domenica 1 agosto 2010
La gioia di essere Cristiani autentici nella Chiesa Una Santa Cattolica Apostolica...
LA SUA MESSA:
(Dal libro: Io... testimone del Padre)
Molti già prima di me hanno tentato di descrivere «la messa di Padre Pio», ma credo che nessuno sia riuscito a tratteggiare, in tutta la misteriosa realtà, ciò che per cinque decenni è avvenuto ogni mattina sull'altare, a San Giovanni Rotondo.
Certamente non sarò io a ripetere il tentativo che di sicuro sarebbe più infruttuoso degli altri. Cercherò, pertanto, solo di fissare su queste pagine ciò che mi è parso di capire, ciò che ho visto e ciò a cui ho assistito servendo, in tante occasioni, la messa celebrata dal venerato Padre.
Fu proprio lui ad impartirmi preziosi insegnamenti sul modo di «servire» al banchetto eucaristico.
Ho sempre cercato di osservare attentamente Padre Pio, seguendolo con lo sguardo dal momento in cui, all'alba, lasciava la sua cella per recarsi a celebrare.
Lo vedevo in uno stato di sofferta agitazione. Smaniava.
Appena giunto in sacrestia per indossare i paramenti sacri, avevo l'impressione che già non s'accorgesse più di ciò che avveniva intorno a lui.
Era assorto e profondamente consapevole di quanto si accingeva a vivere.
Se qualcuno osava rivolgergli qualche domanda, si scuoteva e rispondeva a monosillabi.
Il suo viso, apparentemente normale nel colorito, diventava paurosamente cereo nel momento in cui indossava l'amitto.
Da quell'istante non dava più retta a nessuno.
Appariva completamente assente.
Indossati i sacri paramenti, si avviava all'altare.
Pur precedendolo nel breve tragitto, notavo che il suo passo diveniva più strisciante, il volto dolorante. Era quasi ogni volta più curvo.
Avevo la sensazione che fosse schiacciato dal peso di una enorme, invisibile croce.
Giunto all'altare, lo baciava teneramente ed il suo viso cereo s'incendiava. Le gote s'imporporavano. La pelle diveniva trasparente quasi per evidenziare l'afflusso di sangue che gli irrorava le gote.
Al confiteor, come se si accusasse di tutti i peggiori peccati commessi dagli uomini, si batteva il petto con colpi sordi e forti.
I suoi occhi rimanevano serrati senza riuscire a trattenere grosse lagrime che si dileguavano nella folta barba.
Al vangelo le sue labbra, annunciando la parola di Dio, sembrava che di quella parola si cibassero, gustandone l'infinita dolcezza.
Subito dopo iniziava l'intimo colloquio di Padre Pio con l'Eterno.
Quel colloquio procurava al Padre copiosi effluvi di lagrime che gli vedevo asciugare con un largo fazzoletto.
Padre Pio, che aveva ricevuto dal Signore il dono della contemplazione, entrava negli abissi del mistero della redenzione.
Squarciati i veli di quel mistero dagli strali della sua fede e del suo amore, per i suoi occhi tutte le cose umane scomparivano.
Davanti al suo sguardo c'era solo Dio!
La contemplazione dava alla sua anima una balsamica dolcezza che si alternava alla sofferenza mistica, riflessa in modo evidente anche nel fisico.
Tutti vedevano Padre Pio penante.
Le preghiere liturgiche venivano pronunciate a fatica, interrotte dai singhiozzi.
Era enorme il disagio che il Padre provava nello stare alla presenza e sotto gli occhi indagatori degli altri. Avrebbe preferito forse celebrare in solitudine, per dare così libero sfogo al suo dolore, al suo indescrivibile amore.
La sua anima estatica, incendiata da un «fuoco divoratore», doveva certamente implorare dal cielo benefiche piogge di grazia.
Padre Pio viveva in quei momenti, sensibilmente, realmente, la passione del Signore.
Il tempo correva veloce; ma egli era fuori del tempo!
Perciò la sua messa durava un'ora e mezza o forse più.
Al sanctus elevava con tanto fervore l'inno di lode al Signore che precedeva il divino olocausto.
All'elevazione il suo dolore raggiungeva il culmine.
Nei suoi occhi leggevo l'espressione di una madre che assiste all'agonia del figlio sul patibolo, che lo vede spirare e che, strozzata dal dolore, muta, ne accoglie il corpo esangue tra le braccia, riuscendo solo a tentare lievi carezze.
Vedendo il suo pianto, i suoi singhiozzi, temevo che il cuore gli scoppiasse, che stesse per venir meno da un momento all'altro.
Lo Spirito di Dio era ormai penetrato in tutte le sue membra.
La sua anima era rapita in Dio.
Padre Pio, mediatore tra la terra e il cielo, si offriva con Cristo vittima per l'umanità, per i fratelli d'esilio.
Ogni suo gesto denotava il suo rapporto con Dio.
Il suo cuore gli doveva ardere come un vulcano. Pregava intensamente, per i suoi figli, per i suoi ammalati, per coloro che avevano già lasciato questo mondo.
Ogni tanto si abbandonava sull'altare puntando sui gomiti, forse per alleviare, dalla pesantezza del corpo, i suoi piedi piagati.
Lo sentivo spesso ripetere tra le lagrime: «Mio Dio! Mio Dio!».
Uno spettacolo di fede, di amore, di dolore, di commozione che toccava punte di drammaticità nel momento in cui il Padre sollevava l'ostia: le maniche del camice scendevano giù e le sue mani squarciate, sanguinanti, erano sotto lo sguardo di tutti. Il suo sguardo invece era in Dio!
Alla comunione sembrava placarsi.
Trasfigurato, in un appassionato, estatico abbandono, si cibava delle carni e del sangue di Gesù.
L'incorporazione, l'assimilazione, la fusione erano totali!
Quanto amore si sprigionava dal suo viso!
La gente, attonita, non poteva fare a meno di piegare il ginocchio davanti a quella mistica agonia, a quel totale annientamento.
Il Padre rimaneva come stordito a gustare le divine dolcezze che solo Gesù eucaristico sa dare.
Quindi il sacrificio della messa si completava con reale partecipazione di amore, di sofferenza, di sangue. E portava frutti copiosi di conversione.
Al termine della messa, Padre Pio bruciava di un fuoco divino appiccato da Cristo alla sua anima, per attrazione.
Un'altra ansia lo divorava: quella di andare in coro per restare raccolto col suo Gesù nell'intima, silenziosa lode di ringraziamento.
Rimaneva immobile, come privo di vita.
Se qualcuno l'avesse scosso non se ne sarebbe accorto, tanto era assorto nel divino amplesso.
La messa di Padre Pio!
Nessuna penna riuscirà mai a descriverla.
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Padre Pio è stato perseguitato perchè satana era già entrato nella Chiesa. E' stato un uomo e santo eccezionale, meravigliosa figura d'esempio dei nostri tempi anche per la obbedienza tipica dei santi, ma che riguarda l'osservanza delle disposizioni materiali che circondano la liturgia, mai avrebbe obbedito se un'autorità gli avesse imposto variazioni liturgiche contrarie alla fede. Seguì però, per obbedienza, anche il nuovo ordine della messa, ma, certamente lo spirito con cui la faceva, la rendeva valida ed efficace. Ma quante ora sono così efficaci per lo spirito dei fedeli ?
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