Nei
mesi estivi di mezzo secolo fa, il futuro Papa era “sotto pressione”
per il suo ruolo di consulente teologico del cardinale Frings, (progressita eretico che ha fatto il bello e il cattivo tempo dentro il conciliabolo, naturalmente col permesso "PAPALE"). Impegnato
in un lungimirante discernimento critico del materiale preconfezionato
dalle commissioni preparatorie in vista dell’imminente Concilio.
Gianni Valente
Roma
Nella
quiete estiva di Castel Gandolfo Benedetto XVI ha concluso la stesura
del suo ultimo volume sulla vita di Gesù e dicono che stia definendo le
linee portanti della sua quarta Enciclica papale.
Anche
cinquant’anni fa, di questi tempi, il 35enne Joseph Ratzinger – che in
quel periodo insegnava teologia fondamentale presso l’università di Bonn
- era alle prese con fascicoli da studiare, bozze da correggere e testi
da approntare.
Allora, a sottoporlo a giorni intensi di
superlavoro erano le richieste provenienti dall’arcivescovo di Colonia
Joseph Frings, che lo aveva scelto come proprio consulente teologico in
vista del Concilio e intendeva avvalersi del suo aiuto già nelle
concitate battute finali della fase preparatoria dell’assise conciliare.
Frings era membro della Commissione preparatoria
centrale del Concilio, e già in quella veste si candidava coi suoi
interventi e le sue iniziative al ruolo di futuro playmaker (diabolico) del Vaticano II.
Grazie
a Frings, Ratzinger aveva avuto accesso già nella primavera del 1962
agli schemi dei documenti predisposti dalle commissioni preparatorie per
essere discussi e approvati in Concilio. Tra maggio e settembre, come
documentano gli autorevoli studi storici di Norbert Trippen e del
gesuita Jared Wicks, Ratzinger analizza per conto di Frings buona parte
del materiale prodotto dagli organismi coinvolti nella fase
preparatoria, esprimendo giudizi lucidi, netti e spesso sorprendenti. (e di fatto, come riportato sotto nella nota 1, annullarono tutti gli schemi preparatori redatti cattolicamente dalla commisione che ci lavorò due anni, quindi il Conciliabolo inizio subitò con un colpo di mano da parte de modenisti, d'accordo col pessimo "Roncalli")
Ad
esempio, in una lettera spedita a maggio a don Hubert Luthe – il
segretario di Frings, che era stato suo compagno di studi alla facoltà
teologica di Monaco – Ratzinger valorizza con toni entusiasti
soprattutto gli schemi prodotti dal segretariato per l’unità dei
cristiani, l’organismo che sotto la guida del cardinale Augustin Bea, (massone di prima cartella, che ha fatto redigere il diabolico documento massonico Nostra Aetate in combutta con i Deicidi e il pessimo "papa buono" Nichitaroncalli)
andrà progressivamente delineandosi come interlocutore dialettico
rispetto alla Commissione teologica, presieduta dal Segretario del
Sant’Uffizio Alfredo Ottaviani. Tra gli schemi firmati da Bea figurano
anche i primordiali abbozzi dei futuri decreti conciliari
sull’ecumenismo e sulla libertà religiosa. «Se si potesse orientare il
Concilio al punto di far propri questi testi - scrive Ratzinger al
segretario di Frings, già nel maggio ’62 - ne sarebbe certo valsa la
pena e si sarebbe raggiunto un vero progresso. Qui veramente si parla il
linguaggio che serve al nostro tempo, che può essere compreso anche da
tutti gli uomini di buona volontà». (Capito bene chi è in realtà Ratzinger, detto anche "Benedetto XVI"? Modernista conclamato, che ha partecipato a derigere e appoggiare documenti eterodossi come quello sul massonico ecumenismo e il diabolico documento sulla libertà religiosa.)
A fine giugno, sempre
su mandato di Frings – che in quei mesi si fa portavoce della crescente
insoddisfazione di ampi settori degli episcopati europei per come sta
procedendo la fase istruttoria del Concilio – Ratzinger stende
addirittura la bozza di una Costituzione apostolica che definisca
sinteticamente e con chiarezza didascalica gli obiettivi del Vaticano II
prima del suo inizio: tre pagine dattiloscritte in latino, in cui il
giovane teologo bavarese prende le mosse da una realistica constatazione
delle circostanze storiche in cui il Concilio è stato convocato («la
luce divina sembra oscurata, e Nostro Signore sembra essersi
addormentato in mezzo alla tempesta e alle onde di oggi») e conclude
valorizzando l’attualità del modello di annuncio mostrato da San Paolo,
che per dare testimonianza a Gesù Cristo «si è fatto tutto a tutti» (1
Cor 9,22).
Il discernimento critico esercitato da
Ratzinger sui testi prodotti nella fase preparatoria del Concilio
raggiunge il suo vertice nel settembre del 1962. A meno di un mese
dall’apertura del Vaticano II, Ratzinger lo applica direttamente al
primo corpus di sette schemi predisposti in forma definitiva dalle
Commissioni preparatorie, su ispirazione prevalente degli organismi
dottrinali della Curia romana.
In un testo ultimato da Ratzinger a
metà settembre – e “rigirato” con la propria firma e senza ulteriori
aggiunte dal cardinale Frings al segretario di Stato Amleto Cicognani -
le valutazioni positive vengono riservate soltanto ai due schemi sul
rinnovamento liturgico e sull’unità con le Chiese d’Oriente. Secondo il
professore di Bonn, solo tali testi di lavoro «corrispondono molto bene
allo scopo del Concilio stabilito dal Romano Pontefice». Se l’intento è
«il rinnovamento della vita cristiana e l’adattamento della disciplina
della Chiesa alle necessità di oggi», è metodologicamente importante
evitare che il Concilio si impantani fin dal suo avvio «in questioni
complicate sollevate dai teologi, che le persone del nostro tempo non
possono afferrare e che finiscono per turbarle».
Tutti gli
altri schemi – soprattutto quelli elaborati dalla Commissione teologica
preparatoria, preseduta dal cardinale Ottaviani - vengono giudicati da
Ratzinger come «troppo scolastici» (E ti credo! Questi modernisti hanno un orrore istintivo al Dogma). In particolare, viene bocciato lo
schema sulla preservazione della purezza del depositum fidei («è
così carente che in questa forma non può essere proposto al Concilio»). (Oh Signore! Ma ci rendiamo conto che cosa disse questo modernista patentato? Il giovane teologo tedesco neo-modernista che, come
perito del cardinale Frings, contribuì, assieme ad Hans Küng, Karl
Rahner, Henri de Lubac, Jean Danielou, Marie-Dominique Chenu, Yves
Congar, John Courtney Murrey, ed altri “nuovi teologi”, ad apportare la
rivoluzione modernista nel seno e nelle viscere stesse della Chiesa e ad oggi, che è diventato Pontefice, questa sua linea modenista non è assolutamente cambiata, anzi si è radicalizzata.)
Per quello dedicato alle “fonti” della divina Rivelazione Ratzinger
suggerisce cambiamenti sostanziali di struttura e di contenuto. Mentre
quelli dedicati all’ordine morale cristiano, alla verginità, alla
famiglia e al matrimonio vengono da lui liquidati con argomenti di
opportunità pastorale. Essi, secondo Ratzinger, «travolgono il lettore
con la loro eccessiva abbondanza di parole». I testi conciliari – ripete
il giovane professore di Bonn - «dovrebbero dare risposte alle
questioni più urgenti e dovrebbero farlo, per quanto possibile, non
giudicando e condannando, ma usando un linguaggio materno, con un’ampia
presentazione delle ricchezze della fede cristiana e delle sue
consolazioni».
Dai contributi offerti al cardinale Frings già nella fase preparatoria
del Concilio si intuisce che Joseph Ratzinger non giunse
all’appuntamento col Vaticano II in maniera sprovveduta. Il giovane
professore bavarese appare ben consapevole di ciò che è in gioco in
quell’evento ecclesiale, ancor prima del suo inizio. Nella sua
collaborazione con Frings, Ratzinger si predispone già da allora un
armamentario flessibile ma ben profilato di proposte e riflessioni, che
poi daranno spessore alla sua intensa partecipazione all’avventura
conciliare.
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note:
1)
La fase ante-preparatoria del Concilio iniziò il 25 gennaio del 1959,
giorno in cui Giovanni XXIII, nella Basilica di S. Paolo fuori le mura,
annunciò l’idea di convocare un Concilio Ecumenico a Roma e terminò il
1° aprile 1960. Durante questa fase, esattamente il 17 maggio 1959, fu
istituita la “Commissione ante-preparatoria”, che tenne la sua prima
seduta il 30 giugno 1959 per iniziare a rispondere ai “vota” dei
vescovi. Infatti il 18 giugno 1959 fu preparato in Vaticano un
questionario inviato a tutti i vescovi per avere i loro pareri o “vota”
sui temi da trattare e in quale ottica. Sin dall’inizio dell’estate del
1959 tornarono in Vaticano circa 200 “vota” espressi da circa 1. 900
su 2. 500 vescovi su vari temi. Lo spoglio delle risposte date dai
vescovi iniziò in Vaticano nei primi giorni del settembre del 1959 e
terminò verso la fine del gennaio 1960. La sintesi dei “vota” fatta in
Vaticano raggiungeva circa 1. 500 pagine, le quali furono esaminate da
Giovanni XXIII dal 13 febbraio al 1° aprile del 1960. La fase
preparatoria iniziò il 5 giugno del 1960 e durò sino al 20 giugno del
1962. Frattanto il 2 febbraio del 1962 Giovanni XXIII annunziò che il
Concilio sarebbe cominciato l’11 ottobre del medesimo anno, in essa si
partorirono circa 70 progetti da discutere al Concilio, redatti in
massima parte dai cardinali, vescovi e teologi ortodossi della scuola
romana e antimodernista, che rispondevano ai “vota” dei vescovi, i
quali erano in massima parte di orientamento teologicamente
conservatore. Il Concilio iniziò l’11 ottobre 1962 e terminò l’8
dicembre 1965, sin dal 20 novembre 1962 si assisté al tentativo del
colpo di mano del rifiuto della fase preparatoria riuscito
ufficialmente l’8 novembre del 1963 dietro l’intervento di
Frings/Ratzinger.
●Infatti Giovanni XXIII, il 20 novembre del 1962 dopo la discussione e
votazione sulle “Fonti della Rivelazione”, dietro richiesta di Frings
concesse la deroga al regolamento del Concilio, che prevedeva i 2/3 dei
voti per bocciare uno Schema della ‘Commissione preparatoria’ e
abbassò la quota al 50% più 1. Infatti Roncalli «superando la lettera
del Regolamento […], sbloccò una crisi estremamente complessa,
decidendo che la votazione riguardante lo schema “De fontibus
Revelationis”, che era stato elaborato in prospettiva interamente
“romana”, equivaleva ad una respingimento del testo (20 novembre 1962).
Qualche giorno dopo il Papa affidò la rielaborazione dello schema in
questione a una commissione mista. […]. Con questa decisione papa
Giovanni liberò il Concilio appena iniziato dalla duplice ipoteca che
gli oratori della scuola romana avevano cercato di imporre alla
corrente maggioritaria: abolì il divieto di respingere gli schemi
preparatori […], e inoltre tolse l’ipoteca del monopolio dottrinale che
il card. Ottaviani non aveva mai cessato di reclamare per la propria
commissione preparatoria» (G. Alberigo, Jean XXIII et Vatican II, in
“Jean XXIII devant l’histoire”, Parigi, 1989, p. 193-195).
●Inoltre storico è lo scontro (8 novembre 1963) che ebbe il card.
Frings con Ottaviani sulla collegialità, che indurrà «Paolo VI a
chiedere a Jedin, Ratzinger e ad Onclin alcuni pareri sulla riforma
della Curia» (H. Jedin, Storia della mia vita, Brescia, 1987, pp.
314-315; J. Ratzinger, Das Konzil auf dem Weg. Rückblick auf die zweite
Sitzungperiode, Köln, 1963-66, tr. it., 1965-67, 4 voll., pp. 9-12.).
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Aggiornamento sulla "nuova Chiesa conciliare":