Papa Leone XIII nell’enciclica Diuturnum del 29 giugno 1881 insegna che: «Una sola ragione possono avere gli uomini di non obbedire, se cioè si pretende da essi qualsiasi cosa che contraddica chiaramente al diritto divino e naturale, poiché ogni cosa, nella quale si vìola la legge di natura e la volontà di Dio, è egualmente iniquità sia il comandarla che l’eseguirla. Quindi se capita a qualcuno di vedersi costretto a scegliere tra queste due alternative, vale a dire infrangere i comandamenti di Dio o quelli dei Governanti, si deve obbedire a Gesù Cristo, […], e ad esempio degli Apostoli si deve coraggiosamente dire: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (Act. V, 29). Perciò, non si possono accusare coloro che hanno agito così di aver mancato all’obbedienza, poiché se il volere dei Prìncipi [civili ed ecclesiastici] contraddice quello di Dio, essi sorpassano il limite della loro Autorità e pervertono il diritto e la giustizia. Dunque in tal caso non vale la loro Autorità, la quale è nulla quando è contro la giustizia».
giovedì 25 ottobre 2012
Monsignor Williamson: "Io sono uno dei suoi vescovi, come voi, da quasi un quarto di secolo. Questo non si cancella con un tratto di penna, per cui membro della Fraternità io lo resto."
"Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse gia acceso! C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera." (Lc 12)
Papa Leone XIII nell’enciclica Diuturnum del 29 giugno 1881 insegna che: «Una sola ragione possono avere gli uomini di non obbedire, se cioè si pretende da essi qualsiasi cosa che contraddica chiaramente al diritto divino e naturale, poiché ogni cosa, nella quale si vìola la legge di natura e la volontà di Dio, è egualmente iniquità sia il comandarla che l’eseguirla. Quindi se capita a qualcuno di vedersi costretto a scegliere tra queste due alternative, vale a dire infrangere i comandamenti di Dio o quelli dei Governanti, si deve obbedire a Gesù Cristo, […], e ad esempio degli Apostoli si deve coraggiosamente dire: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (Act. V, 29). Perciò, non si possono accusare coloro che hanno agito così di aver mancato all’obbedienza, poiché se il volere dei Prìncipi [civili ed ecclesiastici] contraddice quello di Dio, essi sorpassano il limite della loro Autorità e pervertono il diritto e la giustizia. Dunque in tal caso non vale la loro Autorità, la quale è nulla quando è contro la giustizia».
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Lettera aperta di S.E Mons Williamson a S.E. Mons.
Fellay riguardo all'imminente “esclusione” (che poi è avvenuta) dalla Fraternita San Pio X.
Ringraziamo una nostra carissima amica per la traduzione in Italiano...
Londra,
19 ottobre 2012
Eccellenza,
grazie
per la vostra lettera del 4 ottobre, con la quale mi comunicate da parte
vostra, del Consiglio Generale e del Capitolo Generale, la vostra “constatazione”,
“dichiarazione” e “decisione” che io non sono più membro della Fraternità San
Pio X. Le ragioni da voi riferite che motivano la vostra decisione di escludere
il vostro servitore sarebbero le seguenti: ha continuato a pubblicare i “Commenti
Eleison”; ha attaccato le autorità della Fraternità; ha fatto opera di
apostolato indipendente; ha seminato confusione tra i fedeli; ha sostenuto
confratelli ribelli; ha disobbedito in modo formale, ostinato e “pertinace”; si
è separato dalla Fraternità; non si subordina ad alcuna autorità.
Non
possiamo riassumere tutte queste motivazioni e considerarle essenzialmente “disubbidienza”? Certamente, nel corso di
questi ultimi dodici anni, il vostro servitore ha espresso parole e gesti che
sono risultati inappropriati ed eccessivi davanti a Dio, ma credo sarebbe stato
sufficiente segnalarglielo perché se ne fosse scusato, secondo verità e
giustizia. Ma siamo altrettanto certamente d’accordo che il problema di fondo
non si trova nei dettagli, ma si riassume in una sola parola: disobbedienza.
Allora,
cominciamo analizzando quanti ordini più o meno sgradevoli del Superiore
Generale il vostro servitore ha rispettato senza ribattere. Nel 2003 ha abbandonato
un importante e fruttuoso apostolato negli Stati Uniti per trasferirsi in
Argentina. Nel 2009 ha rinunciato al proprio incarico di direttore del
seminario e ha lasciato l’Argentina per ammuffire in una mansarda di Londra,
privato della parola e del ministero episcopale che gli era stato proibito.
Virtualmente non gli rimaneva che il ministero del “Commento eleison”, il cui
rifiuto di sospensione rappresenta la parte essenziale di questa
“disobbedienza” che gli viene rimproverata. E a partire dal 2009 i Superiori
della Fraternità si sono permessi di discreditarlo ed ingiuriarlo a loro
piacimento, ed in tutto il mondo hanno incoraggiato ogni membro della
Fraternità che ne avesse voglia a fare lo stesso. Il vostro servitore non ha
quasi reagito, preferendo il silenzio a qualsiasi confronto scandaloso. Si
potrebbe persino dire che si è sforzato di non disubbidire. Ma andiamo oltre,
poiché il vero problema non è questo.
Allora,
dove si trova il vero problema? Per rispondere, permettete all’accusato di fare
una rapida analisi della storia della Fraternità dalla quale si pretende che
egli si stia separando. In realtà, il problema centrale ha radici nel passato.
A partire dalla Rivoluzione francese della fine del XVIII secolo, in molti
stati un tempo cristiani si è imposto un nuovo ordine mondiale, concepito dai
nemici della Chiesa per cacciare Dio dalla sua creazione. Si è cominciato
sostituendo l’antico regime, dove il trono sosteneva l’altare, con la
separazione tra Chiesa e Stato. Ne è derivata una struttura della società
radicalmente nuova, difficile per la Chiesa, poiché lo Stato, ormai
implicitamente ateo, ha cominciato ad opporsi con tutte le sue forze alla
religione di Dio. In realtà, la massoneria vuole sostituire il vero culto di
Dio con il suo culto della libertà la cui neutralità in campo religioso non è
che uno strumento (per raggiungere l’obiettivo). Comincia così nei tempi
moderni una guerra impietosa tra la religione di Dio, difesa dalla Chiesa
Cattolica, e la nuova religione dell’uomo, liberata da Dio e liberale. Queste
due religioni sono inconciliabili tanto quanto Dio e il demonio. Bisogna
scegliere tra cattolicesimo e liberalismo.
Ma
l’uomo non vuole scegliere, vuole la botte piena e la moglie ubriaca. Vuole
entrambe le cose. Quindi, sulla scia della Rivoluzione, Félicité de Lamennais
inventa il cattolicesimo liberale e, da lì in poi, la conciliazione degli
inconciliabili diventa il pane quotidiano all’interno della Chiesa. Per 120
anni, la misericordia di Dio ha dato alla Sua Chiesa una serie di Papi, da Gregorio
XVI a Pio XII, per la maggior parte perspicaci e risoluti, ma un numero sempre
crescente di fedeli ha cominciato a propendere per l’indipendenza da Dio e per
i piaceri materiali versi i quali il cattolicesimo liberale spingeva. Una
progressiva corruzione ha finito per coinvolgere vescovi e sacerdoti, allora
Dio ha deciso di permettere loro di scegliere il genere di papi che garbava
loro, ossia quelli che fanno solo finta di essere cattolici, ma che in realtà
sono dei liberali, che parlano a destra ma agiscono a sinistra, che spiccano
per la contraddizione, l’ambiguità, per la dialettica hegeliana, in parole
povere per la menzogna. Si tratta della neo chiesa del Vaticano II.
E
non poteva che essere così. Solo nei sogni si possono conciliare delle realtà
incompatibili tra loro. Ma Dio – parola di Sant’Agostino – non abbandona le
anime che non vogliono abbandonarlo, quindi viene in soccorso di quelle poche
anime che restano cattoliche e non vogliono seguire la molle apostasia del
Vaticano II. Suscita un vescovo che resisterà al tradimento del clero conciliare.
Rispettando la realtà, evitando di conciliare l’inconciliabile, rifiutando di
sognare, questo arcivescovo parla con tale chiarezza, coerenza e verità che il
gregge riconosce in lui la voce del Divino Maestro. La Fraternità sacerdotale
che egli fonda per formare dei veri sacerdoti cattolici si avvia a piccoli
passi, ma rifiutando in modo risoluto gli errori conciliari ed il loro
fondamento cattolico liberale, attira a sé ciò che resta dei cattolici
autentici dal mondo intero, fino a formare la spina dorsale di tutto un
movimento nella Chiesa che è detto Tradizionalismo.
Ora,
questo movimento è odioso per gli uomini della neo chiesa che vogliono
sostituire il cattolicesimo col cattolicesimo liberale. Con l’aiuto dei media e
dei governi, fanno di tutto per screditare, ingiuriare e sopprimere il
coraggioso arcivescovo. Nel 1976, Paolo VI lo “sospende a divinis”, nel 1988 Giovanni Paolo II lo “scomunica”. Questo
arcivescovo importuna terribilmente i papi conciliari perché la sua parola di
verità mina il loro reticolo di menzogne e mette a rischio il loro tradimento.
E sotto i colpi della loro persecuzione, persino della loro “scomunica”, tiene
duro e con lui il considerevole numero di sacerdoti della sua Fraternità.
Questa
fedeltà alla verità fa si che Dio conceda alla Fraternità dodici anni di pace
interiore e di prosperità esteriore. Nel 1991, il grande arcivescovo muore, ma
per nove anni ancora la sua opera si perpetua nella fedeltà ai principi
antiliberali sui quali l’ha costruita. Allora, cosa faranno i Romani conciliari
per fare fronte a questa resistenza? Sostituiranno il bastone con la carota.
Nell’anno
2000, un grande pellegrinaggio della Fraternità per l’Anno Giubilare mostra per
le strade e nelle Basiliche di Roma la pietà e la potenza della Fraternità. I
Romani ne sono impressionati, loro malgrado. Un cardinale invita i quattro
vescovi ad un sontuoso pranzo presso di lui, invito accettato da tre di loro.
Subito dopo questo pranzo molto amichevole, i contatti tra Roma e la
Fraternità, da dodici anni pressoché congelati, riprendono e con quelli l’opera
di seduzione dei bottoni rossi e dei pavimenti di marmo.
I
contatti riprendono tanto freneticamente che già alla fine dell’anno molti
sacerdoti e fedeli della Tradizione temono una conciliazione tra la Tradizione
cattolica ed il Concilio liberale. Questa non avviene, ma il linguaggio del
Quartier Generale della Fraternità a Menzingen comincia a cambiare e nei dodici
anni a seguire si mostrerà meno ostile verso Roma e più benevola verso le
autorità della chiesa conciliare, verso i media ed il loro mondo. E, man mano
che la conciliazione degli inconciliabili viene preparata dalla testa della
Fraternità, nel suo corpo di sacerdoti e di laici l’atteggiamento diventa pian
piano più indulgente verso i papi e la chiesa conciliari, verso tutto ciò che è
mondano e liberale. Dopo tutto, il mondo moderno che ci circonda è veramente
così gramo come ci hanno voluto far credere?
Questa
avanzata del liberalismo all’interno della Fraternità, percepita da una
minoranza di sacerdoti e di fedeli ma apparentemente invisibile agli occhi
della grande maggioranza, si è svelata a molti nella primavera di quest’anno
quando, in seguito al fallimento delle Discussioni Dottrinali della primavera
2011, la politica cattolica del “nessun accordo pratico senza accordo
dottrinale” è diventata da un giorno all’altro “nessun accordo dottrinale,
quindi accordo pratico”. E verso la metà di aprile il Superiore Generale offre
a Roma come base per un accordo pratico, un testo ambiguo, apertamente favorevole
a questa “ermeneutica della continuità” che è la beneamata ricetta di Benedetto
XVI per conciliare, precisamente, il Concilio e la Tradizione!. “Occorre un
pensiero nuovo” dirà il Superiore Generale nel mese di maggio ai sacerdoti del
distretto austriaco della Fraternità. Ovvero, il capo della Fraternità fondata
nel 1970 per resistere alle novità del Concilio, propone di conciliarla con il
Concilio. Oggi essa è conciliante. Domani dovrà diventare pienamente
conciliare!
Si
stenta a credere che l’opera fondata da Mons. Lefebvre sia stata condotta a
dimenticare, addirittura disprezzare i principi sui quali egli l’ha fondata, ma
questo è il potere della seduzione delle fantasie del nostro mondo senza Dio,
modernista e liberale. Non è una ragione, la realtà non si lascia indirizzare
dalla fantasia, ed è reale il fatto che non si possono demolire i principi di
un fondatore senza demolirne anche la fondazione. Un fondatore ha delle grazie
particolari che nessuno dei suoi successori ha.
Come tuonava Padre Pio quando i Superiori della sua Congregazione
provavano a “rinnovarla” secondo il nuovo pensiero del Concilio appena
terminato: “Che cosa fate del Fondatore?” Il Superiore Generale, il Consiglio
Generale ed il Capitolo Generale della FSSPX hanno un bel conservare Mons.
Lefebvre come mascotte, in realtà hanno un nuovo proposito, lontano dalle
gravissime motivazioni per cui egli ha fondato la Fraternità. La stanno
mandando in rovina almeno attraverso un tradimento oggettivo, assolutamente
analogo a quello del Vaticano II.
Ma
siamo giusti, e non esageriamo. Fin dall’inizio di questa lenta caduta della
Fraternità, ci sono sempre stati sacerdoti e fedeli che hanno capito e che
hanno fatto il possibile per resistere. Nella primavera di quest’anno questa
resistenza ha assunto consistenza e dimensioni tali da rappresentare un
ostacolo al Capitolo Generale del mese di Luglio, già sul cammino nefasto
dell’accordo. Ma riuscirà a tenere questo ostacolo? Temo di no. Davanti ad una
quarantina di sacerdoti della Fraternità riuniti in ritiro sacerdotale ad Econe
nel mese di settembre, il Superiore Generale, riferendosi alla sua politica
romana, ha confessato: “Mi sono sbagliato”, ma di chi è la colpa? “I Romani mi
hanno ingannato.” Inoltre, si è generata “una grande diffidenza nella
Fraternità” che occorrerà “riparare attraverso fatti e non solo parole”, ma di
chi è la colpa? Fino ad ora, il suo operato, a partire dal mese di settembre,
ivi compresa questa lettera del 4 ottobre, mostrano che egli se la prende con i
sacerdoti e con i laici che non hanno saputo fidarsi di lui, il loro capo. Dopo
il Capitolo, come prima dello stesso, rimane l’impressione che egli non tolleri
nessuna opposizione alla sua politica conciliatrice e conciliare.
Ed
eccola la motivazione per cui il Superiore Generale ha dato più volte l’ordine
formale di chiudere i “Commenti eleison”. Infatti, questi “Commenti “ hanno
criticato a più riprese la politica conciliare verso Roma delle Autorità della
Fraternità, ed implicitamente le hanno attaccate. Ora, se in questa critica ed
in questi attacchi si trovano delle violazioni alla regola del rispetto dovuto
al lor signori ed al loro ufficio, ne chiedo volentieri perdono a chi di
diritto, ma credo sia sufficiente rileggere i numeri in questione dei
“Commenti” per constatare che la critica e gli attacchi sono rimasti di norma impersonali, poiché in
ballo c’è ben altro oltre a delle persone.
E,
in quanto al grande problema che va ben oltre alle persone, consideriamo la
gran confusione che regna attualmente nella Chiesa e nel mondo, e che mette in
pericolo la salvezza eterna di un’infinità di anime. Non è forse dovere di un
vescovo scovare le vere radici di questa confusione, e svelarle pubblicamente?
Quanti vescovi nel mondo intero vedono chiaro come vedeva Mons. Lefebvre, e
danno un insegnamento che corrisponde a quella chiarezza? Quanti tra loro
ancora insegnano semplicemente la dottrina cattolica? Pochissimi, vero? E’
quindi il momento di cercare di fare tacere un vescovo che lo fa, cosa
testimoniata dalla quantità di anime che si aggrappano ai “Commenti” come ad
una ancora di salvezza? E come in particolare un altro vescovo può volerlo
zittire, lui che ha dovuto ammettere davanti ai suoi sacerdoti che sulle stesse
grandi questioni si è lasciato ingannare, e questo per molti anni?
In
più, se il vescovo refrattario si è effettivamente dato – per la prima volta in
4 anni – un apostolato indipendente, come lo si può rimproverare di avere
accettato un invito, indipendente dalla Fraternità, a cresimare e a predicare
una parola di verità? Non consiste proprio in questo la funzione stessa di un
vescovo? La sua parola in Brasile sarà stata di “confusione” solo per quelli
che seguono l’errore confessato ed evocato poco innanzi.
E
se da qualche anno egli sembra separarsi dalla Fraternità, è vero, ma egli si
separa dalla Fraternità conciliare e non da quella fondata da Mons. Lefebvre. E
se sembra mostrarsi insubordinato ad ogni esercizio di autorità da parte dei
capi della Fraternità, è nuovamente vero, ma solamente rispetto a quegli ordini
che vanno contro agli obiettivi per i quali essa è stata fondata. Di fatto, per
quale altro ordine, se non quello di chiudere i “Commenti Eleison”, è possibile
affermare che egli si sia reso colpevole di disobbedienza “formale, ostinata e
pertinace”? Ne esiste un’ altro solamente? La disubbidienza di Mons. Lefebvre,
rivolta unicamente ad azioni di autorità dei capi della Chiesa che avevano lo
scopo di distruggere la Chiesa, è stata più apparente che reale. Analogamente,
la “disubbidienza” di colui che non ha voluto chiudere i “Commenti” è più
apparente che reale.
Brevemente,
caro Signore Superiore Generale, voi ora potete procedere alla mia esclusione,
poiché i miei argomenti certamente non vi avranno persuaso, ma questa
esclusione sarà più apparente che reale. Io sono membro della Fraternità di
Mons. Lefebvre per la mia nomina a vita. Io sono uno dei suoi sacerdoti da 36
anni. Io sono uno dei suoi vescovi, come voi, da quasi un quarto di secolo. Questo
non si cancella con un tratto di penna, per cui membro della Fraternità io lo
resto.
Se
voi foste rimasto fedele alla sua eredità e se fossi stato io infedele,
volentieri riconoscerei il diritto ad escludermi. Ma stando così le cose, io
spero di non mancare di rispetto alla vostra carica se suggerisco che per la
gloria di Dio, per la salvezza delle anime, per la pace all’interno della
Fraternità e per la vostra stessa salvezza eterna, che voi fareste meglio a
dimettervi da Superiore Generale piuttosto che espellermi. Che il Buon Dio vi
dia la grazia, la luce e le forze necessarie per compiere un tale atto
distintivo di umiltà e di devozione al bene comune di tutti.
Quindi,
come ho spesso concluso le lettere che vi ho spedito nel corso degli anni,
Dominus
tecum.
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è con le lacrime agli occhi che consigliamo a tutti di leggere, meditare, divulgare per far conoscere la verità...
RispondiEliminaPaola e Matteo
Carissimi,
Eliminanoi nel nostro piccolo, non smetteremo di divulgare sempre la realtà dei fatti, servendo la Verità, e cercando di farlo il più possibile nella Carità....
Un abbraccio in Cristo
Sono commossa tremendamente commossa, piango, che uomo, che vescovo, che onore leggere la sua parola, sono senza parola! Vi prego rimettetelo al suo posto quello che gli compete nelle file dei più alti tradizionalisti lefevriani che si siano mai visti nella circolazione!
RispondiEliminaCome si è permesso Fellay! Che hai fatto! Rimettilo al suo posto! Vai via tu!
Vorrà dire che quando Fellay porterà in dote la Fraternità San Pio X ai conciliari romani, cosa che sicuramente gli è stata chiesta a fronte di qualche promessa di carriera nelle stanze vaticane, noi sapremo a chi rivolgerci per la salvezza delle nostre anime. Il mio cuore piange nel vedere l'opera di Mons. Lefebvre, trascinata nel fango del vaticanoII per velleità carrieristiche, ma evidentemente questa e una ennesima prova alla quale il nostro Padre Celeste ci chiama, cercheremo di superarla ancora una volta col suo aiuto e quello della Sua e nostra Madre Dolcissima.
RispondiEliminaSinceramente dopo aver letto che dire, se non ripetere quanto abbbiamo già esternato.
RispondiEliminaDolore e sconforto, soprattutto se a farlo cacciare sono stati coloro che hanno già piedi e corna all'inferno da 2012 anni. Come il velo del tempio massonico si squarciò allora, si squarcerà in futuro, spero il più vicino possibile.
popolo eletto da Dio un tempo, poi scaduto il tempo, è divenuto il popolo eletto da satana e vorrebbero che tutti li seguissero all'inferno.
Poveri demoni.....hanno sbagliato i loro conti.
Profondo rispetto per Sua Eccellenza Williamson, pur nella diversità delle posizioni teologiche. Questa lettera lo colloca ad alcuni anni luce di distanza da colui che l'ha espulso (che non nomino nemmeno).
RispondiEliminaBuon lavoro agli amici di "Non possumus"
Piergiorgio Seveso
Cari A. Rita e Gianlucca,
RispondiEliminaMons. Williamson è stato espulso dalla Fraternità, come mons. Marcel Lefebvre della Chiesa: senza processo, senza processo e senza il diritto di difesa. Allora vienne il Distretto d'Italia comunicare che:
"Voler collegare questo triste avvenimento ad una volontà di cedimento dottrinale nei confronti della “chiesa conciliare” è puramente arbitrario, calunnioso ed ingiustificabile alla luce della dichiarazione dell’ultimo Capitolo Generale e dei recenti avvenimenti, come anche il futuro dimostrerà in maniera inequivocabile". http://www.sanpiox.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=772:comunicato-del-distretto-ditalia-della-fraternita-san-pio-x&catid=53:attualita&Itemid=50
Questa è una falsità, perché non ti puoi fidare più che Mons. Fellay, rispettarà le decisioni di un capitolo generale. Il capitolo generale precedente aveva deciso di non firmare un accordo, mentre Roma non si è convertito alla tradizione, ma Mons. Fellay ha firmato un accordo che è stato respinto da Roma. È quello che se può leggere di un articolo dal titolo "La grazia di stato" - (http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV313_La_grazia_di_stato.html) apparso sul Unavox in agosto di questo anno.
Cari A. Rita e Gianlucca,
RispondiEliminaMons. Williamson è stato espulso dalla Fraternità, come mons. Marcel Lefebvre della Chiesa: senza processo, senza processo e senza il diritto di difesa. Allora vienne il Distretto d'Italia comunicare che:
"Voler collegare questo triste avvenimento ad una volontà di cedimento dottrinale nei confronti della “chiesa conciliare” è puramente arbitrario, calunnioso ed ingiustificabile alla luce della dichiarazione dell’ultimo Capitolo Generale e dei recenti avvenimenti, come anche il futuro dimostrerà in maniera inequivocabile". http://www.sanpiox.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=772:comunicato-del-distretto-ditalia-della-fraternita-san-pio-x&catid=53:attualita&Itemid=50
Questa è una falsità, perché non ti puoi fidare più che Mons. Fellay, rispettarà le decisioni di un capitolo generale. Il capitolo generale precedente aveva deciso di non firmare un accordo, mentre Roma non si è convertito alla tradizione, ma Mons. Fellay ha firmato un accordo che è stato respinto da Roma. È quello che se può leggere di un articolo dal titolo "La grazia di stato" - (http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV313_La_grazia_di_stato.html) apparso sul Unavox in agosto di questo anno. Inoltre, i fatti su ciò che riguarda la politica mons. Fellay, testimoniare in favore di mons. Williamson, come si può notare:
1) In una recente intervista, padre Pfluger dice il seguente:
"Il parere sia nostro che della Curia è che ogni accordo sarebbe inutile a meno che non ci sia una comune comprensione della fede". FSSPX-Roma: "Siamo tornati al punto di partenza"- http://chiesaepostconcilio.blogspot.com.br/2012/10/fsspx-roma-siamo-tornati-al-punto-di.html
È vero Pe. Pfluger? Allora perché mons. Fellay sapendo di questo, ha firmato una versione del preambolo dottrinale respinto da Roma?
2) La conferma del fatto che Mons. Fellay sapeva che Roma ha un diverso concetto di tradizione:
"In altre parole, miei cari fratelli, ciò significa che i nostri interlocutori danno un altro significato alla parola "tradizione", e anche magari alla parola "coerenza". Ed è per questo che siamo stati costretti a dire di no. Non firmeremo quel documento. Siamo d'accordo con il principio, ma si vede che la conclusione è il contrario. Grande mistero! Grande mistero!" Sermone di Mons. Fellay in febbraio di 2012, per leggere il sermone: http://fidesetforma.blogspot.com/2012/02/mons-fellay-accettateci-cosi-come-siamo.html
Quindi, se mons. Fellay conosceva il concetto di tradizione di Roma, era diverso del concetto di tradizione "che si credeva in ogni tempo e luogo" (San Vicenzo di Lerino), perché ha firmato il preambolo dottrinale?
3) Il contenuto del preambolo dottrinale:
RispondiElimina"« Noi promettiamo di essere sempre fedeli alla Chiesa Cattolica ed al Romano Pontefice. Noi dichiariamo di accettare gi insegnamenti del Magistero della Chiesa in materia di fede e di morale.
L'intera tradizione della fede cattolica deve essere il criterio e la guida di comprensione degli insegnamenti del concilio Vaticano II, il quale a sua volta illumina certi aspetti della vita e della dottrina della chiesa, implicitamente presenti in essa, non ancora formulati. Le affermazioni del Concilio Vaticano II e del Magistero Pontificio posteriore in ordine alla relazione tra la chiesa cattolica e le confessioni cristiane non-cattoliche devono essere comprese alla luce della Tradizione intera e ininterrotta in modo coerente con la verità precedentemente insegnata dal Magistero della Chiesa.
E dunque per questo motivo è lecito promuovere, attraverso una legittima discussione, lo studio e la spiegazione di formulazioni del concilio Vaticano II e del Magistero che è seguito, nel caso in cui non sembrino conciliabili col Magistero anteriore della Chiesa ». Santa Sede - FSSPX. Dichiarazione dottrinale sottoscritta da Mons. Fellay il 15 aprile - Giugno di 2012 - http://chiesaepostconcilio.blogspot.com.br/2012/06/santa-sede-fsspx-dichiarazione.html
Si noti che nel febbraio di 2012, mons. Fellay pubblicamente ha riconosciuto che Roma aveva un diverso concetto di tradizione, ma nel mese di giugno, lui ha firmato un preambolo dottrinale che mette l'accento sulla tradizione come criterio di interpretazione del Concilio, ma quale è il valore di esso, se Roma e la Fraternità non hanno lo stesso concetto di tradizione? La disonestà era così evidente che Roma stessa è stata costretta a dare i loro non possumus a mons. Fellay, il quale è passato oltre le decisioni del penultimo capitolo generale (come si può leggere il testo di Unavox).
Tutto questo pesa a favore di Don Williamson, contro mons. Fellay e Distretto dichiarazione italiano terribile. E 'stato un peccato che mons. Williamson non esplicitamente difeso le decisioni del penultimo capitolo, anche se ha fatto implicitamente.
Carissimo Gederson!
EliminaE' una gioia risentirti! Le tue osservazioni sono molto acute e come al solito non fanno una piega...Purtroppo convergono tutte nella conclusione che la mancanza di "coerenza" non è una prerogativa solo del Vaticano, ma a quanto pare anche di Mons. Fellay, che in molti modi si è contraddetto nelle parole, e nei fatti.
Propongo qui alcuni stralci del commento all'espulzione di Williamson, scritto da Don Curzio Nitoglia. Da meditare seriamente...
RispondiElimina"[...] L’espulsione di monsignor Williamson fa temere, con una seria probabilità, che si vogliano riprendere le trattative con Benedetto XVI accettando, tacitamente o praticamente, la sua ermeneutica della continuità tra Tradizione apostolica e Concilio Vaticano II.
Stando così le cose, occorre sostenere monsignor Williamson, non lasciarlo solo e non seguire il corso “entrista” della Fraternità, che la porterà pian piano – analogamente ad Alleanza Cattolica – all’accettazione tacita o almeno pratica delle novità conciliari e postconciliari. [...]
Per quanto riguarda i fedeli, che hanno chiesto consiglio penso che essi possano ancora frequentare le messe celebrate dai sacerdoti della Fraternità, se sono più vicine a casa loro, ma senza seguire la nuova direzione di essa.
A questo punto di estrema confusione i fedeli possono frequentare tranquillamente anche le Messe di San Pio V officiate da Istituti «Ecclesia Dei» o sacerdoti che si avvalgono del Motu proprio Summorum Pontificum cura, poiché oramai tra questi e la Fraternità non vi sono differenze sostanziali. Anzi, mentre l’«Ecclesia Dei» sta andando dal basso verso l’alto, la Fraternità sta scendendo dall’alto verso il basso.
Inoltre i fedeli facciano oramai le loro offerte a monsignor Williamson, ai sacerdoti ed alle case religiose che si son mantenuti integri da ogni compromesso con il neomodernismo ed il giudeo-cristianesimo. “Fatti e non parole” (S. Ignazio).
I sacerdoti che non vogliono essere riciclati dai neomodernisti, seguano monsignor Williamson. Se questo vescovo viene appoggiato solo a parole, ma abbandonato con i fatti non potrà svolgere appieno la sua opera di integrale testimonianza alla verità.
Adesso i sacerdoti che non sono inclini ai compromessi dottrinali hanno a loro disposizione un vescovo, almeno un monastero in Brasile e, se saranno numerosi, potranno avere anche molte case nelle quali svolgere il loro apostolato ed un seminario in cui formare nella piena fedeltà alla Tradizione i candidati al sacerdozio. [...]"
Consiglio la lettura completa del documento, il cui link è il seguente:
http://doncurzionitoglia.net/2012/10/26/espulsione-di-mons-williamson-non-lasciamolo-solo/
Soprattutto, arrivata l'estate, non lasciamolo sull'autostrada con il guinzaglio attaccato ad un gard-rail.
EliminaRoma maestra di Apostasia di scandali è riuscita a buttare il suo veleno nelle l'arteria principale della FSSPX adesso tocca che la Fraternità si prenda l'antitodo che potrà trovare negli scritti di Mons, Lefebvre riaccolga il suo vescovo Williamson e sia più cauta nel trattare con la gerarchia corrotta solo quando ROMA ritroverà la fede perduta e abiurerà all'eresia del concilio potrà riprendere con essa il dialogo .
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