Avanti Savoia! | La cattività di S. S. Pio IX |
Siamo in tanti a chiedercelo!
Ci si chiede:
cosa è andato a fare lì il Card. Bertone?
era proprio così importante che ci fosse, e anche in forma ufficiale?
Subito verrebbe da rispondere: era meglio che se ne fosse stato a casa, lasciando il tripudio e la festa ai laici di tutte le confessioni che ricordavano l’assalto a mano armata della sede del Papa.
Ma, a pensarci bene, un motivo c’era, e c’è. E consiste nell’ossequio che ormai la Gerarchia dimostra nei confronti dei laici e della laicità.
Una nuova Chiesa a rimorchio del mondo? No, dicono i bravi cattolici moderni: una nuova Chiesa che riconosce che finalmente il mondo moderno ha fatto sue le grandi istanze millenarie della Chiesa: laicità, scienza, promozione umana. Sono sempre stati questi i grandi fari che hanno orientato i Padri della Chiesa e gli Apostoli. Ed ecco che oggi anche il mondo si lascia guidare da questi fari. |
Queste non escludono quelle, si risponde. Ci si potrebbe salvare l’anima senza la laicità? Si potrebbe andare in Paradiso senza aver lavorato per la promozione umana? Si potrebbe amare il prossimo senza la scienza?
Già… si potrebbe?
E già che si potrebbe!…
anzi si dovrebbe, perché qualunque persona di buon senso capisce che se ci si impegna a perseguire altro dalla Religione, per Cristo non resta più tempo. E ogni persona appena appena informata sa benissimo che laicità, scienza e promozione umana sono così lodate e così importanti da essere diventate dei valori, proprio perché prescindono dalla Santa Religione, proprio perché sono altro dalla Santa Religione, proprio perché spesso, troppo spesso, combattono o comunque osteggiano la Santa Religione: è questa la loro natura.
Non lo sa tutto questo la gerarchia?
Certo che lo sa, ma non può fare a meno di dimostrare di essere al passo con i tempi.
La cultura e il genio italico
Perché? Semplice, perché era impensabile costituire un comitato senza la presenza di un importante rappresentante della cultura cattolica. Mons. Ravasi, infatti, è davvero un esperto di cultura, soprattutto laica, basta leggere i suoi scritti per rendersene conto: dal gran numero di citazioni di pensatori laici.
Dal punto di vista dell’amministrazione capitolina la cosa è più che giustificata, è risaputo che la religione cattolica è vista come una tra le importanti componenti culturali del popolo italiano.
Sì, sarà pure una religione, ma questo riguarda i singoli, per la “nazione” ciò che più conta è la sua cultura, e la “nazione” italiana può vantare innumerevoli esempi palpabili della cultura cattolica: il suo famoso “patrimonio culturale” che le frutta miliardi l’anno.
Chiese? Cosa sarebbero veramente se non fossero prima di tutto un vero capolavoro culturale?
Dipinti? Chi richiamerebbero se non fossero prima di tutto dei mirabili frutti del genio italico?
Religione? Perché no… ma una volta… e in ogni caso, saranno pure dei soggetti religiosi, ma sono pur sempre innanzi tutto il frutto del genio italico.
Dal punto di vista del Vaticano la cosa non è affatto giustificata, è risaputo che in quei consessi si parla di arte e di cultura laiche, e perfino l’aspetto religioso è una bellissima componente, ma a patto che non pretenda di essere se stessa, né di arrogarsi meriti che sono innanzi tutto del genio italico.
La capitale d’Italia e la capitale cattolica
D’altronde, Roma, oltre ad essere la capitale d’Italia è pur sempre il luogo dove ha sede la direzione della più grande organizzazione religiosa dell’Occidente (onlus? ogn?). Ed era pensabile che dei laici rispettosi delle opinioni di tutti, aperti all’accoglienza di ogni credo religioso, strenui difensori anche di coloro di cui non condividono nulla, lasciassero fuori dal Comitato il Vaticano?
Alla fin fine, proprio a Roma, è esattamente il Vaticano che richiama milioni di turisti l’anno, con un lustro notevole per la “nazione” e un lauto guadagno per le casse del comune. Potevano lasciare fuori il Vaticano?
Quello che ci si chiede è che cosa sia andato a fare Mons. Ravasi in quel Comitato. E che cosa è andato a fare proprio in questa occasione. Quale? La commemorazione, la festa, il tripudio per quel 20 settembre che vide il neonato Stato italiano, governato da un Savoia, un cattolico, così diceva lui, assalire a cannonate la città che da duemila anni era stata la sede storica, religiosa, morale e spirituale di tutto il mondo occidentale. |
Un giorno di lutto… per i cattolici di tutto il mondo.
Cattolici che erano venuti da ogni parte del globo per testimoniare la loro fedeltà non al signor Giovanni Maria Mastai Ferretti, di Senigallia, ma a Pio IX, al Vicario di Cristo, al simbolo vivente di duemila anni di fedeltà a Cristo, al Papa della Chiesa cattolica, che erano pronti a difendere dalle offese dei cannoni italiani anche a costo della vita, se necessario.
Non fu necessario, perché Pio IX diede ordine di non resistere, per evitare uno doloroso spargimento di sangue. Lui, il tiranno, il soffocatore della libertà, lui, il bieco oppressore del popolo romano.
Ma cosa c’è andato a fare Mons. Ravasi?
Se non a condividere tale tripudio, a collaborare per il suo glorioso ricordo, a suggellare che i preti moderni non hanno nessun rispetto per la Chiesa e per i duemila anni della sua storia.
Ma… di grazia, cosa avrebbe dovuto fare?
Avrebbe dovuto starsene a casa, starsene da parte e lasciare che l’organizzassero gli altri la loro bella festa. Se il male non può essere combattuto, per salvaguardare il bene comune dei fedeli può essere solo tollerato, mai condiviso.
L’avallo del Papa
Non solo sua. Senza l’assenso del Papa non avrebbe potuto far parte integrante del Comitato, non avrebbe potuto collaborare alla festa dei nemici della Chiesa.
Certo, in quel comitato ci sono pure dei laici cattolici, e non tutti i componenti sono nemici della Chiesa, ma la festa è pur sempre quella dei nemici della Chiesa. Non è cambiata, anzi viene proprio ricordata per questo.
Non è vero che viene ricordata perché Roma “doveva” essere per forza la capitale del nuovo Stato italiano, viene ricordata perché rappresentò il culmine del trionfo della rivoluzione, l’esito inevitabile di più di un secolo e mezzo di lotta alla Chiesa per l’affermazione dei sacri principi dell’89.
I fasti dell'89: le teste dei reazionari | I fasti dell'89: la caccia ai cattolici |
Più di un secolo di assassini, di ruberie, di prevaricazioni e di civili passati a fil di spada perché resistevano e combattevano e morivano in nome di Dio, della Religione e della Chiesa.
Arrivano i Piemontesi,
e al loro seguito, arrivano i senza Dio
Gli stessi idoli e gli stessi fasti che è andato a servire Mons. Ravasi in nome del Vaticano.
Sì, in nome e per conto del Papa, che ha sostenuto tutta l’operazione.
I bersaglieri in Vaticano
Era già successo che in San Pietro, nella stessa sala, arrivassero i fanti dell’Armata Rossa.
Quel triste 15 ottobre del 2004 Giovanni Paolo II ufficializzò la pace unilaterale tra la Gerarchia cattolica e i senza Dio nemici della Chiesa.
Questo triste 15 settembre 2010, Benedetto XVI ha sancito che due secoli di lotta alla Chiesa, emblematicamente rappresentati dai bersaglieri di Porta Pia, non contano più. Tutto è passato, dice con i fatti il Papa, e per darne formale notizia ai cattolici di tutto il mondo indossa il copricapo tipico di questi epigoni della rivoluzione anticattolica. |
È vero, e lo sanno bene i vecchi cattolici che ricordano ancora i loro morti. È vero.
Ma non s’era mai visto che la Chiesa inseguisse i cambiamenti del mondo anche a costo di andare contro se stessa.
Solo col Vaticano II si è aperto questo processo dissolutorio della memoria e della vita della Chiesa.
E giù i mea culpa, e avanti i cosacchi e, oggi, avanti Savoia!
Tutto a maggior gloria dell’uomo e a supponente e vano accantonamento di Dio.
Ma… scusate… cosa avrebbe dovuto fare il Papa?
Semplice, fare il Papa, evitare che venisse ridicolizzata la sofferenza bicentenaria della Chiesa e dei suoi fedeli, evitare che venisse dileggiata la memoria di centinaia di migliaia di cattolici passati per le armi per aver voluto rimanere fedeli alla loro Religione e aver opposto i loro petti alle orde dei senza Dio. Evitare che si compisse lo scempio della memoria proprio a ridosso dei festeggiamenti per l’occupazione di Roma e la cattività di Pio IX. Evitare che si lanciasse al mondo un segno così perverso e così gratuito. Evitare che rimanesse nella memoria dei cattolici moderni la certezza che alla Chiesa si possa fare di tutto… e che il tempo renda santi i diavoli di ieri e di oggi. Evitare di gioire della stessa gioia dei nemici della Chiesa. Evitare di indossare simbolicamente il simbolo dell’infausta giornata.
È per questo che i papi moderni hanno deposto la Tiara? Per prestare il proprio capo ad ogni sorta di copertura? Come è accaduto in questi ultimi 30 anni e continua ad accadere? È di tutto questo che dovranno andare fieri, d'ora in poi, i cattolici di oggi e quelli di domani? |
Il Vaticano alla festa dei laici nemici della Chiesa
E non ci si venga a dire che insieme c’erano anche tanti fedeli cattolici… no!
Questo non giustifica nulla.
Vero è che ormai siamo abituati a tutto, ma a tutto c’è un limite.
E in genere il limite lo indica la decenza, l’opportunità, la preoccupazione di non dare scandalo, il senso di sé, la propria dignità. Il dovere di rimanere fedeli alla Santa Chiesa a tutti i costi… Usque ad sanguinis effusionem… il dovere di ammaestrare i fedeli… di dovere di dare l’esempio… più alto e più difficile per quanto più alto è l’ufficio che si ricopre.
Ebbene, tutte queste cose sono scomparse dalle menti e dai cuori dei rappresentanti del Vaticano.
Ed ecco il Cardinale Segretario di Stato offrirsi ai mille occhi e microfoni mediatici in una esibizione del politicamente corretto, in un omaggio a tutto ciò che ancora oggi dileggia, osteggia e insidia la Santa Chiesa. Un palese gesto di servilismo che offende ogni cattolico.
In quel contesto, in quel momento, l’unico a godere dell’onore di pronunciare un intervento è stato proprio il Segretario di Stato. Vorrà pur dire qualcosa questo primo piano in esclusiva, con le “autorità” italiane zitte ad ascoltare, e i giornalisti tutti a scrivere, a registrare e a fotografare! |
E come risponde il Vaticano?
Con un gesto di resa, con un atto che sembra confessare uno spaventoso senso di inferiorità, con una accettazione tacita della dipendenza della Gerarchia, ormai in balia di ogni stormir di vento.
Ed ecco il discorso ufficiale:
In questa città di Roma - capitale d'Italia e sede del Pastore della Chiesa universale, Vescovo di quest'alma Urbe - siamo raccolti in un luogo altamente simbolico per compiere un atto di omaggio verso coloro che qui caddero e per raccogliere il messaggio che ci ha lasciato la "Breccia di Porta Pia".
Dal loro sacrificio e dal crogiuolo di tribolazioni, di tensione spirituale e morale, che quell'evento suscitò, è sorta però una prospettiva nuova, grazie alla quale ormai da vari decenni Roma è l'indiscussa capitale dello Stato italiano, il cui prestigio e la cui capacità di attrarre sono mirabilmente accresciuti dall'essere altresì il centro al quale guarda tutta la Chiesa cattolica; anzi, tutta la famiglia dei popoli.
Alla vigilia del 150° dell'Unità d'Italia, possiamo riconoscere che, nel reciproco rispetto della loro natura e delle loro funzioni, la comunità civile e quella ecclesiale desiderano praticare in questo Paese una vasta collaborazione a vantaggio della persona umana ed a beneficio dell'intera società.
In questo luogo e in quest'ora carichi di memorie e di significati, il nostro sguardo interiore si eleva dalle concrete vicende terrene, oggi ricordate, alla dimensione dell'eternità, e la nostra parola si trasforma in preghiera.
Dio onnipotente ed eterno,
a Te salga la lode ed il ringraziamento
perché sempre guidi gli eventi della storia degli uomini
verso traguardi di salvezza e di pace.
Noi contempliamo l'opera della Tua Provvidenza
che si è dispiegata mirabilmente
anche in questa Città e in questa terra d'Italia
per ridonare concordia di intenti
dove aveva prevalso il contrasto.
In quest'Urbe, dove per Tua disposizione predicò e morì l'Apostolo Pietro,
il suo Successore possa continuare a svolgere
in piena libertà la sua missione universale.
Tu che hai dato agli abitanti d'Italia il grande dono della fede in Cristo Gesù,
conserva e accresci questa preziosa eredità per le generazioni future.
Riecheggia nei nostri cuori l'invocazione del Beato Pontefice Pio ix:
"Gran Dio, benedite l'Italia!":
Sì, Signore, benedici oggi e sempre questa Nazione;
assisti ed illumina i suoi Governanti
affinché operino instancabilmente per il bene comune.
Dona l'eterna pace a quanti qui caddero
e a tutti coloro che, nei secoli, hanno sacrificato la vita
per il bene della Patria e dell'umanità.
Questa Città, questa Nazione e il mondo intero
godano sempre della Tua protezione e del Tuo aiuto,
affinché il corso della storia si realizzi in conformità ai Tuoi voleri, sotto la guida dello Spirito, fino alla pienezza dei tempi annunciata da Cristo Signore.
Amen. |
Possiamo commentarlo? O facciamo peccato mortale?
“omaggio verso coloro che qui caddero” – i bersaglieri sabaudi, certo. Perché ancora oggi, in questo “luogo altamente simbolico” non v’è neanche uno straccio di epigrafe che ricordi i caduti pontifici!
“per raccogliere il messaggio” – ma quale messaggio, Signor Cardinale… se non quello indicato dalle orde dei dissacratori che in quel giorno si riversarono per le vie di Roma per gridare: a morte il Papa, a morte la Chiesa, a morte la Religione?
Etc. etc.
Ma poi, ecco spiegato il senso vero di questa partecipazione ufficiale del Vaticano:
“la comunità civile e quella ecclesiale desiderano praticare in questo Paese una vasta collaborazione a vantaggio della persona umana ed a beneficio dell’intera società”.
Che detto da un cardinale di Santa Romana Chiesa significa che questo è lo scopo supremo dei cardinali e dei papi.
Ed ecco infine la ciliegina sulla torta.
Non bastava una esibizione sconsiderata, per dimostrare che è con la mente e col cuore che si intendeva inneggiare alla breccia di Porta Pia, bisognava perfino strumentalizzare Pio IX, il Papa preso a cannonate, suggerendo che avesse detto il contrario di ciò che ha veramente detto.
E allora riportiamo noi le parole di Pio IX, tanto per rinfrescare la memoria ai cardinali.
…e poco dopo sorse quel funesto giorno che fu il 20 Settembre scorso; giorno nel quale vedemmo questa Città, sede principale degli Apostoli, centro della Religione Cattolica e rifugio di molte genti, assediata da molte migliaia di armati; e mentre si faceva breccia nelle sue mura e si spargeva il terrore con continuo getto di proiettili, fummo addolorati di vederla espugnata per comando di colui che poco prima tanto nobilmente aveva dichiarato di essere animato da affetto filiale per Noi e da fedele sentimento religioso. Che cosa può essere più funesto di quel giorno per Noi e per tutte le anime buone? Di quel giorno nel quale, entrate le milizie in Roma che era piena di una moltitudine di stranieri sediziosi, vedemmo immediatamente sconvolto e rovesciato l’ordine pubblico, vedemmo insultata empiamente nella Nostra umile persona la dignità e santità del Sommo Pontificato, vedemmo le fedelissime coorti dei Nostri soldati insultate in tutti i modi, vedemmo dominare dappertutto sfrenata insolente libertà, là dove poco prima splendeva l’affetto dei figli desiderosi di confortare la tristezza del Padre comune? Da quel giorno poi si susseguirono sotto i Nostri occhi tali cose, che non si possono ricordare senza la giusta indignazione di tutti i buoni: perfidi libri zeppi di menzogne e di empie malvagità cominciarono a essere proposti come acquisto conveniente e a poco a poco ad essere divulgati; moltissimi giornali furono sparsi di giorno in giorno, miranti a corrompere le menti e i buoni costumi, a disprezzare e calunniare la Religione e infiammare l’opinione pubblica contro di Noi e questa Apostolica Sede; si pubblicarono illustrazioni vergognose e indegne e altre opere del genere con le quali le cose e le persone sacre erano derise e esposte al pubblico scherno; furono decretate onoranze e monumenti a coloro che avevano pagato per legittima condanna il fio dei più gravi delitti i ministri della Chiesa contro i quali è più ardente l’odio erano insultati e alcuni anche feriti a tradimento; alcune case religiose furono sottoposte a ingiuste perquisizioni; fu violato il Nostro Palazzo Quirinale e da questo, dove aveva sede, uno fra i Cardinali di Santa Romana Chiesa fu costretto a forza ad andarsene immediatamente e agli altri ecclesiastici Nostri familiari fu proibito di frequentare il Quirinale e furono molestati in tutti i modi; si fecero leggi e decreti che offendono manifestamente e calpestano la libertà, l’immunità, le proprietà e i diritti della Chiesa di Dio; e questi gravissimi mali dobbiamo dire con grande dolore che aumenteranno ancora se Dio benigno non lo impedirà, mentre Noi, impossibilitati dalla Nostra condizione a portare alcun rimedio, ogni giorno più dolorosamente dobbiamo renderCi conto della prigionia nella quale Ci troviamo e della mancanza di quella piena libertà che con la menzogna si fa credere al mondo che Ci è stata lasciata per esercitare il Nostro Apostolico Ministero e che il governo invasore va raccontando di aver voluto convalidare con le cosiddette necessarie guarentigie. […] Ma poiché i Nostri ammonimenti, domande e proteste, sono riusciti vani, Noi con l’autorità di Dio Onnipotente, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo a voi, Venerabili Fratelli, e per mezzo vostro a tutta la Chiesa, che tutti coloro che si distinguono per qualche dignità, anche degna di particolare menzione, che abbiano perpetrato l’invasione, l’usurpazione o l’occupazione di qualunque provincia del Nostro dominio e di quest’alma Città, e così pure i loro mandanti, fautori, collaboratori, consiglieri, seguaci o chiunque altro procuri con qualunque pretesto, in qualsiasi modo, o operi per se stesso l’esecuzione delle suddette scelleratezze, incorrono nella scomunica maggiore e nelle altre censure e pene ecclesiastiche inflitte dai Sacri Canoni, dalle Costituzioni Apostoliche e dai decreti dei Concili generali, soprattutto di quello di Trento, nella forma e nel tenore espressi nella sotto ricordata Nostra Lettera Apostolica del 26 Marzo 1860. (Respicientes ea, 1 novembre 1870) |
Il Cardinale Bertone, intervistato dai giornalisti dopo la cerimonia, ha dichiarato che il 20 settembre 1870 “segna anche la ritrovata libertà della Chiesa universale”. Ma lui, da buon seguace dell’ideologismo conciliare, non ha fatto altro che ribadire quanto affermato dai Papi del Concilio. Fu ancora in occasione del centenario del 20 settembre che il Cardinale Giovanni Battista Montini, ricevuto in Campidoglio, ebbe a dichiarare: “La Provvidenza, quasi giocando drammaticamente negli avvenimenti, tolse al papato le cure del potere temporale perché meglio potesse adempiere la sua missione spirituale nel mondo”.
Questo lo spirito del Concilio. Uno spirito rinunciatario che ha portato gli uomini di Chiesa a inchinarsi dinanzi al mondo, nuovo vitello d’oro dei fedifraghi figli del nuovo Israele.
Dopo duemila anni, la Chiesa avrebbe ritrovato la sua libertà!
Questa coltellata rimarrà negli annali delle lacerazioni prodotte dagli uomini di Chiesa nella tunica inconsutile di Cristo.
Una tappa verso il triste connubio tra la nuova Chiesa e il mondo
Già Paolo VI aveva solennemente proclamato che la Chiesa era al servizio del mondo, non meraviglia quindi che giorno dopo giorno questo spirito di servaggio si accentui e si arricchisca di giustificazioni filosofiche e teologiche. È nell’ordine naturale delle cose.
Con questo 20 settembre 2010 abbiamo assistito ad una rappresentazione scenica atta a far penetrare questo messaggio fin nell’immaginario collettivo dei fedeli. Una sorta di persuasione occulta che per mezzo di segni e di immagini trasferisce negli animi dei fedeli il convincimento che i nemici della Chiesa non esistono più, e se mai sono esistiti è per colpa della cecità dei Pastori di un tempo.
Oggi, le menti illuminate dei moderni uomini di Chiesa ci insegnano che se vogliamo salvare le nostre anime dobbiamo innanzi tutto imparare a condividere i pensieri, i sentimenti e le passioni del mondo. Dobbiamo imparare ad apprezzare la bontà di tutti i principi che per secoli hanno ispirato coloro che vogliono distruggere la Chiesa di Cristo. Dobbiamo imparare a far nostre le istanze umanitarie e libertarie di chicchessia, qualunque istanza, poiché non v’è cosa che esca dalla bocca dell’uomo che non venga direttamente dalla dignità della persona umana.
L’uomo, sempre l’uomo, fortissimamente l’uomo! Ecco il moderno imperativo dei nuovi preti della nuova Chiesa.
Già prima del Concilio, tra gli uomini di Chiesa si andò affermando il convincimento che la Chiesa dovesse abbandonare la condanna e la distanza dal mondo e dovesse disporsi in maniera benevola col mondo. Dovesse aprirsi al mondo, penetrare e comprendere le sue aspirazioni, i suoi aneliti, le sue pratiche. Solo così si poteva offrire meglio il messaggio del Vangelo. E questa contraddizione venne fatta propria dal Concilio Vaticano II, che esplicitò queste istanze e le normò. Da allora il processo è divenuto inarrestabile, fino all’assunzione da parte della Gerarchia cattolica del ridicolo luogo comune della separazione fra la Chiesa e lo Stato. E tutti citano a sproposito il famoso passo del Vangelo (Mt. 22, 21; Mc. 12, 17; Lc. 20, 25): “rendete a Cesare ciò che è Cesare e a Dio ciò che è di Dio”.
Intorno a questa sentenza lapidaria del Signore Gesù, i nuovi preti della nuova Chiesa hanno costruito le giustificazioni per accompagnarsi col mondo e per sottomettervisi.
Una cosa è lo Stato, si dice, altra è la Chiesa. È vero.
E verrebbe subito da aggiungere: proprio perché la Chiesa è più dello Stato.
Non lo facciamo… e ci limitiamo a ricordare brevemente l’assurdità di chi vuol far derivare da quella sentenza una separazione che è un’offesa all’intelligenza.
Una cosa è Dio, altra cosa è Cesare. La moneta, il denaro che mostrarono a Gesù, non era cosa di Dio, era cosa di Cesare, e Gesù insegnò che il rispetto dell’autorità civile è doveroso per un cristiano, tanto più che, come dice San Paolo, ogni autorità viene da Dio.
Ma proprio per questo, ogni Cesare, ogni potere temporale, non può derivare da se stesso o dal nulla, può solo derivare da Dio, cioè può solo essere debitore a Dio perfino della sua mera esistenza.
Se poi qualcuno tirasse fuori l’obiezione tutta moderna che il potere lo conferisce il popolo, che è cosa contraria ad ogni buon senso e ad ogni e qualsiasi evidenza, basterà chiedere: e il popolo da dove trae la sua esistenza, se non da Dio?
Non v’è nulla a questo mondo che non dipenda da Dio, e tra i tanti uomini e le tante cose, in primis, Cesare e lo Stato.
Rendete a Dio ciò che è di Dio, dice il Signore, e lo dice in primis a Cesare. Lo dice in primis al potere temporale: rendete a Dio ciò che è di Dio. Lo dice il Signore e con Lui la Chiesa: tu, Cesare, tu, Stato, devi innanzi tutto rendere a Dio ciò che è di Dio.
Per duemila anni l’ha ripetuto la Chiesa, anzi per 1965 anni, perché negli ultimi 45 anni gli uomini di Chiesa si sono messi a predicare alla rovescia.
Per la nuova Chiesa, lo Stato non deve più rendere a Dio ciò che è di Dio, non dev’essere più la Chiesa, come Autorità spirituale, a fornire gli indirizzi di vita allo Stato, al potere temporale. No. Lo Stato e la Chiesa sono due entità separate, a se stanti, con ambiti d’influenza e funzioni differenti, che ognuno esercita in totale autonomia. Insomma sono alla pari. Come sarebbero alla pari Cesare e Dio in quella sentenza del Signore. Questo non lo dicono e non lo predicano, ma lo pensano e lo praticano.
La verità è che come Cesare è altro da Dio, ma è a Lui sottomesso, così lo Stato dev’essere altro dalla Chiesa, ma ad essa sottomesso, non per ciò che riguarda l’esercizio del suo potere temporale, che è il suo proprio, ma per ciò che riguarda i principi che devono orientare e fondare questo suo potere. Se questo viene meno, invece dell’ordine e della giustizia sociale si producono il disordine e l’ingiustizia, invece del bene comune si produce il male di tutti.
Basta guardarsi intorno.
E se gli uomini Chiesa rinunciano alla loro prerogativa di guida spirituale, che è propria della Chiesa: di indirizzo di ogni ambito della vita ordinaria, di orientamento per una vita da vivere in funzione di Dio e in vista della vita eterna, finiranno col servire un mondo che nel dirsi laico si dichiara svincolato da ogni dovere naturale nei confronti di Dio.
Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona (Mt. 6, 24)
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