del Sacro Cuore di Maria a Torino
esempio di gusto neo-gotico col quale sono stati realizzati molti
edifici di culto nell'800 in Piemonte.
Progettata dall'Arch Carlo Ceppi nel 1884
che sovrasta il presbiterio
e stanno continuando a protestare.
Forse… solo dopo aver toccato il fondo sarà possibile sperare, con l’aiuto di Dio, in una risalita.
Chi conosce la struttura classica della chiesa del Sacro Cuore di Maria, sa benissimo che era come se tutto fosse rimasto fermo a un secolo fa… poteva continuare?
Tanti si rendevano conto che il Popolo di Dio in cammino, ne aveva fatta di strada in questi anni!
Ed ecco allora che i preti moderni hanno capito che era giunto il momento di adeguare la chiesa ai tempi e alle nuove sensibilità… non si poteva permettere che queste moderne sensibilità continuassero ad essere mortificate da una struttura che continuava a ricordare che quella era una “casa di Dio”.
Il documento della CEI che parla dell’adeguamento delle chiese (Nota pastorale del 31 maggio 1996) ricorda infatti che la chiesa non è più la casa di Dio dove i fedeli si radunano per pregare per la salvezza delle loro anime e rendere il culto dovuto a Dio, come Dio l’ha prescritto. Il documento dice che « E' l'assemblea celebrante che "genera" e "plasma" l'architettura della chiesa. … Chi si raduna nella chiesa è la Chiesa … La Chiesa, in qualche modo, proietta, imprime se stessa nell'edificio di culto e vi ritrova tracce significative della propria fede, della propria identità, della propria storia e anticipazioni del proprio futuro. … Nelle chiese inoltre la comunità credente accoglie con simpatia ogni uomo che per qualunque ragione bussa alla sua porta e a lui, mediante segni visibili, fa intuire la propria fisionomia e, in qualche modo, rivolge la sua parola».
Chiunque si rende conto che a queste condizioni, le tre vecchie navate della chiesa del Sacro Cuore di Maria erano proprio un impedimento, il vecchio presbiterio era addirittura una provocazione, il vecchio altare una bruttura che solo i nostri poveri vecchi, ignoranti delle “proiezioni” moderne dell’assemblea che “genera” e plasma”, potevano pensare che servisse a rendere culto a Dio.
Tutto sbagliato… tutto da rifare!
Ed ecco le spiegazioni dotte e profonde dei progettisti e dei loro committenti: i nuovi preti di questa nuova Chiesa che si raduna per generare e plasmare le nuove architetture dei moderni edifici sacri, in ubbidienza al Concilio Vaticano II, perché « L'adeguamento delle chiese non si può considerare un adempimento discrezionale né lo si può affrontare secondo modalità del tutto soggettive. La fedeltà al Concilio comporta adesione convinta agli obiettivi, ai criteri e alla disciplina che autorevolmente ne guidano l'attuazione su scala nazionale, in comunione con la Chiesa universale» (Nota citata, n°1).
« A questo fine riteniamo necessario lo spostamento della parte anteriore della balaustra che, come sostiene il documento CEI sull’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica, rischia di bloccare il giusto dinamismo tra l’assemblea e i differenti poli celebrativi. Il presbiterio non sarebbe più così separato in modo netto dalla navata, ma si metterebbe a servizio, con la sua ritrovata ampia spazialità, dell’altare, dell’ambone e della sede per valorizzarne la centralità» (Qui tra noi – Notiziario della Comunità Parrocchiale Sacro Cuore di Maria, n° 9, dicembre 2011 – da ora indicato solo come Notiziario).
Qui si dice in sostanza che il presbiterio non deve più rappresentare il punto centrale del luogo dove si rende il culto dovuto a Dio, ma dev’essere un locale di servizio per l’altare, per l’ambone e per il sedile del presidente. Il tutto in ossequio al Vaticano II, come dice il citato documento della CEI (n° 16): «Il progetto di adeguamento del presbiterio ha un duplice scopo: consentire un agevole svolgimento dei riti e mettere in evidenza i tre "luoghi" eminenti del presbiterio stesso che sono l'altare, l'ambone e la sede del presidente».
l’altare, l’ambone e il prete.
La “sede del presidente” perché tutto si può dire del Vaticano II, ma bisogna riconoscergli che l’ha fatta finita una volta per tutte col deleterio clericalismo preconciliare: ormai al centro della celebrazione non c’è più Nostro Signore, ma quel signore che fa la parte del presidente, il cosiddetto celebrante.
Il Notiziario, lungo la stessa falsa riga, continua a spiegare.
L’altare sarà di marmo bianco, porterà scolpita l’immagine dell’Agnello, proprio per indicare la “centralità del mistero pasquale di Cristo” e quindi sarà senza croce (l’Agnello c’è già), la quale, nuda, farà invece da sfondo. E la sua nudità, con la mancanza del Crocifisso, reciterà per la sua gloria: «È una croce gloriosa, senza il crocifisso, perché la figura di Cristo è già centrale nell’altare, con l’immagine dell’Agnus Dei» (Notiziario).
Ed eccoci all’ambone. Per il quale vale la pena una lunga citazione «Non meno importante è il progetto per l’ambone. L’intento progettuale è che esso possa riprendere il suo valore, testimoniatoci dalla tradizione, di “nobile ed elevata tribuna” e di polo liturgico a sé stante, cerniera tra l’assemblea e l’altare. Per fare questo abbiamo pensato di collocare, sotto l’arco trionfale ed in corrispondenza del grande pilastro di sinistra, una grande lastra di marmo con una lieve frattura centrale in bassorilievo da cui emergano, appena abbozzati, dei rami e dei fiori scolpiti. Questi fiori vorrebbero essere un’allusione alla capacità della vita di spaccare la pietra, lastra della tomba del Risorto, ora vuota. È il giardino in cui risuona la gioia dell’annuncio di Pasqua. Il lettore salirebbe più gradini per raggiungere il luogo elevato della proclamazione. Nel tempo pasquale un elemento mobile si inserirebbe ulteriormente sull’ambone per sorreggere il cero».
Oggi, col Vaticano II, apprendiamo che la nuova Messa ha tre poli: l’altare, l’ambone, il prete.
Non c’è liturgia, non c’è Messa se non c’è l’ambone. Ecco perché l’ambone lo si vuole posto così in risalto. La Messa si può celebrare anche senza il Crocifisso, ma mai senza l’ambone.
Quindi, cari fedeli di San Salvario di Torino, sorbitevi questo glorioso adeguamento e siate felici… non vi poteva andare meglio di così.
Ma al peggio non c’è mai fine.
Tutte queste innovazioni, realizzate con i materiali e le fogge moderne, come si armonizzano con la vecchia architettura della chiesa del Sacro Cuore di Maria? «Essi si presentano come un agglomerato di elementi chiaramente altri rispetto al contesto dell’architettura del Ceppi; ma è proprio in questa relazione di diversità che essi testimoniano da un lato, la chiara leggibilità dell’intervento, e dall’altro la presa di coscienza della necessità di un adeguamento liturgico, inteso anche come senso di fedeltà al Concilio» (Notiziario).
questo l’ho fatto io!… e… perbacco… l’ho fatto per dimostrare la mia fedeltà al Concilio!
Ne abbiamo fatta di strada!…
Non intendiamo offendere nessuno, beninteso, ma “la relazione di diversità” di cui qui si parla, in lingua italiana ha un solo significato: confusione.
Si prega di chiedere informazioni direttamente alla CEI!
Ora, entrare in una chiesa anche solo attempata e fermarsi a considerare la balaustra, spesso dà un senso di sottile gioia interna: la nostra cara vecchia chiesa… di qua i fedeli, di là il presbiterio… che da ragazzini non si osava neanche appena calpestare.
Quanta nostalgia!
Ma la chiesa e la Chiesa non sono nostalgia, sono vita vissuta, e oggi i fedeli guardano al presbiterio come una cosa loro: il luogo dove l’assemblea… l’ecclesia appunto… celebra la santa sinassi, il sacro convito.
E allora vediamola questa origine.
c) il Signore Gesù ha eseguito al meglio le prescrizioni del rituale ebraico, la legge liturgica di allora, dando l’esempio agli Apostoli perché nulla venisse trascurato di quanto prescritto, per rendere culto a Dio.
d) il Signore Gesù ha comandato agli Apostoli di ripetere ciò che Lui stesso ha fatto, dopo aver realizzato miracolosamente, non la divisione del pane e la distribuzione del vino, ma la trasformazione del pane nel Suo Corpo e del vino nel Suo Sangue. Il Sacrificio che venerdì si compirà sul Calvario, Gesù lo realizza spiritualmente e sostanzialmente già il giovedì.
Il Corpo e il Sangue che mangiano e bevono gli Apostoli il giovedì, non sono solo pane e vino, ma sono esattamente il Corpo e il Sangue di Gesù Crocifisso. È già giovedì che questi vengono offerti per la remissione dei peccati, ed è da giovedì che il Signore comanda di rinnovare questo Sacrificio da lui compiuto giovedì e realizzato sensibilmente il venerdì.
e) Non c’è popolo, non c’è partecipazione comunitaria, non c’è coralità in quel famoso giovedì, in cui si compie il mistero dei misteri destinato a rinnovarsi per i secoli futuri fino alla parusia. C’è solo Gesù, i Dodici, e solo i Dodici, assistono e partecipano quel tanto che è necessario per rispondere all’ingiunzione: prendete e mangiate, prendete e bevete.
f) Non c’è neanche una sala aperta, ma una sala chiusa e interdetta a tutti, anzi una sala così ristretta da corrispondere al solo presbiterio, se non addirittura al solo altare.
g) Gli Apostoli e i loro successori, per duemila anni, si sono offerti come strumenti perché si rinnovasse il miracolo di allora, perché il Signore Gesù stesso lo rinnovasse, e per far questo, e per farlo come il Signore aveva comandato, hanno mantenuto fedelmente la separazione tra l’altare e il presbiterio, tra il presbiterio e la navata… tra il luogo della celebrazione e il resto della chiesa… tra il celebrante e i suoi assistenti e il resto dei fedeli…
Balaustre distrutte, separazioni annullate, un unico grande salone, preti e laici che si affollano intorno ad una tavola, un gran via vai di gente da e per la navata, gesti inconsulti, richiami, battimani, musiche ritmate, e per finire… buona giornata a tutti.
ridacci la vecchia Chiesa.
Parrocchia del Sacro Cuore di Maria,
via Campana 8 10125 Torino
011 6699083 - parr.sacro.cuore.maria@diocesi.torino.it
S. Ecc. Rev.ma Mons. Cesare Nosiglia
Arcivescovo dell'Arcidiocesi di Torino
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fax: 011.51.56.249
segr.arcivescovo@diocesi.torino.it
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