
*
UNA VECCHIA PREVEGGENTE DESCRIZIONE DI CIÒ CHE POTREBBE AVVENIRE
Il Regno dell’Anticristo
● Robert Hugh Benson ha scritto nel 1907 “Il padrone del mondo”, che è stato tradotto e pubblicato in italiano per la prima volta nel 1921 a Firenze. Nel 1987 grazie all’interessamento del card. Giacomo Biffi è stato riedito dalla Jaca Book di Milano con tre edizioni (1997, 2008) e sedici ristampe. Benson, con uno stile davvero ammirevole, riprende il tema svolto da san Pio X nella sua prima enciclica E supremi apostolatus cathedra del 1904, nella quale papa Sarto osservava che i mali i quali circondano il mondo e la Chiesa sono talmente gravi da far pensare che l’Anticristo sia già presente.
Gli orrori del mondialismo
● Benson prevede che attorno agli anni Venti-Trenta la massoneria acquisterà un potere sempre più vasto in Europa come nelle Americhe e nell’Oriente così da poter unificare tutto il mondo attorno al 1989 (anno in cui è “crollato” effettivamente il muro di Berlino) e appianare la venuta all’Anticristo finale. I mali che portano a tale sciagura sono elencati da Benson con precisione e lucidità: critica storica e unicamente filologica della Bibbia non più considerata un Testo sacro, divinamente ispirato e fornito dunque di inerranza; sentimentalismo religioso e liberalismo, che sotto apparenza di “pensiero indipendente” rendono invece gli uomini realmente schiavi della mentalità comune e delle passioni; la nascita del modernismo (p. 7). Nel mondo degli anni Trenta sarebbero rimasti solo tre tipi di religione: il cattolicesimo, l’umanitarismo filantropico liberal-massonico e le religioni esoteriche estremo orientali. Le ultime due forme sono accomunate dalla tendenza al panteismo antropocentrico e si trovano in totale opposizione col cattolicesimo, che è teocentrico e crede in un Dio personale e trascendente il mondo (p. 10). Il cattolicesimo decade sempre più, il mondo non lo vuol più ascoltare, capire ed accettare e lo abbandona, inebriato dal delirio di onnipotenza datogli dal panteismo antropolatrico e dal “culto dell’Uomo” (p. 11). La religiosità vincente dal Venti sino al 1989 è una sorta di umanitarismo filantropico: privo del vero soprannaturale, «subisce l’influenza della massoneria: l’uomo è Dio» (p. 11). La psicologia ha preso il posto del puro e semplice materialismo marxista e cerca di rimpiazzare la spiritualità del cattolicesimo con un surrogato psicanalitico immanentistico (p. 12). L’Autore esclama: «siamo quasi perduti e ci stiamo dirigendo verso una catastrofe alla quale dobbiamo essere preparati […] finché non tornerà il Signore» (p. 12). Ma purtroppo oggi i profeti dell’ottimismo irrealistico ed esagerato, che hanno condannato “i profeti di sventura”, non vogliono sentire la voce di Benson che, quale nuovo Laocoonte, metteva in guardia i cattolici dal modernismo quale “cavallo di Troia” introdotto dall’inimicus homo nella Città di Dio. Egli ammette realisticamente che nel mondo cattolico vi è del male, ma anche del bene, vi sono conventi dissoluti, ma anche osservanti e vicini al Signore (p. 12). Non è uno di quei farisei manichei che vedono tutto e solo bene da una parte e tutto e solo male dall’altra. Benché il Cristianesimo sia la vera religione divinamente rivelata, non tutti i cristiani le sono fedeli, anzi. Ma anche l’umanitarismo, che promette ipocritamente pace e cessazione di “guerre di religione”, ha i suoi eccessi, i quali superano anche quelli dei peggiori cristiani. A pagina 13 Benson prevede già nel 1907 il “Parlamento europeo”, il quale segna la fine del sano patriottismo e tramite la democrazia-sociale fonda l’anti-chiesa-cattolica. Egli ci mette in guardia anche contro l’apparente perfezione dello sviluppo tecnico, che, se disordinato e distolto dal Fine ultimo, nasconde molte trappole che insidieranno la fede dei cristiani (p. 16).
● L’Anticristo finale di Benson si presenta sotto le apparenze di solidarismo, di pacifismo agguerrito contro la religione cristiana, che sarebbe “portatrice di spada e non di pace”, di umanitarismo naturalista, che abolisce la pena di morte e istituisce il “Ministero dell’eutanasia”, essendo la morte non più l’inizio della vita eterna, ma il ritorno dell’individuo nel “Tutto” (p. 36), che rimpiazza la spiritualità con la psicologia. Il tutto nel quadro del mondialismo più radicale: «l’unità impersonale, l’annullamento dell’individuo, della famiglia, della nazione nel mondo» (p. 25). L’uomo è tutto, è “Dio”; non esiste un Dio trascendente, ma egli è immanente al mondo e solo la cooperazione solidale di tutti gli uomini può evolvere continuamente in meglio (p. 26).
La persecuzione fisica
● Questa contro-chiesa naturalista e pacifista scatena ben presto una cruenta persecuzione contro il cristianesimo, che ha già perso molti consensi a favore dell’umanitarismo. Benson ci descrive allora il “Corpo mistico nell’agonia”, proprio come Gesù Cristo, e l’Uomo che grida alla Chiesa: “ha salvato gli altri, non può salvare se stessa?” (p. 48). Neppure dal Cielo scende, in quei momenti tragici, una parola a rincuorare i fedeli perseguitati e martirizzati. La massoneria e il democraticismo, più che il comunismo oramai sorpassato dal liberismo, sono la forza occulta che manovra la religione dell’Uomo e la persecuzione della Chiesa di Dio (p. 51). Lo stato dell’umanità nel “Nuovo Ordine Mondiale” viene descritto da Benson come una “copia molto simile ai gironi superiori dell’Inferno” (p. 123). Frattanto Roma (p. 211) è distrutta da un bombardamento comandato dall’Anticristo, il Papa e quasi tutti i cardinali muoiono e il nuovo Papa si rifugia a Nazareth, ove continua con soli 12 cardinali la sua missione di governare la Chiesa con Vescovi, sacerdoti e fedeli sparsi in tutto il mondo e pronti al martirio, che possono pregare e celebrare i sacramenti solo in privato, sotto pena di morte. A pagina 170 Benson ci descrive il “nuovo culto” imposto dalla massoneria e dall’Anticristo alla nuova Umanità, che ama i piaceri, le ricchezze e gli onori, al contrario del cristianesimo che insegna ad amare la croce, la povertà e l’umiltà. Tale “nuovo culto” è una parodia o un surrogato della Messa cattolica, è il culto dell’Uomo, che ha bisogno di un certo cerimoniale per professare la ‘Religione dell’Avvenire’, lo ‘spirito del mondo’, spogliato da ogni idea del soprannaturale e della grazia santificante. Come non pensare al Novus Ordo Missae, il nuovo culto della religione antropocentrica del Vaticano II? È impressionante vedere come 100 anni prima di ciò che stiamo vivendo sia a livello politico che religioso, Benson avesse già intuito quasi tutto e quasi nei minimi dettagli. Uno dei personaggi del romanzo di Benson (la signora Mabel) si accorge che la nuova fede pacifista e umanitarista non è migliore dell’intransigenza cristiana, anzi forse è carica di maggior odio e crudeltà di quelli manifestati da alcuni o molti cristiani nel corso dei secoli (p. 220). Come credere che «quella belva selvaggia, col sangue [dei cristiani martirizzati] che usciva dalle sue unghie assetate di violenza, fosse l’Umanità novella? Cioè quello che lei chiamava il suo “Dio”?» (p. 231). Benson distingue bene il Cristianesimo dai cristiani, che non tutti e non sempre hanno vissuto secondo lo spirito di Cristo ed hanno offerto all’Umanitarismo la scusa per sostituire il Cristianesimo identificato con i cattivi e falsi cristiani (clero e laicato).
*
CONCLUSIONE
L’Americanismo anticristiano
● Monsignor Henri Delassus ha scritto un intero libro sull’americanismo (L’Américanisme et la Conjuration antichrétienne, Lilla-Parigi, Desclée De Brouwer, 1899), nel quale il prelato francese spiega che, tra tutti i soggetti inquietanti del mondo attuale, l’America del nord non è dei minori. Infatti, ciò che la caratterizza è “l’audacia nelle imprese industriali e commerciali ed anche nei rapporti internazionali, calpestando essa tutte le leggi della civiltà cattolico-romana” (p. 1). Purtroppo, tramite l’americanismo, gli Stati Uniti spingono la loro audacia anche nelle  questioni religiose. Il termine ‘cattolicesimo americano’ o americanismo (condannato da Leone XIII nella Lettera Testem benevolentiae del 1895) non è l’etichetta di uno scisma o di un’eresia, esso è “un’insieme di tendenze dottrinali e pratiche, che hanno sede in America e che di lì si spargono nel mondo cristiano e specialmente in Europa” (p. 3). L’aspetto più preoccupante dell’americanismo è quello dei “suoi rapporti con le speranze e i progetti del giudaismo, specialmente con le tendenze anticristiane delle leggi del mondo moderno e della società americana, che aspira a possedere il monopolio del pensiero rivoluzionario” (p. 7). Infatti, “esiste una congiura anticristiana che lavora, tramite rivoluzioni e guerre, ad indebolire e, se fosse possibile, ad annichilire, le nazioni cattoliche, per dare l’egemonia a quelle protestanti, come l’America, la Germania e la Gran Bretagna” (nota n°1, p. 7). Uno degli “elementi distintivi della ‘Missione americana’ è il ritorno all’unità di tutte le religioni, tramite la distruzione delle barriere e delle differenze, giungendo ad un Congresso della tolleranza internazionale delle religioni, per lottare unite contro l’ateismo” (p. 124). L’indifferentismo o tolleranza per principio, cui tende l’americanismo, consiste nell’equiparare “tutte le religioni, come egualmente buone” (p. 85); “La cospirazione anticattolica penetra dappertutto, per distruggere – se fosse possibile – la Chiesa ed innalzare al suo posto l’israelitismo liberale e umanitario” (p. 89); “Tale cospirazione è diventata universale” (p. 90); “Tra spirito ebraico e americanista c’è un punto di contatto nei principi del 1789” (p. 91); “La presunzione o confidenza eccessiva in se stessi è la caratteristica specifica dell’americanismo e gli ebrei sperano di farne uscire l’israelitismo liberale e filantropico” (pp. 92-93), cioè la neo-religiosità dell’èra nuova. Monsignor Henri Delassus (p. 94) spiega che il Magistero della Chiesa ha condannato tutti i falsi principii sui quali si fonda lo spirito americanista: i diritti dell’uomo (condannati da Pio VI); la libertà assoluta della persona umana, la libertà di pensiero, di stampa, di coscienza e di religione (da Gregorio XVI e Pio IX), il separatismo tra Stato e Chiesa (da Leone XIII). Invece per gli americanisti occorre basarsi sul “liberalismo largo o latitudinarista e sulla tolleranza dommatica ad oltranza, evitando di parlare di tutto ciò che potrebbe dispiacere ai protestanti e alle altre religioni” (p. 97); per la Chiesa di Roma “il cattolicesimo è la vera religione, mentre per gli americanisti è solo una religione tra tante” (p. 100). Purtroppo l’ideale americanista (circa cinquanta/settanta anni dopo la condanna di Leone XIII) si è realizzato, inizialmente e in maniera latente, nel Concilio Vaticano II e poi, apertamente, ad Assisi nel 1986/2011. Infatti - scriveva già mons. Delassus - “gli americanisti dicono che le idee americane sono quelle che Dio vuole per tutti i popoli del nostro tempo. Ebraismo e americanismo credono di aver ricevuto una ‘Missione divina’. Purtroppo l’influenza dell’America con il suo spirito di libertà assoluta, si estende sempre di più tra le nazioni, di modo che l’America dominerà le altre nazioni” (pp. 187-188); l’America sembra essere la “Nazione dell’Avvenire” (p. 190). Tuttavia – commenta il prelato – “se tale avvenire sarà quello dello sviluppo industriale e commerciale, sociale e politico, secondo i principi del 1789, ossia il progresso materiale e l'indipendenza assoluta dell'uomo da ogni autorità, anche divina; l’èra che vedremo sarà la più disastrosa mai conosciuta. In essa l’America distruggerà le tradizioni nazionali europee, per fonderle nell’unità o pax americana” (pp. 191-192). La base, o il minimo denominatore comune, di tale mistura di religioni, popoli, culture, è un moralismo sentimentale o “una vaga morale” (p. 192) soggettiva ed autonoma come voleva Kant, “indipendente dal dogma, ove ognuno è libero d’interpretarla a modo suo” (p. 130). Essa si è realizzata oggi, tramite l’unione tra ‘teo-(o neo)-conservatori’ americanisti e cristianisti, con il sionismo ed elementi conservatori-liberali del cattolicesimo, che si uniscono per difendere la vita, l’embrione, contro il materialismo ateo (cosa buona in sé), ma a discapito della specificità della purezza del dogma (il che è inaccettabile), della tradizione culturale di ogni nazione e delle differemze etniche (le quali, se non vanno esagerate con la teoria della difesa della ‘razza pura’, che non esiste; non debbono neppure essere distrutte con l’offesa della razza in senso lato o del popolo, che ha una sua peculiarità di lingua, cultura, mentalità e religione). “Il movimento neo-cristiano o americanista, tende a liberarsi dal dogma per fondarsi sulla bellezza dell’etica” (p. 60), “a rimpiazzare la fede con una cultura o sensibilità morale indipendente, in una vaga religiosità superiore a tutte le altre religioni positive” (p. 76). Secondo la dottrina cattolica, invece, “la fede senza le opere è morta” (s. Giacomo), e “senza la fede non si può piacere a Dio” (s. Paolo). Quindi non bisogna disprezzare la morale, ma neppure ridurre la religione alla sola moralità, senza tener più conto dell’integrità dogmatica.
● Monsignor Delassuss si spiega ancor meglio scrivendo che “Vi è un’intesa tra Ebraismo e Americanismo, per sostituire la religione cattolica con questa ‘Chiesa ecumenista o mondialista’, questa ‘religione democratica’, di cui l’Alleanza Israelita Universale prepara l’avvento” (p. 193). L’americanismo è lo strumento del giudaismo liberale e filantropico-umanitario, il quale ha rimpiazzato la ‘fede’ del giudaismo ortodosso (in un Messia personale e militante, che avrebbe ridato ad Israele il dominio sul mondo) con la ‘credenza umana’ dell’ebraismo liberale (in un ‘messia idea’, ossia il mondo moderno, nato dall’Umanesimo, Protestantesimo e Illuminismo rivoluzionario, inglese, americano e francese, che farà cadere il mondo nel relativismo e nell’irenismo, i quali eroderanno il Credo cattolico e quel che resta ancora della Cristianità europea), “per condurre l’umanità, dolcemente, verso la Nuova Gerusalemme” (p. 195).  Lo spirito del ‘Mondo Nuovo’ o dell’americanismo, è caratterizzato (secodo il Delassus) dai princìpi dell’89, che sono “l’indipendenza dell’uomo da ogni potere umano e anche divino” (p. 196), vale a dire i diritti (o il culto) dell’uomo e lo spodestamento di Dio e della sua Chiesa.
L’americanismo ha un duplice aspetto: politico e religioso.

  • a) Politicamente: È caratterizzato da un certo cosmopolitismo, che porta al mondialismo ed alla globalizzazione, le quali infiltrandosi in ogni nazione la corrompono per dominarla. Tale ‘Repubblica universale’ è il sogno dell’Alleanza Israelita Universale, “centro, focolaio e vincolo della congiura anticristiana, alla quale l’americanismo porta un appoggio considerevole” (p.15). Il giudaismo talmudico si basa sulla lettura materiale (più che letterale) delle profezie del Vecchio Testamento. Delassus scrive: “Leggete queste profezie nel significato materiale-terreno e vi troverete la risposta all’enigma, la spiegazione dell’attività febbrile giudaica, il sogno dell’ebraismo. Esso si crede, ancor oggi, il popolo destinato da Dio a dominare, materialmente e temporalmente, su tutte le nazioni tramite la finanza, le banche, la stampa e i mezzi di comunicazione [o di distruzione] di massa” (pp. 20-21). Il punto d’incontro tra giudaismo e americanismo va ricercato nei principii rivoluzionari del 1789, e particolarmente in due tesi: “1°) che tutte le nazioni rinuncino all’amor di Patria e si confondano in una ‘Repubblica universale’; 2°) che gli uomini rinuncino, egualmente, ad ogni particolarità religiosa, per confondersi in una stessa vaga religiosità o ‘Tempio univerale’ ” (p. 25). Questi ideali sono portati avanti dall’Alleanza Israelitica Universale, fondata nel 1860 dall’ebreo Adolfo Crémieux, gran-maestro del Grande Oriente di Francia. L’A.I.U. “non era soltanto un’internazionale ebraica, essa mirava più in alto: essere un’associazione aperta a tutti gli uomini, senza distinzione di nazionalità, né di religione, sotto l’alta direzione d’Israele. Essa vuol penetrare in tutte le religioni, come è già penetrata in tutti i paesi e far cadere le barriere, che separano ciò che un giorno dovrà essere unito in una comune indifferenza” (pp. 26-27). Il prelato s’interroga: “Cosa significa penetrare in una religione? Soprattutto introdurvi le proprie idee. Il giudaismo cerca d’infiltrare le sue idee nella Chiesa cattolica? Sì, i suoi rappresentanti lo asseriscono” (p. 28). Le forze politiche di cui si serve il giudaismo liberale e filantropico (o massonico) sono: a) la democrazia, b) la libertà come valore assoluto, c) il cambiamento radicale (cfr., p. 153). Questo cambiamento radicale riguarda anche la vita spirituale, prefiggendosi il primato dell’azione sulla contemplazione; l’esaltazione dell’iniziativa individuale (propria del liberismo puritano americano), con un’eccessiva fiducia in se stessi (cfr., pp. 154-155); il Benessere fisico e corporale (diverso dal benessere comune temporale), come “trasfigurazione del corpo” (p. 159); il “sensismo empirista, come radicale antimetafisica ed anticristianesimo” (p. 161). Il prelato costata che oramai i nuovi cristiani americanisti, assieme agli ebrei liberali e umanitari, “aspirano ad un Messia che non è Gesù Cristo, neppure il messia militante e personale dell’ebraismo ortodosso, ma un’idea di benessere materiale e corporale che renderà l’uomo felice e ricco su questa terra” (pp. 164-165). Tale Benessere (con la maiuscola), consiste non nel possedere il necessario o il conveniente, ma nel “superfluo” (p. 166). I fedeli di questa nuova religiosità non vanno contrariati, bisogna dar loro sempre ragione, seguire la corrente, dir loro ciò che piace ed appaga i sensi (cfr., p. 167).


  • b) Dal punto di vista religioso: L’americanismo si serve dell’esoterismo, del massonismo e dell’ecumenismo, per infiltrare la religione cattolica e – se fosse possibile – distruggerla. “La massoneria ha le stesse pretese e le esprime con le stesse parole” (p. 29). Il giudaismo liberale è ancora più chiaro, quando dice che bisogna tendere verso “una nuova Gerusalemme, la quale deve sostituire Roma. La stirpe ebraica vuole stabilire il suo regno sul mondo intero, nell’ordine temporale e in quello spirituale” (p. 30). Anche l’americanismo si serve delle società segrete per ottenere i suoi scopi (cfr., p. 31), per rovinare le Patrie e la Religione. La nuova “Repubblica universale sarà governata dal popolo ebraico, unica vera genìa cosmopolita, apolide ed universale” (p. 33) ed infine, “dall’Anticristo, supremo dittatore divenuto l’unica deità di questo nuovo mondo” (p. 42). Gli Stati Uniti hanno il triste “privilegio di distruggere le tradizioni e le specificità nazionali e religiose europee, per fonderle nell’unità americana” (p. 44). L’americanismo vuol sostituire la ‘polemica’ (polemikòs = attinente alla lotta e alla disputa dottrinale) con la ‘irenica’, (eirenikòs = che riguarda la pace o meglio il pacifismo, la tolleranza e la conciliazione ad oltranza). L’americanismo è “assolutamente convinto, che gli Stati Uniti sono predestinati a produrre uno stato sociale, superiore a quello che si è vissuto sino ad ora” (p. 130). Un altro caposaldo dell’americanismo è l’evoluzionismo religioso (cfr., pp. 101-108), secondo cui il dogma evolve o cambia radicalmente, sostanzialmente, in maniera eterogenea e non omogenea; ossia si passa da una verità ad un’altra, anche diversa, secondo il bisogno e le esigenze dei tempi (cfr., p. 109), dacché la verità non è più la ‘conformità del pensiero alla realtà’, ma ‘l’adeguarsi del pensiero ai bisogni dei tempi e delle necessità dell’uomo moderno’ (Herbert Spencer). L’altro pilastro su cui si basa l’americanismo è l’ecumenismo. Monsignor Delassus (p. 133) ci informa che a Chicago, tra l’11 e il 28 settembre del 1893 (circa ottanta/cento anni avanti il Concilio Vaticano II e l’incontro ecumenico di Assisi nel 1986), si svolse un Congresso o Concilio ecumenista di tutte le religioni (tranne la cattolica). In tale conciliabolo si stabilì che “la Chiesa cattolica dovesse fare le concessioni più generose verso le altre religioni” (p. 134); naturalmente Roma condannò. Tuttavia, non si può non notare come nel 1962-1965, tali idee americaniste siano penetrate anche in ambiente cattolico durante il Concilio Vaticano II. Si sarebbe voluto, già nel 1893, “riunire i preti e i ministri dei culti più diversi, per associarli in una preghiera comune” (p. 147), naturalmente senza cadere (non si sa come) nell’indifferentismo (proprio come ad Assisi nel 1986/2011). Tale congresso di Chicago è definito dal Delassus “vero concilio ecumenico dei tempi nuovi” (p. 148). Le analogie con il Vaticano II sono, purtroppo, oggettive ed impressionanti.

*
● Il Delassus, concludendo il suo studio, definisce l’americanismo con poche ma efficaci espressioni: “Compromesso con l’incredulità, concessioni all’errore, mutilazione del dogma, attenuazione del soprannaturale e faciloneria di ogni specie” (p. 226).
● Egli propone quindi il rimedio a tanto male: “Evitare lo scoraggiamento, come attitudine di coloro che sanno e conoscono la realtà, ma non hanno il coraggio di reagire [è il male che paralizza molti cattolici oggi]. (…) Dunque mai incrociare le mani, rinunciando alla lotta; anzi occorre impiegarle per la preghiera, la penitenza e l’azione culturale e dottrinale con conseguenze pratiche (…). Occorre essere circospetti per non prestare, neppure involontariamente, aiuto al giudeo-americanismo. Quindi, non predicare il Benessere come fine ultimo, il successo in questo mondo, la trasfigurazione del corpo umano, la preoccupazione disordinata degli interessi umani, l’abolizione delle barriere tra religioni e culture, la cessazione della polemica per sostituirle l’irenica, l’annacquamento del dogma a favore di una moralità soggettiva, la conciliazione tra lo spirito di Cristo e quello del mondo” (pp. 262-265).
d. CURZIO NITOGLIA

20 dicembre 2011

 


[1] B. Gherardini, Concilio ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento, 2009.

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