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martedì 10 agosto 2010

CONTENUTI ‘SEGRETI’ DELLE CATECHESI ERETICHE NEOCATECUMENALI...3° e ultima parte


Kiko, eretico fondatore della setta Neocatecumenale....



Tratto dal libro di Don Elio Marighetto I SEGRETI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE 
3° e ultima PARTE.......


I testi in nero sono le affermazioni dei fondatori eretici del Cammino Neocatecumenale Kiko e Carmen, le frasi colorate sono rifflessioni di Don Elio Marighetto... 


RAPPORTI COI PARROCI ED I VESCOVI
RIDICOLIZZATE LE SPIRITUALITA’ RACCOMANDATE DAI VESCOVI


“Kiko dice che dev’essere lui e i catechisti che devono vedere se tu hai fede. E di fatto avviene così. I sacerdoti lasciando fagocitare il loro ministero dai catechisti NC lasciano a loro il giudizio sui carismi che… appartiene alla gerarchia della Chiesa e non ai semplici fedeli. Ma Kiko… non crede nella gerarchia, finge sottomissione al Papa, che egli presenta come suo amico e protettore. Cosa dire? Che i Vescovi si sono lasciati invadere l’ovile ed ora non sanno più impedire che spadroneggino nelle parrocchie, distogliendo i fedeli praticanti e non, convincendoli che loro non hanno fede, ma la vera fede è quella di Kiko” (Test. Ex-Cat., p. 24).
“Sulla situazione dei parroci… io penso che dovete avere molta misericordia e comprensione; non siate duri con loro.
Inoltre, anche se hanno problemi morali (come li hanno tutti) con loro bisogna parlare con più delicatezza perché vengono da una situazione di Chiesa nella quale sono impossibilitati a scoprirsi peccatori, come si trova adesso la gioventù e voi stessi. Loro hanno una situazione ancora più difficile di noi perché a volte parlare può significare uno scandalo e non possono avere questa libertà che sarebbe per loro una salvezza. Allora i catechisti non debbono esporli a uno scrutinio in pubblico o cose del genere” (1°SCR, p. 2).
“Abbiamo passato la vita lottando con i preti: che se si tocca il calice, se non si tocca. E risulta che poi abbiamo scoperto che nel fondo non c’era la questione di ‘Se il Vescovo lo permette’ ma che era che non sopportava che un altro lo comandasse” (2°SCR, p. 188 Appendice).
“Se i Vescovi invece di stare tutto il giorno in ufficio a ricevere la gente, potessero stare pregando con un popolo, questa sarebbe la più grande opera!” (PR, p. 163).
“… Attenti con certi concetti di Dio buono che è tutta misericordia… voi che avete certi concetti di Dio tipo Sacro Cuore con la manina così e la faccia ritoccata, tutto zucchero e miele, tutto soavino e tenerino… Quel Dio di cartapesta non esiste. Il Dio della Bibbia non è così. E’ un Dio che elegge un popolo e gli dà grazie che non dà ad altre nazioni, perché compia la sua missione. Però, che non lo tradisca, altrimenti la sua maledizione, sarà tremenda. E’ un Dio che a seconda benedice e maledice” (OR, p. 115; v. anche p. 139).
“Io mi ricordo nei cursillos o anticamente negli esercizi spirituali, bisognava fare delle promesse: prima morire che peccare.
Facevi gli esercizi spirituali, ti confessavi e promettevi che mai più, mai più, mai più. Duravi un anno con la messa tutti i giorni, tutti i giorni il rosario, tutto il resto e poi quando sbattevi il muso, allora… “questo non vale”… Siccome pensano che essendo cristiani non avrebbero peccato più, non potevano accettare che, dopo, fossero così. Questa è una grandissima deformazione di quello che è il cristianesimo, una deformazione grandissima. Perché succede questo? Perché questo non è cristianesimo. Il cristianesimo significa che qui, fratelli, non vi si laverà mai il cervello fino al punto di non lasciarvi liberi di peccare quando vorrete” (2°SCR, p. 143).
“Ci fu un tempo in cui si credeva che per essere virtuoso era necessario sacrificarsi molto facendo atti per esercitare la volontà (mi tolgo ora questa sigaretta; domani…). Oggi questo non si accetta più. E’ stato per altre epoche. Io non ti consiglierei mai, fratello, questo stoicismo. Perché toglierti questa sigaretta, questo po’ di acqua o dare questa elemosina a un povero per acquistare virtù, può fare di te l’uomo più fariseo del mondo… Vi diremo in che consiste la conversione. Occorre aiutarsi attraverso di un digiuno molto più serio. L’elemosina è molto più seria” (SH, pp. 97-98).
“… noi viviamo in un’altra spiritualità… però per capire tutto questo è necessario che tu venda tutto. Io ti invito a fare questa esperienza. Resta senza niente un giorno e mettiti a camminare per la strada e pensa: ‘a partire da questo momento tutto ciò che mi viene dato viene da Dio’ ” (SH, p. 99).

RELIGIOSITA’ NATURALE NATURA

“Qui parlo della religiosità naturale. … una cosa è la religiosità naturale ed un’altra è la fede” (OR, p. 53).
“L’uomo quando ha scoperto questo Essere superiore ha bisogno di renderselo propizio. Appare la religione…
L’uomo erige un altare lì dove Dio gli dà retta, 1’altare puro, la pietra più perfetta. Lì porta focacce; porta animali e li sacrifica affinché l’aroma salga fino a Dio. Pensa: Lui in cambio mi darà… altre cose.
“A poco a poco le cose si complicano e le religioni degenerano. Dato che va molta gente a pregare, a chiedere cose e ad offrirne in cambio, occorre qualcuno che attenda al tempio. Così vengono posti alcuni sacerdoti” (OR, p. 55).
“In questo schema religioso ciò che è sacrosanto è il tempio e tutto ciò che ha a che fare con esso, altare, sacerdote e tutto ciò che si offre a Dio” (OR, p. 56).
“E’ gente che nei momenti della malattia e della necessità chiedono a Dio forza, che li aiuti… Questa è la religiosità naturale che è in noi… gente che quando se ne andava in vacanza si portava appresso le statuette e i dipinti della divinità, per pregarla, come tu ti puoi portare l’immagine di Sant’Antonio perché gli sei molto devoto” (1° SCR, pp. 40-41)
Tutti i religiosi naturali, quando si alzano al mattino, che fanno? Danno grazie a Dio per il nuovo giorno, offrono a Dio le loro opere, chiedono a Dio che protegga la loro giornata, questo non è Cristianesimo. “… Un uomo che crede molto a Dio, che ama nel cuore di ogni uomo ... ebbene questo uomo è un uomo religioso naturale, che non fa nulla senza confidare in Dio, senza pregare Dio… La sua preghiera al mattino … (sarà) di offrire tutto a Dio e di fargli domande… Ebbene allora non sei cristiano. Per questo è importante che stabiliamo la differenza tra religione e fede, ebbene è enorme” (1°SCR, p. 42). “…La spiritualità cristiana è che i cristiani lodino costantemente Dio. Nella religiosità naturale non esiste questa lode, esiste la sofferenza, esiste la rassegnazione, si deve soffrire in questa vita, perché uno abbia la ricompensa nell’altra. “Il religioso naturale pensa semplicemente che la vita è una prova, che le sofferenze di questa vita sono una prova per poi ricevere un premio. Se ad una persona che viene in Chiesa gli si chiede cosa significa per lei la Croce di Cristo, ti dirà: “Caspita, se Egli, che era Dio (con sentimentalismo), che non fece peccati, soffrì tanto, io che sono un peccatore, come non devo soffrire? Questo è eretico, totalmente anticristiano. “Dice Isaia, il Servo soffrì, Egli si caricò dei nostri peccati, Egli prese su di sé le nostre sofferenze, il nostro castigo ricadde su Gesù Cristo perché noi avessimo la pace… E se il castigo l’ha sofferto Lui, che motivo c’è che noi soffriamo un’altra volta? Spiegamelo se sei capace. Ah, forse che il castigo che ha sofferto Lui non basta per noi, dobbiamo soffrire ancora un po’? Questo ci succede perché abbiamo sempre visto il Cristianesimo in chiave di religione naturale” (1° SCR, pp. 43-44).
Il Signore aveva annunciato in visione ad Anania: “Va’, perché egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli d’Israele e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome” (At 9,15s). Paolo poté affermare: “Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo Corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). “Perché a voi è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo, ma anche di soffrire per Lui” (Fil 1,9). “Così noi possiamo gloriarci di voi nelle Chiese di Dio per la vostra fermezza e per la vostra fede in tutte le persecuzioni e tribolazioni che sopportate. Questo è un segno del giusto giudizio di Dio che vi proclamerà degni di quel regno di Dio, per il quale ora soffrite” (2Tess 1,4-5).
Gesù ha sofferto ed espiato i nostri peccati, ma ciò non ci esime dal soffrire! Noi dobbiamo partecipare alle sofferenze di Cristo, senza pretesa di voler aggiungere qualcosa ai suoi meriti, ma considerare la sofferenza come una ‘grazia’ che ci dà modo d’associarci a Gesù per ripresentare nella nostra carne la sua vita e la sua sofferenza, per poter così partecipar un giorno alla sua gloria.

Per Kiko tutto ciò sarebbe eretico!

OFFERTE E SACRIFICI SONO SEGNO DELLA DIPENDENZA DA DIO

“Gente buona e molto pia che offre continuamente la sua vita a Dio, che ama Dio in una forma naturale, ma che gli manca ancora di passare alla gratuità totale di Dio, aver ricevuto…(tutto) assolutamente gratis” (1°SCR, p. 45).
“I miei genitori sono buonissimi, stupendi, molto religiosi naturali; mia madre, quando mio fratello ebbe la meningite, si portò la statua di San Giuda Taddeo a casa, e gli fece la novena intera, e Dio la ascoltò, perché mio fratello guarì, ma il Cristianesimo che si legge nei Vangeli, dove lo abbiamo visto?... “Tutti questi cristiani che vanno e riempiono le Chiese quando ci hanno dato una testimonianza di Cristianesimo adulto? Al più un prete non è un testimonio per nessuno, perché essere buono non è altro che il suo dovere secondo lo schema della religiosità naturale” (1°SCR, p. 54).


La spiritualità popolare è l’espressione d’amore di persone semplici.
Kiko, invece, la condanna e la considera come deviazione dalla fede. L’uomo ha cercato Dio non solo per vincere le sue insicurezze ma anche perché sentiva in sé la sua totale dipendenza da Lui. Offrendo qualcosa che ci è caro, riconosciamo ed esprimiamo questa dipendenza.
Offrire le primizie, significa riconoscere che Dio sta al primo posto e che è Lui la Persona più importante, il Signore di tutto e di tutti!

RELIGIOSITA’ NATURALE NELLA CHIESA CHE E’ PIENA DI IDOLATRIE

“Nella religiosità naturale hai bisogno di un sacerdote con la sua brava sottana che ti serva il culto, e se un giorno vieni a sapere che quel sacerdote se ne è andato con una donna ne subisci un grave scandalo. Mamma mia! come va il mondo!
“Nel cristianesimo è un’altra cosa. È molto diverso che tu ti incontri con Cristo attraverso un cristiano. Non si tratta di riti; è diverso!” (OR, p. 64).
“E’ terribile fare della Chiesa una religiosità naturale in cui l’uomo si salva per mezzo di pratiche… la Chiesa è… tanto impres-sionante, è il tempio di Dio, il Corpo di Gesù Cristo” (OR, p. 147).
“E’ gente che viene dai templi pagani dove prestava i suoi culti e non essendo stata catechizzata, comincia a vedere nel culto cristiano le stesse cose che faceva nella sua vecchia religione…
“Così troviamo che entrano nella liturgia tutta una serie di idee delle religioni naturali: offrire cose a Dio per placarlo; sacrifici, agnelli, offerte varie… e comincia a vedere nella liturgia cristiana i riti religiosi pagani” (OR, p. 320).
“Ma la cosa più importante non sta nella presenza di Gesù Cristo (nell’Eucarestia). Egli dice: ‘Per questo sono venuto: per passare da questo mondo al Padre’. Ossia, la presenza fisica nel mondo ha uno scopo che è il resuscitare dalla morte. Questa è la cosa importante. La presenza è un mezzo per il fine, che è la Sua opera: il mistero di Pasqua. La presenza è in funzione dell’Eucarestia, della Pasqua” (OR, p. 325).
“Dicevo che la Chiesa primitiva non ha mai avuto problemi sulla presenza reale. Se a San Pietro fosse stato chiesto se Gesù Cristo sia presente nell’Eucarestia, si sarebbe meravigliato, perché lui non si pone il problema. Per lui Cristo è una realtà vivente che fa Pasqua e trascina la Chiesa. Non è questione di briciole o cose di questo tipo; San Pietro si sarebbe scandalizzato molto più del fatto che non c’è l’assemblea o che uno solo beva al calice. E’ questione di sacramento, di assemblea.
“Ma immaginate che, ora, con i problemi della filosofia cominci a esserci una ossessione sul fatto se Cristo è presente nel pane e nel vino e come. Vi potrei mostrare discussioni teologiche su questo problema che fanno ridere. La vera teologia è un canto a Dio, è l’Eucarestia stessa, un canto completo di lode a Dio perché si è lasciato conoscere. Le teologie del secolo XVI non sono altro che elucubrazioni mentali senza una esperienza biblica da cui sgorga l’Eucarestia. Il mistero si incentra sulla presenza… La Chiesa cattolica diventa ossessionata riguardo alla presenza reale, tanto che per essa è tutta presenza reale.
“Cominciano le grandi esposizioni del Santissimo (prima mai esistite), perché la presenza era in funzione della celebrazione eucaristica… Il pane e il vino non sono fatti per essere esposti perché vanno a male. Il pane e il vino sono fatti per essere mangiati e bevuti.
“Io sempre dico ai Sacramentini, che hanno costruito un tabernacolo immenso: se Gesù Cristo avesse voluto l’Eucarestia per stare lì, si sarebbe fatto presente in una pietra che non va a male.
“Il pane è per il banchetto, per condurci alla Pasqua. La presenza reale è sempre un mezzo per condurci al fine, che è la Pasqua. Non è un assoluto, Gesù Cristo è presente in funzione del Mistero Pasquale.
“Invece da Trento in poi si celebrerà la Messa per consacrare ed avere presente Gesù Cristo e metterlo nel tabernacolo.
“In molti conventi di monache si dice la messa per riempire il tabernacolo. Abbiamo trasformato l’Eucarestia che era un canto al Cristo glorioso, nel divino prigioniero del tabernacolo.
“In questa epoca incomincia il Corpus Christi, le esposizioni solennissime del Santissimo, le processioni col Santissimo, le messe sempre più private, le visite al Santissimo e tutte le devozioni eucaristiche…
“La presenza di Gesù Cristo è un’altra cosa. E’ il carro di fuoco che viene a trasportarci verso la gloria, a passarci dalla morte alla resurrezione, a farci veramente entrare nella morte, che è molto diverso. L’eucarestia è completamente dinamica, ci mette in cammino. Noi l’abbiamo trasformata in qualcosa di statico e manipolabile per noi. Pensate che è tanto vero quel che dico che facciamo il ringraziamento dopo aver comunicato, mentre tutta l’Eucarestia, come abbiamo visto, è azione di grazie” (OR, pp. 329-330).
“Come cosa separata dalla celebrazione cominciano le famose devozioni eucaristiche: l’adorazione, le genuflessioni durante la messa ad ogni momento, l’elevazione perché tutti adorino…“L’adorazione e la contemplazione sono specifiche della Pasqua, ma dentro la celebrazione, non come cose staccate” (OR, p. 331).
 “Carmen vi ha spiegato che le idee sacrificali, che Israele aveva avuto ed aveva sublimato, si introdussero di nuovo nella Eucarestia cristiana. Forse che Dio ha bisogno del Sangue del Suo Figlio, del suo sacrificio per placarsi? Ma che razza di Dio abbiamo fatto? Siamo arrivati a pensare che Dio placava la sua ira nel sacrificio del Suo Figlio alla maniera degli dèi pagani…
“Le razionalizzazioni sull’Eucarestia ci avevano condotto a queste deformazioni. Ma le cose non stanno così. Dio in Cristo, dice San Paolo, stava riconciliando il mondo in noi, non perché Cristo placa Dio in qualche modo, ma perché vuole dimostrare agli uomini che ci ama nonostante il nostro peccato; aveva bisogno di dimostrarci che anche se ammazzavamo Suo Figlio continuava ad amarci”.
“… in un certo momento, per esempio, fu necessario insistere contro i protestanti sulla presenza reale. Ma una volta che questo non è più necessario, non bisogna insistervi più” (OR, pp. 333-334). “Per questo dice qui che il sacrificio che Dio vuole è il nostro corpo, la nostra vita nella storia perché nel cristianesimo non esistono templi. Questo fratelli è molto importante perché se non cambiate, se non uscite dalla religiosità dovete andarvene di qui, bisogna uscire dalla idolatria del tempio. Il tempio siete voi, voi siete il nuovo tempio che è il vostro corpo. Siete sacerdoti di un nuovo tempio che è il vostro corpo, di un culto spirituale che si fa nella storia e nel mondo, non nella Chiesa nel senso di tempio-edificio. Perché la Chiesa è piena di idolatrie, la Chiesa cattolica è piena di paganesimo; anche si può fare questo lì. Allora il culto è nel vostro corpo facendo la volontà di Dio nella storia. Dio non vuole sacrifici né oblazioni, né Messa al mattino, né andare a pregare i santi quando poi nella storia sei un idolatra, quando nella storia tu non rispondi, quando in casa tu non hai misericordia” (PR, p. 34).


Kiko e Karmen deridono la devozione al Sacro Cuore (“sdolcinatura”) e la confessione (“mezzo di santificazione personale”); la direzione spirituale, l’uso dei confessionali e le celebra-zioni fatte con i banchi “schierati a battaglione”; l’adorazione a Gesù Eucaristia, il ringraziamento dopo la Comunione, le genuflessioni e convincono a non inginocchiarsi mai durante la celebrazione eucaristica, o passando davanti al tabernacolo, e neppure alla consacrazione.
Nel CN non c’è rispetto al “Divin prigioniero”: niente esposizioni, adorazioni, processioni, genuflessioni, preghiere di riparazione, devozioni al Sacro Cuore.
Quando ci sono, è per merito dei parroci che hanno conservato quanto di buono avevano appreso nella precedente formazione sacerdotale.

NEL CRISTIANESIMO NON C’E’ TEMPIO, NE’ ALTARE, NE’ SACERDOTI
IL MINISTRO RAPPRESENTA L’ASSEMBLEA: SIAMO TUTTI SACERDOTI

“Nel cristianesimo non c'è tempio, né altare, né sacerdoti nel senso della religiosità naturale.
“Non c’è tempio nel senso di luogo sacrosanto, in cui si rende un culto sacro, la casa di Dio dove Egli abita…
Il tempio nel cristianesimo siamo noi cristiani.
“Allo stesso modo nel cristianesimo non c'è altare, nel senso di pietra sacra cui nessuno si può avvicinare, né tanto meno toccare. Di questo, quelli di voi che avete vissuto il cristianesimo a livello di religiosità naturale, avete una piccola esperienza: quando andavate a Messa, vi mettevate dietro, e se ti capitava di essere vicino al tabernacolo sentivi un tuffo al cuore perché ti avvicinavi all'intocca-bile, al luogo dove c'era il sacro. Noi cristiani non abbiamo l’altare perché l’unica pietra santa è Cristo, Pietra angolare. Perciò noi possiamo celebrare l’eucarestia sopra un tavolo; e la possiamo celebrare in una piazza, in campagna e dove ci piaccia.
“Non abbiamo nemmeno sacerdoti nel senso di persone che separiamo da tutti gli altri perché in nostro nome si pongano in contatto con la divinità. Perché il nostro sacerdote, colui che intercede per noi è Cristo. E siccome siamo il suo corpo, siamo tutti sacerdoti. Tutta la Chiesa è sacerdotale nel senso che intercede per il mondo. E’ vero che questo sacerdozio si visibilizza in un servizio e vi sono alcuni fratelli che sono i servitori di questo sacerdozio, ministri del sacerdozio” (OR, pp. 56-57).
“Il prete deve essere, nella religiosità naturale, un uomo povero, con il vestito rattoppato, molto casto, per essere un buon ponte tra Dio e gli uomini. Ma questo non è cristiano. L’altro giorno Farnes davanti a cinquanta preti diceva: il sacerdozio nel Cristianesimo non esiste, i templi non esistono, gli altari non esistono. Per questo l’unico altare del mondo tra tutte le religioni che ha tovaglie è il cristiano, perché non è un altare, è una mensa. Anche noi abbiamo fatto nell’epoca della mescolanza con la religiosità altari di pietra monumentali, anche se poi gli mettevamo le tovagliette. Un altare non può avere tovaglie, perché l’altare è per fare sacrifici di capre e di vacche” (1°SCR, p. 54).
“Il presbitero sta facendo un ministero in nome di tutti noi, parla in nome della nostra assemblea, unito a Gesù Cristo chiede al Padre per noi. Ha un ministero perché rappresenta l’Assemblea. Siamo tutti sacerdoti, siamo il Corpo di Gesù Cristo, abbiamo una missione per il mondo; vedendo noi il mondo conoscerà Dio. Ma il presbitero è il ministro del nostro sacerdozio, questo è molto importante; in questa assemblea sta facendo un ministero sacerdotale come tutti noi ne stiamo facendo un altro. Lui va, in nome di tutta la nostra assemblea, ad alzare al Signore la nostra preghiera. Va a chiedere al Signore che abbia pietà di noi e ci dia il suo Spirito per ascoltare la sua Parola e perché possiamo convertirci e perdonarci gli uni gli altri” (PR, p. 55).
Leggendo queste espressioni si capisce bene perché i NC preferiscono fare le loro celebrazioni fuori o sotto la chiesa e, se dentro, la trasformano (ignorando il tabernacolo, togliendo il Santissimo, spostando i banchi). Il sacerdote è ridotto al ruolo di esecutore di ordini. La guida della liturgia è affidata ad un laico, e viene improntata tutta a queste considerazioni.
La Chiesa invece afferma: “Il Signore... promosse alcuni fedeli come ministri in modo che nel seno della società dei fedeli avessero la sacra potestà dell’Ordine per offrire il Sacrificio e perdonare i peccati, e che in nome di Cristo svolgessero - per gli uomini - in forma ufficiale la funzione sacerdotale” (P.O. n° 2 b). “Inoltre è attraverso il ministero dei Presbiteri che il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto perché viene unito al sacrificio di Cristo, unico Mediatore; questo sacrificio... per mano dei Presbiteri e in nome di tutta la Chiesa, viene offerto nell’Eucaristia in modo incruento e sacramentale… Il servizio dei presbiteri... deriva la propria forza e la propria efficacia dal Sacrificio di Cristo, ed ha come scopo che ‘tutta la… società dei santi, offra a Dio un sacrificio universale per mezzo del Gran Sacerdote, il quale ha anche offerto se stesso per noi con la Sua Passione, per farci diventare corpo di così eccelso Capo” (P.O. n° 2 d).
“I Presbiteri sono stati presi fra gli uomini e costituiti in favore degli uomini stessi, nelle cose che si riferiscono a Dio, per offrire doni e sacrifici in remissione dei peccati... Così i Presbiteri del NT, in forza della propria chiamata e della propria ordinazione, sono in un certo modo segregati in seno al popolo di Dio: ma non per rima-nere separati da questo stesso popolo o da qualsiasi uomo, bensì per consacrarsi inte-ramente all’opera per la quale li ha assunti il Signore” (P.O. n° 3).


Le considerazioni che Kiko fa sul sacerdozio sono errate: dovrebbe leggere la Dichiarazione della Commissione Cardinalizia (15 ottobre 1968) ed il Supplemento al Nuovo Catechismo nelle quali sono stati corretti, vari punti del Nuovo Catechismo Olandese (cfr. A.A.S. 6°, 1968, 690). “Si eviterà di sminuire la grandezza del sacerdozio ministeriale, che differisce dal sacerdozio comune dei fedeli non soltanto per grado ma per essenza” (L.G., n° 10, Istruzione sul culto del Mistero Eucaristico, 25.5.67, n°11). “Si curi, pertanto, che nel descrivere il ministero dei sacerdoti, si metta meglio in luce la mediazione fra Dio e gli uomini che essi compiono, non solo con la predicazione della parola di Dio, con la formazione della comunità cristiana, con l’amministrazione dei sacramenti, ma anche e soprattutto con l’offerta del sacrificio eucaristico a nome di tutta la Chiesa” (L.G., n° 28 e P.O. nn. 2 e 13).

LA CHIESA HA CREATO TANTE PRESENZE DI GESU’ PERCHE’ CI AIUTI
MA C’E’ BISOGNO DI SEGNI CHE POTENZINO LA PAROLA

“La Chiesa come ha condotto le persone a incontrare Gesù Cristo? Per mezzo dei sacramenti, o meglio, per mezzo delle presenze di Gesù Cristo: dove è presente Gesù Cristo, là bisogna incontrarlo perché ci aiuti, ci salvi, e ci tragga dalle nostre situazioni di sofferenza e di morte.
Fino a oggi: quale tipo di presenze ha predicato la Chiesa? Vediamolo:
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Cristo è presente nel Tabernacolo. Per questo i sacerdoti dicono alla gente di andare al tabernacolo a pregare e a domandare grazie.
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Cristo è presente nei Sacramenti, specialmente nell’Eucarestia e nella Confessione: bisogna nutrirsi di Cristo nei sacramenti, perciò bisogna andare a Messa e confessarsi frequentemente.
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Cristo è presente nella Chiesa: nei Vescovi, nel Papa, nei Sacerdoti. Per questo la Chiesa dice che bisogna obbedire al Papa e ai Vescovi ed avere la direzione spirituale di un sacerdote.
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Cristo è presente nei poveri, negli ammalati, in coloro che soffrono. Per questo la Chiesa raccomanda alla gente che faccia opere di carità verso i poveri e i bisognosi, che visiti gli ospedali e le carceri ecc.
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Cristo è pure glorioso in Cielo. Per questo bisogna pregare ogni momento: in strada, in campagna, perché Gesù Cristo intercede dal Cielo per noi e bisogna invocarlo con la preghiera” (OR, p. 19).
“Le parrocchie, più o meno, basano la loro pastorale su questi momenti, su queste presenze di Gesù Cristo. Il sacerdote cerca di portare la gente a incontrare Gesù Cristo attraverso queste presenze.
“Questo tipo di pastorale è quello che si chiama pastorale sacramentale. Ma … serve solamente a quel 20% di persone che continuano ad assistere alla messa,… ma non serve più a tutti quelli che hanno lasciato la parrocchia e non vengono più in Chiesa.
“Ma perché non giunge a quelli che non frequentano la Chiesa? Perché… non hanno fede… Perché per credere che Gesù Cristo è nel tabernacolo, occorre la fede. Per credere che Gesù Cristo è nella messa, occorre la fede. Per credere che Gesù Cristo è nella confessione, occorre avere la fede. Per credere che Gesù Cristo è nei preti, occorre avere più fede ancora. Per credere che Gesù Cristo è nei Vescovi, occorre molta più fede. Per credere che Gesù Cristo si trova in coloro che soffrono, bisogna avere moltissima fede in più, perché quelli che soffrono fanno pensare che Dio non esiste: perché se Dio è così buono, dice la gente, permette che i bambini muoiano di fame, le guerre, il cancro, ecc.? Senza fede è impossibile capire la sofferenza del mondo. Per credere che Gesù Cristo è in Cielo e per pregarlo bisogna pure avere fede…
“Ma come farai tu a dire ad una persona che non va più alla chiesa… di andare al tabernacolo, se non crede più che là c’è Gesù Cristo?…
“Non si tratta di arrivare solamente all’uomo che frequenta la chiesa, al quale si può arrivare ancora con la pastorale sacramentale, ma anche a quello che è fuori della parrocchia, al quale senza dubbio nessuna di queste presenze serve. Qui appaiono i segni della fede. Dobbiamo trovare una presenza di Gesù Cristo per la quale non sia necessario avere la fede, per la quale un uomo pagano, ateo,… che non ha fede in Gesù Cristo e non viene più alla chiesa, vedendo questa presenza, questo segno, conosca Gesù Cristo...
“Quali sono questi segni? Ci sono due tipi di segni: uno è quello fisico.
“Il miracolo fisico non è una misericordia di Dio per qualcuno, ma segno per appoggiare la predicazione…
“Quello che arriva al mondo è il miracolo morale: una comunità di fratelli, uomini e donne, anziani e giovani, uniti nella predicazione, salvati dalla loro morte, da ciò che li separava, riuniti dal potere di Gesù Cristo risorto che è stato costituito Kirios.
“Questo è quello che arriva al mondo: una comunità che sta lì per anni, senza imporsi né costringere nessuno, che è lì presente in mezzo agli uomini, partecipando alla loro sorte, all’inquinamento atmosferico, all’aria impoverita delle città, alla vita nelle miniere, a qualsiasi cosa, senza andare contro nessuno.
“Perciò il nostro problema non è che ci siano masse di uomini nella Chiesa. Il nostro problema non è che questo: che là dove ci sia un gruppo di uomini, esistano questi segni dati da una Chiesa che li chiama alla fede” (OR, pp. 19-21; 24).


Nel CN i segni hanno un’importanza primaria. Per Kiko segno dei segni è la Comunità (identificata con la Chiesa). Per lui la Comunità è l’unico segno che possa rendere presente Gesù anche dove non ci sia la fede.
Ma per quel poco che mi è stato dato di vedere in questi anni di vicinanza, ho notato, certo, tanta provocazione; ma ho visto anche divisioni (in parrocchia e nelle famiglie); ho visto persone esaurite e frustrate; persone responsabili di Comunità che anche dopo la ‘Redditio’ continuavano a bestemmiare e ad ‘approfittare’ degli altri (con esclusione dei fratelli di Comunità), a maltrattare i figli, maledicendo il giorno in cui li avevano generati. Tutti devono subordinare ogni loro impegno alla partecipazione alla vita della Comunità, fino a ‘trascurare’ i genitori anziani o a lasciare i bambini piccoli, per giorni, in mano ad altri, privandoli della presenza e dell’affetto indispensabili per una crescita sana, psichicamente ed affettiva-mente equilibrata. Questi sono segni!
Tra loro si aiutano molto, ma solo finché restano uniti alla Comunità. Quando qualcuno se ne esce viene abbandonato, isolato e disprezzato.
Amano e aiutano solo quelli che parlano bene di loro, ma se qualcuno osasse avanzare qualche riserva o li criticasse (non importa se con fondamento e per ragioni valide) allora incominciano ad attaccarlo con insinuazioni, calunnie, ricatti e cercano con ogni mezzo di isolarlo e di renderlo inoffensivo... arrivando al disprezzo e all’odio… fino alla maledizione. Questo è un segno! Gesù ha detto: “Se amate coloro che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso… Amate invece i vostri nemici” (Lc 6,32.35).
Ostentano ossequio e attaccamento alla Chiesa e alla Gerarchia, ma in realtà non obbediscono alle disposizioni, neppure a quelle date in maniera esplicita e categorica. Hanno creato oltre trenta Seminari ‘Diocesani’ che però formano sacerdoti improntati a questa prassi e a queste dottrine. Vantano come di gran lunga superiore l’insegnamento e la formazione che si danno in questi Seminari e disprezzano quelli offerti nei comuni Seminari Diocesani. In realtà, chi ne esce per completare la sua formazione nel Seminario Diocesano, non può fare a meno di riscontrare un’abissale differenza… in meglio.

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