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giovedì 26 maggio 2011

Appello di Magdi Cristiano al Papa...

O Comunismo, o Cristo


Ora, sotto il nome di comunismo, non s’intende più semplicemente un sistema economico, ma si vede la semplice negazione di tutto intero l’ordine spirituale, tutto riducendo al trionfo della materia. Alla stessa Provvidenza si sostituisce ora il materialismo storico. I diversi governi hanno fin qui creduto di poter opporre alla marea comunista una diga in grazia di tutto un sistema di leggi in favore del proletariato. L’intenzione può bensì essere degna d’encomio, ma il rimedio non è questo, perché non è questa la malattia di cui soffre oggi la società.

Oggi comunismo non significa più semplicemente un sistema economico, come ancora lo concepiscono parecchi credenti che tempo addietro vollero intitolarsi: Comunisti Cristiani. Oggi il Comunismo integrale è essenzialmente un sistema religioso, che vuole distruggere i valori dello spirito in grazie del più puro ed assoluto materialismo. Dio, Patria e Famiglia nel sistema Comunista integrale non hanno più senso alcuno. L’anima del mondo è il materialismo storico.

Per combattere questa speciale forma di occulto Satanismo, avversario non meno della Religione, che di tutte le Patrie, non c’è che Cristo. Egli solo può vincere Satana ed incatenarlo ai suoi piedi, come ce lo spiega Abacuc nel suo Cantico: (Deus) stetit et mensus est terram; ante faciem Eius ibit mors. Et egredietur diabolus ante pedes eius…

Le sole forze umane non bastano a trattenere l’avanzata travolgente del Comunismo. Forse, tra mezzo secolo apparirà ancora più evidente la natura essenzialmente religiosa della guerra che fin d’ora scuote il mondo: o Comunismo, o Cristo. Chi non vuole soccombere al materialismo assoluto, si schieri con Cristo vincitore.

[Tratto da una lettera pastorale del Cardinale Ildefonso Schuster, datata 10 febbraio 1945].
Appello di Magdi Cristiano al Papa

Inoltre ricordiamo, a chi appoggia il movimento diabolico comunista, in che cosa incorre...


Il Decreto[5] in questione è scritto in latino; questa è una sua traduzione integrale:

« È stato chiesto a questa Suprema Sacra Congregazione:
  1. se sia lecito iscriversi al partito comunista o sostenerlo;
  2. se sia lecito stampare, divulgare o leggere libri, riviste, giornali o volantini che appoggino la dottrina o l'opera dei comunisti, o scrivere per essi;
  3. se possano essere ammessi ai Sacramenti i cristiani che consapevolmente e liberamente hanno compiuto quanto scritto nei numeri 1 e 2;
  4. se i cristiani che professano la dottrina comunista materialista e anticristiana, e soprattutto coloro che la difendono e la propagano, incorrano ipso facto nella scomunica riservata alla Sede Apostolica, in quanto apostati della fede cattolica.
Gli Eminentissimi e Reverendissimi Padri preposti alla tutela della fede e della morale, avuto il voto dei Consultori, nella riunione plenaria del 28 giugno 1949 risposero decretando:
  1. negativo: infatti il comunismo è materialista e anticristiano; i capi comunisti, sebbene a volte sostengano a parole di non essere contrari alla Religione, di fatto sia nella dottrina sia nelle azioni si dimostrano ostili a Dio, alla vera Religione e alla Chiesa di Cristo;
  2. negativo: è proibito dal diritto stesso (cfr. canone 1399[6] del Codice di Diritto Canonico);
  3. negativo, secondo i normali princìpi di negare i Sacramenti a coloro che non siano ben disposti;
  4. affermativo.
Il giorno 30 dello stesso mese ed anno il Papa Pio XII, nella consueta udienza all'Assessore del Sant'Uffizio, ha approvato la decisione dei Padri e ha ordinato di promulgarla nel commentario ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis»

(Decretum, 1 luglio 1949)

Fonte:Oltre l’orgoglio umano: contro il socialismo e il comunismo


Le dottrine inventate dai moderni circa la potestà politica recano già grandi calamità agli uomini, ed è da temere che apportino per l’avvenire mali estremi. Infatti, il non volere che il diritto di comandare derivi da Dio, altro non è che volere strappare dal potere politico il migliore splendore e privarlo delle sue forze maggiori. Quando poi lo fanno dipendere dall’arbitrio della moltitudine, asseriscono in primo luogo una fallace opinione, e in secondo luogo pongono il principato su un fondamento troppo leggero ed instabile. Conseguentemente, le passioni popolari, aizzate e stimolate da siffatte opinioni, insorgeranno più audacemente, e con grande rovina per la cosa pubblica trascenderanno in ciechi tumulti ed aperte sedizioni. Infatti, dopo la cosiddetta Riforma, i cui promotori e capi combatterono radicalmente con nuove dottrine la potestà sacra e civile, repentini tumulti ed audacissime ribellioni seguirono specialmente in Germania, e ciò con tanta deflagrazione di guerra civile e con tanta strage, che pareva non ci fosse alcun luogo immune da tumulti insanguinati. Da quella eresia ebbero origine nel secolo passato la falsa filosofia, quel diritto che chiamano nuovo, la sovranità popolare e quella trasmodante licenza che moltissimi ritengono la sola libertà. Da ciò si è arrivati alle finitime pesti che sono il Comunismo, il Socialismo, il Nichilismo, orrendi mali e quasi sterminio della società civile.
(LEONE XIII, Lettera Enciclica, Diuturnum, 1881)

Dunque il fondamento di queste malsane ideologie è da ricercarsi nelle principali filosofie dell’età moderna, come il naturalismo, la  riforma protestante e l’illuminismo che,

combattute e rigettate come nemiche della ragione le verità soprannaturali della fede, […] costringe lo stesso Autore e Redentore del genere umano ad uscire insensibilmente e a poco a poco dalle Università, dai Licei e dai Ginnasi e da ogni pubblica consuetudine della vita. Infine, messi in dimenticanza i premi e le pene della eterna vita avvenire, l’ardente desiderio della felicità è stato rinserrato entro gli angusti confini del presente.
(LEONE XIII, Lettera Enciclica, Quod Apostolici Muneris, 1878)

In tal modo

le sette socialistiche […] che massimamente dopo il 1838 cominciarono a prendere forme e sembianze spiccate, altro non sono che sviluppamenti novelli e trasformazioni dell'Illuminismo, variatine i soli accidenti. La sostanza, lo scopo, i mezzi, lo spirito, i princìpi, sono i medesimi.
(La civiltà cattolica, Le società segrete, 1852)

Il socialismo, dunque, è un’ideologia che affonda le radici nel naturalismo e nelle sue evoluzioni politico-sociali, ma non bisogna trascurare che storicamente si costituisce come una risposta alternativa all’ordinamento capitalista. Anche il capitalismo si radica nel naturalismo, propriamente è il frutto dell’etica protestante, in particolare del calvinismo, che inventò un quadro di razionalità per l’individuo fornendogli una salda interpretazione della sua azione nel mondo. Il successo materiale divenne per i rigorosi calvinisti segno dell’elezione divina. L’attività economica, fondata sul profitto, sugli investimenti e dunque sull’ascesi mondana del lavoro e della professione, veniva compiuta per la maggior gloria di Dio e per la realizzazione delle sue finalità, infatti è il lavoro che nobilita l’uomo e la ricchezza è il segno del favore divino, la garanzia di essere predestinati alla salvazione, poiché se i frutti sono buoni, buono è anche l’albero – cioè l’uomo, la comunità, lo Stato – che li promuove. Dunque, alla fine del XVIII secolo, la nuova morale si sposava perfettamente con la nuova classe sociale in espansione: la borghesia. Tuttavia

verso la fine del secolo XIX, il nuovo sistema economico da poco introdotto e i nuovi incrementi dell'industria erano giunti a far sì che la società in quasi tutte le nazioni apparisse sempre più recisamente divisa in due classi: l'una, esigua di numero, che godeva di quasi tutte le comodità in sì grande abbondanza apportate dalle invenzioni moderne; l'altra, composta da una immensa moltitudine di operai i quali, oppressi da rovinosa penuria, indarno s'affannavano per uscire dalle loro strettezze. 
(PIO XI, Lettera Enciclica, Quadragesimo anno, 1931)

Il socialismo, pertanto, vuole superare il capitalismo per ristabilire una giustizia sociale in cui si raggiunga una morale solidale tra gli uomini, un equilibrio della proprietà e la fine dello sfruttamento e dell’egoismo individualista di matrice liberale. Infatti la critica socialista si scaglia contro il liberalismo che, spazzando via la società rigida e chiusa tipica del medioevo, ha voluto istituire il regime della libertà politica e del potere economico della borghesia. Così il socialismo si rivolge alle classi sfruttate, proletariato e contadini, promettendo un mondo in cui sia abolito il potere dell'uomo sull'uomo; in questo senso la radice delle ingiustizie sociali è identificata appunto nel capitalismo. Ed effettivamente non si può trascurare il fatto che

per lungo tempo certamente il capitale troppo aggiudicò a sé stesso. Quanto veniva prodotto e i frutti che se ne ricavavano, ogni cosa il capitale prendeva per sé, lasciando appena all'operaio tanto che bastasse a ristorare le forze e a riprodurre. Giacché andavano dicendo che per una legge economica affatto ineluttabile [scuola di Manchester, n.d.a.], tutta la somma del capitale apparteneva ai ricchi, e per la stessa legge gli operai dovevano rimanere in perpetuo nella condizione di proletari, costretti cioè a un tenore di vita precario e meschino. […] Una tale concentrazione di forze e di potere, che è quasi la nota specifica della economia contemporanea, è il frutto naturale di quella sfrenata libertà di concorrenza che lascia sopravvivere solo i più forti, cioè, spesso i più violenti nella lotta e i meno curanti della coscienza. 
(PIO XI, Lettera Enciclica, Quadragesimo anno, 1931)

Le conseguenze di questo «spirito individualistico dell’economia» hanno prodotto una situazione in cui

alla libertà del mercato è sottentrata la egemonia economica; alla bramosia del lucro è seguita la sfrenata cupidigia del predominio; e tutta l'economia è così divenuta orribilmente dura, inesorabile, crudele. […] A ciò si aggiungono i danni gravissimi che sgorgano dalla deplorevole confusione delle ingerenze e servizi propri dell'autorità pubblica con quelli della economia stessa: quale, per citarne uno solo tra i più importanti, l'abbassarsi della dignità dello Stato, che si fa servo e docile strumento delle passioni e ambizione umane, mentre dovrebbe assidersi quale sovrano e arbitro delle cose, libero da ogni passione di partito e intento al solo bene comune e alla giustizia. Nell'ordine poi delle relazioni internazionali, da una stessa fonte sgorgò una doppia corrente: da una parte, il nazionalismo o anche l'imperialismo economico; dall'altra non meno funesto ed esecrabile, l'internazionalismo bancario o imperialismo internazionale del denaro, per cui la patria è dove si sta bene. 
(PIO XI, Lettera Enciclica, Quadragesimo anno, 1931)

E’ in un tale quadro globale che il socialismo si rivolge alle classi sfruttate, proletariato e contadini, promettendo loro un mondo caratterizzato dal predominio delle classi popolari che detengono il potere economico e asserviscono, o addirittura annullano, lo Stato. In tal modo

coloro che con nomi diversi e quasi barbari si chiamano Socialisti, Comunisti […] si sforzano di realizzare il disegno, già da lungo tempo concepito, di scuotere le fondamenta dello stesso consorzio civile. Costoro sono quelli che, secondo le Scritture divine, "contaminano la carne, disprezzano l’autorità, bestemmiano la maestà" (Gd 8), e nulla rispettano e lasciano integro di quanto venne dalle leggi umane e divine sapientemente stabilito per l’incolumità e il decoro della vita. Ai poteri superiori (ai quali, secondo l’ammonimento dell’Apostolo, conviene che ogni anima si tenga soggetta, e che da Dio ricevono il diritto di comandare) ricusano l’obbedienza e predicano la perfetta uguaglianza di tutti nei diritti e negli uffici. Disonorano l’unione naturale dell’uomo e della donna, rispettata come sacra perfino dai barbari, e indeboliscono e anche lasciano in balìa della libidine il vincolo coniugale per il quale principalmente si mantiene unita la società domestica. Presi infine dalla cupidigia dei beni terreni, che "è radice di tutti i mali, e per amore della quale molti hanno traviato dalla fede" (1Tm 6,19), impugnano il diritto di proprietà stabilito per legge di natura.
(LEONE XIII, Lettera Enciclica, Quod Apostolici Muneris, 1878)

In altre parole i socialisti intendono eliminare il profitto individuale in modo che, quanto si produce e si percepisce di reddito, trattone quel tanto che basti a risarcire e riprodurre il capitale, si deve trasferire allo Stato, «socializzare» per il benessere comune. Di conseguenza,

l'attività economica, della quale essi considerano solamente il fine materiale, deve per necessità essere condotta socialmente. E da siffatta necessità, secondo essi, deriva che gli uomini sono costretti, per ciò che riguarda la produzione, a sottomettersi interamente alla società; anzi il possedere una maggiore abbondanza di ricchezze che possa servire alle comodità della vita, è stimato tanto che gli si debbono posporre i beni più alti dell'uomo, specialmente la libertà, sacrificandoli tutti alle esigenze di una produzione più efficace. Questo pregiudizio dell'ordinamento «socializzato» della produzione portato alla dignità umana, essi credono che sarà largamente compensato dall'abbondanza dei beni, che gli individui ne ritrarranno per poterli applicare alle comodità e alle convenienze della vita secondo i loro piaceri. La società dunque, qual è immaginata dal socialismo, non può esistere né concepirsi disgiunta da una costrizione veramente eccessiva, e d'altra parte resta in balia di una licenza non meno falsa, perché mancante di una vera autorità sociale: poiché questa non può fondarsi sui vantaggi temporanei e materiali, ma solo può venire da Dio Creatore e fine ultimo di tutte le cose.
(PIO XI, Lettera Enciclica, Quadragesimo anno, 1931)

Così

i socialisti, attizzando nei poveri l'odio ai ricchi, pretendono si debba abolire la proprietà, e far di tutti i particolari patrimoni un patrimonio comune, da amministrarsi per mezzo del municipio e dello stato. Con questa trasformazione della proprietà da personale in collettiva, e con l'eguale distribuzione degli utili e degli agi tra i cittadini, credono che il male sia radicalmente riparato. Ma questa via, non che risolvere le contese, non fa che danneggiare gli stessi operai, ed è inoltre ingiusta per molti motivi, giacché manomette i diritti dei legittimi proprietari, altera le competenze degli uffici dello Stato, e scompiglia tutto l'ordine sociale.
(LEONE XIII, Lettera Enciclica, Rerum Novarum, 1878)

Per raggiungere tutti gli scopi prefissati i socialisti mirano all’autodeterminazione delle classi popolari attraverso una lotta di classe, ovvero una contrapposizione tra le classi sociali mirando al trionfo del proletariato.
Ora, vista la situazione critica del capitalismo, in cui un piccolissimo numero di straricchi ha imposto all'infinita moltitudine dei proletari un gioco poco meno che servile, va detto che

il socialismo […] in qualche modo si avvicini a quelle verità che la tradizione cristiana ha sempre solennemente insegnate; poiché non si può negare che le sue rivendicazioni si accostino talvolta, e molto da vicino, a quelle che propongono a ragione i riformatori cristiani della società.
(PIO XI, Lettera Enciclica, Quadragesimo anno, 1931)

Tuttavia

se il socialismo, come tutti gli errori, ammette pure qualche parte di vero (il che del resto non fu mai negato dai Sommi Pontefici), esso tuttavia si fonda su una dottrina della società umana, tutta sua propria e discordante dal vero cristianesimo. Socialismo religioso e socialismo cristiano sono dunque termini contraddittori: nessuno può essere buon cattolico ad un tempo e vero socialista. 
(PIO XI, Lettera Enciclica, Quadragesimo anno, 1931)

Quindi anche il socialismo «mite», il cosiddetto socialismo democratico, la social-democrazia, il socialismo liberale, che inseriti nei sistemi democratico-borghesi adottano un approccio riformista per realizzare in maniera più temperata la lotta di classe e l’abolizione relativa della proprietà privata, sono nemici della società cristiana. Precisamente tutto

il socialismo, sia considerato come dottrina, sia considerato come fatto storico, sia come «azione», se resta veramente socialismo, anche dopo aver ceduto alla verità e alla giustizia su questi punti che abbiamo detto, non può conciliarsi con gli insegnamenti della Chiesa cattolica. Giacché il suo concetto della società è quanto può dirsi opposto alla verità cristiana. Infatti, secondo la dottrina cristiana, il fine per cui l'uomo dotato di una natura socievole, si trova su questa terra, è questo che, vivendo in società e sotto un'autorità sociale ordinata da Dio (cfr. Rom 13,1), coltivi e svolga pienamente tutte le sue facoltà a lode e gloria del Creatore; e adempiendo fedelmente i doveri della sua professioni o della sua vocazione, qualunque sia, giunga alla felicità temporale ed insieme alla eterna. Il socialismo al contrario, ignorando o trascurando del tutto questo fine sublime, sia dell'uomo come della società, suppone che l'umano consorzio non sia istituito se non in vista del solo benessere. 
(PIO XI, Lettera Enciclica, Quadragesimo anno, 1931)

Pertanto

si ricordino tutti che di cotesto socialismo educatore è padre bensì il liberalismo, ma l'erede è e sarà il bolscevismo. 
(PIO XI, Lettera Enciclica, Quadragesimo anno, 1931)

Pio XI si riferisce all’evoluzione più violenta e rivoluzionaria del socialismo, ovvero il comunismo:

un partito infatti del socialismo andò soggetto alla trasformazione [...], rispetto all'economia capitalistica, e precipitò nel comunismo; il quale insegna e persegue due punti, né già per vie occulte o per raggiri, ma alla luce aperta e con tutti i mezzi, anche più violenti una lotta di classe la più accanita e l'abolizione assoluta della proprietà privata. E nel perseguire i due intenti non v'ha cosa che esso non ardisca, niente che rispetti: e dove si è impadronito del potere, si dimostra tanto più crudele e selvaggio, che sembra cosa incredibile e mostruosa. Di che sono prova le stragi spaventose e le rovine che esso ha accumulato sopra vastissimi paesi dell'Europa Orientale e dell'Asia. Quanto poi sia nemico dichiarato della santa Chiesa, e di Dio stesso, è cosa purtroppo dimostrata dall'esperienza e a tutti notissima. Non crediamo perciò necessario premunire i figli buoni e fedeli della Chiesa contro la natura empia e ingiusta del Comunismo; […] soprattutto meritano di essere condannati coloro che trascurano di sopprimere o trasformare quelle condizioni di cose, che esasperano gli animi dei popoli e preparano con ciò la via alla rivoluzione e alla rovina della società. 
(PIO XI, Lettera Enciclica, Quadragesimo anno, 1931)

La dottrina comunista

si fonda sui princìpi già predicati da C. Marx del materialismo dialettico e del materialismo storico, di cui i teorici del bolscevismo pretendono possedere l’unica genuina interpretazione. Questa dottrina insegna che esiste una sola realtà, la materia, con le sue forze cieche, la quale evolvendosi diventa pianta, animale, uomo. Anche la società umana non ha altro che un’apparenza e una forma della materia che si evolve nel detto modo, e per ineluttabile necessità tende, in un perpetuo conflitto delle forze, verso la sintesi finale: una società senza classi. In tale dottrina, com’è evidente, non vi è posto per l’idea di Dio, non esiste differenza fra spirito e materia, né tra anima e corpo; non si dà sopravvivenza dell’anima dopo la morte, e quindi nessuna speranza in un’altra vita. Insistendo sull’aspetto dialettico del loro materialismo, i comunisti pretendono che il conflitto, che porta il mondo verso la sintesi finale, può essere accelerato dagli uomini. Quindi si sforzano di rendere più acuti gli antagonismi che sorgono fra le diverse classi della società; e la lotta di classe, con i suoi odi e le sue distruzioni, prende l’aspetto d’una crociata per il progresso dell’umanità. Invece, tutte le forze, quali che esse siano, che resistono a quelle violenze sistematiche, debbono essere annientate come nemiche del genere umano. […] Che cosa sarebbe dunque la società umana, basata su tali fondamenti materialistici? Sarebbe una collettività senz’altra gerarchia che quella del sistema economico. Essa avrebbe come unica missione la produzione dei beni per mezzo del lavoro collettivo e per fine il godimento dei beni della terra in un paradiso in cui ciascuno «darebbe secondo le sue forze, e riceverebbe secondo i suoi bisogni». Alla collettività il comunismo riconosce il diritto, o piuttosto l’arbitrio illimitato, di aggiogare gli individui al lavoro collettivo, senza riguardo al loro benessere personale, anche contro la loro volontà e persino con la violenza. In essa tanto la morale quanto l’ordine giuridico non sarebbero se non un’emanazione del sistema economico del tempo, di origine quindi terrestre, mutevole e caduca. In breve, si pretende di introdurre una nuova epoca e una nuova civiltà, frutto soltanto di una cieca evoluzione: «una umanità senza Dio». Quando poi le qualità collettive saranno finalmente acquisite da tutti, in quella condizione utopistica di una società senza alcuna differenza di classi, lo Stato politico, che ora si concepisce solo come lo strumento di dominazione dei capitalisti sui proletari, perderà ogni sua ragione d’essere e si « dissolverà »; però, finché questa beata condizione non sarà attuata, lo Stato e il potere statale sono per il comunismo il mezzo più efficace e più universale per conseguire il suo fine.
(PIO XI, Lettera Enciclica, Divini Redemptoris, 1931)

Per realizzare tutti questi obiettivi il comunismo prevede senza mezzi termini l’utilizzo della lotta, della rivoluzione, dello scontro violento, tuttavia è ingannatore perché si nasconde dietro un falso buonismo, un falso pacifismo, il desiderio di una falsa pace sociale, infatti

il comunismo nel principio si mostrò quale era in tutta la sua perversità, ma ben presto si accorse che in tale modo allontanava da sé i popoli, e perciò ha cambiato tattica e procura di attirare le folle con vari inganni, nascondendo i propri disegni dietro idee che in sé sono buone ed attraenti. Così, vedendo il comune desiderio di pace, i capi del comunismo fingono di essere i più zelanti fautori e propagatori del movimento per la pace mondiale; ma nello stesso tempo eccitano a una lotta di classe che fa correre fiumi di sangue, e sentendo di non avere interna garanzia di pace, ricorrono ad armamenti illimitati. Così, sotto vari nomi che neppure alludono al comunismo, fondano associazioni e periodici che servono poi unicamente a far penetrare le loro idee in ambienti altrimenti a loro non facilmente accessibili; anzi procurano con perfidia di infiltrarsi in associazioni cattoliche e religiose. Così altrove, senza punto recedere dai loro perversi princìpi, invitano i cattolici a collaborare con loro sul campo così detto umanitario e caritativo, proponendo talvolta anche cose del tutto conformi allo spirito cristiano e alla dottrina della Chiesa.
(PIO XI, Lettera Enciclica, Divini Redemptoris, 1931)

Tra gli obiettivi del comunismo spicca la lotta contro la religione che è considerata come una droga. Infatti secondo Marx

il fondamento della critica irreligiosa è questa: è l'uomo che fa la religione, e non la religione che fa l’uomo. […] E precisamente: la religione è là coscienza di sé e la consapevolezza del proprio valore dell'uomo, il quale o non ha ancora acquistata la propria autonomia o l'ha già perduta. Ma l'uomo non è un essere astratto che vaga fuori del mondo. L'uomo non è altro che il mondo dell'uomo, lo Stato, la società. Questo stato, questa società producono la religione, che è una conoscenza capovolta del mondo, appunto perché essi costituiscono un mondo capovolto. […] la miseria religiosa è, da un lato, l'espressione della miseria effettiva e, dall’altro, la protesta contro questa miseria effettiva. La religione è il gemito della creatura oppressa, l'animo di un mondo senza cuore, cosi com'è lo spirito di una condizione di vita priva di spiritualità. Essa è l'oppio del popolo.
(MARX, Karl, FIRPO, Luigi (a cura di), Scritti politici giovanili, Torino, Einaudi, 1975, pp. 394-395)

Dunque

Il comunismo è per sua natura antireligioso, e considera la religione come «l’oppio del popolo» perché i princìpi religiosi che parlano della vita d’oltre tomba, distolgono il proletario dal mirare al conseguimento del paradiso sovietico, che è di questa terra. 
(PIO XI, Lettera Enciclica, Divini Redemptoris, 1931)

Per tutti questi motivi il comunismo, quanto il socialismo, rappresenta

un sistema, pieno di errori e sofismi, contrastante sia con la ragione sia con la rivelazione divina; sovvertitore dell’ordine sociale, perché equivale alla distruzione delle sue basi fondamentali, misconoscitore della vera origine della natura e del fine dello Stato, negatore dei diritti della personalità umana, della sua dignità e libertà.
(PIO XI, Lettera Enciclica, Divini Redemptoris, 1931)

Di fronte a queste ideologie deliranti, la Chiesa, custode della verità, ha la forza di proporre un modello sociale conforme alle leggi eterne stabilite da Dio: la società cristiana. In tal senso, la Chiesa, guardando oltre l’orgoglio umano, non cessa mai di proclamare al mondo che

al di sopra di ogni altra realtà sta il sommo, unico supremo Essere, Dio, Creatore onnipotente di tutte le cose, Giudice sapientissimo e giustissimo di tutti gli uomini. Questa suprema realtà, Dio, è la condanna più assoluta delle impudenti menzogne del comunismo. E in verità, non perché gli uomini credono, Dio è; ma perché Egli è, perciò lo crede e lo prega chiunque non chiuda volontariamente gli occhi di fronte alla verità. […] L’uomo ha un’anima spirituale e immortale; è una persona, dal Creatore ammirabilmente fornita di doni di corpo e di spirito, un vero « microcosmo » come dicevano gli antichi, un piccolo mondo, che vale di gran lunga più di tutto l’immenso mondo inanimato. Egli ha in questa e nell’altra vita solo Dio per ultimo fine; è dalla grazia santificante elevato al grado di figlio di Dio e incorporato al regno di Dio nel mistico corpo di Cristo. Conseguentemente Dio l’ha dotato di molteplici e svariate prerogative: diritto alla vita, all’integrità del corpo, ai mezzi necessari all’esistenza; diritto di tendere al suo ultimo fine nella via tracciata da Dio; diritto all’associazione, alla proprietà, e all’uso della proprietà. Come il matrimonio e il diritto all’uso naturale di esso sono di origine divina, così anche la costituzione e le prerogative fondamentali della famiglia sono state determinate e fissate dal Creatore stesso, non dall’arbitrio umano né da fattori economici
(PIO XI, Lettera Enciclica, Divini Redemptoris, 1931)

Per ciò che riguarda la proprietà privata i pontefici

hanno sempre unanimemente affermato che il diritto del dominio privato viene largito agli uomini dalla natura, cioè dal Creatore stesso, sia perché gli individui possano provvedere a sé e alla famiglia, sia perché, grazie a tale istituto, i beni del Creatore, essendo destinati a tutta l'umana famiglia, servano veramente a questo fino; il che in nessun modo si potrebbe ottenere senza l'osservanza di un ordine certo e determinato. Pertanto occorre guardarsi diligentemente dall'urtare contro un doppio scoglio. Giacché, come negando o affievolendo il carattere sociale e pubblico del diritto di proprietà si cade e si rasenta il cosiddetto «individualismo», così respingendo e attenuando il carattere privato e individuale del medesimo diritto, necessariamente si precipita nel «collettivismo» o almeno si sconfina verso le sue teorie.
(PIO XI, Lettera Enciclica, Quadragesimo anno, 1931)

In difesa della proprietà privata basti richiamare le mirabili parole di Leone XIII. Infatti

non è difficile capire che lo scopo del lavoro, il fine prossimo che si propone l'artigiano, è la proprietà privata. Poiché se egli impiega le sue forze e la sua industria a vantaggio altrui, lo fa per procurarsi il necessario alla vita: e però con il suo lavoro acquista un vero e perfetto diritto, non solo di esigere, ma d'investire come vuole, la dovuta mercede. Se dunque con le sue economie è riuscito a far dei risparmi e, per meglio assicurarli, li ha investiti in un terreno, questo terreno non è infine altra cosa che la mercede medesima travestita di forma, e conseguente proprietà sua, né più né meno che la stessa mercede. […] Il gran privilegio dell'uomo, ciò che lo costituisce tale o lo distingue essenzialmente dal bruto, è l'intelligenza, ossia la ragione. E appunto perché ragionevole, si deve concedere all'uomo qualche cosa di più che il semplice uso dei beni della terra, comune anche agli altri animali: e questo non può essere altro che il diritto di proprietà stabile; né proprietà soltanto di quelle cose che si consumano usandole, ma anche di quelle che l'uso non consuma. […] La terra, per altro, sebbene divisa tra i privati, resta nondimeno a servizio e beneficio di tutti, non essendovi uomo al mondo che non riceva alimento da essi. Chi non ha beni propri vi supplisce con il lavoro; tanto che si può affermare con verità che il mezzo universale per provvedere alla vita è il lavoro, impiegato o nel coltivare un terreno proprio, o nell'esercitare un'arte, la cui mercede in ultimo si ricava dai molteplici frutti della terra e in essi viene commutata. Ed è questa un'altra prova che la proprietà privata è conforme alla natura. Il necessario al mantenimento e al perfezionamento della vita umana la terra ce lo somministra largamente, ma ce lo somministra a questa condizione, che l'uomo la coltivi e le sia largo di provvide cure. […] Così evidenti sono tali ragioni, che non si sa capire come abbiano potuto trovar contraddizioni presso alcuni, i quali, rinfrescando vecchie utopie, concedono bensì all'uomo l'uso del suolo e dei vari frutti dei campi, ma del suolo ove egli ha fabbricato e del campo che ha coltivato gli negano la proprietà. Non si accorgono costoro che in questa maniera vengono a defraudare l'uomo degli effetti del suo lavoro. Giacché il campo dissodato dalla mano e dall'arte del coltivato non è più quello di prima, da silvestre è divenuto fruttifero, da sterile ferace. Questi miglioramenti prendono talmente corpo in quel terreno che la maggior parte di essi ne sono inseparabili. Ora, che giustizia sarebbe questa, che un altro il quale non ha lavorato subentrasse a goderne i frutti? Come l'effetto appartiene alla sua causa, così il frutto del lavoro deve appartenere a chi lavora. […] Né manca il suggello della legge divina, la quale vieta strettissimamente perfino il desiderio della roba altrui: Non desiderare la moglie del prossimo tuo: non la casa, non il podere, non la serva, non il bue, non l'asino, non alcuna cosa di tutte quelle che a lui appartengono
(LEONE XIII, Lettera Enciclica, Rerum Novarum, 1891)

Quindi

è lecito dice San Tommaso, "anzi necessario all'umana vita che l'uomo abbia la proprietà dei beni" (San Tommaso d'Aquino, STh, II-II, 66, 2, c). Ma se inoltre si domandi quale debba essere l'uso di tali beni, la Chiesa per bocca del santo Dottore non esita a rispondere che, "per questo rispetto, l'uomo non deve possedere i beni esterni come propri, bensì come comuni, in modo che facilmente li comunichi all'altrui necessità. Onde l'Apostolo dice: Comanda ai ricchi di questo secolo di dare e comunicare facilmente il proprio" (San Tommaso d'Aquino, STh, II-II, 66, 2, c). Nessuno, certo, è tenuto a soccorrere gli altri con le cose necessarie a sé e ai suoi, anzi neppure con ciò che è necessario alla convivenza e al decoro del proprio stato, "perché nessuno deve vivere in modo non conveniente" (San Tommaso d'Aquino, STh, II-II, 32, a. 6). Ma, soddisfatte le necessità e la convenienza, è dovere soccorrere col superfluo i bisognosi: "Quello che sopravanza date in elemosina" (cf. Lc 11, 41).
(LEONE XIII, Lettera Enciclica, Rerum Novarum, 1891)

Inoltre, in merito alla lotta di classe,

l'insegnamento cristiano, di cui è interprete e custode la Chiesa, è potentissimo a conciliare e mettere in accordo fra loro i ricchi e i proletari, ricordando agli uni e agli altri i mutui doveri incominciando da quello imposto dalla giustizia. Obblighi di giustizia, quanto al proletario e all'operaio, sono questi: prestare interamente e fedelmente l'opera che liberamente e secondo equità fu pattuita; non recar danno alla roba, né offesa alla persona dei padroni; nella difesa stessa dei propri diritti astenersi da atti violenti, né mai trasformarla in ammutinamento; non mescolarsi con uomini malvagi, promettitori di cose grandi, senza altro frutto che quello di inutili pentimenti e di perdite rovinose. E questi sono i doveri dei capitalisti e dei padroni: non tenere gli operai schiavi; rispettare in essi la dignità della persona umana, nobilitata dal carattere cristiano. Agli occhi della ragione e della fede il lavoro non degrada l'uomo, ma anzi lo nobilita col metterlo in grado di vivere onestamente con l'opera propria. Quello che veramente è indegno dell'uomo è di abusarne come di cosa a scopo di guadagno, né stimarlo più di quello che valgono i suoi nervi e le sue forze. Viene similmente comandato che nei proletari si deve aver riguardo alla religione e ai beni dell'anima. È obbligo perciò dei padroni lasciare all'operaio comodità e tempo che bastino a compiere i doveri religiosi; non esporlo a seduzioni corrompitrici e a pericoli di scandalo; non alienarlo dallo spirito di famiglia e dall'amore del risparmio; non imporgli lavori sproporzionati alle forze, o mal confacenti con l'età e con il sesso. Principalissimo poi tra i loro doveri è dare a ciascuno la giusta mercede. Il determinarla secondo giustizia dipende da molte considerazioni: ma in generale si ricordino i capitalisti e i padroni che le umane leggi non permettono di opprimere per utile proprio i bisognosi e gli infelici, e di trafficare sulla miseria del prossimo. Defraudare poi la dovuta mercede è colpa così enorme che grida vendetta al cospetto di Dio. Ecco, la mercede degli operai... che fu defraudata da voi, grida; e questo grido ha ferito le orecchie del Signore degli eserciti. Da ultimo è dovere dei ricchi non danneggiare i piccoli risparmi dell'operaio né con violenza né con frodi né con usure manifeste o nascoste; questo dovere è tanto più rigoroso, quanto più debole e mal difeso è l'operaio e più sacrosanta la sua piccola sostanza. L'osservanza di questi precetti non basterà essa sola a mitigare l'asprezza e a far cessare le cagioni del dissidio?
(LEONE XIII, Lettera Enciclica, Rerum Novarum, 1891)

In conclusione, per mettere in guardia i cattolici dalla malvagità di tali ideologie, si ricordi che la dottrina comunista e la dottrina massonica hanno molti punti in comune, infatti il

sovversivo rivolgimento è lo scopo deliberato e l'aperta professione delle numerose associazioni di Comunisti e Socialisti: agli intendimenti dei quali non ha ragione di chiamarsi estranea la setta Massonica, essa che tanto ne favorisce i disegni, ed ha comuni con loro i capitali principi.
(LEONE XIII, Lettera Enciclica, Humanum Genus, 1884)

Tra le molteplici prove che sostengono questo satanico sodalizio basti guardare alla bandiera dello stato socialista chiamato DDR (Repubblica democratica tedesca) al cui centro spiccava un marchio della massoneria: il compasso.

9 commenti:

  1. Scusate l'OT.

    X Gianluca. Ho promesso ad A.rita che non avrei più strumentalizzato le tue parole su altri blog. Il commento anonimo che ti ha risposto sull'osservatorio non era mio. è una promessa che intendo mantenere.

    segnalo di avere problemi di connessione con google (avevo postato alcuni commenti su un tread precedente che compaiono nel numero totale 25, ma poi ne visualizza solo 22)

    Alessio

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  2. Mahdi Cristiano è un cattolico liberale e modernista, certo è logico che rifiuti l'islam dopo essersi convertito al cristianesimo...ma ciò non basta! Il liberalismo è stato esplicitamente condannato dal magistero tradizionale della Chiesa!

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  3. Alla pari del comunismo anche il liberalismo è il frutto del male!

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  4. buona sera...non voglio fare polemiche con nessuno....sono nato 1964 a Pola...Istria..all' epoca Jugoslavia! Io personalmente ho anche vissuto bene il comunismo....e posso dirvi..che sotto il comunismo le chiese erano piene!!! Oggi con la democrazia..sono quasi vuote! Ma di piu'..i sacerdoti vivevano per i fedeli..adesso con tutti i soldi che il governo sborsa per la Chiesa...la musica e' cambiata!!!

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  5. Istriano, per questo il vero male da combattere è il liberalismo, che come dice Pio XI è il padre del comunismo e del socialismo...ma alla fine la MADRE di tutto è il naturalismo massonico!

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  6. "segnalo di avere problemi di connessione con google (avevo postato alcuni commenti su un tread precedente che compaiono nel numero totale 25, ma poi ne visualizza solo 22). Alessio"

    Carissimo,
    Ho controllato la pagina dei commenti ma non ne ho trovati...anche la pagina degli spam (nella quale a volte finiscono per qualche disguido, non li riporta).
    In quale thread avevi pubblicato?

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  7. Bravissimo Magdi Cristiano, mi auguro che almeno domani il Papa intervenga contro Tettamanzi per dare una giusta indicazione...i cattolici sono sconcertati.
    A Milano vincerà il candidato ultracomunista con l'appoggio plateale della Chiesa "cattolica"?

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  8. Si, ha vinto.

    L'appello di Magdi è caduto nel vuoto, speriamo almeno ora possa aprire gli occhi.
    Povera Milano...
    Patrizia

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  9. Una grande vittoria della falce e martello...
    Chiesa conciliare...chiesa della VERGOGNA!

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