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martedì 3 agosto 2010

Cammino Neocatecumenale distruttori della Santa Eucarestia...perche' non vengono fermati?...2° e ultima parte


 Carmen e Kiko, eretici fondatori della setta Neocatecumenale....



Tratto dal libro di Don Elio Marighetto I SEGRETI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE 
2°   e ultima PARTE.......



L’EUCARESTIA E’ UNA GRANDE ESULTAZIONE


I testi in nero sono le affermazioni dei fondatori eretici del Cammino Neocatecumenale Kiko e Carmen, le frasi colorate sono rifflessioni di Don Elio Marighetto...

“L’Eucaristia è principalmente una esultazione, una risposta all’intervento di Dio” (OR, p. 287).
“L’apparizione di Dio provoca immediatamente nell’uomo una risposta. Questa risposta è proprio l’Eucaristia... Per la Chiesa primitiva l’Eucaristia è soprattutto la ‘Berachà’ ebraica. E’ essenzialmente questa risposta all’intervento di Dio… Una Eucaristia è essenzialmente una proclamazione… una confessione di quello che Dio ha fatto… è essenzialmente una risposta, una proclamazione, una confessione e un’azione di grazie a Dio per la sua Parola, che viene fatta presente in un'azione sacra” (OR, p. 289).
“E’ una grande festa la Pasqua. In essa scorrerà molto vino durante tutta la notte. E’ una grande esultazione, un grande sacramento, una grande liturgia. Per questo sono completamente fuori strada i preti che per secolarizzarla credono che si tratti di mangiare insieme pane e bere la coppa e niente altro. E’ una grande liturgia in cui Gesù Cristo officerà veramente come un grande liturgo, in cui non inventerà assolutamente nulla” (OR, p. 296).
“Questa notte è una grande festa. Noi ci siamo fatti l’idea anche per il Getzemani che la segue, di una cena triste. Non è vero. Siamo di fronte alla esplosione più grande di allegria per Israele: la festa della liberazione” (OR, p. 297).

L’Ultima Cena del Signore non fu certo una grande festa!
L’interpretazione di Kiko è originale ma fuorviante perché riduce l’Eucaristia ad una preghiera di lode e di ringraziamento. Con queste premesse non si capisce bene in che cosa l’Eucaristia si distingua da una Liturgia della Parola o da una preghiera a Dio per lodarlo e ringraziarlo d’un suo intervento. Solo se nell’Eucaristia non ci fosse alcuna ‘offerta’ si potrebbe vedere nella Santa Messa una “proclamazione della Resurrezione del Signore”, “un sacrificio di lode”, “una lode completa di comunicazione con Dio attraverso la Pasqua del Signore”.

NON CI PUO’ ESSERE EUCARESTIA SENZA ASSEMBLEA

“Troviamo poi un'assemblea che si riunisce. Non si concepisce in alcun modo un rito individuale… Perché il sacramento non è solo il pane e il vino ma anche l’assemblea; la Chiesa intera che proclama l’eucarestia. Non ci può essere una Eucaristia senza l'assemblea che la proclama.
“Non c'è Eucaristia senza assemblea. E’ un assemblea intera quella che celebra la festa e l’eucarestia; perché l'Eucarestia è l'esultazione dell'assemblea umana in comunione; perché il luogo preciso in cui si manifesta che Dio ha agito è in questa Chiesa creata, in questa comunione. E’ da questa assemblea che sgorga l'eucarestia”.
“Ed è ovviamente festa” (OR, p. 317).
“Giustino dopo dice: ‘TERMINATA LA LETTURA IL PRESIDENTE FA L’ESORTAZIONE’. Vale a dire, qui troviamo l’OMELIA… Il presidente non fa sermoni, non dice che dobbiamo essere buoni e non cattivi...’ ” (OR, p. 318).

In Giustino si legge invece: “Poi, quando il lettore ha finito, colui che presiede rivolge parole di ammonimento e di esortazione che incitano a imitare gesta così belle” (Apologia I, n° 67).
Il Vaticano II dice: “Le azioni liturgiche non sono azioni private ma celebrazioni della Chiesa” (S.C. n° 26 e nn. 47-48; cfr. C.C.C. n. 1323 e nn. 1356-1383).
Nel Messale Romano (I.G.M.R. - Cap. 1- n° 4) è detto: “Non sempre si può avere la presenza e l’attiva partecipazione dei fedeli - che manifestano più chiaramente la natura ecclesiale dell’azione liturgica - sempre però la celebrazione eucaristica ha l’efficacia e la dignità che le sono proprie, in quanto è azione di Cristo e della Chiesa e il sacerdote vi agisce sempre per la salvezza del popolo”.
Paolo VI aveva messo in guardia: “Tra quelli che parlano e scrivono di questo Sacrosanto Mistero, ci sono alcuni che circa le Messe private, il dogma della transustanziazione e il culto eucaristico, divulgano certe opinioni che turbano l’animo dei fedeli ingenerandovi non poca confusione intorno alle verità di fede” (Mysterium Fidei, n° 5).
“Ogni Messa, anche se privatamente celebrata da un sacerdote, non è tuttavia cosa pri-vata, ma azione di Cristo e della Chiesa” (ivi, n° 15).
Non si può esaltare la Messa ‘comunitaria’ per sminuire il valore di quella ‘privata’, né insistere troppo sul segno sacramentale come se solo esprimesse la presenza di Cristo.
Non si può mettere in discussione con tanta superficialità il mistero della transustanziazione e non accennare alla mirabile conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue di Cristo (v. Concilio di Trento).
Non si può far credere che dopo la celebrazione non ci sia più la presenza di Nostro Signore nelle Ostie consacrate: così facendo si istigano i fedeli alla irriverenza e si favoriscono i sacrilegi.

PROPOSTE DI RINNOVAMENTO RINNOVAMENTO: RIPULIRE E RECUPERARE

“Il rinnovamento è ripulire da tutto il rivestimento che c’era, perché il nucleo e il contenuto che era nascosto sia visto in tutto il suo splendore. Così si cominciano a recuperare le cose realmente importanti.
“Si sta recuperando l’assemblea, si abbandonano gli altari laterali e le messe simultanee. Tuttavia non ci sarà una vera assemblea se non sorgeranno comunità che vivano dello Spirito per esultare in comunione.
“Si recuperano i segni: si comincia a comunicare con il pane e non con l’ostia che non sembra più pane, si beve il calice.
“Il Concilio Vaticano II ha stabilito che si recuperino i segni in tutta la loro ricchezza di segni. Si recupera l’abbraccio di pace, nonostante che risulti difficilissimo alla gente dato che non siamo né assemblea né comunità” (OR, p. 327).

NIENTE “GLORIA” E “CREDO”

“Neppure c’è il ‘Gloria’. Il Gloria è un brano meraviglioso ed è una preghiera del mattino; ma non ha senso nell’Eucarestia, perché significa duplicare l’anafora. L’origine sta nel fatto che i monaci, prima della messa dicevano le lodi in cui recitavano il Gloria; col tempo finirono per inserirlo nella Messa. “Lo stesso per il ‘Credo’. Esso viene dal tempo delle eresie. Quando cominciarono ad apparire eretici ed apostati, prima di passare all’eucarestia, gli si faceva confessare la loro fede. Ma non è un brano dell’anafora né qualcosa di meno” (OR, pp. 328-329).

NIENTE OFFERTORIO E’ UN RITO PAGANO CHE ENTRA NELL’EUCARESTIA

“Altro aspetto di fasto e religiosità è la processione delle offerte cioè l’offertorio… comincia ad apparire un culto d’offerta col quale l’uomo deve placare Dio ch’è proprio l’idea pagana di portar offerte… Al principio perlomeno le offerte si lasciavano alla porta dei templi; poi… si comincia a portare offerte fino all’altare. Allora si organizza una processione con tutte le offerte e con molte preghiere sulle offerte, fino al punto che l’idea offertoriale invada l’eucarestia primitiva… Questa idea offertoriale è giunta fino ai nostri giorni. Noi stessi abbiamo vissuto questa spiritualità offertoriale. Io stesso mi ricordo che l’offertorio era per me di una importanza che non potete immaginare: con l’ostia pura, santa e immacolata ti offri tu, il tuo lavoro... Ma qualcosa di ancora peggiore succede quando scompaiono le offerte materiali che davano senso all’offertorio e allora rimane il rito senza il contenuto... occorre supplire con... molte preghiere particolari. E allora si fa l’orazione per l’ostia, un’orazione per il calice; si offre il pane ed il vino che servono per il sacrificio... E’ chiaro che questo offrire a Dio non è affatto una cosa cattiva. Tu puoi offrire a Dio quello che vuoi, ma l’Eucarestia è una cosa ben diversa, nettamente distinta da tutto ciò. Nell’Eucarestia tu non offri nulla: è Dio assolutamente presente quello che dà la cosa più grande e cioè la vittoria di Gesù Cristo sulla morte… La liturgia si riempie di queste idee di offerta e di molte altre legate ad una mentalità pagana” (OR, p. 321).
“L’offertorio nella riforma ha perduto di importanza” (OR, p. 327).
“Sull’offertorio, più concretamente, vi sono tre possibilità; una è quella che dice: Così come questo pane saremo riuniti nel tuo Regno. E’ quella che alla fine si è preferita perché non ha senso offertoriale. La Chiesa primitiva non aveva offertorio: semplice-mente si portava il pane e il vino per celebrare i misteri… Accade che molti preti… non capiscono a cosa miri la riforma. Nella Eucarestia non c’è nessuna offerta; le offerte si portano e si presentano semplicemente… La formula che si è lasciata non è che sia molto felice.
La rinnovazione è appena incominciata” (OR, p. 328).

Di fronte a tanta scienza viene da chiedersi: “Ma dove ha studiato questo maestro? Chi gli ha dato tanta autorevolezza?”.
Si può affermare con certezza che l’Offertorio non deriva dai riti pagani.
Il primo a parlare di offerta del pane e del vino da parte dei fedeli è S. Ireneo (135-200 d.C.) come segno di gratitudine dei fedeli verso Dio Creatore. Ne parlano anche Tertulliano (160-220 d.C.) e S. Cipriano (+ 258 d.C.). La Riforma Liturgica del Concilio ha ripristinato la processione offertoriale. Nelle sante Messe celebrate dal Papa in S. Pietro c’è spesso una lunga processione che porta all’altare doni d’ogni genere.

NIENTE “ORATE FRATRES”

“L‘orate fratres’ è l’esempio maggiore di tutte quelle preghiere che furono introdotte nella messa di tipo individuale, penitenziale e sacrificale. Riassume tutte le idee medioevali della messa: pregate fratelli, perché questo sacrificio mio e vostro sia gradito…; la risposta era ancora peggiore: il Signore riceva dalla tue mani questo sacrificio… La riforma voleva toglierlo perché è un’aggiunta con molte deformazioni. Fecero una catechesi speciale a Paolo VI per spiegarGli che bisognava toglierlo; Paolo VI fu convinto di questo, ma disse di non toglierlo per motivi pastorali; toglierlo è una questione delicata, perché lì il popolo aveva cominciato a partecipare e senza una previa catechizzazione non lo si poteva togliere perché avrebbe causato sconcerto nella gente. La prima cosa che ha detto infatti il Concilio è che per poter fare la riforma bisogna fare una catechizzazione. Altrimenti la gente si scandalizza perché non capisce niente; e per quanto cambiano le forme la gente continuerebbe a vivere la messa a suo modo, con il suo rosario ecc. Il popolo infatti non ha mai smesso di partecipare con novene, rosari” (OR, p. 328).

Secondo Carmen la Santa Messa non è affatto un sacrificio ma una festa che l’Assemblea celebra “esultando in comunione e anticipando la festa del riposo eterno”. Per lei non c’è distinzione fra sacerdozio comune dei fedeli e sacerdozio ministeriale, perché tutti i fedeli sono sacerdoti.
Ma per la Chiesa la S. Messa è un vero e proprio sacrificio che il sacerdote celebra “in persona Christi” e non per incarico o a nome della Comunità. Dicendo: “Il mio e il vostro sacrificio”, il sacerdote distingue il sacrificio del Cristo ch’egli rappresenta, da quello dei semplici fedeli che sono invitati ad unire i loro sacrifici a quelli del Cristo.
Quando Mons. Rino Fisichella, docente di Teologia Fondamentale alla Gregoriana, ha cercato di spiegare a Kiko che la Santa Messa è autentica rinnovazione del sacrificio della croce e non celebrazione d’una festa da farsi con gioia tra canti e danze, si è visto rispondere con alzata di spalle. Diversi ‘presbiteri’, concelebrando l’Eucaristia, volevano unirsi alla consacrazione delle sacre specie partecipando “summissa voce”, come prescrive l’Ordo, ma sono stati ripresi ‘con autorità’ dai catechisti che proibivano loro anche di alzare e stendere la mano. Questi, poi, al momento della Comunione, hanno portato loro Gesù Eucaristia dicendo: “Il Corpo di Cristo” e “Il Sangue di Cristo”, proprio come deve fare il sacerdote con i semplici fedeli.
In una convivenza (febbraio 2001) alla presenza di 15 sacerdoti, un super catechista ha riferito che Gesù stesso è apparso a Kiko e gli ha detto: “Va e cambia la messa!”. Finora pensavo (come mi era stato detto) che fosse stata la Madonna ad apparirgli per invitarlo ad avviare il Cammino, ma evidentemente non conoscevo ancora tutti segreti.
Da anni la Chiesa ha concesso “in via sperimentale” ai NC di provare altre forme alternative nella celebrazione dell’Eucaristia. In tutto questo tempo avranno certamente trovato delle buone soluzioni per una maggiore e migliore partecipazione di tutti i fedeli al sacro rito. Credo allora che dopo trent’anni siano maturi i tempi perché quanto di buono hanno sperimentato loro sia proposto alla Chiesa universale e non sia più vissuto come privilegio elittario che separa anziché unire il popolo di Dio. Se la Chiesa riconosce ed accetta questo carisma dato da Gesù a Kiko, lo partecipi a tutta la cristianità, se invece lo ritiene espressione di uno schizofrenico, lo fermi finché è ancora in tempo perché oramai pare che “tutti i NC hanno il carisma”.

AFFERMAZIONI PREOCCUPANTI TRANSIGNIFICAZIONE, NON TRANSUSTANZIAZIONE

“Gesù Cristo gli dà ancora un altro nuovo significato, un nuovo contenuto al segno: questo pane è il mio corpo che si consegna alla morte per voi. Gesù Cristo non si inventa il segno che era antichissimo; dà pienezza al segno, un nuovo significato. Perché lui compie la Pasqua, lui compie il passaggio dalla schiavitù della morte alla terra promessa che è l’arrivo al Padre,… la vera Gerusalemme” (OR, p. 306).
“Con il Concilio di Trento, nel XVI secolo, si fissa tutto rigidamente imponendo in modo radicale il rito romano.
“In quest’epoca nascono tutte le filosofie sull’Eucarestia.
“Quando non si capisce quello che è il sacramento, a causa della svalorizzazione enorme dei segni come sacramenti, e quando non si capisce quello che è il memoriale, si comincia a razionalizzare, a voler dare spiegazioni del mistero che c’è dentro. Precisamente perché, il mistero trascende la sua unica spiegazione, c’è il sacramento. Il sacramento parla più dei ragionamenti. Ma a quel tempo, poiché non si capisce,… si cerca di dare spiegazioni filosofiche del mistero. E così incominciano i dibattiti su: ‘Come è presente?’ Lutero non negò mai la presenza reale, negò solo la parolina ‘transustanziazione’ che è una parola filosofia che vuole spiegare il mistero.
“La Chiesa primitiva non ha mai avuto problemi circa la presenza reale… Ma la cosa più importante non sta nella presenza di Gesù Cristo. Egli dice: ‘Per questo sono venuto: per p a s s a r e da questo mondo al Padre’. Ossia, la presenza fisica nel mondo ha uno scopo che è il resuscitare dalla morte. Questa è la cosa importante. La presenza è un mezzo per il fine che è la Sua opera: il mistero di Pasqua. La presenza è in funzione dell’Eucarestia, della Pasqua” (OR, p. 325).
“E’ quando non si capisce più ormai questa presenza della Pasqua, di questo sacramento che si vuole spiegare filosoficamente, che si cominciano i dibattiti di come è presente, con gli occhi o senza occhi, fisicamente ecc. Tutte queste spiegazioni partono da un punto falso, consistente nel voler spiegare razionalmente qualcosa di diverso. Perciò checché gli olandesi ora si inventino cose come la transfinalizzazione, o altro, il risultato è lo stesso: sono tutte filosofie che non portano a nulla.
“Non si tratta di spiegare con la ragione i sacramenti… altrimenti Dio ci avrebbe dato la filosofia per spiegarci quello che è Lui” (OR, p. 326).
“Il pane è per il banchetto… La presenza reale è sempre un mezzo per condurci al fine, che è la Pasqua. Non è un assoluto, Gesù Cristo è presente in funzione del Mistero Pasquale.
“Invece da Trento in poi si celebrerà l’Eucarestia per consacrare e avere presente Gesù Cristo e metterlo nel tabernacolo.
“In molti conventi di monache si dice la messa per riempire il tabernacolo. Abbiamo trasformato l’Eucarestia che era un canto al Cristo glorioso, nel divino prigioniero del tabernacolo.
“La riserva era per gli infermi… ; allora li si faceva partecipare, comunicare con l’Eucarestia, con la Pasqua, con la Festa, che hanno celebrato in assemblea tutti i fratelli, per mezzo delle specie. E’ come quando uno non ha potuto partecipare a delle nozze e gli conservano un pezzo di torta perché partecipi al banchetto. Ma più di questo è l’intera celebrazione eucaristica in funzione della quale sono le specie” (OR, pp. 329-331).
“… In un certo momento, per esempio, fu necessario insistere contro i protestanti sulla presenza reale. Ma una volta che questo non è più necessario, non bisogna insistervi più. Perché quel momento storico è passato. Perché se mette qualcosa come contrappeso sulla bilancia, perché non si sbilanci, una volta che il peso opposto è scomparso, non bisogna conservare il contrappeso perché se no si sbilancia dall’altro lato. Se le cose stanno come devono essere, non bisogna insistervi più” (OR, pp. 333-334).

Se non c’è cambiamento di sostanza (‘transustanziazione’) ma solo di significato in vista della celebrazione (‘transfinalizzazione’), allora nei frammenti eucaristici avanzati non ci sarebbe più la presenza del Cristo, perché questi cesserebbero di simboleggiare la sua presenza. Non dovremmo preoccuparci per le briciole, e tanto meno di conservare le ostie dopo la celebrazione.
Kiko e Carmen non capiscono, e perciò rifiutano la transustanziazione che non spiega, ma descrive il mistero, e noi lo accettiamo con atto di fede.
“La conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino nel suo sangue; conversione singolare e mirabile che la Chiesa Cattolica chiama giustamente e propriamente transustanziazione” (Myst. Fidei n° 24). “Salva l’integrità della fede, è necessario anche serbare un modo esatto di parlare, affinché... non vengano in mente... false opinioni” (id. n° 9). “La norma di parlare… che la Chiesa ha stabilito... dev’essere... osservata... poiché quelle formule... esprimono concetti che non sono legati ad una certa forma di cultura, non a una determinata fase del progresso scientifico, non all’una o all’altra scuola teologica, ma presentano ciò che l’umana mente percepisce della realtà nell’universale… esperienza: e però tali formule sono intelligibili per gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi” (ivi, n° 10). “Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa in maniera assai appropriata transustanziazione” (Credo del Popolo di Dio - Paolo VI - n° 25; Euch. Myst. n° 31 f; C.C.C., n° 1376).
Kiko e Carmen ritengono che la presenza reale di Gesù nelle specie eucaristiche sia soltanto in funzione della celebrazione. Per loro non c’è più presenza reale di Gesù nelle ‘ostie’ (e tanto meno nei ‘frammenti’) dopo la celebrazione: pertanto chi le adora fuori della Messa è da riprovare.

NELL’EUCARESTIA LO SPIRITO RISUSCITA I MORTI CHE MANGIANO DI QUESTO PANE

“Il memoriale che Egli lascia è il Suo Spirito resuscitato dalla morte, presente con tutto il suo mistero di morte e resurrezione, fatto vita per portare al Padre tutti quelli che celebrano la Pasqua, tutti quelli che celebrano la cena con Lui. La Chiesa primitiva non ha problemi a proposito di questa presenza” (OR, p. 326).
“L’Eucarestia intera è un canto glorioso della Resurrezione di Gesù Cristo. E’ una Pasqua, il sacramento del passaggio dalla morte alla Resurrezione. Sacramenti che non sono segni allegorici. E’ sacramento perenne ed operante, nel quale lo Spirito sta agendo e risuscitando i morti che partecipano e mangiano di questo pane e bevono di questo calice” (OR, p. 308).
Gesù non è presente nell’Eucaristia solo col “Suo Spirito resuscitato”, ma anche col Suo Corpo. L’Eucaristia non è solo proclamazione della Risurrezione, ma ripresentazione del sacrificio redentore di nostro Signore che ci ha salvati con la sua Morte e Risurrezione. In queste espressioni è giustificata la partecipazione all’Eucaristia di tutti i presenti.
“Durante il periodo del precatecumenato… può venire un ateo o qualsiasi altro. Durante questo tempo noi non abbiamo detto nulla circa il sesso, il lavoro... uno ha un’amica, un altro ruba, un altro uccise o lasciò di uccidere… nulla!... Abbiamo chiesto soltanto una cosa: venire ad ascoltare la Parola di Dio una volta alla settimana e celebrare l’Eucarestia. Ognuno ha continuato a fare ciò che voleva: quello che era nell’Azione Cattolica ha continuato ad esserlo, quello che era della Messa quotidiana continua, ecc.” (SH, p. 96).

Dunque, chi vivesse in una situazione familiare irregolare, o avesse abortito, rubato, ucciso, ecc., potrebbe partecipare all’Eucaristia e fare la comunione?
Non è questo che insegna la Chiesa!

SOLO NELLA CELEBRAZIONE C’E’ PRESENZA REALE
QUINDI NIENTE ADORAZIONE FUORI DELLA MESSA

“Le teologie del sec. XVI non sono altro che elucubrazioni mentali senza un’esperienza biblica… Il mistero si incentra sulla presenza… La Chiesa cattolica diventa ossessionata riguardo alla presenza reale, tanto che per essa è tutto presenza reale… Comin-ciano le grandi esposizioni del Santissimo (prima mai esistite), perché la presenza era in funzione della celebrazione eucaristica e non il contrario. Il pane e il vino non sono fatti per essere esposti, perché vanno a male… sono fatti per essere mangiati e bevuti.
Io dico ai sacramentini che hanno costruito un tabernacolo immenso: se Gesù Cristo avesse voluto l’Eucarestia per stare lì, si sarebbe fatto presente in una pietra che non va a male” (OR, p. 329).
“In questa epoca comincia il Corpus Christi, le esposizioni solennissime del Santissimo, le processione col Santissimo, le Messe sempre più private, le visite al Santissimo e tutte le devozioni eucaristiche. Tutto questo è ormai più importante della celebrazione. La presenza di Gesù Cristo è un’altra cosa. E’ il carro di fuoco che viene a trasportarci verso la gloria, a passarci dalla morte alla resurrezione, a farci entrare veramente nella morte, che è molto diverso. L’Eucarestia è molto dinamica, ci mette in cammino. Noi l’abbiamo trasformata in qualcosa di statico e manipolabile per noi. Pensate che… facciamo il ringraziamento dopo aver comunicato, mentre tutta l’Eucarestia, come abbiamo visto, è azione di grazie” (OR, p. 330).
“Come cosa separata dalla celebrazione cominciano le famose devozioni eucaristiche: l’adorazione, le genuflessioni durante la messa ad ogni momento, l’elevazione perché tutti adorino… Tutto questo è già molto lontano dal senso della Pasqua. L’adorazione e la contemplazione sono specifiche della Pasqua, ma dentro la celebrazione, non come cose staccate.
“Si rinnovò la settimana santa... Sant’Elena costruì (basiliche) a Gerusalemme. Allora la Pasqua si trasformò in un rivivere teatralmente i fatti della Passione con molte cerimonie storiche, non sacramentali. La Pasqua si disperse in tante Via Crucis, processioni e grandi offici. La notte pasquale perde, a poco a poco, di valore e aumenta l’importanza del giovedì santo, del venerdì santo e del sabato santo… con cerimonie molto arricchite con teatralizzazioni e cariche sentimentali. Il mistero si perde in una commemorazione storica.
La Pasqua perde unità e si trasforma in 1 settimana di feste” (OR, 331).

Paolo VI scrive: “Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare ed adorare nell’ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato, che essi non possono vedere e che, senza lasciare il cielo, si è reso presente dinanzi a noi” (‘Credo del Popolo di Dio’, n. 26).
Riassumendo l’insegnamento bimillenario della Chiesa Cattolica il C.C.C. così precisa: “La presenza eucaristica di Cristo ha inizio al momento della consacrazione e continua finché sussistono le specie eucaristiche. Cristo è tutto e integro, presente in ciascuna specie e in ciascuna sua parte; perciò la frazione del pane non divide Cristo” (C.C.C. n° 1377).
Giovanni Paolo II ne’ “La Cena del Signore”, al n. 3 afferma: “L’adorazione di Cristo in que-sto Sacramento d’amore deve poi trovare la sua espressione in diverse forme di devozione eucaristica: preghiere personali davanti al Santissimo, ore di adorazione, esposizioni brevi, prolungate, annuali, benedizioni eucaristiche, processioni eucaristiche, congressi eucaristici”. E in un discorso a Dublino il 29.09.79 disse: “L’Eucaristia, nella Messa e fuori della Messa, è il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo e merita quindi l’adorazione che si tributa al Dio vivente, e a Lui solo. Così, ogni atto di riverenza, ogni genuflessione che fate davanti al SS. Sacramento è importante perché è un atto di fede in Cristo, un atto d’amore per Cristo”.
Bisogna evitare la profanazioni delle specie eucaristiche calpestando frammenti di pane consacrato caduto a terra e non raccolto.
Anche a me è stato riferito, da persona degna di fede e che ha partecipato a diverse liturgie NC, come dopo la celebrazione, nel ripiegare la tovaglia, buttavano i frammenti come si fa dopo un pranzo. Quest’usanza è stata introdotta da Carmen che ha deriso coloro che si preoccupavano di raccogliere le briciole del pane consacrato. Ciò ha indotto molti a buttare i frammenti del pane consacrato come fossero di pane comune. Nelle celebrazioni delle Comunità NC avvengono pertanto delle autentiche profanazione delle specie eucaristiche, perché i partecipanti, calpestano i frammenti del pane consacrato caduto o volontariamente gettato a terra.

COMUNIONE SOTTO LE DUE SPECIE, DEL PANE E DEL VINO

“… Per contrapporsi a Lutero si fermarono all’efficacia dei sacramenti e trascurarono il segno. E allora è lo stesso comunicare con il pane, o con l’ostia che sembra di carta; è lo stesso che beva uno dalla coppa o che ne bevano tutti. Il canone diceva: “Prese il pane, fece l’azione di grazie, e lo passò ai suoi discepoli dicendo: prendete e bevetene tutti… ma in realtà chi beve è il solo sacerdote e tutti gli altri non fanno nulla. Quanto all’efficacia il sacramento si realizza ma non si dà alcuna importanza al segno” (OR, pag. 326).

“La comunione sotto le due specie non è di diritto divino per coloro che non celebrano la messa” (Concilio di Trento Sess. XXI). Il Vaticano II ha concesso di poter fare la Comunione sotto le due specie solo in casi particolari.

NON SI PUO’ PRESCINDERE DAI SEGNI PERCHE’ LA GRAZIA SI REALIZZI

“Un sacramento è formato da due elementi: uno è il segno, esplicitazione del mistero, e l’altro è l’efficacia del segno, che realizza quello che il segno significa. I Protestanti vollero dare tanta importanza al primo elemento che il Concilio dovette far risaltare il secondo: i sacramenti danno la Grazia che significano.
“… Dei due elementi del sacramento noi abbiamo mantenuto l’efficacia, che rappresenta la cosa importante per una mente razionalista: l’essenza delle cose. Lo abbiamo fatto senza sapere del valore prezioso del segno” (OR, p. 326).
“I segni preparano l’uomo a mettersi nella disponibilità adatta perché si realizzi il sacramento. La liturgia è piena di segni, perché da essi non si può prescindere affinché la grazia si realizzi. Ma dopo Trento siamo rimasti con le essenze e le efficace disconoscendo il valore dei segni” (OR, p. 327).
“Inoltre siccome il nostro popolo vive il suo cristianesimo a livello di religiosità naturale, perché non è mai stato catechizzato profondamente… il popolo dice: Se qualcosa può essere cambiato vuol dire che Dio si è sbagliato, quindi la religione è falsa!… questo è quello che molta gente pensa del rinnovamento.
“Tutto questo perché non comprendiamo che la verità, la rivelazione di Dio, si manifesta attraverso i segni: in questo modo si esplicita agli uomini. E siccome noi uomini viviamo in avvenimenti storici, in una storia che continuamente cambia, anche l’espressione esterna della manifestazione di Dio cambia” (OR, p. 332).
I ‘segni sacramentali’ sono importanti perché suscitano in noi la fede e ci dispongono a desiderare la Grazia; ma ancor più importante è la fede che ci dispone ad accoglierla. Il popolo che ha il senso della fede accetta le ‘novità’ autentiche, ma istintivamente rifiuta personalismi e deviazioni.


SACRAMENTO DEI SACRAMENTI E’ LA NOTTE PASQUALE
LA NOTTE DEL SABATO E’ FESTA. DOMENICA, LA FESTA E’ FINITA

“Celebreremo l’Eucarestia questa notte, sabato. Gesù Cristo risuscitò nella notte tra il sabato e la domenica. Prima di Gesù Cristo il settimo giorno era il sabato; con Gesù Cristo è la domenica, il giorno del sole (Gesù Cristo è il sole di giustizia). I cristiani si riunivano il sabato notte, in seguito si passò alla domenica mattina. “La Chiesa ha posto l’Eucarestia il sabato sera perché è molto più segno. Il sabato ha molto più senso festivo, la Domenica la festa è già finita. Il centro della vostra liturgia nel CN sarà la Veglia Pasquale, celebrata durante tutta la notte. Dobbiamo recuperare la notte come segno…
“Questa notte, nella quale risuscitò Gesù Cristo, la notte santa, la notte sacramentale, la notte memoriale di Gesù Cristo Risorto, la notte delle notti è il centro della liturgia. Questa notte si battezzavano i bambini, perché Dio in questa notte si è impegnato ad agire; in questa notte lo Spirito Santo risuscitò Gesù Cristo. Questa notte verrà Gesù Cristo per la seconda volta. E come prolungamento di questo centro: la domenica, l’Eucarestia del sabato notte. Noi celebreremo l’Eucarestia della domenica sempre il sabato notte, in una grande festa. Così celebrerete sempre l’Eucarestia durante il catecumenato” (OR, pp. 335-335bis).

I NC celebrano l’eucarIstia di notte, tra il sabato e la domenica, perché la notte è sacramento. La festa è celebrata al sabato notte, con canti, abbracci, baci, danze bibliche ed agapi. La domenica perde il suo valore e diviene così giorno di riposo, d’incontro, di convivenza con scambio di esperienze… senza Messa. Ma la Chiesa vuole che si abbia ad “eliminare il più possibile i frazionamenti del popolo di Dio nel Giorno del Signore” (Il Giorno del Signore, n. 10. Cfr. Euch. Myst. nn. 26-27; EucarIstia, Comunione e Comunità, nn. 71 e 81).

1 commento:

  1. Caspita che belle cose che ci sono scritte le approvo tutte... dove si compra questo libro?

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