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giovedì 12 agosto 2010

La Congregazione del Sant'Uffizio e la “Scomunica ai comunisti” ...


Molti non sanno che in pieno post dopoguerra, il 1° luglio 1949, la Congregazione del Sant'Uffizio, ora chiamata Congregazione per la Dottrina della Fede, pubblicò un decreto che destò interesse e solidarietà popolare, conosciuto come “Scomunica ai comunisti”: con esso la Chiesa Cattolica prendeva esplicitamente e categoricamente le distanze dall'ideologia comunista che, ahimé, stava cominciando a trovare numerosi sostenitori nelle file dei disobbedienti precursori del laicismo “cattoprogressista”. Formalmente, secondo il Diritto Canonico, non si tratta di una scomunica data dalla Santa Sede di propria spontanea e irrazionale iniziativa, ma della dichiarazione ufficiale che i cristiani, ovvero i battezzati in Cristo, che professano, difendono e propagano la dottrina comunista si trovano “ipso facto” in situazione di scomunica, perché aderendo ad una filosofia atea, immorale,  materialistica e anticristiana sono diventati  apostati della Fede. ...
... E’ fondamentale sapere che, pur essendo passati tanti anni, di fatto questo atto di scomunica non risulta ancora essere estinto totalmente ed esplicitamente. Per meglio espletare l’aperto divieto posto ai Cattolici nel mondo dal successore di Pietro, riporto integralmente il decreto del 1949  nel suo testo completo:
Il Decreto in questione fu scritto, come la tradizione conviene, in latino; questa è la sua traduzione integrale, che comincia con una domanda proposta dai Cattolici alla Congregazione del Sant’Uffizio: È stato chiesto a questa Suprema Sacra Congregazione: 1) Se sia lecito iscriversi al partito comunista o sostenerlo;  2) Se sia lecito stampare, divulgare o leggere libri, riviste, giornali o volantini che appoggino la dottrina o l'opera dei comunisti, o scrivere per essi; 3) Se possano essere ammessi ai Sacramenti i cristiani che consapevolmente e liberamente hanno compiuto quanto scritto nei numeri 1 e 2; 4) Se i cristiani che professano la dottrina comunista materialista e anticristiana, e soprattutto coloro che la difendono e la propagano, incorrano “ipso facto” nella scomunica riservata alla Sede Apostolica, in quanto apostati della fede cattolica.
Gli Eminentissimi e Reverendissimi Padri preposti alla tutela della fede e della morale, avuto il voto dei Consultori, nella riunione plenaria del 28 giugno 1949 risposero esplicitamente e senza indugiare decretando: 1) Negativo: infatti il comunismo è materialista e anticristiano; i capi comunisti, sebbene a volte sostengano a parole di non essere contrari alla Religione, di fatto sia nella dottrina sia nelle azioni si dimostrano ostili a Dio, alla vera Religione e alla Chiesa di Cristo; 2) Negativo: è proibito dal diritto stesso (cfr. canone 1399 del Codice di Diritto Canonico); 3) Negativo, secondo i normali princìpi di negare i Sacramenti a coloro che non siano ben disposti; 4) Affermativo.
Successivamente, per meglio rafforzare il succitato Decreto, il giorno 30 dello stesso mese ed anno il Papa Pio XII, nella usuale udienza all'Assessore del Sant'Uffizio, approvò la decisione dei Padri e ordinò di promulgarla nel commentario ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis.  (Decretum, 1 luglio 1949).
A scanso di equivoci, inoltre, è bene ricordare che la Chiesa si preoccupò bene anche di fornire la corretta e pubblica interpretazione del Decreto. Come sempre, difatti, i testi magisteriali devono essere interpretati per evitare relativiste e razionaliste applicazioni “di fatto” che mirano a minare i capisaldi della Fede e propendono all’apostasia spicciola, pseudo buonista, disobbediente e blasfema. Di questo decreto fu data un'interpretazione estensiva: secondo il tenore verbale del testo, tutte le persone che aderiscono al partito comunista, siano essi responsabili dell'organizzazione o semplici operai, devono essere considerati apostati, dunque di conseguenza scomunicati “ipso facto” ed esclusi dai sacramenti. Per terzi, in parte permeati di ideologie progressiste ed atee, è possibile un'interpretazione restrittiva e, a mio avviso, errata ed anticattolica; essi, difatti, sostengono che rientrano nell'ambito del decreto solo quelle persone che vivono l'appartenenza al comunismo come un vero atto di negazione della propria fede, come un esplicito rifiuto di essa, mentre ne restano esclusi tutti coloro che, pur aderendo al comunismo per una tutela dei propri diritti di lavoratori (operai, braccianti...), non rinnegano con ciò la propria fede.
Mediante un avviso sacro, nel 1949, in diverse parti d'Italia il decreto del Sant'Uffizio venne reso pubblico attraverso la stampa e l'affissione di manifesti, che presentavano i punti salienti della scomunica. Un pratico esempio di questi manifesti è il seguente: Avviso Sacro. Fa peccato grave e non può essere assolto. 1) Chi è iscritto al Partito Comunista. 2) Chi ne fa propaganda in qualsiasi modo. 3) Chi vota per esso e per i suoi candidati. 4) Chi scrive, legge e diffonde la stampa comunista. 5) Chi rimane nelle organizzazioni comuniste: Camera del Lavoro, Federterra, CGIL, UDI, API, ecc… È, inoltre, scomunicato e apostata: Chi, iscritto al Partito Comunista, ne accetta la dottrina atea e anticristiana; chi la difende e chi la diffonde. Queste sanzioni sono estese anche a quei partiti che fanno causa comune con il comunismo.
Il 28 giugno 1949 seguì a tal proposito un successivo Decreto del Sant'Uffizio, con finalità informative, contenente tra gli altri anche il seguente ammonimento: “Chi in confessione tace tali colpe fa sacrilegio: può invece essere assolto chi sinceramente pentito rinuncia alle sue false posizioni”. Il "dubbio" del 1959: La stessa congregazione del Sant'Uffizio pubblicò dieci anni più tardi, il 4 aprile 1959, un “Dubium”, con il fine di chiarire il senso e la portata del trascorso decreto, adeguandolo cattolicamente alle variate condizioni politiche. Anche questo “spiccio” testo è steso in lingua latina e questa è una sua traduzione integrale: “È stato chiesto a questa Suprema Sacra Congregazione se sia lecito ai cittadini cattolici dare il proprio voto durante le elezioni a quei partiti o candidati che, pur non professando princìpi contrari alla dottrina cattolica o anzi assumendo il nome cristiano, tuttavia nei fatti si associano ai comunisti e con il proprio comportamento li aiutano”. 25 marzo 1959 - I Cardinali preposti alla tutela della fede e della morale risposero decretando: negativo, a norma del Decreto del Sant'Uffizio del 1/7/1949, numero 1. Il giorno 2 aprile dello stesso anno il Papa Giovanni XXIII, nell'udienza al Pro-Segretario del Santo Ufficio, approvò la decisione dei Padri e ne ordinò la pubblicazione ufficiale  (Dubium, 4 aprile 1959).
Come molti sanno io evito, per principio, di confondere fede e politica, dunque il presente articoletto informativo non vuol essere un’accusa all’ideologia comunista, che comunque non condivido in quanto fallimentare, atea e anticlericale, tuttavia è monito e fonte di riflessione per tutti coloro, Cattolici “battezzati”, che si avvicinano con interesse al mondo della “scienza del governo” ed alle ideologie socio – politiche. Ritengo, inoltre, doveroso approfondire l’argomento ed offrire risposte ad interrogativi che hanno braccato anche me, cominciando dalla “costituzionalità” di tale Decreto.
La prima domanda che mi sono posto è: il Decreto va in contrasto con la costituzione, art.3 e art.7, che parlano della libertà personale di credo e opinione politica, e quella della totale autonomia fra Stato e Chiesa? La risposta è perentoria, ovvero assolutamente no, dato che il Cattolico non è tale per imposizione, bensì per scelta. Ogni culto ha i “propri capi”, le proprie “leggi” ed i propri dogmi, dunque se si sceglie o si ha la grazia di essere Cattolici è doveroso, obbligatorio e rigorosamente necessario attenersi in primis a quanto esprime il Pontefice o chi per Esso lo rappresenta. Non bisogna assolutamente colpevolizzare il Cattolico, anzi, la Chiesa offre sempre possibilità di redimersi e, diversamente da tante altre Religioni e/o culti, la Chiesa di Roma è esempio di amore, tolleranza, perdono e remissione dei peccati. L’uomo è libero di operare le proprie scelte e, appunto per non mescolare “fatti” di Stato e “fatti” di Chiesa, è opportuno non interferire gli uni con gli altri; la Politica fa le leggi e il Papa di Roma detta le linee di condotta della morale cattolica, riferendole a tutti gli uomini, tuttavia non obbligando nessuno a seguirle; essere Cattolico è un dono ed una libera scelta ed abbracciare la fede nella piena ortodossia e nel rispetto dell’autorità della successione Apostolica rende onore a Cristo, alla Chiesa ed all’uomo stesso.
Consultando svariati documenti sul web mi sono posto ulteriori interrogativi che sintetizzo come segue: il Decreto etichetta e colpisce socialmente una certa categoria? Essere comunisti, può essere visto nelle più disparate maniere, sia dal punto di vista favorevole, come modello perfetto, sia da quello contrario, come movimento fallimentare. Però non siamo esseri solitari bensì viviamo in una società in cui interagiamo, e con questa scomunica, si fa danno anche a chi, seppur credente, sta vicino a tali persone? Una scomunica vieta il matrimonio, che vi è fra due persone, una delle quali subisce tale scomunica indirettamente? Ciò è ingiustificabile? Come si può accettare ciecamente tale cosa? Come pretendere di negare l'iscrizione ad un sindacato solo perchè appartenente ad una fazione politica? La risposta è sempre la stessa, semplice e lapalissiana. Cristo ci ha donato la fede e, attraverso i suoi successori, che sono i Papi, giunge fino a noi nella pienezza dei suoi insegnamenti. Un ateo comunista, a meno che non si converte pubblicamente e sinceramente, non ha diritto ai Sacramenti, dato che questi sono “appannaggio” di chi sa rendere onore a Cristo e sa viverli con fede e sincero spirito di comunione con tutta la Comunità Cattolica. Pertanto è il comunista stesso che, per scelta, preferisce essere ateo e sposare una filosofia anticattolica e blasfema, giungendo egli stesso a negare direttamente ed apertamente le Verità Rivelate, dunque è egli che discrimina il Cattolico, non viceversa. La Chiesa, tuttavia, rispetta l’essere umano e, fino alla fine dei giorni, gli offre la possibilità di convertirsi e di beneficiare di tutti i “doni” spirituali che sono riservati solo a chi crede in Cristo. Il comunista, in quanto tale, non può rispettare le regole volute da Cristo, dato che il suo credo è permeato e si fonda su concetti apertamente e dichiaratamente anticristiani. E’ come pretendere che un cinese possa avere la presunzione di parlare latino, senza aver la benché minima conoscenza della lingua.
Ricordo, ai più, che esistono Santi e Martiri e proprio grazie al sangue dei Martiri che la Chiesa giunge forte sino ai nostri giorni. Nei paesi orientali, non ultimo il Vescovo di Baghdad in Iraq, i ferventi Cattolici perdono la vita, vengono torturati e resi martiri da regimi ostili o da sette eretiche come i mussulmani. Rivolgo dunque la mia domanda ai “cattoprogressisti” che fanno della parola subdola e pungente la loro unica difesa dei valori anticattolici e contribuiscono al logorio delle famiglie e della corretta morale evangelica: Anche oggi i martiri, per caso, si fanno uccidere preoccupandosi di salvaguardare Cristo, la Fede e la Chiesa o si sacrificano per difendere la loro iscrizione al sindacato? La risposta datevela da soli … per cortesia.!!!!!
Carlo Di Pietro

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