Ringraziamo il caro
amico “Paradosi” che ci ha fornito il presente materiale riguardante i grandi
difensori della Santa Dottrina Cattolica: una interessante comparazione tra l’opera
di San Massimo il Confessore (VI-VII Sec.) e la recente difesa della Dottrina Cattolica
della Tradizione ad opera di Mons. Marcel Lefebvre. Grazie anche per le
traduzioni dal francese dei video contenenti le parole del Monsignore. Ringraziamo
anche l’amico “Mardunolbo” per la collaborazione alla stesura del thread.
"VI INCLUDO QUALCHE PAGINA DI UN LIBRO CHE
AVREI VOLUTO FARE PUBBLICARE (da una editrice cattolica che si è rifiutata di
farlo). Riguarda san Massimo il Confessore, al tempo dell'eresia monotelita,
che conquistò tutti i patriarcati di allora, e stava per conquistare pure Roma …"
San
Massimo il Confessore - Teologo bizantino
Costantinopoli,
580 – Schemaris (Lazica), 13 agosto 662
Nacque a
Costantinopoli da nobile famiglia verso il 580. Ricevette un’accurata
formazione e prestò servizio presso la corte imperiale. Nel 613 si ritirò nel
monastero di Crisopoli. Successivamente lo ritroviamo in Africa, dove si oppose
ai documenti sull’unica energia o volontà divina in Cristo, con i quali gli
imperatori di Costantinopoli cercavano di venire incontro ai monofiti mettendo
a rischio l’integrità della natura umana di Gesù. Nel 645 sostenne a Cartagine
un pubblico dibattito che si concluse con la sua piena vittoria. Si spostò poi
a Roma dove partecipò al concilio lateranense che riaffermò la dottrina delle
due energie o volontà in Cristo. Per reazione l’imperatore fece arrestare e
trasferire in Oriente tanto Papa Martino I che Massimo. Giudicati colpevoli,
furono ambedue condannati. Massimo morì dopo crudeli torture nel 662. Nel 680
il Concilio ecumenico di Costantinopoli riabilitò solennemente la sua memoria.
Martirologio Romano: Nella fortezza di
Schemaris presso la riva del fiume Tzkhenis Dsqali sulle montagne del Caucaso,
transito di san Massimo il Confessore, abate di Crisopoli vicino a
Costantinopoli: insigne per dottrina e zelo per la verità cattolica, che per
avere strenuamente combattuto contro l’eresia monotelita subì dall’imperatore
eretico Costante l’amputazione della mano destra e della lingua; insieme a due
discepoli, entrambi di nome Anastasio, fu poi relegato, dopo un duro carcere e numerose
torture, nella regione di Lesghistan, dove rese lo spirito a Dio.
www.santiebeati.it/dettaglio/92298
San Massimo il Confessore, davanti all'eresia monotelita
che invade tutta la Chiesa, ha una precisa linea che, per certi versi, fa
veramente pensare a quella di Mons. Lefebvre.
Si riassume in due principi:
1) la Chiesa cattolica esiste laddove è
confessata la fede di sempre;
2) la testificazione dell'appartenenza alla
Chiesa cattolica, davanti all'apostasia delle gerarchie, è data da una
coscienza pienamente formata, coscienza che san Massimo chiama
"ecclesiale".
1) IL CRITERIO PER APPARTENERE ALLA
CATTOLICITA'
Agli occhi di San Massimo il Confessore, ciò
che fonda l’unione (o la riunione) e la comunione con la Chiesa, è la
confessione della fede ortodossa; ciò che causa e mantiene la rottura di tale
comunione, è la professione d’una fede eterodossa . Il ruolo del papa com’è presentato
nel caso del patriarca Pirro è quello di pronunciare l’esclusione o la
reintegrazione nella Chiesa e nella comunione, non attraverso un’arbitraria
decisione o attraverso un atto che deriva dalla sua unica autorità, ma in
quanto testimone e garante, in nome della Chiesa, di questa confessione di fede
che viene fatta in sua presenza ma, come sottolinea Massimo, prima di tutto
davanti a Dio e davanti agli apostoli . Lo stesso papa è sottomesso, nel suo
potere di legare e di sciogliere, alla confessione di fede ortodossa la quale
determina la sua appartenenza alla Chiesa cattolica e apostolica e condiziona
la sua autorità.
Così egli scrive:
"Soprattutto il grande, il primo rimedio
per la nostra salvezza, l’eredità luminosa della fede, è quella di confessare
di cuore e con le labbra quanto i Padri ci hanno insegnato, di seguire coloro
che sono stati testimoni oculari e ministri del Verbo sin dall’inizio".
Benché Massimo affermi che, perché una
affermazione dogmatica possa essere considerata conforme alla fede ortodossa è
necessario che sia conforme all’insegnamento “o di un concilio, o di un Padre,
o della Scrittura” , nessuna di tali componenti della Tradizione ha per lui
autorità assoluta, se presa isolatamente, ma solo se in accordo con le altre
e con tutto il resto.
Come sottolinea J. Pelikan, per Massimo, “la
Scrittura ha un’autorità suprema ma solo se è interpretata in modo spirituale e
ortodosso. I Padri sono normativi ma solo se sono in armonia con gli altri e
con la Scrittura dalla quale hanno attinto. I concili sono decisivi ma solo in
quanto voce dell’unica dottrina apostolica, profetica e patristica” . Massimo
potrebbe qui sottoscrivere un principio ben conosciuto enunciato da san
Vincenzo di Lerino: “Nella Chiesa cattolica bisogna vigilare scrupolosamente e
attenersi a quanto è stato creduto dappertutto, sempre e da tutti” , principio
che enuncia lui stesso sotto forme differenti ma nello stesso senso scrivendo,
ad esempio, che la regola della fede cattolica è “l’opinione” o “la credenza comune
dei cristiani” , che tale fede è “quanto è stato confessato fermamente e
creduto in modo ortodosso da tutti e dappertutto conformemente a quanto hanno
esposto i Dottori stabiliti da Dio” , o ancora che “la discordanza caratterizza
quant’è eterodosso, la concordanza quant’è ortodosso” .
Quando san Massimo, al quale la Tradizione
ecclesiastica attribuisce il titolo di Confessore, risponde a coloro che lo
volevano obbligare a comunicare con i monoteliti: “Se pure l’universo intero
(l’οἰκουμένη) comunica con voi, io solo non
comunicherò”, egli oppone la sua cattolicità a una presunta
ecumenicità eretica.
Confessando e difendendo la fede ortodossa,
Massimo ha coscienza di confessare e difendere “il dogma [...] che è comune
alla Chiesa cattolica” , ossia la fede che gli apostoli, i Padri, i concili, il
clero e i fedeli ortodossi hanno sempre confessato ovunque. Colui che confessa
la fede ortodossa integra o reintegra la Chiesa cattolica e la sua comunione ;
colui che professa una dottrina che non è conforme alla fede ortodossa
s’esclude dalla Chiesa cattolica e ne dev’essere escluso . Questo principio
vale per le persone ma pure per le Chiese particolari: esse appartengono alla
Chiesa cattolica o, piuttosto, s’identificano con essa tanto in quanto
confessano la fede ortodossa. Esse ne sono escluse (anche se esse continuano
istituzionalmente a essere delle Chiese e a portare il nome di Chiesa) se
professano dottrine estranee alla fede ortodossa com’è stata definita dagli
apostoli, i Padri e i concili.
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San Martino I, Papa Martire |
Quando gli apocrisari romani sembrano pronti
ad accettare la dottrina eretica del patriarca Pirro, Massimo stima che “la
situazione di quasi tutta la Chiesa cattolica e apostolica fondata da Dio è,
perciò, in grave pericolo”. Contemporaneamente, le Chiese di Costantinopoli,
Antiochia, Alessandria e Gerusalemme sono al di fuori della Chiesa cattolica e
al di fuori della sua comunione anche se sono in comunione tra loro per la
ragione ch’esse aderiscono all’eresia .
Tutte le Chiese, la storia lo ha mostrato,
sono entrate, in un momento o in un altro, nell’eresia e dunque si sono poste
al di fuori della Chiesa cattolica. In certi momenti, tutte le Chiese erano
cadute nell’eresia e la Chiesa cattolica non sussisteva che in qualche fedele
il quale continuava a confessare la fede ortodossa. Se, dunque, le porte
dell’inferno non possono prevalere contro la Chiesa, è per la grazia di Dio da
essa ricevuta in quanto corpo di cui il Cristo è la testa o in quanto sposa del
Cristo. Massimo scrive che “la Chiesa cattolica, la sposa del Signore”, è da
Lui stesso “conservata in sicurezza perché possiamo essere salvati
dall’aggressione dei nemici” . La Chiesa cattolica non può perdere la sua
integrità né la sua cattolicità perché, fondamentalmente, è una realtà mistica
che s’identifica con il Corpo di Cristo. Quest’ideale visione della Chiesa
appare all’inizio del capitolo 63 delle Questioni a Talassio.
2) LA COSCIENZA COME APPARTENENZA ALLA CHIESA
CATTOLICA
Abbiamo visto che Massimo sottolinea a più
riprese come i principi da lui difesi, a differenza di quelli degli eretici,
non hanno il fine di distinguersi né di opporsi, non sono delle invenzioni
individuali, non riflettono le sue idee particolari, non perseguono la
realizzazione d’un proprio progetto , ma si conformano in ogni punto alla
Scrittura, ai concili e ai Padri e vogliono testimoniare una realtà che li
supera e alla quale si sottomettono. In breve, la sua coscienza personale
riflette la coscienza ecclesiale, quella della Chiesa cattolica, dietro alla
quale si cancella con umiltà e alla quale si rende totalmente trasparente. “Io –
proclama Massimo – non ho dogmi particolari, se non ciò che
è comune alla Chiesa cattolica. Non ho mai alzato la voce per affermare un
dogma che mi era particolare” . Questa coscienza ecclesiale non è una
coscienza naturale: essa si forma nella stessa Chiesa cattolica, nella fedeltà
al suo insegnamento, nell’umile conformazione (che testimonia frequentemente
Massimo) alla Tradizione e in una vita spirituale dove l’ascesi permette al
cuore e allo spirito d’essere purificati e conseguentemente schiariti dalla
grazia . Massimo, prendendo come esempio i Padri, si compiace di sottolineare
che, nella loro difesa e illustrazione della fede ortodossa, essi erano
“ispirati da Dio” , non parlavano da loro stessi ma a causa di Cristo che
abitava in loro: il Cristo “è divenuto l’anima della loro anima manifestando a
tutti attraverso tutte le loro opere, parole e pensieri, che questi non
arrivano da se stessi, ma che Cristo si sostituiva a essi secondo la grazia” .
Così, l’autorità dei Padri non è loro propria ma, piuttosto, è quella de “la
Verità che parla e ha parlato attraverso loro” .
E' questo tipo di coscienza che testifica a
Massimo la sua appartenenza alla Chiesa cattolica.
Massimo riconosce e apprezza particolarmente
il fondamentale ruolo giocato dalle origini della Chiesa, particolarmente per
la difesa del dogma, la Chiesa di Roma e i papi che la presiedevano
(testimonia, a esempio, una grande stima per papa Leone I a causa della sua
determinante azione per il trionfo dell’ortodossia al concilio di Calcedonia )
e manifesta speranza ch’essi continuino a esercitare il loro ruolo.
Ciononostante, per lui è possibile che anche questa sede possa farsi
corrompere, seppure momentaneamente. Quando lo avvisano che sta per accettare
l’eresia alla quale aderiscono gli altri patriarchi, non gli pare impossibile .
La gerarchia che Massimo stabilisce tra le
Chiese e i loro rappresentanti ha per fondamentale criterio il fatto che
confessino o meno la fede ortodossa . Le Chiese che confessano la fede
ortodossa appartengono, o più precisamente, sono la Chiesa cattolica; quelle
che non la confessano sono al di fuori di essa. La Chiesa di Roma è da lui
assimilata alla Chiesa cattolica nella misura in cui confessa la fede ortodossa
e, nel suo momento storico, essa è la sola a confessarla.
Ma nel malaugurato caso in cui pure essa
dovesse cedere è la coscienza ecclesiale di san Massimo che gli testifica la
sua appartenenza alla Chiesa cattolica, dalla quale anche Roma potrebbe
escludersi.
COSA PENSA LA CHIESA CONCILIARE DI SAN MASSIMO IL CONFESSORE?
Questo è quanto dichiarato da Benedetto XVI nell'Udienza Generale del 25 Giugno 2008 sulla vita e le opere di San Massimo. Interessante constatare come la figura di questo Santo venga riletta alla luce del pensiero modernista che dette luogo al Concilio Vat. II, e come i suoi principi strettamente cattolici, privi di qualsiasi compromesso e relativizzazione, vengano paragonati agli attuali "valori" che sono alla base del conciliarismo modernista (tolleranza, libertà, dialogo). Riportiamo qui la seconda parte del Discorso del Papa:
"Parlando della vita di Massimo, abbiamo accennato alla sua opera
letteraria in difesa dell’ortodossia. Mi riferisco in particolare alla Disputa con Pirro,
già patriarca di Costantinopoli: in essa egli riuscì a persuadere
l’avversario dei suoi errori. Con molta onestà, infatti, Pirro
concludeva così la Disputa: “Chiedo scusa per me e per quelli che
mi hanno preceduto: per ignoranza siamo giunti a questi assurdi
pensieri e argomentazioni; e prego che si trovi il modo di cancellare
queste assurdità, salvando la memoria di quelli che hanno errato” (PG 91, c. 352). Ci sono poi giunte alcune decine di opere importanti, tra le quali spicca la Mistagoghía, uno degli scritti più significativi di san Massimo, che raccoglie in sintesi ben strutturata il suo pensiero teologico.
Quello
di san Massimo non è mai un pensiero solo teologico, speculativo,
ripiegato su se stesso, perché ha sempre come punto di approdo la
concreta realtà del mondo e della sua salvezza. In questo contesto, nel
quale ha dovuto soffrire, non poteva evadere in affermazioni filosofiche
solo teoriche; doveva cercare il senso del vivere, chiedendosi: chi
sono io, che cosa è il mondo? All’uomo, creato a sua immagine e
somiglianza, Dio ha affidato la missione di unificare il cosmo. E come
Cristo ha unificato in se stesso l’essere umano, nell’uomo il Creatore
ha unificato il cosmo. Egli ci ha mostrato come unificare nella
comunione di Cristo il cosmo e così arrivare realmente a un mondo
redento. A questa potente visione salvifica fa riferimento uno dei più
grandi teologi del secolo ventesimo, Hans Urs von Balthasar, che –
“rilanciando” la figura di Massimo – definisce il suo pensiero con
l’icastica espressione di Kosmische Liturgie, “liturgia cosmica”.
Al centro di questa solenne “liturgia” rimane sempre Gesù Cristo, unico
Salvatore del mondo. L’efficacia della sua azione salvifica, che ha
definitivamente unificato il cosmo, è garantita dal fatto che egli, pur
essendo Dio in tutto, è anche integralmente uomo – compresa anche
l’“energia” e la volontà dell’uomo.
La vita e il pensiero di
Massimo restano potentemente illuminati da un immenso coraggio nel
testimoniare l’integrale realtà di Cristo, senza alcuna riduzione o
compromesso. E così appare chi è veramente l’uomo, come dobbiamo vivere
per rispondere alla nostra vocazione. Dobbiamo vivere uniti a Dio, per
essere così uniti a noi stessi e al cosmo, dando al cosmo stesso e
all’umanità la giusta forma. L’universale “sì” di Cristo, ci mostra
anche con chiarezza come dare il collocamento giusto a tutti gli altri
valori. Pensiamo a valori oggi giustamente difesi quali la tolleranza,
la libertà, il dialogo. Ma una tolleranza che non sapesse più
distinguere tra bene e male diventerebbe caotica e autodistruttiva. Così
pure: una libertà che non rispettasse la libertà degli altri e non
trovasse la comune misura delle nostre rispettive libertà, diventerebbe
anarchia e distruggerebbe l’autorità. Il dialogo che non sa più su che
cosa dialogare diventa una chiacchiera vuota. Tutti questi valori sono
grandi e fondamentali, ma possono rimanere veri valori soltanto se hanno
il punto di riferimento che li unisce e dà loro la vera autenticità.
Questo punto di riferimento è la sintesi tra Dio e cosmo, è la figura
di Cristo nella quale impariamo la verità di noi stessi e impariamo così
dove collocare tutti gli altri valori, perché scopriamo il loro
autentico significato. Gesù Cristo è il punto di riferimento che dà luce
a tutti gli altri valori. Questa è il punto di arrivo della
testimonianza di questo grande Confessore. E così, alla fine, Cristo ci
indica che il cosmo deve divenire liturgia, gloria di Dio e che la
adorazione è l’inizio della vera trasformazione, del vero rinnovamento
del mondo.
Perciò vorrei concludere con un brano fondamentale
delle opere di san Massimo: “Noi adoriamo un solo Figlio, insieme con il
Padre e con lo Spirito Santo, come prima dei tempi, così anche ora, e
per tutti i tempi, e per i tempi dopo i tempi. Amen!” (PG 91, c. 269)."
Questo lungo audio comprende entrambe le traduzioni sottostanti, di cui la prima era stata messa in Rete in un video di youtube, che è stato tempestivamente eliminato dall'autore stesso.
"[Ci vogliono delle condizioni per mantenere intatto il nostro spirito] ... ma la risposta è negativa sui due punti da me richiesti, ossia i tre vescovi e la maggioranza dei membri nel Consiglio [di discussione sul Concilio Vaticano II], ciò che mi sembrano essere sempre elementi indispensabili per mantenere la tradizione nel nostro ambiente.
E SOPRATTUTTO SE C'E' UN ACCORDO, ancor più poiché, saremo invasi da un sacco di gente che verrà da noi dicendo: "Oh, voi avete la tradizione riconosciuta da Roma, allora veniamo da voi".
Avremo molte persone che vogliono conservare il loro spirito moderno e liberale ma che, ciononostante, verranno da noi per il piacere d'avere, di tanto in tanto, una cerimonia tradizionale, avere dei contatti con i tradizionalisti. Questo sarà molto dannoso per il nostro ambiente.
Se saremo invasi da quella gente, che diverrà la tradizione? Poco a poco si produrrà una specie di consenso attorno a temi tipo: "Beh, dopo tutto, la nuova messa non è male come si dice, non bisogna esagerare".
Molto delicatamente, finiremo per non vedere più la distinzione tra il Liberalismo e la Tradizione e questo sarà molto pericoloso, consideratelo!
Quando si è contaminati dalle idee liberali si è come affetti da una malattia contagiosa. E' molto pericoloso, molto pericoloso! Al momento siamo perfettamente nella Tradizione, qui nella Fraternità, e lo saremo il più fermamente possibile.
Ma se non abbiamo i mezzi per difenderci, sia a Roma, sia attraverso i vescovi che dobbiamo avere per essere protetti, vescovi che hanno lo stesso nostro pensiero, che predicano come noi, che hanno le nostre stesse idee e che manterranno, conseguentemente, la fede cattolica nei nostri ambienti, saremo persi, saremo persi! Non potremo più difenderci, non sarà più possibile!
Per questo, cari amici, se ci sono alcuni tra voi che non sono d'accordo con la consacrazione dei vescovi o che dissentono davanti a certi problemi come quello di rifiutare la nuova messa o nei riguardi della libertà religiosa - alcuni pensano che non sia un male e che è un errore combatterla - non devono rimanere con noi. E' una contaminazione. Sono soggetti contaminati. E se ci sono dei contaminati tra noi, impalpabilmente, da uno, a due, a tre, a quattro a cinque, le idee cominceranno ad indebolire il combattimento. Se ci sono soldati che non hanno più il coraggio di combattere e iniziano a mettersi in disparte dicendo: "Oh, oh, non so se possiamo impegnarci o no", allora è finita. Guardate l'influenza che avviene sugli altri. Ve ne sono alcuni che stanno indietro e non vogliono combattere. Allora questo demoralizza i combattenti. Eh sì!!
Potrei leggervi qualcosa.... mi sto perdendo in tutte queste carte, da tante che ce ne sono! Lettere su lettere, su lettere... Ecco! "Un accordo sta per essere portato al papa e si attendono le reazioni dei presidenti delle Commissioni episcopali. E' necessaria l'accettazione pubblica del Concilio Vaticano II da parte di Mons. Lefebvre".
Possono ben attendere!... Non è certo per oggi!!.. [ride, scherzando]".
Mons. Marcel Lefebvre
"IL PAPA O LA FEDE?”
"Tutte le obiezioni si risolvono
facilmente quando si pensa che il papa è a servizio della fede, la fede è
prima dell'autorità, l'obbedienza alla fede precede l'obbedienza
all'autorità. Perché? Perché l'autorità è a servizio della fede. Bisogna
prima di tutto fare il possibile per mantenere la fede ed è quello che hanno
fatto i martiri. Cos'hanno fatto? Hanno agito per Dio, perché la fede è una
virtù teologale che ci unisce a Dio, hanno preferito legarsi a Dio piuttosto
che mantenere un legame con un'autorità che voleva far abbandonare loro questa
fede, questo legame con Dio. E lo stesso quando si trattava di autorità
ecclesiastiche.
Santa Giovanna d'Arco ha disobbedito a dei
vescovi per conservare il legame con Dio. E' la stessa cosa.
L'autorità è fatta per sostenere la fede e
non il contrario.
E' per questo che se Roma fosse stata come un
tempo non c'erano problemi. Penso a Pio XII e a tutti quei papi e mi dico:
com'è successo che siamo arrivati in questi tempi, in questo stato di cose.
Se penso che non avevamo mai avuto problemi
così in quel tempo, mai problemi di fede. Potevano esserci problemi tutto
sommato insignificanti ma mai problemi di fede.
Dopo questo concilio dagli anni sessanta si è
prodotta una situazione inimmaginabile precedentemente. Noi non dobbiamo
minimizzare. Il papa è una creatura del buon Dio che deve servire la fede della
Chiesa e non altro.
Bene, cari amici, vi ho voluto parlare ed
incoraggiare sperando che voi entriate bene in questa prospettiva e la capiate.
Io trovo così bello lavorare per il regno di nostro Signore Gesù Cristo, di non
vivere che per questo, di non aver altre occupazioni se non di farlo venire
nelle anime, nelle famiglie e nella società, fare venire la sua Croce. La messa
non è solo il simbolo di questo ma la causa delle grazie per il regno di nostro
signore Gesù Cristo. Dio regna attraverso la sua croce.
La messa ci porta verso la croce attraverso
il suo regno.
La messa nuova distrugge questo senso, è
orizzontale, determina un nuovo regno tra uomini, tra persone, non ha più
quest'orientamento verso i cieli e la verità.... Loro fanno della loro nuova
messa una bandiera, una vera bandiera rivoluzionaria. Per questo vogliono
imporcela ad ogni costo. Non vogliono che ci opponiamo. ...
E' penoso essere apparentemente contro Roma,
apparentemente contro il papa. Nulla è così penoso. Se si pensa che siamo
cattolici al cento per cento e papisti, questo è un martirio, un vero martirio.
Ma bisogna accettare questo martirio per la difesa della nostra fede perché i
nuovi vescovi saranno di certo disprezzati e rigettati. Ma perché Cristo regni
bisognerà anche versare il nostro sangue e dare la nostra vita".
Mons. Marcel
Lefebvre
Questo discorso di Monsignor Lefebvre e la
testimonianza antica qui riportata di Massimo il Confessore, dimostrano
chiaramente che i rivoluzionari conciliari (l'attuale Papa in misura più o meno
piena, la maggioranza dei vescovi e dei preti) hanno nella pratica rovesciato i
riferimenti tradizionali. Infatti:
1) per la Tradizione la FEDE precede, genera e sostiene l'AUTORITA' ecclesiastica
che la serve.
2) Nella Chiesa conciliare CVII, l'AUTORITA'
precede, genera e sostiene la FEDE che la deve servire. (Vedasi il nuovo
concetto di "tradizione vivente", come modalità di credere vincolata
all'oggi, non al passato, stabilita dal magistero odierno).
Il secondo principio, attuato nella pratica, è un principio sovvertitore della
Chiesa, di origine probabilmente massonica, volto, alla fine, alla distruzione
della Chiesa stessa e della fede cristiana. Infatti finisce inevitabilmente per
far collidere il passato con il presente.
E davanti a tutto questo i cattolici conciliari dormono e bevono, bevono tutte
le scemenze che sentono nei loro ambienti malati. Poi vengono qui e dettano
legge, senza accorgersi d'essere divenuti inconsci strumenti per la
demolizione.
Paradosi
Vi ringrazio per questo articolo che ho letto con molto interesse, continuate così!
RispondiEliminaChe S. Massimo preghi ed interveda per tutti noi.
Con stima,
Linda
P.S. L'unico punto oscuro per me è stato il discorso di Benedetto XVII (come sempre), scusate la mia grande ignoranza, ma perché ha accostato il cosmo a Nostro Signore Gesù Cristo, ripetendolo piú volte?
Scusate, ho fatto due errori di scrittura:
Elimina1 interceda
2 ovviamente Benedetto XVI
Straordinaria la capacità di Ratzinger nel deviare dagli argomenti principali di San Massimo e scivolare nella "cosmogonia" !!!!!
RispondiEliminaHo letto sbalordito quanto riportate del discorso ratzingeriano e se non credessi nella vostra onestà, potrei addirittura pensare che abbiate falsificato il discorso.
Ma il discorso,Linda, è QUELLO LI'!
Certo che non capisci! Come puoi , come possiamo capire le circonvolute parole che disorientano il fedele, spostando il pensiero e l'azione dominante di San Massimo, su elaborazioni pseudo teologiche uscite da una mente modernista ?
Ottimo il parallelo che hanno fatto Annarita e Gianluca postando un discorso del papa attuale su San Massimo !
Grazie, quando leggo i suoi scritti sono sempre confusa dal suo linguaggi.
EliminaEcco da dove Ratzinger prende il concetto di "Cosmico", dall'eretico patentato Pierre Teilhard de Chardin.
RispondiEliminahttp://it.wikipedia.org/wiki/Pierre_Teilhard_de_Chardin
Successivamente il cardinal Ratzinger, poi papa Benedetto XVI, in Principi di Teologia cattolica del 1987 ammise che uno dei documenti principali del Concilio Vaticano II, la Gaudium et Spes fosse fortemente permeata dal pensiero del gesuita francese. Benedetto XVI inoltre ha affermato che quella di Teilhard fu una grande visione ovvero per cui alla fine avremo una vera liturgia cosmica, e il cosmo diventerà ostia vivente[2]: è l'idea della noosfera.
Il termine noosfera indica la "sfera del pensiero umano" e deriva dall'unione della parola greca νους ("nous"), che significa mente, e della parola sfera, in analogia con i termini "atmosfera" e "biosfera".
Nella teoria originale di Vladimir Vernadsky, la noosfera è la terza fase dello sviluppo della Terra, successiva alla geosfera (materia inanimata) e alla biosfera (vita biologica). Così come la nascita della vita ha trasformato in maniera significativa la geosfera, così la nascita della conoscenza ha trasformato radicalmente la biosfera. A differenza di quanto affermato dai teorici dell'ipotesi Gaia (elaborata nel 1979 da James Lovelock e Lynn Margulis) o dagli studiosi del cyberspazio, la noosfera, secondo Vernadsky, emerge nel momento in cui l'umanità, attraverso la capacità di realizzare reazioni nucleari, è in grado di trasformare gli elementi chimici.
http://it.wikipedia.org/wiki/Noosfera
Per Pierre Teilhard de Chardin, la noosfera è una specie di “coscienza collettiva” degli esseri umani che scaturisce dall'interazione fra le menti umane. La noosfera si è sviluppata con l'organizzazione e l'interazione degli esseri umani a mano a mano che essi hanno popolato la Terra. Più l'umanità si organizza in forma di reti sociali complesse, più la noosfera acquisisce consapevolezza. Questa è un'estensione della Legge di complessità e coscienza di Teilhard, legge che descrive la natura dell'evoluzione dell'universo. Pierre Teilhard de Chardin sostenne, inoltre, che la noosfera sta espandendosi verso una crescente integrazione e unificazione che culminerà in quello che egli definisce Punto Omega, che costituisce il fine della storia.
http://www.zenit.org/article-19086?l=italian
RispondiEliminaAl cap. 15 dove Paolo descrive l'apostolato come sacerdozio, la funzione del sacerdozio è consacrare il mondo perché diventi “ostia vivente”, perché il mondo diventi liturgia. Che la liturgia non sia una cosa accanto alla realtà del mondo ma che il mondo stesso diventi “ostia vivente”, diventi liturgia. E' la grande visione che poi ha avuto anche Teilhard de Chardin che alla fine avremo una vera liturgia cosmica, e il cosmo diventerà ostia vivente. Preghiamo il Signore perché ci aiuti ad essere sacerdoti in questo senso, ad aiutare nella trasformazione del mondo in adorazione di Dio, cominciando da noi stessi. Che la nostra vita parli di Dio, che la nostra vita sia realmente liturgia, annuncio di Dio, porta attraverso la quale il Dio lontano diventa Dio vicino e realmente dono di noi stessi a Dio.
Tutto chiaro da dove prende il concetto di Cosmo?
Grazie Gianluca!
EliminaÈ molto triste tutto ció: il Papa che si rifà tutti questi eretici, arrivando a lodare persino Lutero. Ed usando sempre un linguaggio poco chiaro, per poi fare a volte delle citazioni più ortodosse amalgamando il tutto in un grande minestrone religioso. Dando sfoggio di una triste messa in pratica del bis-pensiero orwelliano.
Quando leggo gli scritti degli ultimi papi mi viene sempre in mente il capitolo sulla neolingua nel libro 1984 scritto da Orwell.
Al proposito, tempo fà, ho letto un libro, 'La bella Addormentata', che tratta della crisi della Chiesa dal punto di vista del mutamento nel linguaggio usato da dopo il CVII.
per me è chiaro che un modernista eretico non può essere il Vicario di Cristo, bensì un impostore piazzato dai poteri forti. Gli stessi poteri che lasciavano che il card. Tisserant entrasse e uscisse a suo piacere dal Conclave, in barba a ogni legge norma e regola, per interloquire coi suoi misteriosi padroni, inducendo Siri a rinunciare "propter metum" alla canonica elezione, imponendo al mondo il Gran Liberale massonizzante Roncalli. Riccardo da Aosta
RispondiEliminaUn modernista eretico non può essere di certo il vicario di Cristo, ma è, come ipotizza Annarita,comunque,senza essere direttamente colpevole, un servo del Potere, che utilizza delle parole contorte e difficili da decifrare, insieme con parole comprensibili (Fede, chiesa cattolica,azione di Cristo ecc.ecc. ) per tenere avvinti alla sua autorità i fedeli.
RispondiEliminaNulla vieta di pensare che alcuni ultimi papi siano stati eletti da cardinal-massoni che hanno voluto dare una bella svolta alla Chiesa per indurre all'abbraccio mortale con la massoneria figlia del giudaismo sionista.
Le supposizioni su card Siri due volte eletto papa e due volte ritiratosi per orrendi ricatti sulla Chiesa, non fanno altro che render più certe le analisi sul degrado della Chiesa, senza capo ,nè comando.
Le sette varie in cui si divide la dottrina originatasi dal concilio Vat II , non possono arrivare ad elaborare queste ipotesi e questi concetti, poichè l'autoritarismo innato su cui una setta si fonda impedisce un'analisi di mente libera.
Soltanto un blog come questo che analizza, senza reticenze o preconcette sottomissioni, ad ogni autorità che si definisca tale, può arrivare a mostrare le verità nascoste dai più ,sottoporle al vaglio della ragione, della cultura e della Fede e procedere per far conoscere la Verità a tutti color che vogliano leggere e capire.
Per Gianluca ed A.Rita, Vorrei sapere se voi conoscete qualche notizia piu' precisa sul Card. SIRI e sulle supposizioni che fosse stato eletto due volte Papa, ma che ha rinunciato dietro ricatto di scismi pa parte del conclave. Nel caso ci fosse qualche testo piu' dettagliato che voi conoscete, se mi date notizia.
RispondiEliminaScusi se mi intrometto, ma potrà interessarla sapere che, a quanto mi risulta, Siri venne minacciato tirando in ballo, addirittura, la guerra atomica e la distruzione di Roma e dell'intera Europa. Da qui la rinunzia propter metum ovvero a causa del timore: "nel Conclave accaddero cose orribili, orribili; ma sono vincolato al segreto: forse un giorno se ne potrà parlare". Cordialmente Riccardo da Aosta
EliminaNo anzi.. grazie Riccardo...
EliminaCaro Berni, ne pubblicammo le notizie lo scorso anno. Ti metto i links degli articoli:
http://nullapossiamocontrolaverita.blogspot.it/2011/03/card-siri-al-concilio-un-gruppo-di.html
http://nullapossiamocontrolaverita.blogspot.it/2011/03/sono-legato-dal-segreto-questo-segreto.html
http://nullapossiamocontrolaverita.blogspot.it/2011/03/le-chiese-massonizzate-dal-papa-buono-e.html
L'inserto riguardante il commento ratzingheriano su san Massimo il Confessore non era, a mio avviso, necessario dal momento che tende a stornare l'attenzione in direzioni completamente differenti da quelle centrali di questo post.
RispondiEliminaTuttavia è interessante da questo punto di vista.
Siccome san Massimo era un mistico (nel senso più bello, tradizionale e alto del termine) viene immediatamente depotenziato nel pensiero conciliare a livello di un teologo speculativo con una sua peculiare spiritualità che alla fine non ci interessa. Nulla di più errato!
Per quanto san Massimo avesse introdotto accentuazioni teologiche proprie, per riuscire ad esprimere meglio la teologia tradizionale delle due nature di Cristo (onde combattere il monotelitismo), egli non voleva innovare e s'iscriveva, com'egli dice, nel grande filone della Chiesa.
Non era un innovatore e il suo misticismo non era blando spiritualismo, al punto che resistette alle insidie e morì Confessore, ossia martire della fede.
Quello che nella Chiesa conciliare avviene è, appunto, il depotenziamento di questi santi i quali giudicherebbero molto severamente la gerarchia attuale. Sicuramente la riterrebbero in scisma, se non in eresia, con la vera fede.
Ecco perché si preferisce parlare della cosmologia cristiana in san Massimo il Confessore, piuttosto di pensare alle sue basi "scomode" per l'assetto conciliare odierno.
Ed è proprio per questo che opere nelle quali si evidenziano cose del genere da noi non si pubblicano.
Paradosi
San Massimo il Confessore, quando offre le basi con le quali sentirsi cattolici, è CHIARO.
RispondiEliminaI modernisti preferiscono, invece, intorbidire le acque concentrandosi sulla sua cosmologia cristiana, tanto per non mettere in discussione loro stessi.
Altri modernisti, poi, inseriscono san Massimo (mistico vero) in un quadro intellettuale nel quale può facilmente essere equivocato e nel quale, in ogni caso, viene totalmente depotanziata la sua chiarezza che potrebbe giudicare severamente i conciliari stessi. (Vedi il discorso di Ratzinger che preferisce parlare della cosmolgia massimiana. Essi hanno rovinato il misticismo - che era lotta per la verità - in spiritualismo zuccherato!!!).
Sì, penso che se san Massimo vivesse oggi, a parte che si meraviglierebbe assai nel vedere tutte queste chiese secolarizzate, ma giudicherebbe assai severamente le gerarchie conciliari.
E' esattamente questo che si evita di far capire evitando quindi di pubblicare opere che lo possano suggerire.
Paradosi
Molte grazie caro Paradosi,
RispondiEliminaper questa tua acuta puntualizzazione. Mi viene perciò in mente che per fare un umile e buon servizio "alla causa di Massimo", sarebbe bello ripetere l'esperienza con altri articoli su San Massimo, stavolta entrando nello specifico dei suoi scritti di mistica e di apologia.
L'equivoco nasce dalla mia sostanziale ignoranza circa gli scritti di questo grande Santo: ignoravo che lui avesse trattato anche di cosmologia, e quando ho trovato l'insegnamento del Papa sulla sua figura, ho creduto che avesse introdotto quell'elemento indipendentemente dalla letteratura del Santo. Questo mi aveva colpito, come strano metodo interpretativo conciliare sulla figura dei Santi della Tradizione, per cui ho pensato di aggiungerlo al materiale. Ma sbagliando si impara...
Perchè quello che ne è venuto fuori è davvero interessante: il fatto che delle sue opere venga preso e trattato SOLO quello che è lontanamente applicabile ai gusti e ai principi del Concilio, tralasciando volutamente tutto il resto della sua opera che porrebbe con le spalle al muro l'attuale condizione spirituale e posizione dottrinale della Chiesa di oggi.
Credo quindi che sia bello ed utile che nel blog vengano di tanto in tanto inseriti degli articoli sulla mistica autenticamente cattolica e sull'apologia della fede dei grandi santi. Dopodichè...a buon intenditor...
Ottima la strategia ratzingeriana di parlare solo di quel che può interessare il concilio, depotenziando altri pensieri di San Massimo!
RispondiEliminaMa è una strategia che, se scoperta, come in questo caso, rende ancor più manifesta una strategia politica che nulla ha a che vedere con la strategia millenaria della Chiesa di mantenere il depositum fidei al solo scopo di salvare quante più anime possibile.
Cara Anna Rita,
RispondiEliminaripetiamo a iosa che l'eresia etimologicamente significa una "scelta parziale" della verità. E cosa vediamo fare dai conciliari? Lo stesso!
Le persone non informate sono da scusare. Ma i grandi vescovi, cardinali, i papi, i teologi no. Loro sanno le cose ma preferiscono scodellarle in modo da far cadere il "gatto conciliare" sempre in piedi.
Una delle prime tattiche per non far capire le persone è, precisamente, quella di dividere il pensiero di un'autore (soprattutto antico e tradizionale) tra cose che si possono dire e cose che è meglio non dire.
Autori come san Massimo vengono dunque accostati nel loro aspetto mistico-spirituale e teologico. Massimo, è bene dirlo subito, è un autore di difficile comprensione. Per questo può essere equivocato come "filosofo" e la sua cosmologia si può prestare a questo, presentata come una cosmologia di stampo tardo platonico (il che è errato) con forti riferimenti a Dionigi Areopagita.
Nel momento in cui si presenta un autore così come "filosofo" immediatamente lo si ritiene superabile da una filosofia ulteriore e più perfetta, dimenticando che un uomo di tal fatta ha, innanzitutto, un'esperienza di ordine spirituale.
Ed è l'esperienza di ordine spirituale che lo spinge a redigere i criteri con i quali sentirsi cattolico, poiché per Massimo spiritualità e teologia sono strettamente collegate.
Massimo, difendendo l' "antica pietà", come lui la definisce, intende difendere la fede della Chiesa. Mentre per noi il termine "pietà" indica una pratica di preghiera o un modo di pregare, al più uno stile spirituale, per Massimo è, significativamente, sinonimo di Dogma, fede, modo di credere.
Non c'è cosa più tremenda del depotenziare i santi, levare loro la forza con la quale farebbero lievitare la pasta, in favore di uno "status quo" che appiattisce tutto e tutto scusa.
Ma noi oggi siamo riusciti a fare questo e molto più di questo, avendo reso inoffensivi questi autentici testimoni e lottatori.
Ci meritiamo le parole di Cristo: "Farisei ipocriti, avete chiuso le porte del Cielo, non ci entrate voi e impedite gli altri di entrarci".
Il tutto con tanto di timbri e autorizzazioni!
Paradosi
Uno dei più grandi meriti di mons. Lefebvre è stato, appunto, quello di aver rinverdito questo modo di considerare le cose nella loro essenzialità, come abbiamo visto nel caso citato di san Massimo.
RispondiEliminaForse i tempi non sono ancora pronti per capire quest'uomo che aveva acutamente rilevato il male e ne aveva stabilito la cura.
Personalmente, però, più gli anni corrono più capisco che in ogni sua scelta religiosa è stato perfetto. Non era possibile fare diversamente da così!
La conservazione della fede ha bisogno di parole ed atti ad essa conformi. Se l'autorità ecclesiale preposta non è in grado di porli ci si deve mettere nella condizione di essere salvaguardati.
Proprio non esiste altra via!
Paradosi