Il fondatore della Fraternità Sacerdotale San Pio X, parlando dell’allora card. Ratzinger, dice chiaramente che con lui non si sarebbe mai potuti arrivare ad un accordo, perché Ratzinger lavora per la SCRISTIANIZZAZIONE della Chiesa.
Il 29 agosto 1987 nella lettera ai futuri vescovi Mgr.Lefebvre scrive: "La cattedra di Pietro e i posti di autorità à Roma sono occupati da anticristi … e la distruzione del Regno di Nostro Signore prosegue rapidamente…" Dopo le consacrazioni episcopali, 30 giugno 1988, con tutta la stampa contro di noi eravamo pertanto in posizione di forza.
la reconciliazione
"Non abbiamo lo stesso modo di concepire la riconciliazione. Il cardinale Ratzinger la vede nel senso di ridurci, di portarci al Vaticano II. Noi la vediamo come un ritorno di Roma alla Tradizione. Non ci si capisce. E un dialogo fra sordi. Non posso parlare molto del futuro avendolo oramai alle spalle. Ma se dovessi vivere ancora per un po', e supponendo che fra qualche tempo Roma ci chiami, ci voglia vedere per riprendere a parlare, in quel momento sarò io a porre le condizioni" (Fideliter, nr.66)
Discussioni con Roma
"Non accetterò più di essere nella situazione nella quale eravamo al momento dei colloqui. Basta. Imposterò il discorso sul piano dottrinale:"siete d'accordo con tutte le grandi encicliche di tutti papi chi vi hanno preceduto? Se non accettate la dottrina dei vostri predecessori, è inutile parlare. Finche no accetterete di riformare il Concilio considerando la dottrina di questi papi che Vi hanno preceduti NON E POSSIBILI DIALOGARE. E INUTILE".(ibid.)
Difatti il Monsignore ha dichiarato, su un colloquio con Ratzinger:
Più chiaro di cosi'? Nessun dialogo con chi scristianizza la massa con dottrine moderniste...
Il liberalismo
In poche parole il liberalismo, come ha scritto Monsignor Lefebvre nella "Lettera agli Amici e Benefattori" n. 9, può definirsi come la dottrina che "pretende liberare l’uomo da qualsiasi costrizione non voluta o non accettata da lui stesso".
Questa liberazione si manifesta a un triplice livello. Per primo a livello della Verità con il rifiuto "di qualsiasi verità oggettiva imposta". Ciascuno deve poter avere la sua verità che viene così "inevitabilmente spezzettata". Poi a livello della Fede, col rifiuto dei dogmi definiti una volta per sempre. Il liberalismo vuoI sottomettere i dogmi al giudizio della ragione e della scienza. Infine a livello della Legge, con la sostituzione della coscienza alla legge.
Questi princìpi hanno come conseguenza di "distruggere la filosofia dell’essere" e di portare ad un’evoluzione permanente, particolarmente in materia di dogmi. Essi portano ugualmente "alla negazione del soprannaturale". Il sentimento religioso sostituisce la grazia. "L’appartenenza a una comunità umana di tipo religioso" prevale su quella al corpo mistico di Nostro Signore, come lo si vede nell’attuale riforma liturgica. Questi princìpi hanno come risultato la sostituzione, in tutti i campi, della autorità personale, partecipazione dell’autorità di Dio" con quella della maggioranza.
Negazione di Nostro Signor Gesù Cristo, Verità incarnata, di cui la Chiesa ci dà la Rivelazione nei suoi dogmi e che è la Legge vivente, tali principi non potevano che essere condannati dalla Chiesa sin dal loro apparire.
Il Magistero della Chiesa condanna il liberalismo
Dal Concilio di Trento, dove si è manifestata l’opposizione della Chiesa, al liberalismo protestante, i Papi non hanno mai cessato di condannare le tesi liberali. I più importanti di questi documenti sono:
- la bolla "Auctorem Fidei" di Pio VI,
- l’enciclica "Mirari vos" di Gregorio XVI,
- l’enciclica "Quanta cura" e il "Syllabus" di Pio IX,
- gli atti di San Pio X contro il Sillon e il Modernismo,
- l’enciclica "Divini Redemptoris" di Pio XI,
- l’enciclica "Humani Generis" di Pio XII.
La condanna del liberalismo è dunque un’attitudine costante del Magistero della Chiesa. Ciò malgrado le idee liberali hanno trionfato al Concilio Vaticano II,
Il liberalismo al Concilio Vaticano Il e dopo il Concilio
Una domanda si impone: come ha potuto un concilio lasciar germogliare nel suo seno tesi che la tradizione unanime aveva respinto? Il fatto è che il Concilio Vaticano Il, a differenza degli altri concili ecumenici, non è un concilio dogmatico, ma un concilio pastorale, come lo stesso Paolo VI ha ricordato. Perciò il carisma dell’infallibilità non interviene come quando un concilio dà un insegnamento dogmatico, ma copre solo le affermazioni che si rifanno al Magistero anteriore della Chiesa.
Le tesi liberali che si sono imposte al Concilio Vaticano II, grazie all’attività dei cardinali chiamati: "delle rive del Reno", come dimostra il Rev. P. Wiltgen nel suo libro "Le Rhin se jette dans le Tibre" (Ed. du Cèdre), possono ricondursi a tre punti: la collegialità, la libertà religiosa, l’ecumenismo.
Il liberalismo, infatti, riuscì a far passare il suo odio dell’autorità personale sotto la veste dell’autorità collegiale che mette l’esercizio dell’autorità del Papa e dei vescovi sotto il controllo delle conferenze episcopali. Riuscì poi a far rimpiazzare la tesi cattolica della Chiesa unica arca di salvezza dall’affermazione che "la verità si trova in retaggio in tutte le religioni". Prese infine pretesto della necessità di un rinnovamento dell’ecumenismo per incoraggiare una riforma liturgica atta ad avvicinare i cattolici ai protestanti.
Tutte le riforme e gli orientamenti postconciliari sono impregnati di questo spirito.
Le conferenze episcopali si arrogano un potere superiore a quello del Papa e dei vescovi. Esse hanno così preteso di proibire ai sacerdoti di continuare a celebrare la Messa secondo l’Ordo detto di "San Pio V". Ora la costituzione "Missale Romanum", che ha introdotto quattro nuovi modi di celebrare la Messa, non comporta l’abrogazione della bolla "Quo Primum" con la quale San Pio V garantiva ai sacerdoti da allora in avanti, in perpetuo, l’uso di quell’Ordo che egli non faceva che codificare, avendolo ricevuto dalla tradizione romana. I dodici vescovi francesi che hanno votato contro questa pretesa interdizione non sono padroni di mantenere la Messa della Tradizione cattolica nelle loro diocesi perché sono prigionieri della onnipossente collegialità.
Per quanto concerne la libertà religiosa non è raro vedere dei vescovi accogliere "i valori di salvezza" delle religioni non cristiane. Per quanto riguarda l’ecumenismo, lo stesso presidente della conferenza episcopale francese, Monsignor Etchegaray, non ha esitato a dichiarare ai protestanti l’8 novembre 1975 che essi non hanno più "il monopolio della Riforma" dopo il Vaticano II, chiamandoli a "un’unità organica" coi cattolici. Quanto alla riforma liturgica si è svolta esattamente - lingua volgare, uso di una tavola invece dell’altare, comunione in piedi e nella mano - nel modo che Lutero aveva usato per introdurre la nuova liturgia, e persino con minor prudenza.
Per il suo carattere di seminario cattolico Ecône era di ostacolo alla diffusione di queste idee liberali nella Chiesa. Ecône doveva dunque sparire.
Ecône nella crisi della Chiesa
Il "seminario selvaggio"
Nonostante l’approvazione del vescovo di Friburgo, nonostante gli incoraggiamenti del cardinale Wright, campagne di stampa contro la Fraternità e il suo seminario furono scatenate sin dalla sua fondazione. In seguito all’Assemblea plenaria dell’episcopato francese, nel novembre 1972, si parlò persino di "seminario selvaggio" senza che nessuno dei vescovi, che non potevano ignorare la situazione canonica del seminario, protestasse.
Ciò malgrado il successo del seminario, chiaramente incoraggiato dalla Provvidenza, continuava: ottobre 1970: 11 ammessi; ottobre 1971: 27; ottobre 1972: 35; ottobre 1973: 36; ottobre 1974: 40. Come ha scritto Monsignor Lefebvre al giornale "La Libre Belgique": "L albero, dice il Vangelo, si giudica dai frutti, Per i ciechi volontari questo scandalo permanente doveva cessare".
Il 9 novembre 1974, Monsignor Lefebvre riceveva dalla nunziatura di Berna una lettera che gli annunciava una commissione nominata dal Papa e composta di tre cardinali interessati al seminario: Garrone, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, Wright prefetto di quella per il clero, e Tabera di quella dei religiosi, e di due visitatori apostolici. Una visita apostolica in un "seminario selvaggio"! Il ridicolo, per non dire l’odioso, incominciava ad essere chiaro in questa faccenda. Non doveva tardare anche l’illegale.
La visita apostolica e la dichiarazione del 21 novembre 1974
Dall’11 al 13 novembre 1974, S.E. Monsignor Descamps assistito da Monsignor Onclin interrogarono professori e seminaristi. Ebbero ugualmente colloqui con Monsignor Lefebvre. Niente di tutto questo si svolse secondo le regole canoniche: nessun verbale fu firmato, nessuna relazione comunicata a Monsignor Lefebvre.
Ma ci furono cose più gravi. Il vescovo ed il prelato, durante gli interrogatori, dichiararono "normale l’ordinazione di gente sposata", aggiunsero che non ammettevano una Verità immutabile, espressero infine "dei dubbi sul modo tradizionale di concepire la Risurrezione di Nostro Signore".
Così questi visitatori che venivano da Roma esposero delle opinioni contrarie a quelle che Roma aveva sempre pensato ed espresso. Si doveva dunque concludere dell’esistenza di due Rome.
Monsignor Lefebvre vi proclamava la sua adesione "alla Roma cattolica, custode della Fede cattolica" ma affermava il suo rifiuto "di seguire la Roma di tendenza neo-modernista e neo-protestante che si è manifestata chiaramente nel Concilio Vaticano II e dopo il Concilio in tutte le riforme che ne sono seguite".
Non si trattava che di un atteggiamento cattolico che non faceva che unirsi all’affermazione del Santo Padre secondo il quale la nostra epoca vedeva "l’autodemolizione della Chiesa".
D’altra parte questa dichiarazione era tanto poco un "Manifesto" dì appello ad uno scisma che si chiudeva con un paragrafo, omesso dall’Osservatore Romano quando lo pubblicò, che esprimeva la fedeltà di Monsignor Lefebvre "a tutti i successori di Pietro", fedeltà riaffermata da Monsignor Lefebvre nella risposta all’Abbé de Nantes il 19 marzo 1975: "Sappiate che se ci sarà un vescovo che rompe con Roma questo non sarò io". Come si vede la crisi della Chiesa che poneva Monsignor Lefebvre nella necessità di denunciare l’esistenza di una Roma neomodernista all’interno della Roma eterna, non gli impediva di affermare l’indefettibile attaccamento a questa.
Il seminario proscritto
Il 25 gennaio 1975 i tre cardinali ringraziando Monsignor Lefebvre dell’accoglienza fatta ai visitatori, gli chiedevano un incontro per intrattenersi con lui "su alcuni punti che ci lasciano qualche perplessità in seguito a questa visita". L’appuntamento veniva fissato per il 15 febbraio 1975.
Dopo aver fatto parte a Monsignor Lefebvre de "la buona impressione avuta dai visitatori apostolici", i cardinali attaccarono violentemente la Dichiarazione del 21 novembre 1974, nella quale il cardinal Tabera vedeva una rottura con la Chiesa. Era evidente che il colloquio diventava un interrogatorio giudiziario. Una seconda seduta ebbe luogo il 3 marzo nelle stesse condizioni.
Il 6 maggio 1975 una lettera della commissione cardinalizia informava Monsignor Lefebvre che la sua Dichiarazione era "inaccettabile sotto tutti i punti" e prendendo atto del suo rifiuto di ritrattare gli comunicavano: "con la piena approvazione di Sua Santità" le seguenti decisioni:
- Monsignor Mamie vedrà riconosciuto "il diritto dì ritirare l’approvazione data dal suo predecessore alla Fraternità e ai suoi Statuti".
- In seguito a questa soppressione le fondazioni della Fraternità, e particolarmente il seminario di Ecône perdevano "il diritto dì esistere".
- Nessun appoggio potrà essere dato a Monsignor Lefebvre "sin quando le idee contenute nel Manifesto del 21 novembre 1974 saranno la legge della sua azione".
Lo stesso giorno Monsignor Mamie, che non poteva aver ancora ricevuto la notifica della Santa Sede, scriveva da parte sua a Monsignor Lefebvre: "La informo che io ritiro gli atti e le concessioni fatti dal mio predecessore per quanto concerne la Fraternità Sacerdotale San Pio X, e particolarmente il decreto dì fondazione del lo novembre 1970". E aggiungeva: "Questa decisione è immediatamente effettiva".
Il "seminario selvaggio" era proscritto. Come nota Monsignor Lefebvre nella sua "Relazione": "Eravamo all’8 di maggio dell’anno della riconciliazione!".
L’ora delle condanne
La soppressione del seminario venne giudicata illegale da Monsignor Lefebvre in quanto contraria alle norme del diritto: solo Roma ha la competenza ed il potere di togliere ad un istituto religioso il "diritto di esistere" (Codice di Diritto canonico, can. 493), e Roma non può riconoscere a nessun vescovo il diritto di fare una cosa che non ha potere di fare: l’atto di Monsignor Mamie era dunque nullo, invalido e senza effetto. Secondo il diritto della Chiesa la Fraternità continuava ad esistere in virtù del decreto del 1° novembre 1970.
Il 31 maggio 1975 Monsignor Lefebvre scrisse a Papa Paolo VI per chiedere di essere giudicato dalla Sacra Congregazione per la Dottrina delle Fede. Il 5 giugno fece ricorso contro la decisione del 6 maggio, ma questo sarà respinto il 10 giugno senza neanche essere esaminato. Allora Monsignor Lefebvre fece appello contro questo rifiuto, ma il card. Villot, Segretario di Stato, proibì di accogliere questo appello.
Tutta questa procedura illegale e contraria allo spirito della Chiesa non fa che convincere Monsignor Lefebvre del suo diritto, ma è anche il vizio di origine che renderà nulle ed illegali tutti gli atti successivi del Vaticano. Monsignore non accetterà l’ordine di astenersi dalla ordinare dodici sacerdoti il 29 giugno 1976, ciò che gli varrà la "sospensione a divinis" del 22 luglio 1976.
Dopo "l’estate calda" e la Messa celebrata a Lille il 29 agosto 1976, Paolo VI accetterà di ricevere Monsignor Lefebvre a Castelgandolfo l’11 settembre, ma questo colloquio non avrà nessuna conseguenza concreta.
Ad Ecône e nella Fraternità la vita continua come prima: l’anno successivo gli ordinati al sacerdozio saranno 15; nel 1978, 18; nel 1979, 21, ecc.
Altri seminari della Fraternità saranno aperti nel mondo:
- Svizzera tedesca (1975) e poi in Germania (1978)
- Stati Uniti (1974)
- Argentina (1979)
- Francia (1986)
- Australia (1988)
Giovanni Paolo II: le speranze deluse e lo stato di necessità nella Chiesa
Durante questi anni molte sono le lettere scambiate con il Vaticano, molti gli incontri; anche Giovanni Paolo II riceve Monsignor Lefebvre, il 18 novembre 1978, ma nulla cambia: l’ingiustizia rimane, con le condanne illegali.
In settembre 1982 ha luogo il Capitolo generale della Fraternità.
Il 25 gennaio 1983 è promulgato un Nuovo Codice di Diritto Canonico. L’11 ottobre del medesimo anno Giovanni Paolo II predica in un tempio luterano.
Il 29 giugno Monsignor Lefebvre lascia l’incarico di Superiore della Fraternità a don Franz Schmidberger, precedentemente eletto suo Vicario generale dal capitolo del 1982.
Il 21 novembre 1983 Monsignore Lefebvre, insieme a Monsignor de Castro Mayer, scrive al Papa una lettera aperta che non avrà alcun effetto né risposta.
L’8 dicembre 1984 la Fraternità viene consacrata al Cuore Addolorato e Immacolato di Maria.
In marzo 1985 Monsignor Lefebvre pubblica il libro "Lettera aperta ai cattolici perplessi".
31 agosto 1985: Monsignor Lefebvre e Monsignor de Castro Mayer mandano al Papa una nuova e solenne messa in guardia. Il 6 novembre successivo una lista di "Dubbi" è rimessa alla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede.
Nel corso del 1986 Giovanni Paolo II moltiplica i gesti clamorosi di partecipazione a riti pagani (Togo, India…) e convoca ad Assisi tutte le religioni per pregare per la pace.
2 dicembre 1986: nuova dichiarazione comune dei due vescovi Monsignor Lefebvre e Monsignor de castro Mayer.
Nel mese di giugno 1987 viene pubblicato da Monsignore un nuovo libro dall’eloquente titolo "Ils l’ont découronné" (Gli hanno tolto la corona), a difesa dello stato cattolico.
Il 29 giugno, nel corso dell’omelia delle ordinazioni, Monsignor Lefebvre annuncia che non esiterà, se Dio glielo chiede, a consacrare alcuni vescovi. I contatti con Roma riprendono e, dopo alcuni incontri, viene decisa una "visita apostolica", che si svolgerà dal 14 novembre all’8 dicembre, della quale sarà incaricato il Cardinal Gagnon. L’ultimo giorno della visita, il rappresentante del Vaticano assiste, nella cappella del Seminario di Ecône, alla Messa pontificale celebrata da Monsignor Lefebvre e alla cerimonia dell’entrata ufficiale nella Fraternità dei nuovi seminaristi, nonché del rinnovo degli impegni per i già membri: si noti che, per il Vaticano, Monsignor Lefebvre, è sospeso a divinis e la Fraternità giuridicamente inesistente… "Che la Vergine Immacolata ascolti le nostre preghiere ferventi affinché l’opera di formazione meravigliosamente svolta in questa casa trovi il sua irradiamento per la vita delle Chiesa": sono le parole scritte dal Cardinale visitatore sul libro d’oro del seminario di Ecône al termine della visita.
Nell’aprile del 1988 si ebbero delle negoziazioni a Roma, ed un protocollo di accordo fu firmato il 5 maggio. Però Roma non accettava che Monsignor Lefebvre consacrasse un vescovo il 30 giugno, e il protocollo non ebbe seguito.
Per questo motivo, stimando che la Chiesa si trovi in un grave stato di necessità, per la sopravvivenza del sacerdozio e della Messa, Monsignor Lefebvre, insieme con Monsignor de Castro Mayer, consacrò vescovi quattro sacerdoti della Fraternità: erail 30 giungo 1988.
Un decreto del 1° luglio dichiarò i sei vescovi scomunicati.
Avendo tutto compiuto e trasmesso ciò che aveva ricevuto, Monsignor Lefebvre si prepara alla morte, visitando comunità amiche, priorati, sacerdoti e scrivendo il suo testamento spirituale, il "suo" Itinerario spirituale, che sarà pubblicato nell’ottobre 1990 a cura del Seminario di Ecône.
Il 25 marzo 1991, all’ospedale di Martigny (Svizzera) muore Monsignor Marcel Lefebvre, all’età di 85 anni. Da Berna, il Nunzio apostolico verrà per raccogliersi davanti alla sua salma e impartigli la benedizione. Alle esequie sarà presente anche il segretario del Cardinal Thiandoum
Il 25 aprile dello stesso anno muore Monsignor Antonio de Castro Mayer, vescovo emerito di Campos, in Brasile. Il 28 luglio successivo, conformemente alla volontà di Monsignor Lefebvre, i quattro vescovi della Fraternità consacrano vescovo per la Società San Giovanni Maria Vianney di Campos il suo Superiore, don Licinio Rangel.
In luglio 1994 si svolge ad Ecône il secondo Capitolo generale della Fraternità, che elegge Monsignor Bernard Fellay (uno dei quattro vescovi consacrati) terzo Superiore generale per la durata di dodici anni.
IL CONCILIO: ALCUNE NOVITÀ
METTONO LA CHIESA
IN UNO STATO DI NECESSITÀ
Piuttosto che conoscere l’una o l’altra dichiarazione o anche considerazione canonica (pur non trascurabile), bisogna sapere se c’è nella Chiesa uno stato di necessità.
Bisogna tornare al Concilio; le consacrazioni episcopali vanno considerate nello stesso spirito che ha portato Monsignore durante il Concilio a ingaggiare quasi una battaglia, poiché questo Concilio apparve a Monsignore e a quelli che l’hanno vissuto con lui come una rottura. Questo Concilio ha introdotto un cambiamento, una modificazione, che si può qualificare come una rottura rispetto al modo di parlare, di predicare, di agire della Chiesa anteconciliare.
1. Novità proclamata dai suoi artefici.
Questa rottura è stata intesa e anzi proclamata come una vittoria e un titolo di merito da quelli che l’hanno provocata e diretta, e in particolare dal cardinale Congar, loro capofila, che fu uno degli esperti del Concilio, dopo essere stato condannato sotto Pio XII, come il P. de Lubac e altri. Tutti questi teologi che erano stati messi nell’ombra da Pio XII, con il nuovo pontefice sono stati in seguito nominati cardinali. E il P. Congar non si è astenuto dal cantare vittoria con molteplici dichiarazioni. Questa serie di affermazioni riguardo al Concilio è già di per sé sorprendente. Eccone alcune: "Si è passati dalla controriforma all’ecumenismo", e, a proposito della collegialità, dichiara: "La Chiesa ha fatto pacificamente la sua rivoluzione d’ottobre". Altrove parlerà del Concilio come "il 1789 nella Chiesa...". Molto significativo! A proposito della Chiesa diceva: "Lumen Gentium ha abbandonato la tesi secondo cui la Chiesa cattolica è la Chiesa in modo esclusivo"!
La Chiesa ha dunque abbandonato una tesi! Tuttavia questa tesi dell’unità della Chiesa di Cristo era ed è essenziale: esiste un’unica Chiesa cattolica, non ce ne sono due e l’appartenenza a questa unica Chiesa è indispensabile per salvarsi. La Chiesa ha abbandonato la tesi secondo cui la Chiesa cattolica è Chiesa in modo esclusivo e gli altri cristiani non possono essere chiamati membri del Corpo di Cristo ma soltanto ordinati a questo Corpo.
Riguardo alla libertà religiosa ecco quanto affermava P. Congar: "Non si può negare che la Dichiarazione sulla libertà religiosa dica materialmente una cosa diversa dal Syllabus del 1864 e anzi quasi il contrario!". E aggiunge ancora, questa volta nel libro di Eric Vatré, Alla destra del Padre: "Dietro richiesta del papa, ho collaborato agli ultimi paragrafi della dichiarazione sulla libertà religiosa: si trattava di dimostrare come il tema della libertà religiosa apparisse già nella Scrittura; tuttavia non c’è". P. Congar afferma dunque che non si è trovato nelle Scritture un testo che fosse di fondamento alla tesi sulla libertà religiosa definita dal Concilio.
Riguardo al Concilio in generale diceva: "È chiaro che il Decreto sull’ecumenismo su molti punti parla diversamente rispetto all’enciclica di Pio XI Mortalium animos. La Chiesa del Vaticano II con la sua Dichiarazione sulla libertà religiosa e con la sua costituzione pastorale Gaudium et spes sulla Chiesa e il mondo attuale, si è chiaramente situata nel mondo pluralista di oggi, e, senza negare ciò che ha avuto di grande, ha tagliato le catene che l’avrebbero tenuta ancorata al medioevo. Non si può restare fermi a un momento della storia!". Dunque, P. Congar riconosceva che effettivamente il Vaticano II ha cambiato molte cose nel pensiero della Chiesa!
L’Abbé Laurentin, che fu uno dei preti giornalisti che hanno seguito il Concilio e hanno scritto al riguardo, commenta: "Con i suoi limiti e malgrado le sue imperfezioni, la Dichiarazione sulla libertà religiosa segna una tappa e assicura al contempo la rottura degli ormeggi rispetto a un passato finito e l’ingresso realista della Chiesa e della sua testimonianza nell’unico luogo possibile nel mondo attuale". Detto in altre parole: il mondo è cambiato, dunque bisogna che anche la Chiesa cambi!
Mons. Etchegarray: "Dopo lo stato cristiano per il quale la dichiarazione suona le campane a morto, dopo lo stato ateo che ne è l’esatta e insieme intollerabile antitesi, lo stato laico, neutro, passivo e disimpegnato è stato certamente un progresso!".
Anche la Commissione mista cattolico-luterana è stata ammessa per dare il suo parere e non se n’è astenuta: "Tra le idee del Concilio Vaticano II, in cui si può vedere che le richieste di Lutero sono state ben accolte, si trova per esempio l’impegno in favore del diritto della persona alla libertà in materia di religione".
P. Courtnay Murray, che fu uno degli esperti del Concilio e senza dubbio uno di quelli che più lavorò sulla Dichiarazione sulla libertà religiosa, afferma: "A quasi esattamente un secolo di distanza, la Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa sembra affermare come dottrina cattolica ciò che Gregorio XVI considerava come un delirio, un’idea folle".
Da Hans Küng: "Lefebvre ha perfettamente il diritto di rimettere in discussione la Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa , perché senza dare spiegazioni il Vaticano II ha completamente rovesciato la posizione del Vaticano I!" Lo stesso Hans Küng riconosce anche: "Non c’è più sviluppo lì dove viene espressamente affermato il contrario".
M. Prélot, senatore del Doubs, cattolico molto liberale: "Noi abbiamo lottato per un secolo e mezzo (è senza dubbio massone) per fare prevalere le nostre opinioni all’interno della Chiesa e non c’eravamo mai riusciti; alla fine, è venuto il Vaticano II e noi abbiamo trionfato: ormai le tesi e i princìpi del cattolicesimo liberale sono definitivamente e ufficialmente accettati dalla Santa Chiesa!".
E il cardinale Suenens nel 1969 aggiunge: "Si potrebbe fare una lista impressionante delle tesi che, insegnate a Roma prima del Concilio come le uniche valide, furono eliminate dai Padri conciliari".
Il cardinale de Lubac parlava di "piccola rivoluzione".
Yves Marsaudon (massone) parlava della "rivoluzione voluta da Giovanni XXIII".
Robert Aron paragona il Concilio "a un germe rivoluzionario" e alla "notte del 4 agosto 1789".
Grémion e Le Villain affermano che per loro "il Vaticano II è stata una vera rivoluzione copernicana nella Chiesa, rivoluzione che si è operata con un’apertura al mondo".Va notato che non siamo noi a dire questo, ma lo riconoscono quelli stessi che ci combattono e ci condannano.
Il cardinale Ratzinger - saliamo un po’ - che è un’autorità nella santa Chiesa, nella sua opera I princìpi della teologia cattolica, riguardo alla Gaudium et spes ha riconosciuto che "se si cerca una diagnosi globale del testo, si potrebbe dire che è, insieme ai testi sulla libertà religiosa e sulle religioni nel mondo, una revisione del Syllabus di Pio IX, una sorta di contro-Syllabus." "Questo testo assolve il ruolo di un contro-Syllabus nella misura in cui rappresenta un tentativo per una riconciliazione ufficiale della Chiesa con il mondo quale era diventato dopo il 1789". In un articolo pubblicato in precedenza aveva affermato che il problema degli anni '60 era di riuscire a recuperare e a inserire nella Chiesa delle tesi liberali nate al di fuori della Chiesa, dopo la Rivoluzione. Come riuscire a far coincidere queste tesi liberali nate al di fuori della Chiesa con il pensiero della Chiesa? Lo dirà in un articolo del 1992, dunque di qualche anno più tardi: "Non desideriamo imporre il cattolicesimo all’Occidente, ma vogliamo che i valori fondamentali del cristianesimo e i valori liberali dominanti nel mondo d’oggi possano incontrarsi e fecondarsi reciprocamente".
Lo stesso papa Giovanni Paolo II, nel famoso Motu Proprio Ecclesia Dei Afflicta, lo riconosce implicitamente e anche esplicitamente. Dopo aver cercato di spiegare la "colpa" di Mons. Lefebvre, attira l’attenzione dei teologi sulla necessità di studiare di più il Concilio per meglio comprendere l’ampiezza e la profondità degli insegnamenti del Vaticano II, insegnamenti che "richiedono un rinnovato impegno di approfondimento, nel quale si metta in luce la continuità del Concilio con la Tradizione, specialmente nei punti di dottrina che, forse per la loro novità, non sono stati ancora ben compresi da alcuni settori della Chiesa".
Tutti sono d’accordo nel dire che ci sono state nel Concilio delle novità, delle cose mai sentite nella santa Chiesa, tesi, pensieri, considerazioni che non erano ancora mai stati ammessi nella Chiesa. Nel 1985, Monsignore inviò a Roma i suoi Dubia sulla libertà religiosa e, nella risposta, il teologo che parla a nome di Roma riconosce "l’indiscutibile novità" rappresentata da questo documento, anche se con la volontà di dimostrare che esso è in continuità e in armonia con il magistero anteriore. Esiste, dunque, il problema della novità.
2. Novità condannate dai papi.
Il rimprovero che Mons. Lefebvre ha già fatto durante il Concilio è appunto questo; bisogna rileggere quell’opera fondamentale pubblicata nel 1976 che è "Io accuso il Concilio". Le ragioni e i motivi che hanno portato alle consacrazioni sono là, nella battaglia che Monsignore ha condotto all’interno del Concilio, proprio perché vide nascere tutte queste novità. Era membro della commissione centrale, ha lavorato all’elaborazione degli schemi ed è rimasto spesso spaventato da tutte le tesi nuove che erano dibattute e contro le quali ci si difendeva con difficoltà; ciò che soprattutto spaventava Monsignore era quello spirito di novità che non ha niente a che fare con lo spirito cattolico. Anzi, ci sono testi della Chiesa, anteriori al Concilio Vaticano II, del XIX o dell’inizio del XX secolo, che esprimono proprio il timore, l’assillo della Chiesa, dei papi, dei teologi, di tutti coloro che erano eredi della dottrina cattolica, il loro rifiuto di questo spirito di novità: "Bisogna diffidare di questo spirito, di questa sete di cambiamento, non si amano le vecchie formule, si vorrebbero trovare nuove ricette, si è certi di poter fare meglio degli antichi...".
Il Concilio Vaticano I ci ha ricordato nel decreto Pastor Æternus sulla Chiesa e sul Papa, che "lo Spirito Santo non è stato promesso ai successori di Pietro perché essi facciano conoscere come sua rivelazione una nuova dottrina!" Non è per questo che lo Spirito Santo è stato donato alla Chiesa e al Sovrano Pontefice, ma perché "con la sua assistenza conservi e esponga fedelmente la Rivelazione trasmessa dagli Apostoli, vale a dire il deposito della Fede".
Il papa san Pio X - che d’ora in avanti citeremo prevalentemente - ha trascorso quasi tutto il suo pontificato a lottare contro questo spirito di novità; già dalla prima enciclica del 4 ottobre 1903, E supremi apostolatus, nella quale precisava il programma del suo pontificato, lì dove parla in particolare del clero, dei giovani preti, della necessità di formarli alla santità, lanciava questo grido d’allarme: "Che i membri del clero non si lascino sorprendere dalle manovre insidiose di una certa nuova scienza, che si riveste con la maschera della verità, in cui non si respira il profumo di Gesù Cristo". La nuova scienza !
Ma parla di questo soprattutto nell’enciclica Pascendi. Ci vorrebbe una conferenza intera al riguardo... Rileggete la Pascendi e sentirete il gelo alla schiena! Dall’inizio dell’enciclica Pascendi, dell’8 settembre 1907, l’enciclica che condanna il modernismo, dopo il decreto Lamentabili, il papa san Pio X ricorda quanto fece Pio IX nel corso del Vaticano I e qual è il ruolo dei successori di Pietro: "Alla missione affidataci dall’alto di pascolare il gregge del Signore, Gesù Cristo ha assegnato come primo dovere di conservare con una cura gelosa il deposito tradizionale della fede contro le profane novità del linguaggio e le contraddizioni della falsa scienza". Cita san Paolo: "Non sono mai mancati uomini dal linguaggio perverso, araldi di novità e seduttori, suscitati dal nemico del genere umano". È appunto questo di cui bisogna diffidare, la seduzione della novità! San Pio X cita più oltre Gregorio XVI, che parla di "questi inventori di un sistema per il quale, dominati da un amore cieco e sfrenato di novità, non si preoccupano affatto di trovare un saldo sostegno nella verità", etc.
Quando san Pio X esamina il modernismo, analizza in primo luogo in cosa consista la dottrina dei modernisti e poi ne stabilisce le cause, la prima delle quali è la curiosità, appunto lo spirito di novità, la seduzione della novità che fa preferire quanto si trova tra i protestanti e gli eterodossi. "... E le cause remote possono ricondursi a due: la curiosità e l’orgoglio". La curiosità, a proposito della quale san Pio X cita Gregorio XVI che scriveva: "È uno spettacolo doloroso vedere fino a che punto arrivino le divagazioni della ragione umana, quando si cede allo spirito di novità, quando, contro l’avvertimento dell’apostolo, si pretende di sapere più di quanto non sia necessario, e fidandosi troppo di se stessi si pensa di poter cercare la verità al di fuori della Chiesa, in cui essa si trova senza l’ombra del più leggero errore". Si vanno a cercare al di fuori della Chiesa dei valori liberali che potrebbero arricchirla! Questo è lo spirito di novità! In seguito S. Pio X parla dell’orgoglio, e continua: "È un fatto che con l’amore delle novità si accompagna l’odio del metodo scolastico".
Ora, una delle caratteristiche del Vaticano II e della teologia attuale è il disprezzo verso la teologia scolastica, verso gli antichi e san Tommaso d’Aquino; a volte se ne parla, lo si cita saltuariamente, ma non è l’autore né il riferimento primario, mentre san Pio X e tutti i papi fino a Pio XII hanno detto che allontanarsi dal pensiero di san Tommaso d’Aquino significa inoltrarsi sul cammino dell’errore. San Tommaso d’Aquino non è la Chiesa e non è Dio, ma il suo pensiero è stato riconosciuto dalla Chiesa come il più conforme alla dottrina, alla Rivelazione, alla Fede, per cui allontanarsene significa mettersi in pericolo. Citiamo un passo - ancora in san Pio X - dal Concilio di Nicea, che condanna "quelli che osano, sulle orme degli eretici empi, disprezzare le tradizioni ecclesiastiche, inventare qualche novità, o cercare con malizia o con astuzia di cambiare una qualsiasi delle legittime tradizioni della Chiesa cattolica".
San Pio X usa questa frase che fa tremare i sacerdoti: "Sia lontano, ben lontano, dal sacerdote lo spirito di novità". Non fidarsi del prete che cerca le novità; il prete è innanzi tutto l’uomo della tradizione. È là per ripetere ciò che gli è stato insegnato, evidentemente a suo modo, seguendo il genio suo proprio, senza veto di riflettere, ma non per inventare cose nuove. Si tratta dunque di una condanna quasi universale dello spirito e della ricerca di novità. Leggendo la Pascendi si resta turbati per le tante cose che noi sentiamo oggi. Eccone un esempio: "Se una religione è viva (questa è appunto dottrina dei modernisti), essa è anche vera". Bisogna che sia vivente per essere vera; se la tradizione vive è perché è vivente, bisogna che tutto sia vivente; se una religione non fosse vera, non vivrebbe. Che bella logica! Donde si conclude: tutte le religioni esistenti sono vere. Il segno della verità è una specie di immanenza vitale che si riassume nelle formule "vivere è muoversi, vivere è cambiare. Tutte le religioni attuali sono viventi e dunque sono vere, se non fossero vere non vivrebbero"! Tale immanenza risuona ancora in queste espressioni: tutte le coscienze cristiane si svilupparono in qualche modo nella coscienza di Cristo, vale a dire c’è una sorta di identificazione tra la coscienza di Cristo e la coscienza dell’uomo. Il punto capitale del loro sistema è l’evoluzione: bisogna che tutto cambi. È dunque normale che il Vaticano II abbia introdotto delle novità nella Chiesa poiché è un segno della sua verità! Questa è la vita, il movimento, l’evoluzione. Ciò che non cambia non è vivente, è morto. Di conseguenza, noi siamo morti, siamo dei fossili! La cosa più impressionante è quando san Pio X esamina il modernismo riformatore! Si può dire che san Pio X sia stato profeta: riforma della filosofia, della teologia; che la storia non sia più scritta né insegnata che secondo i loro metodi e princìpi moderni, che i dogmi e la nozione di rivoluzione siano armonizzati con la scienza e con la storia, che i catechismi (riformati) e il culto siano ridotti qua e là, che il governo ecclesiastico sia riformato in tutte le sue branche etc. (riforma delle congregazioni romane), che il potere ecclesiastico cambi linea di condotta (il clero, etc.), e infine l’ultima riforma, che non è ancora stata fatta ma alla quale disgraziatamente sembriamo avvicinarci: "C’è anche chi, facendo eco ai loro maestri protestanti, desidera la soppressione del celibato ecclesiastico...". Purtroppo si può dire che abbiamo visto pressoché realizzato questo programma, parola per parola!
3. Novità combattuta da Mons. Lefebvre.
Era dunque questa la situazione davanti alla quale si trovò Mons. Lefebvre durante il Concilio insieme ad altri prelati, poiché non fu il solo a stupirsi, a resistere e a combattere nel Concilio. Tutti gli interventi di Monsignore al Concilio sono documentati, per quelli che pensano che Monsignore abbia atteso troppo a lungo per svegliarsi! Durante il Concilio ha combattuto la buona battaglia, e queste accuse, difese e dimostrazioni sono praticamente le stesse che Monsignore ha presentato più tardi a Roma: arriviamo dunque al 1985, ai cosiddetti Dubia (i dubbi) sulla questione della libertà religiosa, a cui Roma ha risposto, anche se con una risposta che non ha dato soddisfazione a Monsignore e alla quale lui stesso ha risposto - dunque risposta a una risposta senza più risposte ...
Era importante tornare alla genesi dell’opposizione di Mons. Lefebvre per meglio comprendere ciò che è avvenuto nel suo spirito.
Anche altri prelati sono tornati scandalizzati da questo Concilio. Mons. Adam, vescovo di Sion, la diocesi in cui in seguito Monsignore insedierà il suo seminario a Ecône, andò solo alla prima sessione e ne tornò dicendo che non vi avrebbe più rimesso piede, ed effettivamente non ci tornò più. Quanti altri prelati hanno assistito al Concilio - Monsignore ne ha fatto i nomi - e si sono rinchiusi in se stessi, per morire solo qualche mese più tardi, morti di dolore, uccisi da questo Concilio, davanti allo sconvolgimento di tutto ciò che aveva rappresentato la loro vita, la loro felicità, il loro apostolato, il loro ministero sacerdotale, poi episcopale, tutto capovolto in pochi anni da un gruppo di mestatori, messi in disparte da Pio XII e rintrodotti come esperti al Concilio da Giovanni XXIII!
Bisogna comprendere che questa battaglia di Monsignore, come dimostra l’esperienza del Concilio, è in primo luogo una battaglia dottrinale e non una battaglia liturgica. Egli non cominciò a battersi contro la liturgia, poiché al contrario, anche se può sembrare sorprendente, egli firmò il decreto sulla riforma liturgica; si trattava infatti non ancora della nuova messa, ma solamente di un decreto sulla liturgia, per la quale Monsignore ammetteva alcune modificazioni. Ma egli rifiutò i decreti dottrinali, e in particolare i due decreti più nuovi: Gaudium et spes e Dignitatis Humanæ sulla libertà religiosa, ai quali rifiutò di dare il suo "placet". Il Concilio si concluse nel 1965. La battaglia di Monsignore si orientò sulla liturgia dopo il 1969, dopo l’elaborazione della nuova messa, il nuovo rito che si chiama messa di Paolo VI; è in questo momento che Monsignore cominciò a battersi contro questo nuovo rito di Paolo VI perché esso è veicolo, latore ed esatta espressione della nuova teologia del Concilio. La battaglia di Monsignore si è diretta sulla liturgia in ragione della dottrina soggiacente alla nuova messa di Paolo VI, che noi rifiutiamo perché è tutta impregnata ed impregna gli spiriti delle novità introdotte al Concilio dai decreti che Monsignore ha rifiutato, e sui quali si concentra la nostra resistenza.
Su cosa si concentra la nostra resistenza? Essenzialmente su questa nuova ecclesiologia, nuova concezione della natura della Chiesa e del suo ruolo. Oggi nella chiesa che si autodefinisce conciliare non c’è più la stessa concezione della Chiesa e del suo ruolo in mezzo agli uomini che c’era prima del Vaticano II. Tutto ciò si riassume in un cumulo di formule, e in particolare nel famoso subsistit, vale a dire nell’affermazione secondo cui la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, senza che si affermi più l’identità tra Chiesa di Cristo e Chiesa cattolica. È cosa diversa dire che c’è identità tra la Chiesa di Cristo e la Chiesa cattolica, e dire che la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, perché quest’ultima affermazione sottintende che sia un modo per lei di realizzarsi, di sussistere, ma che la si può trovare altrettanto bene altrove. È forse una piccola parola ma in teologia le parole hanno un senso molto preciso, altrimenti si parla a caso e il pensiero si annacqua, finendo per annacquare la fede. Dunque il cuore della nostra resistenza è il rifiuto della nuova ecclesiologia, quella stessa implicata dalla concezione attuale dell’ecumenismo e della libertà religiosa.
Tutto ritorna: nuova Chiesa, nuova concezione della Chiesa, nuova concezione dei suoi rapporti con le altre religioni; tutto è perfettamente logico ed è stato istituzionalizzato e ha ricevuto forza di legge con due documenti: il nuovo Codice di Diritto Canonico nel 1983 - ancora qualcosa di nuovo, una specie di codice napoleonico della chiesa conciliare, che colloca e dà forza di legge al pensiero del Concilio e all’ecclesiologia conciliare - e poi il nuovo Catechismo del 1991 che Monsignore non ha visto ma che si preannunziava.
In conclusione, alla fine del Concilio si è assistito all’insediamento di una nuova chiesa in seno alla Chiesa cattolica, quella che lo stesso Mons. Benelli definì chiesa conciliare, che non è certamente identica alla Chiesa cattolica ma che è una sorta di corpo estraneo in seno alla Chiesa cattolica; insediamento di una nuova società che si autodefinisce chiesa conciliare i cui limiti e insidie sono ben difficili da precisare (chi ne fa parte e chi no), che si definisce piuttosto per l’adesione a queste tesi. Ciò che costituisce la chiesa conciliare è l’adesione cosciente e volontaria alle tesi conciliari.
La nostra resistenza, quella di Monsignor Lefebvre e la nostra di oggi, è soprattutto a questa chiesa conciliare: noi rifiutiamo la nostra adesione non al papa in quanto tale ma a questa chiesa conciliare, poiché ha un pensiero estraneo al pensiero della Chiesa cattolica; piano piano abbiamo assistito ad un cambiamento totale, progressivamente tutto è cambiato, nella Chiesa attuale tutto è nuovo, niente è più intatto: tutto ciò che esisteva è stato sostituito dal nuovo. Nuovo rito della messa, nuovo rituale dei sacramenti, nuova bibbia (che non è più la Bibbia né la Vulgata ma una traduzione ecumenica), nuovo catechismo, nuovo diritto canonico, nuove forme di pietà, rifiuto di tutte le devozioni tradizionali, nuove traduzioni, etc. Tutto è nuovo. La nostra battaglia non è solo liturgica. Ciò che deve essere riformato è tale pensiero conciliare che la nuova liturgia esprime e veicola. Bisogna tornare alla santa dottrina
CHIARIMENTI SULLE CONSACRAZIONI EPISCOPALI CONFERITE DA MONS. LEFEBVRE DA PARTE DI UN GRUPPO DI TEOLOGI DI MONS. DE CASTRO MAYER
1.Necessità
Davanti alla crisi attuale senza precedenti nella storia della Chiesa, crisi della fede e della morale; davanti al progressismo che non è altro che il modernismo infiltratosi fin nelle più alte cariche della Chiesa; davanti alla deplorevole apostasia generalizzata dei preti e dei vescovi, è di estrema necessità e di massima urgenza avere dei vescovi fedeli alla Tradizione.Necessità, per la conservazione e la trasmissione pura e integra del deposito della fede e per l'ordinazione di sacerdoti che garantiscano la continuità della celebrazione del Santo Sacrificio della Messa e dell'amministrazione dei sacramenti.Urgenza, perché sono più di vent'anni che questa crisi dura senza alcuna prospettiva di cambiamento da parte delle autorità attuali: è impossibile attendere oltre.I teologi insegnano (Cfr. Dom Grea, La Costituzione divina della Chiesa, cap. sull'Azione straordinaria dell'Episcopato, p. 240-264) che, per realizzare una consacrazione episcopale senza mandato pontificale, sono necessarie due condizioni:1. Che ci sia una situazione che metta in pericolo l'esistenza stessa della religione in una parte considerevole della cristianità.La crisi della fede è oggi universale: l'apostasia occupa tutti i campi, tutti i settori della Chiesa. Come ha dichiarato Dom Manuel Pestana, vescovo di Anapolis (Brasile) in una recente intervista (Jornal do Brasil dell'11.3.1988), quantunque egli non abbia affatto la nostra posizione: "Io credo che abbiamo ormai passato i limiti del tollerabile... Non è soltanto il fumo di Satana che è entrato nella Chiesa da una fessura nascosta come diceva il Santo Padre Paolo VI: ma è piuttosto passando attraverso le grandi porte che il diavolo è interamente presente nelle più alte sfere della gerarchia, per mezzo dei suoi fedeli seguaci".2. Che vi sia impossibilità di ricorrere alle autorità competenti.L'impossibilità di ricorrere alle autorità competenti è evidente. In effetti, si constata dolorosamente la cooperazione di Roma alla distruzione generale della fede cattolica. Come ha affermato mons. Lefèbvre (omelia del 29.06.1987), Roma vuole edificare attualmente il Pantheon di tutte le religioni come hanno fatto gli imperatori pagani. Come ricorrere a Roma se Roma sostiene il male? Se è Roma che ha realizzato il deplorevole incontro di tutte le religioni ad Assisi, invitando inoltre ciascuna di esse ad invocare il proprio falso dio? Ciò fu, incontestabilmente, un'ingiuria a Dio, una negazione della necessità della redenzione, una mancanza di giustizia e di carità nei confronti degli infedeli, uno scandalo per i cattolici e un tradimento della missione della Chiesa e di Pietro. Come dunque ricorrere a Roma per mantenere la Tradizione? Si realizza sotto i nostri occhi la triste profezia della Madonna a La Salette: "Roma perderà la fede...".Noi facciamo nostre le parole di mons. Lefèbvre: "Noi aderiamo con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima alla Roma cattolica, custode della fede cattolica e delle tradizioni necessarie al mantenimento di questa stessa fede, alla Roma eterna, maestra di saggezza e di verità. Noi rifiutiamo al contrario, e l'abbiamo sempre rifiutata, la Roma di tendenza neo-modernista e neo-protestante che si è manifestata chiaramente nel Concilio Vaticano II e, dopo il Concilio, in tutte le riforme che ne sono uscite".
2. "L'Accordo"
Abbiamo sempre desiderato la pace e l'unione. È mons. Lefèbvre stesso che ha domandato un visitatore a Roma. Ma l'accordo desiderato non potrebbe realizzarsi se non mantenendo la nostra identità, fondata sulla dottrina tradizionale della Chiesa. In caso contrario, esso sarebbe fragile e superficiale.La Santa Sede ha inviato un visitatore nella persona del cardinale Edouard Gagnon. Dopo un minuzioso esame delle opere della Fraternità San Pio X, il cardinale non ha avuto, l'8 dicembre 1987, che elogi verso l'arcivescovo e la sua opera: "Io voglio dire che siamo stati colpiti ovunque. Nutriamo una grande ammirazione per la pietà della persone, per l'attualità e l'importanza delle opere, soprattutto per quel che riguarda la catechesi, la formazione, l'amministrazione dei sacramenti. Di certo, abbiamo in mano tutto ciò che è necessario per fare un rapporto molto positivo" (Fideliter, n. 62, marzo-aprile 1988, p. 29).Ora, quest'opera sacerdotale lodata e ammirata dal papa, opera che conta centinaia di sacerdoti e di seminaristi, un gran numero di religiosi, di priorati, di scuole, di seminari ecc... non può sussistere se non le sono concessi dei vescovi secondo la Tradizione.Perché è stata rifiutata a mons. Lefèbvre l'autorizzazione alla consacrazione? Il motivo risiede nella fedeltà alla Tradizione: egli non vuole coinvolgere la sua Fraternità nell'attuale autodemolizione della Chiesa.Tessere l'elogio e la difesa di un'opera ed in seguito condannarla a morte rifiutandole dei vescovi, significa rifare il gesto di Pilato che ha dichiarato l'innocenza di Gesù e l'ha condannato alla croce. E questo avviene nel momento in cui il Vaticano ha appena dato un certificato pubblico di buone intenzioni al comunista (ateo e materialista) Mikhaîl Gorbatchev! (Cfr. O Globo del 10.06.1988, p. 15).I giornali europei hanno da poco annunciato l'ordinazione sacerdotale del pastore protestante Max Thurian, conferita dal cardinale Ursi di Napoli, senza che il primo abbia fatto una qualsiasi abiura delle sue eresie (Le Monde del 12.05.1988; La Croix dell'11.05.1988; Présent del 19.05.1988).Jean Guitton, grande amico e confidente di Paolo VI, si lamentava: "Come posso far comprendere ai miei amici separati che la nostra Chiesa sia così accogliente nei loro confronti, quando essi la vedono così dura nei confronti di alcuni fedeli?... È difficile aprire le braccia a quelli che sono al di fuori e chiuderle a quelli che sono dentro..." ("Silence sur l'essentiel", p. 42).Quale contraddizione può esserci più grande di questa: apertura e comprensione per i nemici della Chiesa da una parte; castighi per quelli che vogliono restare fedeli, dall'altra?
3. Scisma
Scisma vuol dire rottura. Rottura con la Chiesa e con il suo capo, il papa. Questo nel caso, evidentemente, che il papa sia con la Chiesa. Ora, rompere con chi ha rotto con la Tradizione non è scisma, ma fedeltà. Non si può avere un'unione di carità con qualcuno che ha rotto con l'unità della fede della Chiesa. Allo stesso modo, rivoltarsi contro dei nemici invasori della patria, non costituisce una ribellione ma un atto di patriottismo.San Roberto Bellarmino dice: "Così come è lecito resistere a un pontefice che aggredisce i corpi, è ugualmente lecito resistere a chi aggredisce le anime... e soprattutto a chi potrebbe tentare di distruggere la Chiesa. Dico che è lecito resistergli non facendo ciò che ordina e impedendo l'esecuzione della sua volontà" (De Rom. Pont., Lib.II, c. 29).La Storia della Chiesa registra diversi esempi di santi che, per rimanere fedeli, hanno resistito all'autorità ecclesiastica prevaricatrice. Così San Goffredo d'Amiens, San Ugo di Grenoble e Guy di Vienna (divenuto più tardi Papa Callisto II) hanno scritto a Papa Pasquale II che tentennava riguardo alla questione delle investiture: "Se, come noi assolutamente non crediamo, voi sceglieste un'altra via e rifiutaste di confermare le decisioni di nostra paternità - che Dio non voglia! - ci costringereste ad allontanarci dalla vostra obbedienza" (apud Bouix, Tract. de Papa, T.II p. 650).
4. Scomunica
Le pene canoniche suppongono un delitto, un peccato grave. Ora, è forse un delitto o un peccato essere fedeli alla Tradizione? Inoltre, le leggi della Chiesa, come qualsiasi altra legge, sono un'ordinazione della ragione promulgata in vista del bene comune. Le leggi non sono arbitrarie né possono essere utilizzate arbitrariamente.Così, non può esserci consacrazione senza mandato pontificale, ma d'altra parte, il papa non può rifiutare questo mandato senza motivo proporzionato. Anzi, al contrario, è sua missione e suo dovere vegliare a che si abbiano dei vescovi per la trasmissione della vera dottrina e la conservazione dei sacramenti. Ancora peggio è rifiutare l'autorizzazione a causa del nostro attaccamento alla Tradizione.Qualsiasi conferenza episcopale, anche quelle che favoriscono l'errore, ottiene facilmente l'autorizzazione per consacrare dei vescovi. Perché la Fraternità, riconosciuta dall'inviato del papa come opera di Dio per la restaurazione della Chiesa, si vede rifiutare questa autorizzazione?La conservazione della fede e la salvezza delle anime sono la legge suprema della Chiesa (Cfr. canone 1752). Essendo suprema, tutte le altre leggi disciplinari le sono sottomesse.Sant'Atanasio, nel IV secolo, non ha obbedito a papa Liberio che favoriva l'eresia ariana. A causa di ciò il papa l'ha scomunicato (Cfr. DZS, 238 Ep. Studens Paci). Tanto l'ordine dato quanto la scomunica portata sono arbitrari. Per tale motivo essi sono stati senza effetto. Sant'Atanasio non è stato scismatico. Mentre il Papa Liberio è passato alla storia come un indulgente verso l'eresia, Sant'Atanasio è stato canonizzato dalla Chiesa. Egli è in cielo. È questo che importa.Che quelli che dicono di preferire sbagliarsi con il papa meditino queste pagine della storia della Chiesa: "Quando il veleno ariano ebbe contaminato non una piccola regione ma il mondo intero, quasi tutti i vescovi latini cedettero all'eresia, alcuni costretti con la violenza, altri sedotti con la frode. Una specie di nebbia offuscò allora le menti, per cui non era possibile distinguere la via da seguire. Per essere al riparo da questa peste contagiosa il vero e fedele discepolo di Cristo dovette preferire l'antica fede a queste false novità" (San Vincenzo da Lerino, Commonitorium).
DA VATICANO II AD OGGI: BREVE CRONOLOGIA
Durante il Concilio, mons. Marcel Lefebvre, Superiore generale dei Padri dello Spirito Santo, partecipa attivamente alle varie sessioni e gioca un ruolo importante nella resistenza alle tendenze progressiste nella Chiesa, in modo particolare all'interno del Coetus Internationalis Patrum, importante gruppo di diverse centinaia di padri conciliari attaccati alla Tradizione.
Nel 1968, per non dover applicare alla sua congregazione l'aggiornamento, rassegna le proprie dimissioni e si ritira a Roma. Ben presto, sollecitato da giovani desiderosi di abbracciare lo stato sacerdotale e di ricevere una formazione autenticamente cattolica, fonda a Friburgo, in Svizzera, la Fraternità Sacerdotale San Pio X.
Approvata dal Vescovo diocesano nel 1970, la Fraternità San Pio X acquisisce la proprietà di Ecône, nel Vallese, per aprirvi un seminario internazionale in cui affluiscono le vocazioni dal mondo intero.
Ben presto ostacolata, in particolar modo dei Vescovi francesi i quali non vedono di buon occhio questo seminario in cui si continua a formare i giovani con uno spirito e una disciplina tradizionali, l'opera è minacciata nel 1974, e poi nel 1976, anno in cui si cristallizzano le opposizioni irriducibili tra Ecône e la «Chiesa conciliare» (l'espressione è del Card. Benelli, allora Sostituto alla Segreteria di Stato): rifiuto della nuova messa e difesa della messa tradizionale, denuncia delle novità dottrinali già condannate dal Magistero romano, come la libertà religiosa, il falso ecumenismo, la collegialità.
Nel 1988, per assicurare la continuità del sacerdozio cattolico e venire in aiuto ai fedeli che si rivolgono a lui, di fronte allo stato di necessità provocato dalla volontà della Chiesa conciliare di continuare le riforme distruttrici del cattolicesimo, mons. Lefebvre consacra quattro Vescovi.
Continuando a crescere e ad espandersi l'opera, Roma rivede la sua posizione dopo il pellegrinaggio del Giubileo del 2000. Mons. Fellay, Superiore generale della Fraternità, viene ricevuto da Giovanni Paolo II nel 2003, poi da Benedetto XVI il 29 agosto 2005.
Il 7 luglio 2007, il Papa dichiara che la messa tradizionale, per la quale ha combattuto ed è stato condannato mons. Lefebvre, non è mai stata abrogata.
Il 21 gennaio 2009, il Papa ritira le scomuniche che colpivano i Vescovi consacrati nel 1988.
Documentazione storico-teologica ineccepibile che bisogna avere il coraggio di leggere per poter capire appieno il dramma di coloro che hanno rifiutato di cedere al liberalismo della Chiesa guidata da Roma e dai papi che si sono succeduti al Concilio Vat. II. E' con dolore che vedo le lotte intestine sia in coloro che cercano di resistere alle seduzioni moderniste (lefebvriani e propugnatori di "sedevacante") sia nella chiesa "ufficiale" con le sue sette eretiche e movimenti insediatisi e che pretendono di ottenere il potere completo sul Vaticano. Se almeno vi fosse un papa che avesse il coraggio di revisionare gli insegnamenti conciliari di rottura con la tradizione, allora vi sarebbe una speranza di cambiamento vero, ovunque, con ritorno alle origini della Chiesa.Ma finchè le tesi scaturite dal Concilio hanno la prevalenza (con papa Ratzinger) non vi potrà essere alcun cambiamento se non tentativi di inglobamento in quella che ormai sembra una chiesa mix tra il nuovo ed il vecchio solo per far numero e potere!
Documentazione storico-teologica ineccepibile che bisogna avere il coraggio di leggere per poter capire appieno il dramma di coloro che hanno rifiutato di cedere al liberalismo della Chiesa guidata da Roma e dai papi che si sono succeduti al Concilio Vat. II. E' con dolore che vedo le lotte intestine sia in coloro che cercano di resistere alle seduzioni moderniste (lefebvriani e propugnatori di "sedevacante") sia nella chiesa "ufficiale" con le sue sette eretiche e movimenti insediatisi e che pretendono di ottenere il potere completo sul Vaticano. Se almeno vi fosse un papa che avesse il coraggio di revisionare gli insegnamenti conciliari di rottura con la tradizione, allora vi sarebbe una speranza di cambiamento vero, ovunque, con ritorno alle origini della Chiesa.Ma finchè le tesi scaturite dal Concilio hanno la prevalenza (con papa Ratzinger) non vi potrà essere alcun cambiamento se non tentativi di inglobamento in quella che ormai sembra una chiesa mix tra il nuovo ed il vecchio solo per far numero e potere!
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