lunedì 17 dicembre 2012
LETTURE NATALIZIE ~ Flavio Giuseppe e la Distruzione del Tempio di Gerusalemme...
Con i migliori Auguri di un Santo Natale e felice Anno Nuovo a tutti i lettori.
don Curzio Nitoglia...
Il Tempio di Erode
Il Tempio di Erode, costruito sulle rovine del più antico Tempio di Salomone, inglobava il Santo dei Santi,
il Tabernacolo ove era realmente presente Dio. Questo Tabernacolo
nell’Antico Testamento era unico: esso era il cuore della Religione
mosaica, la prova della sua verità (cfr. G. RICCIOTTI, Storia d’Israele, Torino, SEI, 1° vol., 1932, pp. 354-364; 2° vol., 1933, pp. 108-120).
La presenza reale di Dio nel “Santo dei Santi” garantiva
l’indistruttibilità del Tempio e della città di Gerusalemme che
l’ospitava. Se il popolo d’Israele avesse rispettato i patti, nessuna
potenza umana lo avrebbe travolto. Ma tale protezione, tale patto tra
Dio ed il suo popolo era condizionato alla sua fedeltà alla Volontà di
Dio. E tale patto fu rotto non da Dio, ma dal popolo ebraico (“Deus non deserit nisi prius deseratur”).
Tuttavia “lo sciagurato governo degli ultimi Maccabei, a partire da
Giuda Aristobulo I (106 a. C.), aveva fatto aumentare la corruzione che
si era infiltrata tra i Giudei negli ultimi due secoli per la signoria
dei Re stranieri e pagani, in particolare dei Seleucidi, inducendoli a
tutte le empietà e le ribellioni contro il Signore. Essi, riconoscevano
ancora un solo Dio, ma quasi soltanto con le labbra, mentre la loro condotta era divenuta talmente corrotta che Gerusalemme era divenuta peggiore di Sodoma” (cfr. FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica, lib., V, par. 13, n. 6)[1], soprattutto grazie all’influsso nefasto dei partiti dei Farisei e dei Sadducei (cfr. FLAVIO GIUSEPPE, Le Antichità Giudaiche, lib., XIII, par. 5, n. 9).
Il Tempio rappresentava l’intero popolo d’Israele (cfr. V. MESSORI, Patì sotto Ponzio Pilato,
SEI, Torino, 1992). La sua rovina significò la rovina della Nazione, il
passaggio dall’Ebraismo mosaico al Giudaismo talmudico, la scomparsa
della classe sacerdotale e del Sacrificio. Infatti lì, nel Tempio, nella
Sancta Sanctorum, dove solo il Sommo Sacerdote poteva entrare
una volta l’anno, era lo sgabello di Jahvè, il trono ove abitava la sua
Presenza gloriosa o “shekinah”.
Gesù amava talmente il Tempio (Tabernacolo del Dio vivente) che
l’Evangelista Giovanni, narrando la cacciata dei mercanti, gli
applicherà il Salmo 68: “Zelus Domus tuae comedit me” (cfr. Gv., II, 16).
San Luca ci tramanda questa predizione di Gesù: “Gerusalemme sarà calpestata dai pagani, finché i tempi dei pagani non siano compiuti” (Lc., XXI, 24).
I tempi dei pagani sono questi nostri, sono il periodo che va dalla
morte di Nostro Signore sino al Suo ritorno, quando vi sarà, come
insegna S. Paolo, l’ingresso nella Chiesa del popolo ebraico ( Rm., XI, 25).
Calpestare Gerusalemme, secondo il testo di Luca, significa
calpestare il suolo del Tempio; ed è singolare come, fino ad ora, per
più di millenovecento anni, la profezia appaia esattamente compiuta.
«I Giudei non avevano conosciuto il giorno della loro visitazione e,
ripudiando il vero Messia, avevano cessato di essere il popolo di Dio.
[…]. Da quel momento la storia del popolo ebraico è una catena
ininterrotta di oppressioni sempre crescenti da parte dei governatori
romani, e di unilateralità, di grettezza sempre più grande nelle cose di
religione. […]. La credulità dei Giudei, che non avevano voluto
riconoscere il vero Messia era giunta a tal punto che essi si
abbandonavano a qualsiasi ciarlatano, a qualunque ‘falso Messia’ e
‘falso Profeta’. Il Paese formicolò di questa ciurma che attirava il
popolo nel deserto, gli faceva balenare segni di liberazione e miracoli,
e poi lo abbandonava inerme alle sanguinose repressioni dei Romani.
Bande di assassini scorrazzavano pel Paese saccheggiando e bruciando
sotto pretesto di essere Zeloti della Fede. Intere frotte di Sicari
uccidevano un’infinità di persone. […]. Così in fine scoppiò nel 66 dopo
Cristo la Guerra Giudaica che, dopo quattro anni di lotte sanguinosissime finì con la distruzione di Gerusalemme» (I. SCHUSTER – G. B. HOLZAMMER, Manuale di Storia Biblica. Il Nuovo Testamento, vol. 2°, parte II, Torino, SEI, II ed., 1952, pp. 909-910).
Flavio Giuseppe e la Guerra Giudaica
Verso la metà del maggio del 66 la Torre Antonia presso il Tempio
venne assalita dagli Zeloti e dal popolo giudaico, che passarono a fil
di spada la guarnigione romana ivi stanziata. Il generale Vespasiano
nell’ottobre del medesimo anno prese il comando della guerra contro i
Giudei, ma il 1° luglio del 69 fu nominato Imperatore e lasciò il posto
di comando in Gerusalemme a suo figlio Tito (cfr. FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica,
lib., IV, par. 3, n. 8). Sempre nel 66 gli Zeloti-Sicari si
impadronirono della fortezza di Masada, uccidendo la guarnigione romana
lì presente. Nel 69 Simone Bar-Ghiora era divenuto potentissimo in
Masada, con quarantamila uomini armati. Il Fariseismo era degenerato in
Zelotismo e questo si era organizzato nel banditismo dei Sicari (cfr.
FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica, lib. IV, par. 9, n. 10).
Tito arrivò nella primavera del 70 davanti a Gerusalemme e diede
l’ordine di costruire dei terrapieni e cominciò l’assalto contro il
terzo o il più esterno muro della città di Gerusalemme, che cadde dopo
cinquanta giorni di pugne feroci. Quindi fu la volta del secondo muro
che cadde dopo cinque giorni, di modo che i Romani penetrarono nella
città bassa, ma dopo quattro giorni i Romani dovettero ritirarsi
assaliti dai Giudei. Allora Tito fece costruire un ‘muro’ e scavare un
‘fosso’ tutt’attorno alla città (come aveva predetto Gesù, cfr. Lc., XIX, 43), che misuravano circa 6 km. I soldati Romani impiegarono solo 3 giorni per tale costruzione (cfr. FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica, lib., V, par. 12, n. 1 ss.).
Molti Giudei disertano rifugiandosi presso i Romani (Guerra Giudaica, V, 10, 420). La fame tra il popolo causa molti orrori e atti di cannibalismo (Guerra Giudaica, lib. V, par. 10, n. 427). Addirittura “cosa miserevolissima, le madri strappavano il cibo dalle bocche dei figlioli” (Guerra Giudaica, lib. V, par. 10, n. 430). I Giudei che non si sono arresi e vengono fatti prigionieri sono crocifissi dai Romani (Guerra Giudaica, lib. V, par. 11, n. 446). Molti invece sono rinviati con le mani mozzate a Gerusalemme ad ammonire i rivoltosi (Guerra Giudaica, lib. V, par. 11, n. 455).
Era tale lo scrupolo del superstizioso Tito, che, secondo la
testimonianza di Flavio Giuseppe, “per risparmiare un Tempio straniero
causava il danno e la strage dei suoi uomini” (FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica,
lib. VI, par. 4, n. 228-235, tr. it. a cura di G. RICCIOTTI, Torino,
SEI, II ed. 1949, vol. 3°, pp. 258-259). Infatti si ostinava a non dare
l’ordine di incendiare il Santuario, nel quale si erano arroccati i
soldati ebrei, e faceva invece lavorare le macchine d’assedio su
elementi secondari, per causare all’edificio il minor danno possibile.
Quando poi si decise ad ordinare di incendiare le porte esterne dei
cortili, non era ancora che un attacco ad una parte esterna del Tempio.
Tito stesso comandò quasi subito ai suoi di spegnere quell’incendio (Ibidem, lib. VI, par. 4, n. 250-270, pp. 262-266).
I Cristiani sin dal principio del 66, sotto la guida del vescovo di Gerusalemme Simeone e memori delle profezie di Gesù (Mt., XXIV,
15), lasciarono Gerusalemme e si rifugiarono in Pella al di là del
Giordano e distante 100 km da Gerusalemme (I. SCHUSTER – G. B.
HOLZAMMER, Manuale di Storia Biblica. Il Nuovo Testamento, vol. 2, parte II, Torino, SEI, II ed., 1952, p. 911).
Ma, come scrive Flavio Giuseppe, “le fiamme all’interno del Tempio,
ebbero inizio e furono causate ad opera dei giudei. Infatti, ritiratosi
Tito, i ribelli [...] si scagliarono di nuovo contro i romani e infuriò
uno scontro fra i difensori del Santuario e i soldati intenti a spegnere
il fuoco” come era stato loro ordinato da Tito. Ed ecco il momento
fatale. “I legionari romani, volti in fuga i giudei, li inseguirono fino
al Tempio e fu allora che un soldato [...] spinto da una forza soprannaturale,
afferrò un tizzone ardente e […] lo scagliò dentro, attraverso una
finestra [...] che dava sulle stanze adiacenti al Santuario” (Ibidem, lib. VI, par. 5, n. 271-280, pp. 267-268). Era il 15 agosto del 70.
Le fiamme ormai divampavano e “qualcuno – come narra Giuseppe Flavio –
corse ad avvisare Tito [...] egli corse verso il Tempio per cercare di
domare l’incendio. [...] Diede ordine ai combattenti di spegnere il
fuoco, ma essi non udirono le sue parole” (Ibidem, lib. VI, par. 5, n. 281-283, pp. 269-280). Così il fuoco divampò anche nella Sancta Sanctorum
e la distrusse, contro il volere di Cesare. Questo era il segno che Dio
aveva abbandonato il Tempio, aveva rotto l’Antica Alleanza con i
Giudei, poiché loro per primi l’avevano rotta mettendo in Croce il
Figlio del Padre.
I sacerdoti sopravvissuti, narra ancora Giuseppe Flavio, arresisi,
supplicarono tutti assieme il vincitore di risparmiare loro la vita. Ma
Tito, che si era mostrato tanto clementeverso il Tempio e pronto, da
buon romano, aperdonare chi si sottometteva, questa volta
èinspiegabilmente inflessibile. “L’imperatorerispose che per loro era
ormai passato il tempodel perdono, che se ne stava andandoin cenere
l’unica cosa (ilTempio) per cui avrebbe avutosenso salvarli [...] e
diede pertanto l’ordinedi metterli a morte” (Ibidem, lib. VI,
par. 6, n. 318-322, pp. 276-279).Ecco la prova apoditticadella fine
dell’Antica Alleanza,della Sinagoga mosaica, che da allora nonavrà più
né il Tempio, né il Sacerdozio e si trasformerànella Sinagoga
rabbinico-talmudica.
Flavio Giuseppe narra che il numero complessivo dei morti da parte dei giudei fu di un milione e centomila (Guerra Giudaica, lib., V, par. 13, n. 569; Ibidem, lib. VI, par. 9, n. 420), di cui 600 mila morti di stenti e fame e 500 mila uccisi; mentre Tacito (Hist., V, 13) parla di 600 mila vittime complessive; invece Sulpicio Severo (Chronich., II,
30) riprende la cifra di Flavio senza specificare tra gli uccisi ed i
morti per effetti collaterali, la quale sembra essere la più verosimile
(cfr. G. RICCIOTTI, Flavio Giuseppe. Lo storico giudeo-romano. Introduzione, Torino, SEI, 1949, II ed., vol. I, p. 75-77).
Gli ausiliari Arabi e Siri dell’esercito romano sventravano i Giudei
fuggiaschi per estrarre dalle loro viscere le monete d’oro che avevano
ingurgitate prima di fuggire: “Uno dei disertori, rifugiatosi presso i
Siri, fu sorpreso a raccogliere monete d’oro dagli escrementi del
proprio ventre; infatti essi partivano da Gerusalemme dopo aver
inghiottito le monete. Ora, scoperto questo espediente in uno dei
rifugiati, negli accampamenti si sparse la voce che i disertori avevano
il ventre ripieno di monete d’oro, e quindi gli ausiliari Arabi e Siri
squarciavano il loro ventre. In una sola notte ne furono sventrati circa
duemila” (Guerra Giudaica, lib. V, par. 13, n. 548-552).
Gesù ai Farisei che lo invitavano a rimproverare i discepoli quando,
la Domenica delle Palme, alla sua entrata in Gerusalemme fu osannato
dalla folla al grido di “Benedetto Colui che viene nel nome del Signore” esclamò: “Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre” (Lc.,
XIX, 37-40). Le pietre che avrebbero gridato sono quelle del Tempio: lo
testimoniano le lacrime di Gesù che, subito dopo, piange sulla sorte
terribile che incombe su Gerusalemme e ritorna col pensiero alle
“pietre”: “Abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai conosciuto il tempo in cui sei stata visitata” (Lc.,
XIX, 44). C’è dunque un legame assai stretto tra il riconoscimento
della messianicità di Gesù e quelle pietre del Tempio distrutto!
Aggeo aveva profetizzato che il Tempio (distrutto poi nel 70) “sarà più glorioso del precedente perché vedrà l’era messianica” (Ag.,
II, 4-9). Quel Tempio, perciò, non poteva essere distrutto prima
dell’avvento del Messia, e proprio ciò avrebbe dovuto costituire per gli
ebrei di ogni epoca la prova inequivocabile che il Messia era già
venuto!
Le ultime due rivolte sotto Traiano e Adriano
Ma lo spirito nazionalistico e messianistico-terreno dei Giudei non
era sopito. Essi pensavano: “La catastrofe del 70 era forse stata
l’ultima prova che Jahvè aveva voluto dal suo popolo; ma superata questa
non poteva mancare il trionfo. Anzi, la grandezza massima della prova
era appunto un indizio che si avvicinava il trionfo di grandezza
massima, quello del Messia militante” (G. RICCIOTTI, Storia d’Israele, Torino, SEI, 1934, II vol., p. 524).
Nel 73 in Giudea rimaneva inespugnata la fortezza di Masada (oggi
Sebbeh) nella quale si era rifugiato Erode nel 40 a. C. quando era in
guerra con i Parti e l’aveva poi trasformata in una reggia fortificata
con una torre, in cui nel 70 si erano rifugiati i Sicari-Zeloti con
Eleazaro a capo. Il nuovo governatore della Palestina Flavio Silva con 8
mila uomini armati dovette far costruire un muro di circonvallazione ed
un terrapieno in salita per raggiungere la sommità della rupe su cui
sorgeva la fortezza. Quando gli assediati, che erano rimasti in 967, di
cui i combattenti erano circa cinquecento, capirono che non avrebbero
potuto resistere oltre, il 15 aprile del 73 uccisero le loro famiglie e
se stessi, dopo aver appiccato il fuoco dappertutto. I Romani che
entrarono nella fortezza trovarono una montagna di cadaveri; erano
sopravvissute solo due vecchie e cinque fanciulli, nascosti nei
sotterranei (cfr. G. RICCIOTTI, Storia d’Israele, Torino, SEI, 1934, II vol., p. 519; FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica, lib. VII, par. 8, n. 252-388).
Flavio Giuseppe rivolgendosi ai suoi connazionali commenta: “Non
attribuite, o Giudei, il merito ai Romani, se la guerra contro di loro
vi ha portati tutti alla rovina; poiché non già per la loro potenza è avvenuto tutto ciò, bensì una Causa superiore ha concesso loro la vittoria!
[…]. Dov’è la città santa dei Giudei, fortificata da tanti recinti di
mura, che aveva tante miriadi di combattenti? Dov’è finita colei, che
noi credevamo aver Dio per fondatore? Sradicata dalle fondamenta fu
rapita via. […]. Deh fossimo morti tutti, prima di vedere la città sacra
abbattuta dai nemici, prima che il Tempio fosse sradicato ” (FLAVIO
GIUSEPPE, La Guerra Giudaica, lib. VII, par. 8, n. 359-361).
Mentre l’Imperatore Traiano si trovava in guerra contro i Parti
(114-116) e si era inoltrato al di là del Tigri, alle sue spalle scoppiò
un’altra rivolta giudaica. Infatti nella Mesopotamia la diaspora
ebraica era numerosa ed aveva relazioni con i Giudei di Palestina e
d’Africa. I Giudei di Alessandria d’Egitto e di Cirene si rivoltarono
contro i loro concittadini non-ebrei (EUSEBIO DA CESAREA, Storia Ecclesiastica,
IV, 2). Le ragioni di questa sollevazione (115-116) erano messianiche,
apocalittiche e revanscistiche. I Giudei fremevano ancora per lo scacco
subìto nel 70. Secondo Dione Cassio Cocceiano (Storia di Roma, LXVIII,
32) i Giudei di Cirene avrebbero massacrato circa 220 mila abitanti di
Cirene non-ebrei ed avrebbero divorato anche i corpi di non pochi di
essi. Il capo dell’insurrezione ebraica di nome Lukua era chiamato dai
suoi connazionali Re o Messia (FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica
, lib. VII, par. 11, n. 1). Traiano inviò a domare la rivolta Marcio
Turbone, che riuscì a debellarla solo dopo molto tempo. Frattanto la
sommossa si era estesa anche a Cipro, ove furono trucidati circa 240
mila non-ebrei o greco-romani e la repressione fu terminata poco dopo il
117 da Lusio Quieto. Ma la calma era solo apparente. L’Apocalittica e
il Messianismo rabbinico erano ancora bene accesi nell’animo dei Giudei.
A Traiano morto l’8 agosto del 117 successe Elio Adriano, che aveva
abbandonato la guerra contro i Parti e si era ritirato verso l’Eufrate.
Verso il 130 visitò la Palestina, ove dette l’ordine di ricostruire
Gerusalemme in maniera architettonica talmente pagana che irritò i
Giudei e fece scoppiare, quando Adriano partì per la Grecia nel 132,
sotto il falso messia Bar-Kochba un’altra spaventosa sollevazione
ebraica contro i Romani (S. GIROLAMO, Contra Rufinum, III, 31),
che venne soffocata in un mare di sangue, nella quale vennero passati a
fil di spada circa seicentomila giudei. Bar-Kochba si rinchiuse nella
fortezza di Betar (da cui ha preso il nome il partito di estrema destra
dello Stato d’Israele, che si prefigge la ricostruzione del Tempio di
Gerusalemme, come vedremo oltre) e lì venne ucciso.
Dai sommari di Dione Cassio (Storia di Roma, LXIX, 13-14)
risulta che la insurrezione fu assai gravosa per i Romani, ma che per i
Giudei essa fu addirittura uno sterminio, peggiore di quello del 70.
Soltanto allora, e non nel 70, la Giudea divenne un deserto. Ai
Giudei sopravvissuti venne proibito sotto pena di morte di rientrare a
Gerusalemme.
Giuliano l’Apostata tenta di ricostruire il Tempio
Tito nel 70 rade al suolo il Tempio, Adriano nel 132 fa innalzare
sulla sua spianata un tempio dedicato a Giove con statue di dèi pagani.
Nell’ottavo secolo gli Arabi invadono Gerusalemme e fanno della spianata
uno dei luoghi più sacri dell’Islamismo, costruendovi la moschea di
Omar. Ma il 15 luglio del 1099 irrompono i crociati che trasformano per
ottantotto anni, fino al 1187, la moschea in chiesa. Ritiratisi però i
cristiani, le costruzioni tornarono al culto musulmano, al quale ancora
adesso appartengono.
Quando nel 1967 gli ebrei ritornarono militarmente in possesso anche
di questa parte della città, il generale Moshé Dajan – a nome del
governo di Israele – rassicurò gli islamici sul libero ed esclusivo
godimento della spianata, soprattutto per ragioni religiose tutte
ebraiche. Gli ebrei infatti, non essendo in grado di stabilire dove era
ubicata la Sancta Sanctorum, non entrano nella spianata, poiché
temono di calpestare il luogo che nessuno può varcare da quando non vi è
più un Sommo Sacerdote, che, unico, una volta l’anno, poteva lasciare
lì le sue impronte.
Tutto ciò conferma mirabilmente la profezia di Gesù Cristo, secondo la quale “fino alla fine dei tempi solo i non-ebrei calpesteranno il suolo del Tempio”.
“Gerusalemme, Gerusalemme – dice Nostro Signore - che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto. Ecco la vostra casa vi sarà lasciata deserta. Vi dico, infatti, che non mi vedrete più finché non direte: Benedetto Colui che viene nel nome del Signore” (Mt., XXXVII, 9).
“La vostra casa vi sarà lasciata deserta” è una citazione di
Geremia ed Ezechiele,proprio quei profeti che avevano annunziatoche Dio
avrebbe abbandonato il Tempio.Ora è un fatto innegabile edevidente che
oggi, al posto delGrande Tempio, vediamo unaspianata sulla quale
sorgeuna moschea. Ebbene questofatto corrisponde alla profeziadi Gesù
Cristo. Quelle rovinesono un segno muto ed eloquentedella Messianicità
del Galileo (“Se questi taceranno, grideranno le pietre”).
Flavio Claudio Giuliano, detto l’Apostata, fu figlio di un
fratellastro dell’Imperatore Costantino il Grande, Giuliano Costanzo,
figlio di Costanzo Cloro, come Costantino, ma per madre diversa. Di
Giuliano Costanzo fu madre Teodora; di Costantino, invece, fu madre
Elena.
Giuliano l’Apostata nacque nel 325-326 nell’attuale Maremma toscana e
nutriva un forte odio verso i Cristiani, ma non contro i Giudei, che
secondo lui venivano subito dopo i Greci nella gerarchia delle
religioni, con l’unico difetto del monoteismo (cfr. GIULIANO, Contro i Galilei, 115 D; ibidem, 306 B).
Nel pensiero di Giuliano le antiche prescrizioni della Vecchia Legge
cerimoniale mosaica avrebbero dovuto riprendere pieno vigore e con esse
avrebbe dovuto essere ricostruito il Tempio di Gerusalemme, distrutto
nel 70 d. C. da Tito, per inficiare la profezia di Gesù, Il quale aveva
predetto con quaranta anni d’anticipo che del Tempio “non sarebbe
rimasta pietra su pietra” (Mt., XXIV, 2), e dimostrare, così, che il Cristianesimo era una falsa religione.
Per svariati anni gli Imperatori romani avevano proibito ai Giudei di
avvicinarsi ai ruderi del Tempio e di entrare in Gerusalemme.
Giuliano, dopo aver deciso la ricostruzione del Tempio, ne affidò
l’esecuzione a Alipio suo uomo di fiducia e governatore della Britannia.
Giuliano stanziò somme enormi per l’impresa e si iniziò il lavoro.
«Sennonché, cominciati i lavori con grande impegno, venne ad
estendersi sulla Palestina un fenomeno tellurico […] già sullo scorcio
dell’anno 362. Lungo il litorale palestinese ed in vari luoghi della
Siria erano avvenuti movimenti sismici violenti da cui erano rovinate
varie città. […] Anche Gerusalemme risentì di queste vaste convulsioni
sismiche. […] Talvolta i lavori di sgombero compiuti poco prima
nell’area del Tempio erano annullati da frane prodotte dalle scosse
sismiche; una volta una scossa più potente abbatté un portico sotto cui
si erano ricoverati molti operai e ne uccise parecchi. […] Nonostante
tutto, la tenacia dei lavoranti proseguì nell’impresa; e qui bisogna
lasciare la parola al testimonio neutrale Ammiano [storico pagano]:
“Mentre Alipio portava avanti i lavori, formidabili globi di fiamme,
erompendo con frequenti ondate presso le fondamenta, resero il posto
inaccessibile, dopo aver bruciato talvolta gli operai, perciò, siccome
gli elementi naturali respingevano ostinatamente l’impresa di
ricostruzione, questa cessò”» (GIUSEPPE RICCIOTTI, L’Imperatore Giuliano l’Apostata, Milano, Mondadori, 1956, pp. 285-286).
Giuliano in un suo scritto dei primi giorni del 363 allude apertamente al fallimento dell’impresa (cfr. J. BIDEZ, L’empereur Julien. Oeuvres completes, tomo I, II parte, Lettres et fragments, Parigi, 1924, 89 b).
Attuale tentativo di ricostruzione del Tempio
L’8 ottobre 1990 il quotidiano francese Le Monde riportava la notizia che tra i circa ventimila fedeli ebrei radunati per la festa del Sukkot attorno al Muro del Pianto (cfr. M. BLONDET, I fanatici dell’Apocalisse, ed. Il Cerchio, Rimini 1992) vi erano anche i Fedeli del Tempio, che vogliono costruire il terzo Tempio al centro della Spianata delle Moschee.
Chi sono i Fedeli del Tempio? Sono una setta religiosa
ebraica di estrema destra, nata dall’Irgun e dal Betar, il cui fine
principale è la ricostruzione del Tempio sul luogo dove sorgeva il Santo dei Santi per
affrettare la venuta del Messia. Ma per gli ebrei ortodossi il Tempio
scenderà dal cielo alla venuta del Messia e chi pretendesse di
ricostruirlo con mezzi umani commetterebbe una specie di violenza contro
i piani di Dio.
Due scuole talmudiche presso il Muro del Pianto stanno insegnando a
duecento studenti i complessi particolari del servizio nel Tempio. Altri
gruppi stanno cercando le linee genetiche dei sacerdoti giudaici, i
soli che possano eseguire i sacrifici. In breve, i preparativi per
rinnovare i sacrifici dell’Antica alleanza sono già in corso, quasi che
l’evento fosse imminente, e a guidarli è il Rabbinato-Capo; “i Fedeli del Tempio”,
quindi, non sono pochi estremisti isolati, perché già si sente parlare
di identificazione genetica dei sacerdoti dell’Antica Alleanza, i soli
che possano offrire il rito.
Non può non destare la più viva preoccupazione l’affermazione di
Giovanni Paolo II: “Quel muro, rimasto nei secoli come resto dell’antico
Tempio di Salomone, cessi di essere il muro del pianto per diventare
luogo di pace e di riconciliazione per i credenti nell’unico Dio” (La Stampa, 3
febbraio 1994, pag. 8). Quel muro, infatti, può cessare di essere il
muro del pianto solo a condizione che venga ricostruito il terzo Tempio
di Gerusalemme, e questo è stato l’oggetto di una lunga conversazione
nella serata del 21 settembre 1993, tra un gruppo di rabbini
ultraortodossi e Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo (La Stampa, 2 febbraio 1993, pag. 7).
“Il contributo del misticismo ebraico nell’ispirare il futuro dell’umanità” è il tema di un convegno che ha avuto luogo in Spagna a cura dell’Istituto di studi sulla Tradizione Mitica. Convegno importantissimo, in cui hanno parlato lo storico Léon Poliakov e Abraham Foxman, l’allora direttore dell’Anti-Defamation League of B’nai B’rith. Vi si è discusso, né più né meno, sulla ricostruzione del terzo Tempio a Gerusalemme (cfr. “L’Italia settimanale” n. 38, 28 settembre 1994, pag. 24).
Conclusione
La distruzione del Tempio e di Gerusalemme (70 d. C.) e il tentativo
di ricostruire il Tempio (132, 362 e 1967) hanno una portata teologica
immensa: la fine della religione giudaica infedele al Messia, che ha
perso il Tempio, il Sacerdozio ed il Sacrificio, è la prova della
divinità di Gesù Cristo, che aveva predetto tutto ciò verso il 30 d. C.
La veracità del Cristianesimo che perfeziona la Vecchia Alleanza è
provata anche storicamente ed archeologicamente. La riprovazione del
popolo deicida pure.
Nonostante tutto ciò, a partire dagli anni Sessanta ci si ostina a
parlare di giudeo-cristianesimo, di dialogo ebraico-cristiano, di
Ebraismo “Figlio maggiore e prediletto”.
Ma, anche se gli uomini di oggi tacciono, come ha predetto Gesù, le pietre del ‘Muro del pianto’, misero avanzo del recinto esterno al Tempio (e non del Tempio stesso, come si dice erroneamente), continuano a gridarlo! (Lc., XIX, 40), e lo gridano tuttora tranquillissimamente.
d. Curzio Nitoglia
[1] La Guerra Giudaica fu
scritta in aramaico e poi è andata perduta. Invece la traduzione in
greco ad opera dell’Autore stesso assieme ad alcuni collaboratori graeculi di cui era piena la Roma imperiale è stata tramandata sino a noi (cfr. G. RICCIOTTI, Flavio Giuseppe. Lo storico giudeo-romano. Introduzione,
Torino, SEI, 1949, II ed., vol. I, pp. 48-49). L’edizione migliore del
testo greco è quella critica delle Opere complete di Giuseppe Flavio
curata da B. NIESE, Flavii Josephi opera edidit et apparatu critico instruxit, Berlino, 7 voll., 1885-1894. Le migliori traduzioni moderne sono: L. HARMAND, Guerre des Juifs, 2 voll., Parigi, 1912-1932 e H. ST. J. THACKERAY, The Jewish War, 2 voll., Londra-New York, 1927-1928 (cfr. G. RICCIOTTI, Flavio Giuseppe. Lo storico giudeo-romano. Introduzione, Torino, SEI, 1949, II ed., vol. I, p. 79 e 84).
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Ringrazio Don Curzio per questo prezioso spaccato storico e ricambio gli auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo a lei e alla Redazione di NON POSSUMUS.
RispondiEliminaFaccio mia la conclusione:
" La veracità del Cristianesimo che perfeziona la Vecchia Alleanza è provata anche storicamente ed archeologicamente. La riprovazione del popolo deicida pure.
Nonostante tutto ciò, a partire dagli anni Sessanta ci si ostina a parlare di giudeo-cristianesimo, di dialogo ebraico-cristiano, di Ebraismo “Figlio maggiore e prediletto”.
Ma, anche se gli uomini di oggi tacciono, come ha predetto Gesù, le pietre del ‘Muro del pianto’, misero avanzo del recinto esterno al Tempio (e non del Tempio stesso, come si dice erroneamente), continuano a gridarlo! (Lc., XIX, 40), e lo gridano tuttora tranquillissimamente."
Sottolineando che la definizione di "figlio maggiore e prediletto" come ci hanno obbligato a credere gli appartenenti della chiesa conciliare vaticano secondista, NON è CONTEMPLATA ALL'INTERNO DELLA BIBBIA.
Se di figlio maggiore si è parlato, RIGUARDA il fatto che ha avuto la maggiore occasione per servire Dio, invece poi come si è visto con la Profezia di Noè e di Giacobbe, tutto si è ribaltato. Con ciò chi ancora oggi afferma che i seguaci della religione del sinedrio sono gli stessi dell' Antico Testamento, deforma e cambia la Parola di Dio.
Gesù stesso ha detto GUAI a chi si fosse macchiato di questo grave delitto.
Per quanto riguarda il DEICIDIO COMMESSO DAL POPOLO osservante della dottrina esoterica del talmud o giudei moderni sinedrini, non vi è dubbio che il tentativo di far decadere la loro IMMANE COLPA, inizia ancor prima dei lavori del PERFIDO concilio vat.II.
L'autore principale è stato un certo Jules Isaac appartenente alla più importante e potente organizzazione massonica cabalista talmudista, chiamata B'Nai B'Rith.
Questo personaggio amico di la Pira autore del libro " Gli ebrei non hanno ucciso Gesù" e con ciò premiato dalla "chiesa" conciliare con il titolo di "servo di Dio".
Inoltre il "cardinale" Bea (notoriamente massone), era considerato l'omologo cattolico dell'Isaac. Insieme più o meno visibilmente avrebbero in accordo con Giovanni XXIII, composto le diretive per il documento concilare di Nostra Aetate.
Ecco da dove comincia la negazione del Deicidio dei veri colpevoli, scaricandola per intero su Pilato e sui soldati Romani, una raccappricciante imposizione e falsificazione dittatoriale della storia che ha COMPROMESSO LA VERIDICITA' DEL VANGELO.
Errata corrige:
EliminaCon ciò chi ancora oggi afferma che i moderni seguaci della religione del sinedrio SIANO gli stessi E CON LO STESSO PRIVILEGIO descritto nell' Antico Testamento, DEFORMA e cambia la Parola di Dio!
Card. Bea massone? E con quale prove? GXXIII e Bea "avrebbero".... Solo stupidaggini, poi vi chiedete perché il Papa si rifiuta di incontrarvi! Siete patetici.
EliminaI nostri migliori auguri di un Santo Natale del Signore a "Lettrice".
EliminaTra l'altro, non mi risulta che il binomio FIGLIO MAGGIORE e PREDILETTO nella Bibbia vadano assieme, ANZI, all'opposto!
RispondiEliminaTenco
Cara lettrice,
RispondiEliminaIl termine "figlio maggiore e prediletto" è virgolettato perché posto come paradosso o è la citazione di qualche autore?
Potrebbe chiarire il significato di questo termine?
Non ho capito bene alla fine dell'articolo precedente la questione dei nik, tengo a dire che io mi firmo sempre! Se litigo o polemizzo con qualcuno voglio e devo sempre farmi riconoscere. Altrimenti non sarebbe contesa supportata da reali convinzioni, ma solo blaterare in maniera dismorfofobica.
Mi interessa comunque sapere cosa ne pensa di due post: il primo all'inizio dell'articolo seguente (Comunismo/massoneria/autoritarismo) e l'altro sull'aborto mi pare due articoli fa. Mi piacerebbe un commento, perché ho apprezzato la sua preparazione nella nota "simulazione di eresia".
Cari saluti,
Avamposticulturali.
Il credo messianico woityliano e ratzingeriano della teoria vaticanseconda è dettato dalla'amore verso l'oppresso che si identifica nel povero ebreo conculcato dalla storia dei goiym e messo a morte nei lager nazisti.
RispondiEliminaDacquì la eterogenesi positiva della trasformazione metempsicotica degli ebrei in nostri fratelli maggiori secondo le parole sagge del benefattore Onu, nonchè estimatore, Woityla il Grande e Santo.
Ratzinger il filosof-teologo segue con teutonica marcia trionfale la strada intrapresa dal predecessore giudaico per condurre i cattolici alla venerazione dei fratelli maggiori vessati e trucidati dagli ariani teutonici.
Avamporti retroculturali.
Il precedente post non è mio!
EliminaAvampostculturali
P.s.
Delfino puoi anche firmarti,
Grazie
E' stato detto di pensare a ciò che è scritto e non alla firma, perchè c'è chi sta usando il nickname di altri: quindi, non facciamo più caso a CHI scrive, ma al messaggio.
EliminaNon capisco proprio perchè avamposti cult. pretenda di essere me ovvero "avamporti retroculturali" !
RispondiEliminaEcco qua, che si dimostra proprio la sua megalomania viziata da compulsione a reiterare le blaterate.Infatti preso com'è dalla foga di essere lui e solo lui non legge bene neanche le firme!!!!!
Mardunolbo
Quattro gatti e non vi ritrovate, che pena!
EliminaMeglio soli che mal accompagnati!!
Elimina4 gatti? Sicuro???
RispondiEliminaRicordati che noi siamo in comunione con secoli e secoli di storia della Chiesa!
Noi siamo in comunione con tutti i Santi i Papi e i fedeli che si sono succeduti fino al'infausto Vaticano II.
Si può quindi dire che siamo in buona compagnia!
Jhon 777
Illuso
Eliminastolto anonimo 00:38
Eliminasolo tu e tutti i nemici massoni che hanno imposto il concidiabolo vat.2 vi sei illusi di distruggere fede e Chiesa, ma vi sbagliate di grosso!!!