La concezione eretica della dottrina sulla "libertà religiosa"
26. (La
libertà religiosa è il culmine di tutte le libertà. È un diritto sacro e
inalienabile. Comporta sia la libertà individuale e collettiva di
seguire la propria coscienza in materia religiosa, sia la libertà di
culto. Include la libertà di scegliere la religione che si crede essere
vera e di manifestare pubblicamente la propria credenza.21 Deve
essere possibile professare e manifestare liberamente la propria
religione e i suoi simboli, senza mettere in pericolo la propria vita e
la propria libertà personale. La libertà religiosa è radicata nella
dignità della persona; garantisce la libertà morale e favorisce il
rispetto reciproco. Gli ebrei che hanno sofferto a lungo ostilità spesso
letali, non possono dimenticare i benefici della libertà religiosa) "ECCLESIA IN MEDIO ORIENTE".
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di Arai Daniele
Una «Libertà di Coscienza» che è matrice di guerre e
rivoluzioni
Il Signore con la sua Incarnazione, Passione e morte in croce, per redimerci
dall’abuso umano della libertà originale, ci insegna che quest’abuso è il
maggior male per ciascuno e per la società umana; la tremenda realtà della
«Città dell’uomo», presa nella morsa di un idolatrico culto della goduria
terrena e dell’odio al divino.
Perciò il Signore istituì la Chiesaper contenere e superare nella fedeltà al
Diritto naturale e divino questo male micidiale. Il Cristianesimo edificando la
Civiltà nell’amor di Dio, reprime la libertà spuria, che è abuso di quella
voluta da Dio.
Gesù insegnando che la verità ci farà liberi, insegna che la falsa libertà
schiavizza.
Infatti, “un errore è peggio di un delitto, è matrice di delitti”. Vi è un
rapporto di dipendenza della libertà verso la verità e quindi al Diritto. Esso
determina l’ordine personale e sociale nelle coscienze, dove tutti sentono la
voce di Dio, mantenendo la libertà di seguirla.
La missione della Chiesa è di confermare, insegnare e difendere la verità che
libera e perciò è civilizzatrice, edificando le società conla Fede, Speranza e
Carità, difese nell’ordine pratico dal Diritto delle coscienze secondo il
diritto divino alla Verità.
Ecco l’incomparabile Civiltà cristiana del Diritto sostenuto dalla Chiesa. Ma
ecco pure la ragione perché è combatuta nella società moderna che impone un
«diritto alla libertà di coscienza autonoma», quella approvata dal Vaticano II,
il razzo VII sulla Cristianità!
Seguono qui degli insegnamenti magisteriali in materia per giungere alla
visione delle conseguenze causate dalla confusione tra la libertà delle
coscienze, voluta da Dio perla Veritàe l’applicazione sociale dell’altra
«libertà» e uguaglianza dell’illuminismo: del dominio di quelli che, «più uguali
e liberi» degli altri, impongono le loro libertà come sommo «bene» secondo il
democratico diritto alla «libertà di coscienza».
Dalla Enciclica Libertas di Papa Leone XIII aprendiamo: “La libertà,
nobilissimo dono di natura, proprio unicamente di creature dotate d’intelletto e
di ragione, attribuisce all’uomo la dignità di essere “in mano del proprio
arbitrio” e di essere padrone delle proprie azioni. Tuttavia è molto importante
stabilire in che modo tale dignità debba manifestarsi, poiché dall’uso della
libertà possono derivare grandi vantaggi ma anche grandi mali. Infatti è facoltà
dell’uomo ubbidire alla ragione, seguire il bene morale, tendere direttamente al
suo fine ultimo. Ma egli può anche deviare verso tutt’altri scopi e, perseguendo
false immagini del bene, può turbare l’ordine prestabilito e precipitare in
volontaria rovina”.
Il dilemma di sempre: libertà delle coscienze
o «libertà di coscienza»? Due espressioni simili che possono in verità
rappresentare due posizioni opposte, come è nella precedente enciclica Mirari
vos di Papa Gregorio XVI: “Da questa corrottissima sorgente dell’indifferentismo
scaturisce quell’assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba
ammettere e garantire a ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo,
a cui apre il sentiero quella piena e smodata libertà di opinione che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato”.
Pessima, né mai abbastanza esecrata ed aborrita “libertà della stampa” nel
divulgare scritti di qualunque genere; libertà che taluni osano invocare e
promuovere con tanto clamore. Inorridiamo, Venerabili Fratelli, nell’osservare
quale stravaganza di dottrine ci opprime o, piuttosto, quale portentosa
mostruosità di errori si spargono e disseminano per ogni dove con quella
sterminata moltitudine di libri, di opuscoli e di scritti.”
Queste parole appaiono oggi come venute da un altro mondo. Eppure, si tratta
della vera questione dell’abuso della libertà nella società umana, esistente dal
suo inizio. E la lettura dei documenti pontifici dovrebbe chiarire quella
differenza tra il bene della libertà e il male del suo abuso. Il problema è che
questo si manifesta nelle più diverse forme della sovversione moderna che ha
stravolto perfino il senso della Religione Cattolica.
Quindi, il problema affrontato dai Papi nei tempi recenti riguarda la falsa
libertà che s’impone come diritto nella società che dopo JJ. Rousseau e Kant
vuole con il «contratto sociale» la libertà slegata dal diritto e questo
asservito allo Stato divenuto «autorità universale», «persona morale» per un
nuovo «stato di diritto» contrapposto al Diritto conforme alla Civiltà
Cristiana, il «giusnaturalismo». Per esso il diritto naturale, secondo San
Tommaso, è “l’insieme di primi principi etici generali condizionanti il
legislatore nel diritto positivo, poiché sigillo di Dio nella creazione delle
cose.”
Ciò era insegnato dalla Chiesa fino a Pio XII, che ammette solo la tolleranza
dove domina un diritto civile o religioso che limita l’attuazione del Diritto
naturale e divino, per cui l’errore non ha diritto. Con le idee di Hegel questo
«giusnaturalismo» fu rifiutato a favore della libertà di «antitesi»; rifiutando
il principio d’identità e di non contraddizione e la libertà dell’errore rientra
come diritto, perciò anche in foro esterno con la libertà di applicarlo e
d’insegnarlo. Quanto è male, delirio per l’Ordine cristiano, diviene «diritto»
per il «nuovo ordine», a cui si alineala Chiesaconciliare con la dichiarazione
«Dignitatis humanae», per la libertà di coscienza e di religione sfornata dal
Vaticano II!
Eppure, quanto insegnato dalla vera Chiesa, ma fu ribaltato dal Vaticano II,
è proprio il Diritto divino che regge la sua Cattedra. Il diritto hegeliano può
dare autorità a una cattedra che riconoscere lo «stato di diritto» anche dove
vige la manipolazione della vita e l’aborto, purché si rispetti l’«ordine
civile» democratico? Quale cattedra in Vaticano ha autorità per favorire uno
«stato di diritto» invertito per cui l’errore ha diritti che vanno riconosciuti
e rispettati? Forse la «cattedra dei non credenti nel cortile dei gentili» che
irradia il diritto alla libertà del culto dell’uomo e della laicità per un nuovo
umanesimo? Insomma, la chiesa conciliare di Roncalli, Montini, Wojtyla,
Ratzinger, Martini, Ravasi e compagnia bella? Per loro è «bene» che la società
vada verso il «proibito proibire» e si liberi finalmente dal bisecolare ritardo
cattolico dei dogmi e dei precetti divini.
Ma tutto finisce per essere misurato di fronte alla Verità. Essa è
l’ineludibile riferimento mentale d’ogni uomo e delle società. Riguardo alla
Verità si formano le mentalità che guidano i popoli sia al bene sia al male, sia
alla guerra sia all’edonismo più sfrenato.
Per non rimanere sull’astratto, vediamo un esempio pratico. In una società
dove alla gioventù s’insegna, come scienza, che l’uomo, anima e corpo, proviene
dalla scimmia, la mentalità generale diviene inevitabilmente animalesca;
l’esistenza della stessa anima passa al reparto della letteratura fantastica, a
uso solo dei thriller cinematografici o della fiction paranormale. Allora sempre
più salme umane saranno cremate, embrioni saranno eliminati, mentre aumenteranno
i cimiteri per cani e la devozione per la dignità dei mici.
Un noto scrittore e accademico francese, Emile Faguet, pensò di classificare
queste forme di mentalità sociale come culti. Per esempio, per la monarchia
sarebbe prevalente il culto dell’«onore», mentre per le democrazie – nel titolo
del libro «Le culte de l’incompétence» -, sarebbe quello dell’incapacità
promossa dall’irresponsabilità del potere popolare.
Si dovrebbe ricordare che, mentre per la Cristianità il culto era l’onore del
Cavaliere che rischiava la vita per il bene e la difesa altrui, all’insegna del
Sacrificio di Cristo, ora, per il «cristiano adulto» all’insegna del Vaticano
2-3 del Martini, si può aggiornare la Verità per la goduria delle genti nel
consumismo edonistico e nel sentimentalismo ecumenista.
Quale mentalità susciterà il baratro libertario della verità asservita al
culto dell’uomo e della sua libertà di coscienza alienata dal Vero?
Sulla libertà di coscienza del comunismo
Il comunismo sarebbe stato la «nuova religione» della redenzione sociale
nella «libertà». In verità era la ribellione della coscienza di alcuni che, in
vista del «bene» di una libertà generale, era divenuta la rivoluzione mondiale
che, per edificare la «nuova coscienza collettiva», aboliva per decreto quella
individuale.
Vediamo i fatti e poi la simpatia conciliare verso i «dogmi delle libertà
moderne».
Lenin, capostipite dell’uomo nuovo sovietico – della santità della nuova
verità (Pravda) sul «bene socialista», s’inpegnò a far piazza pulita dei vecchi
dogmi e «verità morali».
Lo storico inglese Paul Johnson nella sua «Storia del mondo moderno»,
1917-1980 (Mondadori, 1989), nel capitolo sulle prime utopie dispotiche (p. 63),
descrive Lenin: “Per capire l’impegno profuso da Lenin nella politica dobbiamo
supporre che egli fosse animato da un ardente umanitarismo, simile all’amore dei
santi nei confronti di Dio; in lui infatti non ritroviamo nessuno dei difetti
tipici dei politici ambiziosi: non era vanitoso, né specialmente interessato nel
comando. Il suo umanitarismo era astratto, rivolto all’umanità in generale, ma
privo di affetto, o anche solo di interesse per i singoli individui. Per lui i
compagni di partito non erano persone ma ricettacoli per le sue idee, ed erano
giudicati solo per questo aspetto. [.] Lenin sosteneva fermamente che il
marxismo rispecchiava la verità oggettiva. Scrisse che “dalla filosofia del
marxismo, fusa in un unico blocco di acciaio, è impossibile togliere una sola
premessa, una sola parte essenziale, senza allontanarsi dalla verità oggettiva”
[dal dogma.].
Tale certezza, insieme alla convinzione di saper interpretare i testi
marxisti, avvicinavano Lenin alle posizioni di Calvino, che nelle sue Ordinanze
reinterpretò le Sacre Scritture e lo rendevano molto più intollerante nei
confronti di compagni ‘eretici’ piuttosto che verso ‘infedeli’. Al ‘nuovo
ordine’ di Lenin occorreva una organizzazione più specializzata e più crudele al
tempo stesso: una polizia politica. Convinto che la violenza fosse un elemento
essenziale del processo rivoluzionario egli non arretrò mai di fronte alla
necessità di farne uso: aveva raccolto l’eredità di due scuole di pensiero,
entrambe favorevoli al terrore. Dalla rivoluzione francese poteva citare
Robespierre: – Durante una rivoluzione nel governo popolare devono coesistere
virtù e terrore, senza la virtù il terrore è fatale, senza il terrore la virtù è
impotente. Il terrore non è altro che la giustizia: rapida, severa,
inflessibile; emanazione della virtù -. Le sue attività erano proporzionali a
questo numero: sotto gli ultimi zar c’erano state in media 17 esecuzioni
all’anno (per tutti i crimini), mentre nel 1918-19 le esecuzioni della Ceka
ammontavano a una media di 1.000 al mese, per soli crimini politici. Questa
cifra è sicuramente approssimata per difetto, a causa della profonda iniquità
del sistema creato da Lenin. [.]
Esso provvedeva chela Cekacontrollasse i tribunali speciali (che si riunivano
in segreto), e eseguisse le pene inflitte. Quindi il destino di chi cadeva nelle
sue mani dipendeva unicamente dai «dettami della coscienza rivoluzionaria» . Ma
la caratteristica più sconvolgente, e più importante dal punto di vista storico,
del terrore leninista non era rappresentata tanto dal numero delle vittime,
quanto dai principi in base ai quali esse venivano scelte. A Lenin bastarono
pochi mesi di governo per dimenticare il concetto della colpa individuale, e con
essa l’intera etica giudaico – cristiana della responsabilità individuale
[libertà della coscienza]. Un decreto di Lenin del gennaio 1918 invitava gli
organi dello stato a «liberarela Russiada ogni genere di «insetti nocivi».
Questo non era un atto legale ma un invito allo sterminio. [.] Solzenicyn stilò
un elenco, peraltro incompleto, dei gruppi che si trovarono cosi condannati a
essere distrutti, in quanto «insetti». Essi comprendevano ex membri degli
zemstvo, aderenti a movimenti filantropici, proprietari di case, insegnanti di
liceo,
persone che facevano parte dei consigli cittadini o di cori, preti, monaci e
suore, pacifisti alla Tolstoj, funzionari dei sindacati’: in breve tempo
diventarono tutti «ex persone». Abolita l’idea della colpa personale, Lenin
cominciò a “sterminare” (lui stesso usò spesso questo verbo) intere classi,
basandosi semplicemente sul lavoro che svolgevano, o sulla famiglia cui
appartenevano, innescando una spirale di morte che non si fermava di fronte a
nulla.
“Nasceva la nuova forma di sterminio: il genocidio” in nome della «libertà di
coscienza»!
Al «pontefice della nuova religione comunista», che operò la
proliferazione degli errori illuministici della «libertà di coscienza
rivoluzionaria», seguirono altri «profeti» del santuario del «socialismo reale»,
manifestando ovunque una spietata virulenza mentale. Esempio agghiacciante è
quello dei khmer rossi cambogiani che, in nome dell’ideologia mostruosa
ribollente nelle loro libere coscienze, hanno orribilmente sterminato un quarto
della popolazione del paese, per classi sociali!
I nuovi rivoluzionari della rivoluzione conciliare
«Libertà di coscienza»? Sì, quella riservata a innovatori ma anche
sterminatori e per imporre le loro ideologie demenziali come verità obiettiva!
Chi sono gli “intellettuali demistificati” dell’aggiornamento conciliare? Dice
il filosofo Augusto Del Noce: “All’intellettuale era assegnata da Gramsci una
funzione simile a quella che Marx assegnava al proletariato: quella di chi,
liberando se stesso, libera il mondo. La decomposizione lo trasforma in
funzionario dell’industria culturale, dipendente da una classe di potere che ha
bisogno così dell’intellettuale dissacratore (quale «custode del nichilismo»)
come esperto aziendale” (Il suicidio della rivoluzione, Rusconi, Milano,
1978).
Che relazione può avere tutto questo col pensiero del “papa buono”e il suo
socio Paolo VI? Lasciamo la risposta a noti scrittori cattolici. Dice G. K.
Chesterton: «Oggi il criminale più pericoloso è il filosofo moderno,
emancipatosi da ogni legge»; a ciò lo scrittore francese Jean Madiran aggiunge,
parlando dell’alienazione operata dalla rivoluzione conciliare del Vaticano II
(della libertà di coscienza) “dalla legge di Dio che è il Vangelo, e emancipata
dalla legge naturale che è il Decalogo”; e continua: “La filosofia moderna non
è, in essenza, una filosofia, è un atteggiamento religioso a livello della
religione naturale, contro religione naturale, l’opposto dei primi quattro
comandamenti del Decalogo [.] La formidabile eresia del XX secolo consiste
nell’affermare cose che non sono vere in nessun ordine reale, in nessun dominio
dell’essere, che sembrano vere solo nell’ambito della filosofia moderna e
specialmente marxista, e che a fuor da codeste farneticazioni ideologiche non
hanno né una realtà, né un senso” («L’eresia del XX secolo», Volpe, Roma,
1972).
Così il chierico, ridotto a operatore sociale, fruisce di ampi spazi virtuali
nella TV, onde amplificare le sue libertà religiose sovversive. Ma l’errore
degli errori per un consacrato è voler anteporre alle coscienze dei valori umani
a princìpi trascendenti. Perché a questo punto si potrebbe domandare a quale
signore e a quale diritto serve la sua consacrazione? (cf. Lc 16, 13). Libertà
di coscienza? Sì, ma riservata ai novatori per inoculare nuove teologie e “nuovi
umanesimi” nella “vecchia” religione della Chiesa di Dio.
Ciò fatto in combutta con umanisti rinunciatari alla trascendenza che
riconoscevano il nuovo umanesimo di Paolo VI cultore dell’uomo, in forza del
quale i “valori” del mondo rinunciatario alla trascendenza: tutti, “sono stati
non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni
purificate e benedette.” (Discorso alla chiusura del Vaticano II)
Per chierici modernisti, come Roncalli, poi Giovanni XXIII e Montini,
poi Paolo VI, la rinuncia alla trascendenza nel governo del mondo è da benedire
in nome della libertà!
Breve conclusione: la libertà è un bene se ha per scopo la conoscenza del
Bene obiettivo. Da esso deriva l’ordine, il progresso e la pace sociale. Ma come
riconoscerlo quando s’inventa un «bene liberale» che lo trascende? Il mondo
moderno contestala Verità proclamando bene la stessa libertà della scelta del
bene che inventa per ogni tempo.
Se questo è, a suo turno, il comunismo, il liberalismo o la democrazia,
allora vale la «libertà di coscienza» d’imporlo con rivoluzioni o guerre; il
modernismo conciliare li asseconderà con la libertà di religione e un’animazione
liturgica per aggiornare la Fede!
La Chiesa insegna solo la libertà delle coscienze formate nella carità legata
al bene della verità rivelata sull’uomo, la sola per cui Dio ci ha creati e che
ci rende liberi e giusti.
Solo questo Diritto divino può reggere la Sacra Cattedradella Verità nella
Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Il resto è inganno e razzia sull’abisso
della grande apostasia.
Ecco qui l'apostasia pubblica:
Dal 27 ottobre 1986 « Lo Spirito di Assisi » plana al di
sopra delle acque agitate delle religioni e crea meraviglie di dialogo
fraterno.
L’angoscia della PACE tra gli uomini e tra i popoli ci spingeva « ad essere insieme quel giorno per pregare ».
Assisi ha permesso di testimoniare una esperienza autentica
di Dio nel cuore delle religioni: “ogni preghiera autentica è ispirata
dallo Spirito Santo che è misteriosamente presente nel cuore di ogni
uomo” (G.P.II).
Quando giovani ebrei si sono precipitati sulla tribuna per
offrire rami di ulivo, in primo luogo ai musulmani, mi sono sorpreso ad
asciugare le lacrime sul mio viso.
” SPIRITO DI ASSISI SCENDI SU TUTTI NOI!
(card. Roger Etchegaray)
"VADRE RETRO SATANA E AI TUOI SERVI CHE TI PREGANO IN QUESTO TERRIBILE MODO"
"Spirito di Assisi, scendi su tutti noi!"
RispondiEliminaEmblematica frase che sa di ecumenismo, spiritismo ed animismo.
Sarebbe più congeniale per un buddista piuttosto che per un cardinale di Santa Romana Chiesa.
ma si sa che la politica vaticana è più importante dello spirito missionario.
Come si poteva chiedere : "Spirito del Signore scendi su di noi" se c'è chi non gli crede, chi lo osteggia e chi interpreta come spirito Santo dei cristiani ?
Una bella frasetta acconcia che può soddisfare tutti....ma non Dio!