Sì Sì No No Anno
XXXV, numero 6, 31 marzo 2009, pag. 1-4.
Liberalismo e cattolicesimo-liberale da Lamennais a Maritain e De
Gasperi
La questione democristiana
Gramsci scriveva che la Democrazia Cristiana è necessaria al
Comunismo per ottenere il consenso e poi il governo in Europa,
specialmente nei Paesi cattolici. Ma perché? Don Dario Composta
risponde: «Il modello ideale DC si potrebbe definire… come politica
progressista e aconfessionale» [1].
Essa è «un partito di centro che guarda a sinistra», come diceva De
Gasperi.
Don Composta distingue tre tipi di cattolici:
a) I cristiano-sociali,
che respinsero i princìpi della rivoluzione
francese per rimanere fedeli alla dottrina sociale e politica del
Magistero ecclesiastico.
b) I cristiano-liberali,
che si collocarono a mezza strada tra le
idee della rivoluzione e l'insegnamento della Chiesa cattolica.
c) I democristiani, che,
pur accogliendo un certo indirizzo o
ispirazione vagamente cristiana, si mantennero laicisti e si
orientarono verso teorie affini a quelle della rivoluzione francese;
essi ebbero come capiscuola Lamennais e Maritain in Francia e in Italia
Murri-Sturzo-De Gasperi.
I democristiani – continua don Composta – «erano convinti che il
pensiero sociale cattolico in qualche modo avrebbe dovuto riconciliarsi
con la situazione di fatto… ed abbandonare l'intransigenza»
[2]. La DC pensava che la rivoluzione
francese fosse un fenomeno divino e positivo, e che ogni forma di
governo non democratica fosse inaccettabile e anticristiana. La
DC
rappresenta l'aspetto sociale del modernismo. Don Romolo Murri,
fondatore della Lega Democratica Nazionale, fu condannato assieme alla
sua Lega, e scomunicato come modernista il 28 luglio 1906. Don Sturzo
fu più abile: non volle invischiarsi, in modo aperto, con il
modernismo, anche se era di idee progressiste o modernizzanti; egli
fondò il PPI (Partito Popolare Italiano), che fu severamente criticato
da padre Agostino Gemelli, monsignor Olgiati e dal cardinal Pio
Boggiani O.P., arcivescovo di Genova. Questi il 5 agosto 1920 pubblicò
una «Lettera pastorale» ove metteva in luce i gravi errori del PPI:
a) emancipazione dalla gerarchia ecclesiastica;
b) esaltazione della libertà come valore assoluto in collusione coi
liberali;
c) derivazione della sua teoria politica dai princìpi della
rivoluzione francese.
Tali errori si ritrovano puntualmente nella DC. De Gasperi, in un
discorso tenuto a Bruxelles il 20 novembre 1954, affermò che la DC si
fonda sulla triade: libertà, fraternità, democrazia, che sono l'eredità
della rivoluzione francese. Pio XII ne fu talmente irritato che da quel
momento non lo volle mai più ricevere in udienza.
I fondamenti della DC sono – secondo don Composta – due:
1ª) il progressismo politico nella linea dell'azione;
2ª) l'aconfessionalità nella linea dei princìpi.
Il progressismo è una teoria ottimista circa la natura umana, che in
campo socio-politico si manifesta come fiducia illimitata in uno
sviluppo economico civile e morale continuo ed inarrestabile.
L'aconfessionalità della DC l'aveva già professata don Sturzo il 19
marzo 1919 in un discorso a Verona, in cui asseriva: «Il PPI è nato
come partito non cattolico, aconfessionale,…
a forte contenuto
democratico, e che si ispira alla idealità cristiana, ma che non prende
la religione come mezzo di differenziazione politica». Ecco perché
Gramsci vedeva nella DC un alleato indispensabile del comunismo per
poter egemonizzare la società civile e prendere stabilmente, poi, il
governo politico [3].
Morto Pio XII, la DC non ha più «chi
la trattenga…»: apre a sinistra
e porta i socialisti al governo. Aldo Moro ha preso il posto di De
Gasperi ed è convinto che il socialismo sia la carta vincente, per cui
è necessario stringere un patto con esso; nel 1961, con Giovanni XXIII,
cade l'ostilità al centro-sinistra da parte del Vaticano e nel 1963
Moro presiede il primo governo di centro-sinistra. I frutti saranno: la
legge sul divorzio (1970) e sull'aborto (1978). Né si deve dimenticare
che tra il 1976 e il 1978 la DC cercherà di far entrare i comunisti al
governo, rispondendo positivamente alla «mano tesa» (il compromesso
storico) offerta da Berlinguer sin dal 1973, dopo l'esperienza cilena.
Il
16 marzo 1978, però, le BR sequestrano e poi uccidono Moro, mettendo –
temporaneamente – a tacere la questione.
Jacques Maritain maitre à penser
della DC
Ricordiamo che Maritain ha attraversato varie tappe nel suo cammino
filosofico: la prima è quella bergsoniana, la seconda è quella tomista
e la terza, purtroppo, è quella cattolico-liberale, in cui cerca di
sposare San Tommaso con il pensiero moderno. Qui ci occupiamo della
terza tappa di Maritain, conosciuta come quella de L'Umanesimo
integrale (1936).
Maritain nel 1946 scriveva: «Se si stabilisce come postulato che
l'umanità marcia sempre in avanti e verso il meglio, tutto lo svolgersi
della storia deve essere interpretato come necessariamente buono; non
bisogna contrariarlo in nulla, ma anzi stimolarlo» [4]. Dunque, Maritain come De Gasperi era convinto del
continuo inarrestabile progresso terrestre dell'umanità.
Ora il fatto di stabilire come postulato il progresso all'infinito
dell'umanità presuppone una filosofia fondata sulla dialettica della
filosofia moderna, figlia della rivoluzione e dell'immanentismo. Nel
caso si accetti tale filosofia, opporsi alla rivoluzione è un male,
favorirla è un bene. Infatti don Julio Meinvielle, il più lucido
critico di Maritain, scrive: «In tal caso bisognerebbe ammettere la
bontà della Riforma protestante, mentre la Chiesa le ha opposto la
Controriforma; bisognerebbe ammettere il liberalismo della rivoluzione
francese, e tuttavia la Chiesa lo ha condannato e stracondannato; e
infine bisognerebbe ammettere, oggi, il comunismo e tuttavia Pio XII lo
ha scomunicato....» [5].
Bisogna anche, secondo Maritain, che lo Stato rinunci alla sua
confessionalità e che tutte le confessioni religiose siano
riconosciute, di diritto, nella «nuova
cristianità». Per Maritain,
infatti, vi sono anche due cristianesimi: il cristianesimo come credo
religioso, che conduce alla vita eterna, e il cristianesimo come
fermento della vita sociale e politica, che procura la felicità
temporale dell'uomo. Meinvielle obietta che si può ammettere
l'esistenza di un'azione politica cristiana «liberata» dall'autorità
della Chiesa, ma non si può ammettere la sua bontà morale; infatti
nella misura in cui è indipendente dalla Chiesa, l'azione politica non
è più cristiana, ma anticristiana o «demi-cristiana».
Eppure è questa
la nuova cristianità di
Maritain, la quale consiste nell'accordo tra
rivoluzione e Chiesa. Idee che abbiamo visto tutte esposte da De
Gasperi e dalla DC italiana nella loro professione di fede
nell'Umanità, nel Progresso, nella Libertà, nella Fraternità e nella
Democrazia.
«Maritain – scrive don Meinvielle – ha la triste missione di
cooperare, dall'interno della Chiesa, all'opera social-comunista…
Secondo lui vi sono nel comunismo degli elementi cristiani (Humanisme
Intégral, pagina 48)… La famosa cristianità di Maritain è una
città
supercomunista, una sintesi della città libertaria americana e della
città comunista russa» [6]. Maritain
esclude l'influsso dell'Ordine Soprannaturale sulla vita
politica-sociale e materializza il soprannaturale, scivolando così
verso l' anticristianesimo radicale. Meinvielle conclude: «La nuova
cristianità di Maritain e la vera cristianità sono le due città
di cui
parla Sant'Agostino (la città di Dio e la città di satana), «le quali
ora sono mescolate, ma alla fine saranno separate e già lo sono quanto
al cuore e per sempre» [7].
Anche padre Antonio Messineo S.J., per esplicito ordine di Pio XII,
criticò su La Civiltà Cattolica
l'umanesimo integrale di Maritain; il
Papa apprezzò l'articolo, ma lo reputò troppo moderato. Secondo il
padre gesuita si scorgono nell'opera del pensatore francese «gli
influssi della filosofia diBergson sull'evoluzione creatrice… Per
Maritain, infatti, la storia consiste essenzialmente in un processo
evolutivo incessante, che si svolge, senza mai sottostare a ritorni o a
cicli involutivi, per successive tappe, in ciascuna delle quali
l'umanità consegue nuove conquiste, anche se apparentemente alla
superficie possa sembrare che attraversi un periodo di decadimento… o
punto morto, dal quale muoverebbe il processo evolutivo… (punto morto)
sarebbe il medioevo, epoca in cui l'uomo avrebbe obliato compiutamente
se stesso (…) perché sarebbe stato assorbito in Dio… Ma la storia non
si arresta. Con le sue scosse costringe l'uomo a risvegliarsi e a
prendere coscienza di sé. La prima scossa (…) è la riforma protestante,
la quale ebbe il merito… di fargli comprendere il valore
dell'iniziativa umana (…) e di averlo così orientato verso la ricerca
della prosperità materiale (…) Poi grazie al pensiero agnostico
contemporaneo (…) è bastato abbattere il frontone della grazia, per
raggiungere un umanesimo totale (…). L'umanesimo totale sarebbe stato
conseguito soltanto nel tempo moderno, quando il pensiero, avendo
abbattuto il frontone della grazia, si è del tutto sganciato dal
trascendente. (…). Affermata l'essenza puramente umana della civiltà,
non si può evitare di inferirne la separazione dalla religione e dalla
rivelazione, per cui comincia a vacillare il concetto tradizionale di
civiltà cristiana (…). La religione dunque sarebbe fuori della storia e
fuori del tempo. (Maritain ci presenta) un cristianesimo e un vangelo
svuotati del loro contenuto soprannaturale e naturalizzati,
temporalizzati. Solo sotto questa forma l'uno e l'altro possono
diventare elemento di civiltà ed entrare come componenti dell'umanesimo
integrale. (…). Segue che l'umanesimo integrale non è un umanesimo
intrinsecamente cristiano (…) è un umanesimo soltanto estrinsecamente
cristiano; ad esso possono infatti aderire persino l'agnostico e l'ateo
(…). Nella sua sostanza l'umanesimo integrale è, dunque, un naturalismo
integrale» [8].
Falso concetto di persona umana in Maritain
Don Julio Meinvielle criticò anche il falso concetto filosofico di
persona umana che sta alla base de L'Umanesimo
integrale di Maritain;
infatti da un errore filosofico sull'individuo segue necessariamente un
errore sulla Società, che è un insieme di individui. Se la persona
umana ha una dignità assoluta, che non perde mai, anche se aderisce
all'errore e fa il male, la Società di conseguenza dovrà essere
pluralista, relativista e indifferentista. Non c'è più spazio per la
Cristianità medievale, che deve essere rimpiazzata dalla Nuova
(demo)-Cristianità de L'Umanesimo integrale [9].
Liberalismo e cattolicesimo-liberale
A) Il
liberalismo
Le origini della D.C. maritainiana e degasperiana vanno ricercate
nel Liberalismo e in quella sua forma specifica che fu il
«Cattolicesimo-liberale».
Secondo il cardinal Louis Billot S.J. (De Ecclesia Christi», tomus
secundus, «De habitudine Ecclesiae ad civilem societatem,
edizione 3ª,
Roma, Gregoriana, 1929, che è un compendio di quanto ha scritto, ancor
meglio, padre Matteo Liberatore S.J., Lo
Stato e la Chiesa, Napoli,
Giannini, 1872, pagine 7-47), il Liberalismo, sia individuale che
sociale, è un errore nella fede,
poiché vuole emancipare l'uomo e la
Società da Dio, come se quest'ultimo non esistesse, fondandosi sul
postulato della libertà umana come valore infinito e assoluto [10]. Ma – prosegue il cardinale – il
principio fondamentale del Liberalismo è assurdo e contraddittorio.
Infatti la libertà assoluta non può essere, come dicono i liberali, un
fine ultimo, poiché essa è una facoltà o potenza di agire in vista di
un fine. Quindi la libertà è mezzo per raggiungere il fine (ea quae sunt ad finem). Essa,
inoltre, deve avere dei limiti, e non può essere assoluta o illimitata,
come insegna la scuola liberale. In effetti, non esiste crimine o
delitto in cui la libertà non precipiti se usata male; quindi essa deve
essere ritenuta da freni potenti ed efficaci perché non si getti in un
burrone. Ma, se si ammette il principio fondamentale del Liberalismo e
si nega questa conclusione, allora si cadrà necessariamente in una
delle due assurdità: o si pretenderà che la libertà sia infallibile e
non possa cadere in nessun difetto, oppure si ammetterà che la libertà
può fallire, ma che ciò è un bene, e l'uso della libertà deficiente
deve essere comunque rispettato, e questa è pura demenza [11].
Inoltre, secondo l'illustre teologo gesuita, il Liberalismo conduce
al caos e all'anarchia, ancor prima del Comunismo; infatti il
Liberalismo volendo l'applicazione dell'individualismo puro in ogni
campo (religioso, morale, politico, economico) porta immancabilmente
alla dissoluzione degli organi sociali e dello Stato, e questa è
anarchia. Oppure, volendo evitare questo eccesso, cade in un altro
difetto: lo Stato leviatano che, per non crollare, si fa rispettare
schiacciando ogni individuo o corpo intermedio che gli si ponga
innanzi, come si addice ad uno Stato di polizia; ma questa è la
sconfitta implicita e intrinseca del Liberalismo [12].
Il principio del liberalismo, continua il Billot, è essenzialmente
anti-religioso, esso se la prende direttamente con Dio, volendo
sopprimere nella società il culto al vero Dio e cancellare ogni
influsso della Religione da Lui istituita sugli individui e sugli
organismi sociali. Perciò, contro il «Credo» definitivo e contro
l'autorità religiosa esterna, il Liberalismo rivendica l'autonomia del
pensiero umano e della «coscienza» individuale; contro il Regno sociale
di Nostro Signore Gesù Cristo, vuole lo Stato «neutro» cioè
aconfessionale, largo di «diritti» a tutte le credenze religiose, vere
e false che siano (vedi Leone
XIII Libertas). In ciò il
Liberalismo è
tributario dei princìpi della rivoluzione francese «satanica nella sua
essenza».
L'empietà del Liberalismo ha qualcosa di nuovo e di più grave.
Nell'antichità l'empietà esiste, anzi inizia ad esistere già con il
primo uomo, ma non ancora è organizzata e acrimoniosa. Quando Gesù
predica il Vangelo, è già più intensa e meglio organizzata, ma solo in
un piccolo angolo della terra. Però col XVIII secolo essa diventa
universale, furiosa, rabbiosa, forsennata, infiammata; si passa
dall'odio alla Religione all'odio esplicito di ex-cristiani contro Gesù
Cristo: è l'apostasia, più o meno aperta; perché il Liberalismo sa
nascondersi, quando è il momento, e presentarsi sotto sembianze di
angelo di luce, mentre è un angelo decaduto [13].
B) Il
cattolicesimo-liberale
Nel secondo articolo, Billot, tratta delle diverse forme di
Liberalismo, e – come il padre Liberatore – ne distingue tre:
1) il Liberalismo assoluto o
radicale in cui lo Stato domina la
Chiesa.
2) Il Liberalismo moderato
in cui vale il principio «Libera Chiesa
in libero Stato».
3) Il Cattolicesimo-liberale
che, separando la dottrina dalla
prassi, ritiene che la separazione tra Stato e Chiesa è il miglior modo
di vivere, non de jure (la
loro cooperazione rimane l'ideale, la «tesi», buona da insegnare nei
seminari), ma de facto
(l'ipotesi, buona da applicare in pratica, senza
curarsi di tendere all'instaurazione della tesi) [14].
Secondo Billot il Liberalismo
assoluto coincide con il materialismo
e l'ateismo perché nega l'immortalità dell'anima, come ogni
materialismo, e nega che Dio sia fine ultimo dell'uomo, come ogni
ateismo. Onde l'essere più nobile dell'universo è l'uomo, che è
principio e fine di se stesso [15]:
è l'antropocentrismo opposto al teocentrismo, non più Dio ma l'uomo
come il centro dell'universo.
Il Liberalismo moderato,
invece, è riconducibile al manicheismo:
per
lui Chiesa e Stato sono due princìpi irriducibili, come il «dio»
cattivo e il «dio» buono di Mani, il primo dei quali crea la materia
(cattiva) e il secondo lo spirito (buono). Soltanto che il Liberalismo,
in questo punto, rovescia la teoria di Mani e la peggiora: le cose
temporali (Stato) sono buone, mentre quelle spirituali (Chiesa) sono
cattive; «l'una contro l'altra armate», mai potranno trovare un
accordo. Il Liberalismo moderato separa l'uomo pubblico dal privato, il
politico dal fedele; ma ciò sarebbe concepibile solo se in un unico
uomo ci fossero due anime, due mentalità, due coscienze, due
personalità, realmente distinte tra loro (come nello schizofrenico), di
cui una è atea, l'altra religiosa; una incredula, l'altra fedele; una
del tutto materiale, l'altra assolutamente spirituale [16].
Infine il Cattolicesimo-liberale
è l'incoerenza stessa sussistente.
Infatti il Cristianesimo professa che l'uomo ha per fine il Cielo, che
la vita presente è tutta relativa alla vita eterna e che le cose
temporali devono essere subordinate a quelle spirituali; mentre il
Liberalismo insegna tutto il contrario, ossia i princìpi del 1789:
l'uomo è assolutamente libero
(Liberté)
e non è per nulla ordinato a Dio o al Cielo; vita presente e vita
eterna sono la stessa cosa ossia la vita eterna è ridotta a questa
presente (Egalité); e tra
Stato e Chiesa vige l'assoluta fratellanza o meglio lo Stato ingloba e
fagocita la Chiesa (Fraternité)
(Paragrafo 3°, Quod Liberalismus
«catholicorum» – liberalium est
perfecta incohaerentia, pagine 51- 59).
Il nostro lettore è ora in grado di valutare l'apertura del Vaticano
II al modernismo anche sociale ovvero a quel «cattolicesimo liberale»
che da tempo premeva per conciliare, contro il costante Magistero
pontificio, la Chiesa con i pretesi «valori» del liberalismo.
Sull'apertura alla «concezione liberale dello Stato» nei testi del
Concilio, in particolare nella Gaudium
et Spes, nella Dignitatis
Humanae e in Nostra Aetate,
rimandiamo alla testimonianza inoppugnabile dell'allora cardinale
Ratzinger ne Les principes de la
Théologie Catholique (edizioni
Tequi, Parigi, pagine 423 e seguenti).
U.T.T.
NOTE:
[1] D. Composta, Questione
cattolica e questione democristiana, CEDAM,
Padova, 1987, pagina 25; confronta N. Arbol, I democristiani nel
mondo, edizioni Paoline, Milano, 1990; E. Corti, Breve storia della
democrazia cristiana con particolare riguardo ai suoi errori, in
«Il
Fumo nel Tempio», Ares, Milano, 1997, pagine 154-184; H. Delassus, La
Democratie Chretienne, Lille, Desclée, 1911.
[2] D. Composta, opera citata,
pagina 36.
[3] Confronta A. Del Noce, L'Eurocomunismo e l'Italia,
Editrice Europa
Informazioni, Roma, 1976; A. Del
Noce, Il suicidio della
rivoluzione,
Rusconi, Milano, 1978; A. Del
Noce, Il catto comunista,
Rusconi,
Milano, 1981; A. Caruso
S.J., Da Lenin a Berlinguer,
Idea Centro
Editoriale, Roma, 1976; Card.
L. Billot S.J., De Ecclesia
Christi», Tomus secundus, De habitudine Ecclesiae ad civilem
societatem, 3ª edizione, Roma, Università Gregoriana, 1929, Q.
XVII De errore liberalismi et variis
ejus formis, traduzione francese
della Q. XVII: Les principes de 89
et leurs conséquences, Tequi,
Paris, 1989.
[4] J. Maritain, Les droits de
l'homme et la loi naturelle, Hartmann, 1946, pagina 37.
[5] Vedi anche J. Meinvielle, De
Lamennais a Maritain, La Cité
Catholique, Paris, 1956, pagine 9-10. Esiste una recente traduzione
italiana del libro succitato, che s'intitola: Il cedimento dei
cattolici al liberalismo, a cura di don Ennio Innocenti, Roma,
Sacra
Fraternitas Aurigarum in Urbe, 1991; J. Meinvielle, Critica de la
conception de Maritain sobre la persona humana, Ediciones
Nuestro
Tiempo, 1948, Buenos Aires.
[6] J. Meinvielle, op. cit.,
pagine 235-236.
[8] A. Messineo, L'umanesimo
integrale, ne «La Civiltà
Cattolica», volume
III, quad. 2549, 25 agosto 1956, pagine 449-462; confronta anche A. Roussel, Libéralisme et Catholicisme,
Semaine Catholique, 1926,
Rennes; F. Sardà y Salvany,
«Il liberalismo è peccato»,
rist. Forni
editore, Bologna, (1888) 1972; J. Morel, Somme contre le catholicisme
libéral, 2 volumi, Paris-Bruxelles, Palmé-Lebrocquy, 1876; E. Barbier, Histoire du catholicisme libéral et du
catholicisme social en France,
5 volumi, 1923, sine ed. et loco; D. Castellano, L'aristotelismo
cristiano di Marcel De Corte, Pucci Cipriani editore, Firenze,
1975;
L. Gedda, 18 aprile 1948, Mondadori, Milano,
1998.
[9] J. Meinvielle, Critique de la conception de Maritain sur
la personne humaine,
(1948), traduzione francese, sine loco, et editore, 1993.
[10] Q. XVII, De
errore Liberalismi et variis ejus formis, pagina 17.
[11] Art. I, De
fundamentali principio Liberalismi, pagine 19-20. Paragr. 1°, Quod
principium fundamentale Liberalismi est in se absurdum et chimericum,
pagine 20-28.
[12] Paragrafo 2°, Quod
principium Liberalismi in applicationibus ad res
humanas, secum fert dissolutionem omnium socialium organorum,
pagine
28-34.
[13] Paragrafo 3°, Quod
principium Liberalismi est essentialiter
antireligiosum, pagine 34-40.
[14] Art. II, De variis formis
Liberalismi
in re religiosa, pagina 41.
[15] Paragrafo 1°, Quod prima
forma Liberalismi convertitur cum
materialismo et atheismo, pagine 41-45.
[16] Paragrafo 2°, Quod
Liberalismus moderatus ad manicheismus reducitur, pagine 45-51.
Bellissimo articolo che fa dedurre con rigore che:
RispondiEliminaMontini ,proclamato Paolo VI, fu umanista integrale ovvero naturalista integrale (la persona umana come centro).
Woityla, proclamato Giov.Paolo II, venne dal liberalismo assoluto in cui lo Stato dominava la Chiesa, e fu "liberalista moderato" (libera chiesa in libero stato).
Mentre Ratzinger. proclamato Bendetto XVI, è il cattolico-liberale che teorizza su Stato e Chiesa ed
" è l'incoerenza stessa sussistente. Infatti il Cristianesimo professa che l'uomo ha per fine il Cielo, che la vita presente è tutta relativa alla vita eterna e che le cose temporali devono essere subordinate a quelle spirituali; mentre il Liberalismo insegna tutto il contrario, ossia i princìpi del 1789: l'uomo è assolutamente libero (Liberté) e non è per nulla ordinato a Dio o al Cielo; vita presente e vita eterna sono la stessa cosa ossia la vita eterna è ridotta a questa presente (Egalité); e tra Stato e Chiesa vige l'assoluta fratellanza o meglio lo Stato ingloba e fagocita la Chiesa (Fraternité) (Paragrafo 3°, Quod Liberalismus «catholicorum» – liberalium est perfecta incohaerentia, pagine 51- 59).
APRIRE GLI OCCHI !
Più chiaro di così, per coloro cui sta a cuore la salvezza della Chiesa, c'è solo l'Inferno, di cui molti sono ormai increduli -a merito di Woityla e di vescovi e cardinali.
Ratzinger al proposito dell'Inferno non si è ancora espresso esplicitamente, ma lo ha fatto per bocca dei suoi scelti ed ha "abolito" il Limbo...lui, teologo del 2000, può tutto!
Ma di Siria e massacri e torture di cattolici e di storture di politica internazionale, non parla mai, guarda caso!